L’anima sui passi di Madre Speranza

(Suor Rifugio Lanese eam)

 

LA NOTTE OSCURA DELLO SPIRITO

La Madre Speranza non ha avuto solo estasi e rivelazioni mistiche esaltanti ma ha subito anche la lotta che tutte le anime che si decidono a seguire Gesù devono subire, perché anche se hanno superato la lotta contro le tentazioni sensibili e hanno acquistato ilo dominio sui sensi e sulla fantasia, anche se la volontà è fermamente decisa a proseguire verso la perfezione dell’amore, il tentatore non smette di turbare la pace e insinua pensieri ossessivi

Era il 23 aprile del 1929: "Costretta dal medico a restare a letto, ricevetti ancora una volta la comunione dallo stesso Gesù, accompagnato, come al solito, da due angeli.

La notte l’avevo trascorsa malissimo per colpa del demonio che mi aveva detto: "Quando smetterai di fare la stupida e di dare retta a questo Gesù che tu credi ti ami e sai bene, perché te l’ho detto cento volte, che mi ha concesso, da tempo, di fare di te quello che voglio; però, io mosso a compassione di te, pensando alla ricompensa che avrai per aver ascoltato quel Gesù di cui sei tanto innamorata, ricompensa che sarà simile alla mia, non ti uccido, permettendoti di darti al piacere senza perdere troppo tempo.

Non essere stupida, te lo ripeto, lascia perdere la storia della fondazione, finiscila di confidarti con "quell’uomo" che solo viene a curiosare, senza preoccuparsi di aiutarti. La prova è che non ha fatto niente per aiutarti. Te lo ripeto ancora, non essere stupida, godi più che puoi, abbandona "quell’uomo" prima che ti faccia come l’altro e poiché sei tutta mia, non preoccuparti di lasciare quel Gesù che ti ha dato solo sofferenze e preparati a godere senza freni".

Io risposi: "non affannarti e poiché sei già riuscito a farmi tua, ora riposa tranquillo poiché se io nell’altro mondo non potrò far contento Gesù, che amo tanto, almeno ora avrò la consolazione di soffrire con gioia, per suo amore, per la sua maggior gloria, tutto quello che Lui vorrà."

(Madre Speranza "Diario" 127-130)

Roma 4 ottobre 1941

Ti prego, Gesù mio, abbi pietà di me e non lasciarmi sola in questi momenti di aridità e oscurità. Ti cerco, Gesù mio, ma non ti trovo; ti chiamo e non ti sento; sono finite per me le dolcezze del mio Dio. Che tormento, Gesù mio! Quale martirio! Solo tu lo sai apprezzare e a te offro tutto in sconto delle mie ingratitudini e delle offese che ricevi dai sacerdoti del mondo intero. E’ questo il calice che mi hai preannunciato? Ti piace vedermi gemere da sola? Se è così ti ripeto una e mille volte, Dio mio,che metto nelle tue mani la mia fiducia e il mio abbandono; e molte volte ti ripeterò: Gesù mio, ho riposto in Te ogni mia speranza; mi salvi, Dio mio, la tua giustizia. Sii per me protezione e rifugio dove mettermi in salvo. Sii tu la mia fortezza e il mio riparo; liberami, Gesù mio, dal laccio che mi hanno teso i miei nemici e perdonali perché credono di aver operato il bene.

(El pan 18, hoy 660-652)

La Madre avrà molti momenti di apparente assenza di Gesù, che la faranno soffrire più di qualsiasi altra prova proveniente dagli uomini, ma proprio questi momenti la fortificheranno contro il maligno, perché la sofferenza vissuta per amore irrobustisce l’anima e la dispone a ricevere grazie di perseveranza.

 

LE NOSTRE NOTTI

Nonostante l’impegno che l’anima profonde per seguire Gesù come la sposa del Cantico dei cantici, nonostante che, attraverso il lavorio interiore abbia raggiunto un buon dominio sulla sensibilità e sulle passioni, nonostante l’impegno nel curare il rapporto con Dio, può giungere un momento in cui tutta la storia d’amore con Dio, fatta anche di coerenza, può sembrare una bella favola finita.

Dio? Ma c’è? E se c’è può mai pensare a me? Chi sono io per Lui?...

L’anima che ormai aveva solo Dio come punto di riferimento si sente smarrita, come i discepoli di Emmaus dopo la morte di Gesù: "Speravamo… ma è morto". La delusione è grande. Anche l’anima che aveva scoperto la luce in fondo al suo tunnel pensa di essere stata vittima di un miraggio ma… tornare alle vecchie cose? No, ormai è impossibile. Dietro c’è il buio, nel presente c’è il vuoto, nel futuro c’è forse un’illusione…

E’ la notte della fede. L’anima è chiamata a reagire e a gettarsi fiduciosa tra le braccia di Dio anche se non solo i sensi restano inerti ma anche la ragione è turbata dai fantasmi. E’ la prova del crogiolo: Il metallo, messo nel crogiolo, fa capire il valore della sua lega, l’anima, denudata da ogni conforto e da ogni luce potrà, perseverando nell’amore, dare prova di che lega è il suo amore.

La sposa del Cantico dei cantici prova questo smarrimento quando, decidendosi ad aprire il suo uscio, si accorge che lo sposo non c’è. Ed era notte. E’ sempre notte quando manca l’amore.

Tutti i santi sono passati per questa prova terribile, ma forse anche tutti gli uomini vivono momenti di grazia in cui si aprono al bene e sono felici, ma poi, messi alla prova, regrediscono e cadono nello sconforto, ma non si accorgono che a godere e a soffrire è la loro anima: felice, se si avvicina all’oggetto del suo amore, infelice se se ne allontana.

Solo chi fa un cammino di fede serio si rende conto di ciò che sta succedendo dentro di sé e si pone nella posizione più proficua per la sua anima.

Questa prova può durare un tempo breve o un tempo lungo, secondo le necessità dell’anima.

Come il Signore permise che Giobbe fosse messo alla prova per far risaltare la sua virtù e rafforzarla proprio attraverso le avversità, così può permettere al maligno di metterci alla prova, influendo sulla fantasia e la sensibilità, ma ci manderà sempre i suoi angeli perché ci assistano nella lotta e ci aiutino a non cedere alle sue suggestioni.

"Non dobbiamo dimenticare che la nostra lotta per camminare nella santità non è solamente contro la carne e il sangue, ma anche contro gli spiriti maligni.

La Divina Provvidenza permette che siamo fortemente attaccati dal demonio in virtù del principio generale per cui Dio governa le anime non solo direttamente, ma anche per mezzo delle cause seconde, lasciando alle creature una certa libertà di azione; ma come Padre buono ci avvisa di stare attenti e ci invia i suoi angeli perché ci difendano, specialmente ci dà il nostro Angelo Custode, mentre noi possiamo sempre contare anche sul suo potente aiuto, che Egli stesso continuamente ci dà per poter trionfare sul demonio, rafforzarci nella virtù e guadagnare meriti per il cielo.

Questo meraviglioso modo di fare di Dio, ci fa comprendere quale grande stima dobbiamo avere della nostra salvezza e santificazione, giacché in essa pongono tanto interesse il cielo e l’inferno e così si sollevano sì dure lotte intorno alla nostra povera anima ed anche dentro di essa.

Dobbiamo continuamente ringraziare il Buon Gesù che ci ha concesso la grande fortuna per cui il demonio non può mai agire direttamente sopra le nostre facoltà superiori, ossia sopra l’intelligenza e la volontà.

Teniamo ben presente che non saremo capaci di camminare nella perfezione per molto tempo avendo da realizzare sforzi più che ordinari, se prima non ci prepariamo con alcuni sacrifici, cioè con ripetuti atti di mortificazione.

Pensiamo alla castità e vedremo quanti sforzi, a volte eroici, sono necessari per mantenerla per tutta la vita. Questa forza la potrà possedere forse l’anima che si è abituata a fare solo ciò che è strettamente proibito sotto pena di peccato, facendo nelle altre la propria volontà?

Non sarà forse necessario fare molta orazione, esercitarsi nell’umiltà, nella carità, essere più sottomessi, meno curiosi, meno pieni di sé, essere pronti al sacrificio con il cuore rivolto a Dio?

Forse qualcuno dirà che egli non aspira ad essere santo, ma a non perdere la grazia attraverso il peccato, perché non ha forza di camminare nella perfezione sempre a costo di mortificazioni e sacrifici.

A costui potremo domandare se per non cadere nel peccato dobbiamo fuggire il pericolo. Come? Sempre per mezzo di atti generosi, cioè della mortificazione.

Non dobbiamo dimenticare che quando ci sforziamo di camminare nella perfezione per ciò stesso evitiamo anche le occasioni di peccato, rafforziamo la nostra volontà e la preveniamo contro le sorprese che la possono assalire, e così, arrivando il momento della tentazione o passione, la nostra volontà, già addestrata dagli esercizi della perfezione nelle arti dell’orazione per ottenere l’aiuto del Buon Gesù, scaccia con orrore il solo pensiero di offendere Dio".(Madre Speranza – El pan 15, 41 sgg.)

Da queste prove, se superate con la grazia di Dio, l’anima ne esce irrobustita: l’allenamento alla rinuncia per restare sulla via di Dio e non cadere preda del tentatore le ha dato la prova che il demonio non è invincibile, invincibile è Dio, che però irrompe nell’anima sempre a tempo scaduto, per non privarla del merito della lotta. La vittoria è comunque sempre opera della grazia e questo l’anima l’ha capito e ora è molto più umile perché conosce il suo limite ma è molto più fiduciosa nell’aiuto di Dio.

Più l’anima si addentra nella conoscenza di Dio, più entra in complicità con Lui. Può non esserci più il fervore sensibile ma c’è la conoscenza, c’è la fede, una fede rafforzata nella lotta, che diventa certezza anche nella notte più buia. L’anima sa che Dio è Dio e ama da Dio. Lui è sempre fedele e tutto quello che vuole e permette è per il nostro bene.

E allora l’anima grida con Madre Speranza:

Si compia, Dio mio, la tua divina volontà, nonostante mi sia dolorosa.

Si compia la tua volontà, anche se io non la capisco.

Si compia la tua volontà, anche quando io non la vedo.

L’anima ha capito che non può avere progetti propri, sa di non potersi fidare di se stessa, sa di non poter dare sostegno a nessuno, l’unica cosa che può fare è lasciarsi usare (como una escoba, como un panos de lacrimas, como una flauta) quando Dio vuole servirsi di lei e starsene quieta, senza smania di riconoscimenti, quando Lui la lascia in un angolo buio.

E’ grazia essere usati da Dio ma bisogna farlo per amore. I momenti importanti della vita sono quelli che ci muovono dalla posizione in cui ci troviamo per portarci altrove. Questo "altrove" può essere anche il deserto, come successe ad Abramo, come successe a Mosé e al popolo… ma questo deserto è abitato da Dio che si rivela nel silenzio, nell’assenza di sicurezze umane, è il luogo dove nasce la fiducia.

La prova della notte è una sorta di parto: dal travaglio nasce una creatura nuova, molto meno sicura di sé, più sicura di Dio: una creatura "morta" a se stessa, fiduciosa solo di Dio.

Resta:

la fede in Colui che può salvare e che salva,

la speranza in Colui che non tradisce,

la carità in Colui che solo è degno del nostro amore.

 

AMORE MISERICORDIOSO VERSO I NEMICI

Più l’anima è unita a Dio, più il maligno si attiva e coinvolge nel suo piano infernale anche le persone che le gravitano incontro, per cui spesso l’anima si trova nella condizione di incompren-sione e a volte anche di persecuzione e quindi nella necessità di dover perdonare i propri nemici:

Parlando qui di nemici, intendiamo tutte quelle persone che, in modo più o meno grave e cosciente, hanno ostacolato il cammino di Madre Speranza. Si pensi in particolare: alle immancabili gelosie patite nel precedente Istituto Claretiano; alla grave opposizione e intromissione prodotta da diversi Ecclesiastici in Spagna negli anni 1935-1940; al doppio avvelenamento con arsenico subito a Bilbao nel novembre del 1939 e nel gennaio del 1940; alle gravissime accuse fatte pervenire sul suo conto al Santo Uffizio negli anni 1938-1940; e al nuovo tentativo di insubordinazione e di spaccatura interna verificatosi ancora in Spagna negli anni 1960-1965.

Salva restando in ogni caso la giusta fermezza per il bene della Congregazione, Madre Speranza, davanti a situazioni così dolorose, ha innanzitutto evitato di cadere nella spirale del rancore e della vendetta. In questo senso: ha interceduto generosamente presso il Signore perché perdonasse quanti avevano tramato simili macchinazioni; e ha vigilato severamente sulle sue Comunità perché si evitasse qualsiasi commento malevolo o istintivo.

Ma, oltre a ciò, Madre Speranza è anche giunta a scusare profondamente tutti i suoi denigratori e persecutori, dichiarando che andavano considerati come veri e propri benefattori della sua persona e della sua Opera. Infatti, per loro mezzo e a loro insaputa, era stato il Signore stesso a guidare tutti gli avvenimenti verso un esito finale quanto mai utile e provvidenziale.

La benevolenza di Madre Speranza nei confronti dei suoi nemici, non si è limitata a sentimenti interni o a valutazioni esterne, ma si è anche tradotta in preghiere di suffragio in occasione della morte di qualcuno di loro.

Durante gli anni 1935-1940, su istigazione di persone esterne alla Congregazione delle Ancelle (in particolare, di qualche Sacerdote e di qualche Vescovo), si è prodotta: una profonda spaccatura interna, culminata con l’uscita delle Suore ribelli; e un’aspra campagna denigratoria nei confronti della Madre Fondatrice, culminata con la sentenza sospensiva del Santo Uffizio del 18 marzo 1941.

  • «Mi dici, Gesù mio, di accettare per tuo amore il nuovo calice. Con la tua grazia, io sono disposta a soffrire con gioia tutto ciò che vuoi mandarmi, o permetti che mi facciano... Dammi però molta carità; e aiutami a piegare la mia superbia che mi dà molta guerra, perché pretende farmi retrocedere davanti alla lotta... Tu già sai che spesso la mia natura si ribella al vedere che l’odio implacabile si scaglia contro di me; che l’invidia desidera farmi scomparire; che le lingue fanno a pezzi la mia reputazione; e che persone di alta dignità mi perseguitano». (1)

  • «Mi dici, Gesù mio, che sarai nemico dei miei nemici e che affliggerai quanti mi affliggono. Ma io ti prego, Padre di amore e di misericordia: perdona, dimentica e non tenere in conto, perché sono accecati. Dimentica, Gesù mio, tutto il male che pretendono farmi; e considera invece tutto il bene che hanno reso alla mia povera anima. Essi infatti, con i loro imbrogli e le loro calunnie, mi hanno unita maggiormente a Te... Così ti prego di perdonarli e di avere compassione di tutti. Me lo concederai, Gesù mio? Io non desidero altro che sentire da Te che perdoni i miei nemici; perché, con il cuore pieno del tuo amore, non desidero altro che il perdono per tutti coloro che ti hanno offeso con questa persecuzione». (2)

  • «Soffro molto, Gesù mio, nel vedermi separata dalle mie amate Figlie e privata della consolazione di poterle guidare, consigliare, correggere ed istruire. Però, con il cuore trapassato dal dolore e insieme traboccante di giubilo per queste tribolazioni che ti compiaci di inviarmi, io esclamerò con molta frequenza: "Gesù mio, in Te ho posto ogni mio tesoro e ogni mia speranza!". Mi dici, Gesù mio, che desideri vedermi afflitta da grandi sofferenze per avere la soddisfazione di trovarmi degna del tuo amore; e perché io ti dia la più sfavillante testimonianza della mia fede nelle tue promesse, insieme con la prova della mia fedeltà e della mia fortezza. Dammi, Gesù mio, il tuo amore e poi fa’ quello che vuoi!». (3)

  • «Figlie mie, non è molto che una di voi mi chiedeva: "Perché le opere di zelo debbono essere così perseguitate? E la nostra stessa opera, con la quale noi non pretendiamo altro che fare il bene nell’esercizio della carità, perché deve essere trattata in questo modo?". E’ fuori dubbio che le opere di zelo e tutto ciò che è per la gloria di Gesù deve necessariamente portare il sigillo della contraddizione. E molte volte gli ostacoli e le contrarietà vengono proprio da dove, umanamente parlando, uno dovrebbe attendersi un aiuto... Non critichiamo però le persone che ci presentano il calice amaro, perché esse sono gli strumenti di cui Gesù stesso si serve; e davanti a Lui, piuttosto che demeritare, penso che avranno un merito. Facciamo in modo che non passi neppure un giorno senza che abbiamo pregato fervorosamente per tutti quelli che pensiamo ci hanno ferito». (4)

Durante gli anni 1960-1965, sempre su istigazione di persone esterne alla Congregazione delle Ancelle e in concomitanza con la realizzazione dell’Opera di Collevalenza, si è prodotta una forte contestazione delle scelte operative della Madre Fondatrice, culminata con l’uscita di un folto numero di Suore dissidenti e con il fallimento del loro tentativo di dar vita a una nuova fondazione religiosa.

  • «Signore, ricordati che l’apostolo Pietro, che ti amava moltissimo e che era capace di qualunque cosa pur di difenderti, fu il primo a rinnegarti... E Tu lo hai perdonato. Perché oggi – Giovedì Santo, giorno di perdono – non dovresti perdonare anche queste Figlie mie e dimenticarti di tutto? Perché non mi dici che le perdoni e che posso stare tranquilla, in quanto non hai più nulla contro di loro? Guardale, Signore, come hai guardato Pietro: perché se lui ti rinnegò per paura, le mie Figlie lo hanno fatto per essere state addottrinate da un tuo Ministro, il quale – come un Giuda – si è permesso di riempire la loro testa di tante cose che realmente io avrei potuto commettere se Tu non mi avessi assistito e se non fossi Tu a guidare la barca delle due Congregazioni. Signore, questo è il giorno del perdono: e io non ti lascerò in pace fino a quando non mi dici che non ti ricordi più di quanto queste Figlie hanno pensato, detto e fatto. Tu dichiari che perdoni, dimentichi e non tieni in conto: questo è il momento, Signore!... Oggi, giorno del Giovedì Santo, di nuovo te lo ripeto: perdona queste Figlie mie; e perdona questo Ministro tuo, per causa del quale (si è creata) questa situazione». (5)


(1) MADRE SPERANZA ALHAMA, Diario, 27 giugno 1941 (n. 651; 653).

(2) MADRE SPERANZA ALHAMA, Diario, 16 settembre 1941 (n. 655-657).

(3) MADRE SPERANZA ALHAMA, Diario, 22 settembre 1941 (n. 658-659).

(4) MADRE SPERANZA ALHAMA, Consigli pratici, anno 1941 (n. 156-157; 160).

(5) MADRE SPERANZA ALHAMA, Preghiere in estasi, 15 aprile 1965 (n. 328-329; 335).

(6) MADRE SPERANZA ALHAMA, Diario, 13 novembre 1942 (n. 843-847).