Il "il figlio prodigo" (Lc. 15,11-32)

(P. Antonio Garofalo, fam)

Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.

Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.

Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

Ci sono molte pagine bibliche, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, che ci presentano Dio come Padre Misericordioso, tuttavia la parabola che ci riporta il Vangelo di Luca al capitolo 15: "la parabola del Padre Misericordioso" è sicuramente l’ICONA più importante, la raffigurazione principale dell’Amore Misericordioso di Dio; in questa pagina davvero tocchiamo con mano come la "misericordia" sia una delle componenti essenziali dell’essere stesso di Dio.

Tante volte l'abbiamo letta. Sappiamo che è sbagliato chiamarla "la parabola del figlio prodigo", perché in realtà non si parla di un figlio, ma di due figli. Forse è più giusto chiamarla, come suggeriscono alcuni, "la parabola del padre misericordioso". Un padre che è padre! Il problema è cercare di essere come quel Padre, noi dobbiamo cercare di assomigliare a quel Padre. Un padre è colui che ama i suoi figli.

Tutti e due i nati da lui, quello che se ne va e quello che brontola sempre, il figlio del piacere e quello del dovere; quelli sono i suoi figli! La parabola gioca tutto quanto sul rapporto che c'è tra questo padre e i due figli.

Un uomo aveva due figli, questo modo di iniziare la parabola è strano, sarebbe stato infatti naturale iniziare il racconto dicendo: un padre aveva due figli. Come mai Gesù utilizza invece la prima espressione? Potremmo forse vedere in questa particolarità un richiamo a uno dei temi principali della parabola; questa racconta infatti di due figli incapaci di comprendere sia i disegni sia il cuore del padre loro, ed allora ai loro occhi quel padre non è un padre ma soltanto un uomo; quindi la cosa che risalta subito è che quest’uomo non era un padre, in quella casa non esisteva il concetto di paternità. Un uomo dal quale allontanarsi appena possibile, oppure un uomo a cui si serve e si obbedisce più per timore o per forza che per amore.

Anche la Madre Speranza nel suo commento a questa pagina di Vangelo è su questa linea quando identifica Dio nostro PADRE in quell’uomo, scrive così: "Un uomo (il nostro Dio e Padre) aveva due figli, che rappresentano i giusti e i peccatori. Il figlio maggiore il giusto, il più giovane il peccatore. (10).

Due figli, il maggiore e il minore. Due caratteri e temperamenti distinti, due modi diversi di relazionarsi e interagire. Intorno, una casa piena di ricchezza ed operosità dei suoi lavoratori e lontano ettari di campi che si perdono all’orizzonte. La Buona Notizia di misericordia raccontata dalla Parabola rappresenta per questi due fratelli una ‘porta stretta’ nella quale faticano ad entrare. Questo non è un racconto che distingue i due fratelli in uno buono e in uno cattivo. Solo il padre è buono. Ama entrambi i figli. Corre fuori per andare incontro a tutti e due. Vuole che sia l'uno che l'altro siedano alla sua mensa e condividano la sua gioia. "Nella casa del Padre mio ci sono molti posti" (11) dice Gesù. In essa ogni figlio di Dio ha il suo posto unico. Bisogna abbandonare tutti i paragoni, le rivalità e le competizioni arrendersi all'amore del Padre.

Il figlio minore non poteva aspettare che suo padre morisse. Voleva i beni immediatamente, nonostante suo padre fosse ancora vivo. Una volta che li ebbe, raccolse tutte le sue cose e partì per un "paese lontano", e sappiamo come poi finisce la sua storia. Il figlio maggiore è sempre stato proteso verso la conquista del suo essere figlio. Giorno per giorno, con il duro lavoro, paga il "dazio" della sua condizione, cerca di allontanarsi da un Padre che, come il fratello, sente crudele e padrone. Di fronte ad un padre così ha deciso di attuare la strategia del dovere: nessun debito, nessun credito. Ma si è perso pure lui, nella sua durezza di cuore, nel suo risentimento verso il Padre che accoglie con misericordia il figlio tornato a casa, nella sua incapacità di credere che l’amore è più forte di ogni male, nella sua cecità di vedere quell’uomo, un PADRE.

Madre Speranza così sintetizza le azioni principali dei due figli: "Gli dirò: padre, ho peccato contro il cielo e contro di te". È la condizione indispensabile per convertirsi; una confessione umile, chiara e sincera, ingenua; non piena di superbia, di scuse, di lamenti contro tutti: perché mi hanno fatto questo o quello, mi trattano male, non mi amano e l'odio che sentono contro di me li porta a giudicare male tutto quello che faccio. "Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni". Il figlio prodigo, per fare penitenza, rinuncia al bene del quale poteva rallegrarsi, e si impone la mortificazione di farsi chiamare servo. "Alzatosi, si incamminò verso suo padre", cioè, figlie mie, mise in atto il suo proposito, come deve fare ogni persona che ha mancato: rialzarsi dal peccato e andare dal suo buon Padre."

Mentre così rappresenta il figlio maggiore: "Il Padre che colma di carezze il peccatore che ritorna a Lui, mentre tratta con forza, per santificarlo, il giusto che sta sempre al suo fianco. Il Padre dice al figlio maggiore: "Tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio, è tuo". Il Padre gli dice così perché patrimonio dei giusti è stare sempre con Dio e partecipare con Lui dei beni celesti."

Ma se vogliamo "leggere" questa parabola alla luce del nostro carisma, la figura più importante da riflettere e meditare è sicuramente quella del Padre. Il padre del figlio prodigo è una figura veramente straordinaria, raramente, se mai ciò sia avvenuto, l’immenso amore misericordioso di un padre è stato espresso in maniera così intensa. Sebbene possiamo essere sia il figlio minore che quello maggiore, non dobbiamo rimanere con loro, ma diventare il Padre, quindi che dire del Padre? Perché prestare tanta attenzione ai figli quando è il Padre ad essere al centro e quando è con il Padre che ci dobbiamo identificare? Perché parlare tanto di essere come i figli quando la vera domanda è: ti interessa essere come il Padre? Vuoi essere come il Padre? Vuoi essere non solo colui che è perdonato, ma anche colui che perdona; non solo colui che è accolto festosamente a casa, ma anche colui che accoglie; non solo colui che ottiene compassione, ma anche colui che la offre?

Ognuno di noi aspira alla gioia, alla festa, ad una vita più piena e più intensa; il Padre però, non ci dona questi beni sin dall'inizio, ma vuole che siano il frutto di una nostra ricerca e di una nostra conquista. A questo fine concede ad ognuno un certo patrimonio e un certo numero di talenti, lasciandoci poi liberi di utilizzarli nel modo che riteniamo più opportuno. Questo patrimonio è costituito dal dono dell'esistenza, dal dono dell'intelligenza, dalla libertà, da una certa capacità di distinguere il bene dal male, dal tempo in cui ci è concesso per fare il bene e da un certo "sentimento" dell'esistenza di Dio e della sua regalità. Con questi beni a disposizione ognuno ha poi la possibilità di scegliere due possibili percorsi: o impiegare i doni ricevuti nel servizio di Dio, confidando di ricevere a suo tempo una giusta ricompensa, oppure decidere di svincolarsi completamente dal suo servizio per tentare di costruire da solo la propria vita e la propria felicità. Quanti scelgono questa seconda via assomigliano al figlio più giovane della parabola ed andranno incontro alle sue stesse disavventure.

Quando era ancora lontano il Padre lo vide, ed è come se noi diventassimo visibili agli occhi di Dio nel momento in cui si concretizza nel nostro cuore il desiderio di ritornare a Lui, mentre fin tanto che questo desiderio è assente, è come se fossimo invisibili ai suoi occhi, ecco perché la Madre Speranza insiste sulla conversione come elemento indispensabile del nostro ritorno a casa.

Questo vuol dire che, se Dio non ci vede, non può neanche venire in nostro soccorso, al contrario, il più piccolo e debole atto di carità o di pentimento, ci rende visibili ai suoi occhi ed ha il potere di commuovere e rallegrare il suo cuore, perché può finalmente scorgere in questi atti l'inizio di un cammino verso una piena risposta alle iniziative del suo amore. Ed allora anche Dio si mette in cammino e ci viene incontro con il soccorso della sua grazia per sostenere e rinvigorire la carità ed i buoni propositi che ha visto nascere in noi, dice infatti la parabola che "commosso gli corse incontro". Incontrare l’Amore Misericordioso significa fare esperienza di una dolcezza, di una misericordia e di un perdono che molto al di la di ogni aspettativa; il Padre, infatti, gli si gettò al collo e lo baciò.

Ma allora come diventare il Padre Misericordioso? Come incarnare nella nostra vita l’Amore Misericordioso di Dio?

La parabola evangelica ci chiama a diventare il Padre che accoglie a casa e chiede che si faccia festa, il nostro itinerario spirituale o se volete il nostro viaggio verso la santità non sarà mai completo se non tendiamo a diventare come il Padre. Il nostro ultimo stadio come Apostoli dell’Amore Misericordioso consiste proprio in questo essere Padre, per vivere la sua divina compassione nella nostra vita quotidiana.

Quindi come essere Padre?

Un primo modo è vivere pienamente il perdono, è attraverso il perdono costante che diventiamo come il Padre. Il perdono che viene dal cuore è molto difficile. È quasi impossibile. Gesù ha detto ai suoi discepoli: "Se un tuo fratello… pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai" (12). Il perdono di Dio non pone condizioni; proviene da un cuore che non chiede niente per sé, un cuore completamente libero dall’egoismo. È questo perdono divino che dobbiamo praticare nella nostra vita quotidiana. Ci chiede di superare tutte le argomentazioni che sostengono che il perdono è stupido, dannoso e impraticabile. Ci sfida a superare tutti i nostri bisogni di gratitudine e di complimenti. Infine, ci chiede di superare quella parte ferita del nostro cuore, che si sente offesa e maltrattata e che vuole "mantenere il controllo" e porre un pò di condizioni tra noi e colui al quale perdonare. Solo quando ricordo di essere il figlio prediletto, posso accogliere quelli che vogliono tornare con la stessa misericordia con cui il Padre accoglie me.

Inoltre dobbiamo imparare a fare della nostra vita un dono per gli altri. Nella parabola, il padre, al figlio che se ne va, non solo dà tutto ciò che questi chiede, ma lo colma anche di regali al suo ritorno. E al figlio maggiore dice: "Tutto ciò che è mio è tuo". Il padre niente tiene per sé, offre tutto se stesso ai figli, entrambi i figli per lui sono "tutto". In essi vuole riversare la sua stessa vita. Gesù fa capire molto chiaramente che proprio questo darsi è il segno del vero discepolo. "Nessuno ha un amore più grande di questo: "dare la vita per i propri amici" (13).

In questa pagina evangelica troviamo molto del nostro carisma e della nostra spiritualità: l’immagine di questo Padre che commosso corre incontro ai propri figli perduti, che quasi impazzisce, è proprio l’immagine di Gesù Amore Misericordioso che Madre Speranza ci ha trasmesso e che trova manifestazione in queste stupende parole ormai tanto care e famigliari: "Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile come se Lui non potesse essere felice senza di loro; l’uomo il più perverso, il più miserabile ed infine il più perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un Padre ed una tenera Madre."

Proprio la Madre Speranza ripeteva più volte che vedeva Dio impazzire di gioia quando i peccatori ritornavano a Lui, e queste parole sembrano essere proprio lo specchio di quello che è accaduto al figlio prodigo. E questo è sicuramente l’intento dell’evangelista Luca: quello di presentare un Dio che è Padre e Madre e che ci svela la sua vera identità: "Dio Amore Misericordioso, il quale nel Signore Gesù si è manifestato meravigliosamente ricco di misericordia con ogni uomo specialmente con chi è povero, misero e peccatore"; misericordioso è l’amore di Dio che si rivela come tenerezza paterna e materna, gratuita, liberante e fedele. Ed è proprio qui la nostra sfida in quanto il carisma dell’Amore Misericordioso ha anche una dimensione umana, indica infatti ciò che una persona è chiamata a diventare, ad incarnare nella propria vita: ossia l’Amore Misericordioso.

Per la Madre Speranza considerare Dio un Padre era uno dei passaggi obbligati della propria vita spirituale, così scriveva: "Persuadiamoci che per elevare il nostro cuore a Dio e ravvivare in noi il desiderio di santificarci, non ci sono necessarie tante considerazioni; deve bastarci la convinzione che Dio è nostro Padre. Questa sola considerazione infatti muove con forza il cuore ad un intenso amore, capace di invadere tutta l'anima per qualche tempo, disponendola a compiere grandi cose.". E ancora: "Secondo me, tra tutti gli affetti quello che ci può restare più impresso nel cuore e nella mente, al punto di diventarne oggetto e quasi idea fissa, è quello di poter chiamare Padre l'infinito Iddio; come pure la passione del buon Gesù, per l'amore e il sacrificio con cui Egli ci riscattò." (14) (Nel 25º anniversario della fondazione delle aam (1955) (El Pan 15).

Ma allora se davvero Dio fosse Padre!

Annunciare questo Padre a quanti sentono il bisogno di credere in un mondo nuovo, in una terra nuova, in cui si possa discutere, dialogare, amare, essere davvero insieme. Annunciarlo ad ogni più piccolo uomo che vuol portare avanti la creazione e non vuol morire con le dita schiacciate sotto il rullo del compressore di questo sfrenato egoismo e consumismo, al povero che tende ancora la mano, al soldato con il mitra che spia suo fratello per ucciderlo, alla ragazza che non conosce il padre della sua creatura. Un Padre, un Padre per quest’uomo di oggi che soffre le più angosciose ribellioni contro l’inevitabilità della morte, non c’è che Lui a vincere definitivamente la morte, non ci sono altre risposte definitive, soltanto la risurrezione del suo amore è definitiva, il suo è l’unico sepolcro vuoto della storia.

È un Padre amoroso, misericordioso e provvidente: è per questo che possiamo rivolgerci a Lui con assoluta fiducia; è un Dio onnipotente e santo, trascendente ed infinito, ma anche vicinissimo agli uomini, che ha cura di loro, che conta addirittura i capelli del loro capo.

Spesso le persone ci feriscono, ma non sanno quello che fanno; ci feriscono perché esse stesse sono ferite. Il perdono, come quello dato dal Padre ai due figli, ha un effetto di guarigione e di libertà, se non perdono, l’altro continua ad avermi in suo potere, è lui che decide i miei pensieri e sentimenti: il perdono mi libera dal controllo che l’altro esercita su di me, l’altro non è più il mio rivale, ma una persona ferita e accecata, proprio come lo sono io. A questo punto possiamo certamente affermare che ogni perdono, come ogni Amore, di cui il perdono è una forma particolare, ha origine da Dio, che ha amato e ci ha perdonato per primo.

E nonostante tutto Dio non ci abbandona, chi vive il perdono di Dio con il cuore non può non perdonare chi lo ha ferito. Il perdono non è per lui una richiesta da adempiere per obbligo, ma una risposta al perdono ricevuto da Dio e vissuto in prima persona. Imparare a vedere in Gesù il volto misericordioso del Padre, proprio guardando Gesù crocifisso che chiede perdono per noi, che tutto si dona e si consuma per noi può farci scoprire un ricamo d’amore per tutti e può aiutarci a diventare il Padre.

Per diventare, allora, il Padre secondo il carisma dell’Amore Misericordioso dobbiamo necessariamente sviluppare la capacità di:

Com-prensione capacità di allargare la mente in modo tale da non giudicare la storia di nessuno.

Com-passione capacità di allargare il cuore.

Com-mozione capacità di muoversi verso il fratello nel bisogno.

Un padre che è davvero padre! Il problema che dobbiamo affrontare nella nostra esistenza è proprio questo: cercare di essere come quel Padre, noi dobbiamo cercare di assomigliare a quel Padre. Il nostro itinerario spirituale o se volete il nostro viaggio verso la santità, non sarà mai completo se non tendiamo a diventare come il Padre. Sebbene forse nella nostra vita possiamo essere sia il figlio minore che quello maggiore, noi siamo chiamati a diventare il Padre.

Questo è il messaggio centrale del vangelo, il modo in cui gli uomini sono chiamati ad amarsi è il modo di Dio, la misericordia con cui siamo chiamati ad amare non può basarsi su uno stile di vita competitivo; se dobbiamo non solo essere ricevuti da Dio ma anche ricevere come Dio, dobbiamo diventare come il Padre celeste e vedere il mondo attraverso i suoi occhi, ossia attraverso una conversione del cuore. Davvero una bella parola Amore Misericordioso! L’amore di Dio è misericordioso, paziente, attende il nostro ritorno, non può essere altro, un Padre che ci ama in anticipo e gratuitamente. E’ vero siamo figli ma siamo chiamati a diventare il Padre perché è scritto "In verità in verità vi dico il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il figlio lo fa" (15) .


(10) L’Ordine delle nostre relazioni con Dio, EL PAN n°8).

(11) Gv. 10,2

(12) Lc. 17,4

(13) Gv. 15,13

(14) Nel 25º anniversario della fondazione delle aam (1955) (El Pan 15).

(15) Gv. 5, 19-23