«la devozione all'Amore Misericordioso»

 

La Madre, partendo dalla profonda esperienza della misericordia di Dio, inizia la sua collaborazione con Padre Arintero per la diffusione della devozione all'Amore Misericordioso. Sebbene oggi tutti riconoscano l'attualità di questa spiritualità, è importante risalire alle origini per costatare come questo frutto sia andato a poco a poco sbocciando ed abbia richiesto una maturazione graduale e contrastata prima di diventare patrimonio della Chiesa. Ricordiamo in particolare l’enciclica di Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia e quella "prima uscita dopo l’attentato del 13 maggio 1981 in piazza San Pietro", che l’ha portato pellegrino al Santuario dell’Amore Misericordioso per ribadire questo messaggio e per ringraziare il Signore di aver avuto salva la vita. Nell’oggi della Chiesa, Papa Francesco è riconosciuto da tutti come l’araldo e l’apostolo dell’Amore Misericordioso, "con i gesti e qualche volta con le parole".

Alcune notizie storiche

Il 30 aprile del 1926, il Conte di Villafranca de Gaytán, illustra così l'Opera e la devozione dell'Amore Misericordioso:

«...non introduce né una nuova dottrina, né nuove devozioni nella Chiesa... "E' un'opera essenzialmente evangelica"... e "vi si respira il più fervoroso spirito cristiano" (Vescovo di Madrid). "Certamente quest'opera promuoverà in modo molto intenso la gloria di Dio" (Card. Reig).

"E' un'opera utilissima per suscitare nel popolo cristiano l'amore verso Dio e verso il prossimo"... La sua finalità è perciò che viviamo la vita cristiana, cosa che non si può conseguire se non vivendo in intima unione con Cristo, cioè sentendo, pensando, volendo, amando, operando e vivendo come sente, pensa, ama, opera e vive il nostro amore Gesù, ed arrivare ad essere innestati in Cristo...» (1).

Il nome dell'Opera viene dalla Santa dell'Amore e dell'infanzia spirituale, Teresa di Lisieux, che con la sua vita l'ha fatto conoscere al mondo. Ella stessa, a nome di Dio, affidò alla nostra Madre il proseguimento di tale missione (2).

 

La collaborazione della Madre con il Padre Arintero

Nella prima pagina del suo «diario», la Madre scrive che Gesù le chiese di lavorare più intensamente con Padre Juan González Arintero (3) per far conoscere e diffondere la devozione dell'Amore Misericordioso (4):

«Nell'anno 1927, essendo religiosa della Congregazione di Maria Immacolata, il 30 di ottobre, il buon Gesù mi chiese che mettessi tutta me stessa nel collaborare fortemente con il Padre Arintero, religioso domenicano, per far conoscere la devozione dell'Amore Misericordioso. Era già un po' di tempo che collaboravo con detto Padre, però con l'ordine, da parte del mio direttore spirituale, di non dire a nessuno, neanche ai miei Superiori, che ero unita a detto Padre in questo lavoro. Lo stesso Padre Antonio Naval aveva esposto al Padre Arintero questo suo desiderio che nessuno sapesse che anche io collaboravo in questo lavoro» (5).

Proprio per mantenere l'anonimato, la Madre firmò i suoi scritti con lo pseudonimo di «Sulamitis». Furono però molti i collaboratori che firmarono con lo stesso pseudonimo (6) per cui non è facile stabilire né quali siano gli scritti della Madre né quanto questi siano stati riveduti e corretti dal Padre Arintero, dal momento che egli stesso si incaricava di ritoccare lo stile (7).

Grande fu la tristezza della Madre nel vedere gli ostacoli che tale devozione incontrava nella stessa Chiesa, tanto che, il 19 febbraio, fu ordinato il ritiro dei quadri da tutte le chiese (8). Il giorno successivo, 20 febbraio 1928, moriva lo stesso Padre Arintero.

Per la Madre questa fu un'esperienza vitale, che segnò e diede l'impronta a tutta la sua missione. Ma anche per lei fu un cammino graduale, al quale il Signore la spronò perchè diventasse sempre più trasparenza del suo amore e della sua misericordia, come ella stessa scrisse nel suo diario il 7 febbraio del 1928:

«Il buon Gesù mi ha detto che mi sforzo poco di far conoscere a tutti quelli che trattano con me il Suo amore e la sua misericordia verso gli uomini; questo mi succede perché mi sono data poco a compiere la sua divina volontà, anzi perdo il tempo in vane preoccupazioni dopo che ho saputo che la devozione al Suo Amore Misericordioso avrà un arresto e delle proibizioni; al punto che, invasa da quello che potrà succedere e da quello che potranno dire di me, sto perdendo miserevolmente i giorni e le notti, preoccupata della paura della vergogna di un fallimento. Quanta pena mi ha prodotto questo paterno rimprovero! E' vero che da un po' di tempo mi invade la preoccupazione che ci potrà essere un fracasso in tutto questo lavoro della devozione dell'Amore Misericordioso perché il Padre Arintero, pur essendo un gran santo, come uomo ha la sua maniera di vedere le cose e allora succede che molte volte negli opuscoli che si riferiscono all'Amore Misericordioso lui propaga delle cose che, secondo il buon Gesù, non sono esatte. Io ho provato a dirglielo più di una volta però vedo che gli costa sottomettersi in molte cose al parere di una povera religiosa senza studi e senza tanta istruzione come lui. E io, rendendomi conto di questo, pur con grande sforzo, gli dico quello che il buon Gesù mi dice, ma vedo che lui non lo mette tale come gli viene comunicato; questa stessa cosa l'ha fatta con alcuni particolari della Novena che ormai è diffusa già in America, in Francia ed in Spagna. Mi deve perdonare, Padre, di non averglielo detto prima; ... temevo di essere spinta più dall'amor proprio che dalla sincerità, ... soprattutto dopo che la Marchesa di Almaguer mi ha informato che ormai non si può più lavorare per la propaganda della devozione dell'Amore Misericordioso perché è una devozione nuova che la Chiesa non approva. Mi perdoni, Padre, se le ho nascosto ciò per tanti giorni e la prego di non proibirmi di continuare questo lavoro, nonostante abbia la sensazione di un insuccesso perché se ciò accadrà, stia tranquillo che non rivelerò mai che era lei che mi spronava a farlo» (9).

Molti anni più tardi, quando la spiritualità dell'Amore Misericordioso è stata approvata dalla Chiesa e si è diffusa nel mondo, quando le due Congregazioni sono state fondate, la Madre rilegge la storia fin dall'origine e vi scorge un piano provvidenziale di Dio che neanche lei poteva immaginare:

«Questo titolo dell'Amore Misericordioso, nuovo nella Chiesa, fu compreso per primo da un santo ed intelligente sacerdote, Padre Arintero, un santo religioso domenicano che lavorò moltissimo per la divulgazione di questa devozione. Mentre ero religiosa nell'altra Congregazione, sebbene fossi incapace di aiutarlo, collaborai molto con lui in questa Opera. Il Signore permise che la Chiesa, il Santo Officio, non approvasse la suddetta Opera e Padre Arintero non poté proseguire. Ho pensato moltissime volte: perché il Signore ha permesso che l'Opera di Padre Arintero fosse soppressa dalla Chiesa? perché?... perché il Signore voleva che la devozione al Suo Amore Misericordioso si diffondesse in tutto il mondo (riflettete bene: "in tutto il mondo"), servendosi di alcune religiose senza istruzione. In un secondo tempo sono venuti l'istruzione e lo studio, però all'inizio il Signore scelse come strumento della Sua Opera una povera religiosa poco intelligente ed incapace di portare avanti una cosa così grande e difficile missione, come fondare una Congregazione di religiose, e più tardi di Religiosi, i quali hanno come missione particolare quella di far conoscere alle anime di tutto il mondo l'Amore e la Misericordia del Signore nei confronti del povero, del bisognoso e del peccatore» (10).

 

Erede di una missione

Sia per il Padre Arintero come per la Madre, creature scelte dal Signore per divulgare la devozione e la dottrina dell'Amore Misericordioso, non si trattò certamente di inventare una dottrina nuova, ma di raccogliere la preziosa eredità di tanti altri che, nel corso dei secoli, furono chiamati dal Signore a preparare, per questi nostri tempi, una particolare rivelazione della misericordia di Dio.

Tra queste persone si possono ricordare:

- Santa Margherita Maria Alacoque, che propagò la devozione al Sacro Cuore (1647-1690);

- Santa Teresa di Gesù Bambino (1873-1897) che si offrì vittima all'Amore Misericordioso e ne visse la spiritualità;

- Il gesuita P. Daniele Considine, che nel 1921 scrisse "parole di incoraggiamento" fondate sulla fiducia e l'abbandono in Dio;

- Suor Benigna Consolata Ferrero, Visitandina di Como, che nella sua missione invitò alla fede nella misericordia divina; nel 1916, anno della sua morte, il Signore le rivelò i suoi piani e i suoi desideri: «estoy preparando la Obra de mi misericordia; Yo quiero un nuevo resurgimiento en la sociedad y quiero que esto sea obra del Amor» (11);

- Madre Maria Teresa Desandais, meglio conosciuta come PM (Petite Maine = Piccola Mano) Sulamitis, consorella di Suor Benigna Consolata, che, con i suoi scritti, dalla Francia, mandò avanti la devozione dell'Amore Misericordioso, diventando animatrice e prima collaboratrice di P. Arintero;

- Suor Faustina Kowalska, ai nostri tempi.

Emerge da tutto questo un'idea dell'infinito amore di Dio per l'uomo che, nel suo provvidenziale disegno di salvezza, grazie alla generosità di tante creature nel corso dei secoli, è andato annunciando e realizzando la manifestazione della sua infinita misericordia (12).

 

Due Congregazioni per un messaggio universale

La Madre, compresa la volontà di Dio, sebbene nella sofferenza, accettò di istituzionalizzare questa spiritualità dell'Amore Misericordioso con la fondazione delle due nostre Congregazioni religiose che hanno il compito primario di diffondere tale spiritualità. Nel dicembre 1959, rivolta ai membri della sua Famiglia religiosa, spiega:

«Figli miei, quando nel 1929 dovetti uscire dalla Congregazione a cui appartenevo, nella quale mi trovavo benissimo perché pensavo solo a due cose: la santificazione delle anime e mia. Dovetti uscire da lì con grande sofferenza perché dovevo fondare le Ancelle e i Figli dell'Amore Misericordioso e diffondere questa devozione. In quel momento non credevo che tale compito fosse tanto gravoso. Per compiere le cose più grandi, nostro Signore sceglie sempre ciò che nel mondo é più inutile e in questo caso ce ne ha dato la prova, poiché non avrebbe potuto scegliere di peggio» (13).

Lo stesso Santo Padre, Giovanni Paolo II, nel suo primo incontro con la nostra Famiglia religiosa durante la sua visita alla parrocchia di Spinaceto, ebbe a sottolineare:

«Che bella parola: "Amore Misericordioso"! E che vera parola!

L'amore di Dio per il mondo, per la sua creatura e, soprattutto per noi uomini, non può essere che misericordioso: non può essere altro. E questo ci si mostra in Gesù Cristo: lui è la vera incarnazione dell'Amore Misericordioso. E' passato facendo tutto il bene a quelli che erano bisognosi, che erano poveri, che erano malati, che erano peccatori, Aveva una predilezione per loro, per mostrare che l'amore del Padre è veramente misericordioso.

Io penso che questo mondo nel quale viviamo non è consapevole della sua vera situazione, della sua vera, pericolosa situazione. In questo mondo ci vuole una Comunità, che è specialmente consapevole di quell'Amore Misericordioso, che solo può aiutare l'umanità, l'uomo, il mondo.

La vostra vocazione è grande! Non so se siete una grande Comunità, molto numerosa, ma la vocazione, la vostra vocazione è grande. E con questa vocazione portate la speranza. Siete veramente i Figli e le Figlie di Madre Speranza. E questa chiesa che ho avuto la gioia di visitare oggi con la parrocchia di San Giovanni Evangelista, è veramente la Chiesa della speranza. Senza speranza non avrebbe potuto crescere tutto questo: e la costruzione dell'architettura e la comunità. E si vede che è cresciuta e cresce sempre nella speranza» (14).

La Madre è molto cosciente che questa missione e questo messaggio sono troppo grandi per essere rinchiusi in limiti ristretti e che l'Amore Misericordioso vuol raggiungere i confini del mondo:

«Siate pur certe che le Ancelle si diffonderanno per il mondo intero prima della sua fine, propagando la devozione dell'Amore Misericordioso ed insegnando alle anime che non lo sanno che il Signore le aspetta, non come un severo giudice, ma come un Padre che non tiene in conto, perdona e dimentica» (15).

Spinta da quest'ansia apostolica, la Madre chiede aiuto alle sue figlie e ai suoi figli per realizzare questa missione universale:

«Aiutatemi a chiedere luce e buon esito per la nuova fondazione in America e che il buon Gesù mi conceda la grazia di poter accompagnare i miei figli e le mie figlie e vederli lì, diffondere la devozione all'Amore Misericordioso» (16).

 

Il cuore di questo messaggio

Il cuore di questo messaggio da annunciare al mondo viene recepito con molta chiarezza e con una forte «impresión» dalla Madre, fin dal 1927:

« Mi sono distratta, ho passato parte della notte fuori di me molto unita al buon Gesù e Lui mi ha detto che devo arrivare a fare in modo che gli uomini lo conoscano non come un Padre offeso per le ingratitudini dei suoi figli ma come un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, di aiutare e di far felici i suoi figli e che li segue e li cerca con un amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro. Quanto mi ha impressionato questo Padre mio!» (17).

Dopo anni di cammino, la Madre manifesta la stessa meraviglia vedendo Gesù andare dietro di lei come un povero «mendicante», nonostante la sua incorrispondenza:

«Gesù mio quanto è grande il mio dolore vedendo che, nonostante il mio proposito di santificarmi per darti gloria, facendo e compiendo ciò che Tu vuoi da me, io perdo il tempo pensando a cose che a Te non piacciono e mancando forse alla carità con giudizi temerari, mentre Tu continui a starmi vicino per conversare con me e mendicare il mio amore.

Che dolore, Gesù mio!

Non umiliarti più con questa povera creatura che oggi ti supplica, ancora una volta, di perdonarla per quanto ti ha fatto soffrire; dimentica quanto ho fatto e ti prometto di camminare, aiutata da Te, per il sentiero della santità senza guardare indietro, ma pregando insieme a Te perché così l'anima mia impari a conoscerti e ad amarti tanto tanto e a desiderare la virtù solida, non più fondata su preghiere ma su profonde convinzioni» (18).

Nel 1952, la Madre torna ad annotare nel suo diario la meraviglia di sempre:

«Ho trascorso questa notte senza coricarmi perché, non avendo fatto la meditazione ed essendomi raccolta un mento per farla, mi sono "distratta". Può pensare, Padre mio, quello che è accaduto tra Gesù e la mia anima: che momenti felici, Padre mio! In quei momenti sentivo solo la solita pena per vedere Gesù mendicare amore, come se Lui non potesse stare senza di noi. Questo è un mistero che ripugna alla mia superbia: vedere Dio stesso abbassarsi verso l'uomo, e che noi, nonostante tutto, osiamo negargli il poco che ci chiede» (19).

 

Il provvidenziale discernimento della Chiesa

La Madre, parlando dell'esperienza vissuta al Santo Officio negli anni '40, sottolinea come questa abbia favorito la conoscenza della «nuova dottrina» dell'Amore Misericordioso. Ella torna a ribadire nuovamente l'inadeguatezza dello «strumento» scelto dal Signore per una così importante missione:

«La devozione dell'Amore Misericordioso era assolutamente proibita in Spagna, Italia, Francia ed America, ma l'Amore Misericordioso voleva trionfare e perciò scelse questa povera creatura (una più inutile non poteva trovarla). Io venni qui come indicò il Santo Officio. Mi dissero: "Raccolga in una valigia tutti gli scritti che si riferiscono alla devozione dell'Amore Misericordioso e si presenti il più presto possibile". Così feci. Consegnai tutto ciò che aveva relazione con la devozione all'Amore Misericordioso, […] una devozione che io non sapevo fosse stata proibita dal Santo Officio; per questo feci tutto innocentemente […]. Ed è così che il Signore ci ha chiamato qui, perché l'Amore Misericordioso trionfasse in Italia, dove si trova il Capo della Chiesa; infatti se avesse trionfato qui, si può dire che avrebbe trionfato in tutte le nazioni» (20).

La Madre è pronta ad accettare i disegni del Signore, per quanto incomprensibili, purché trionfi il suo Amore Misericordioso, è disposta a donare la sua stessa vita, pur di «difendere» la missione che lo stesso Signore le ha affidato.:

«Entrai lì come sono. E perché così? Affinché si vedesse che il Signore sceglie sempre ciò che di peggio esiste per fare cose grandi, perché la creatura non possa inorgoglirsi dicendo che ha fatto questo o quello: "Io non ho fatto niente". Il Signore volle che questa creatura inutile, così come mi vedete, accusata di tante cose che per fortuna non avevo commesso - però che sarei capace di compiere - fosse colei che doveva propagare nel mondo intero la devozione del Suo Amore Misericordioso» (21).

«Il Santo Officio è un tribunale della Chiesa che giudica coloro che si comportano male, che fanno affermazioni contro la fede o che fanno cose che non devono... ed io mi vidi lì dentro. La prima volta che vi andai mi fecero passare per una scala dove si trovava il carcere dei religiosi e delle religiose. Delle grandi spranghe attraversavano le porte ed il solo passare lì davanti infondeva paura. Non sapevo se sarei morta lì dentro o no; ad ogni modo, vi dico che veramente sarei morta contenta perché avevo la certezza di morire per ciò che avevo capito di dover difendere, ossia la devozione all'Amore Misericordioso, proibita in modo assoluto in Italia dal Santo Officio» (22).

 

Una spiritualità incarnata nella storia

Pochi giorni prima dei grandi bombardamenti che avrebbero colpito Roma, durante la seconda guerra mondiale, nel luglio 1943, la Madre comprende che, insieme alle sue figlie, è chiamata ad essere testimone della misericordia di Gesù con l'esempio ed il sacrificio:

«Oggi, 5 luglio, il Buon Gesù mi ha detto che durante questa guerra accadranno tristi avvenimenti e che noi non dobbiamo assolutamente muoverci da questa casa, ma restare qui per aiutare, confortare, curare e dar da mangiare alla grande folla di poveri che verranno a rifugiarsi in questo antico cimitero. "E' qui dove siete chiamate diffondere la devozione al mio Amore Misericordioso, con il buon esempio, la carità, l'abnegazione ed il sacrificio, dimenticandovi di voi stesse"» (23).

La guerra causò tante vittime e la Madre, davanti a tale calamità, non rimase inattiva. Avendo compreso che il Signore voleva spargere sull'umanità la sua misericordia e le sue consolazioni davanti a tanta sofferenza e desolazione, scrisse al Card. Ottaviani affinché si fosse fatto portavoce presso il Santo Padre dell'iniziativa di favorire centri di preghiera per implorare la divina misericordia:

«Non voglio insistere perché si approvi la devozione all'Amore Misericordioso, dal momento che la accolgono come una devozione nuova, nonostante siano eterni l'Amore e la Misericordia di Dio. Ma supplico Sua Ecc. che ne renda partecipe il Santo Padre, perché faccia in modo che tutti i fedeli implorino la Misericordia di Dio, che si celebri il S. Sacrificio e che si preghi il S. Rosario senza interruzione per la pace e per le anime di coloro che sono morti in questa guerra, facendo centri di preghiera per riunire i fedeli nei punti che credono adatti. Nel giardino di questa casa si è pregato il Rosario pubblicamente davanti all'immagine del Crocifisso» (24).

 

La Novena dell'Amore Misericordioso

Col fine di diffondere la devozione all'Amore Misericordioso, la Madre compose una Novena a Lui dedicata, in cui medita la preghiera del Padre Nostro, che si sarebbe dovuta recitare giornalmente nella sua Famiglia religiosa.

Nel dicembre 1943, la sottopose all'approvazione ecclesiastica, inviandola al Card. Ottaviani:

«Nella cappella di tutte le case della Congregazione si recita la novena all'Amore Misericordioso di Gesù, ogni giorno, durante la preghiera delle sette della sera, poiché è una delle preghiere stabilite per la Congregazione. La novena che è stata pregata fin dall'inizio, la copiai da un libro di devozione all'Amore Misericordioso, scritto da Sulamitis, approvato dal Vescovo di Salamanca; fu tradotta in italiano e presentata al Vicariato dove vi trovarono alcune mancanze. Allora ci rivolgemmo al Rev. P. Galgos, dell'Università Gregoriana, il quale compose la novena che tempo fa inviai al Santo Padre, novena che Vostra Ecc. mi disse conteneva qualcosa che non le sembrava bene.

Siccome nella Congregazione dobbiamo fare ogni giorno la novena, ne ho composta una semplice ed è quella che stiamo pregando in questa casa di Roma, così pure l'ho inviata alla casa di Todi. Però sono preoccupata pensando che in essa vi può essere qualcosa che non piace ai miei superiori; per questo motivo mi permetto di presentarla a lei, Ecc., pregandola di consigliarmi cosa devo fare» (25).

Nel luglio 1945, lo stesso Mons. Traglia, dopo aver concesso il permesso per recitare la Novena pubblicamente, invitò la Madre a propagarla:

«Oggi, 11 luglio, S. E. Mons. Traglia ci ha concesso la grande grazia di poter fare pubblicamente la novena all'Amore Misericordioso, poiché è già stata approvata dal Vescovo di Todi e così ha detto a M. Antonia: "Dica alla Madre che non solo possono pregarla pubblicamente ma anche diffonderla» (26).

A tale notizia, la Madre sperimentò una immensa gioia che crebbe quando la comunicò al parroco di San Barnaba:

«Solo il Buon Gesù ha potuto apprezzare la gioia che la mia povera anima ha provato nell'ottenere questa concessione. Infatti non ho altro desiderio se non quello di vedere propagata e conosciuta in tutto il mondo la devozione all'Amore Misericordioso e mediante questa si dia molta gloria al Buon Gesù e alla Sua Chiesa. Subito comunicai la notizia al Parroco, il quale disse che la prima novena pubblica doveva essere solenne; così il giorno dopo si iniziò nella nostra Cappella. Il Parroco viene tutti i giorni alle sei e la fa lui stesso esponendo il Santissimo; è tanta la gente che viene alla novena e che la chiede con insistenza» (27).

 

Un Santuario, centro di questa spiritualità

Il Santuario dell'Amore Misericordioso, secondo la Madre, è stato voluto dal Signore come Centro di irradiazione di questa spiritualità così attuale per i nostri tempi, come centro di accoglienza dove tutti quelli che vengono possano, non solo ascoltare e capire il messaggio, ma fare esperienza dell'Amore incredibile del Padre. Madre Speranza, soprattutto nel Santuario, si è sentita lo strumento di questa misericordia di Dio che vuol raggiungere tutti.

«Io, amati figli e figlie, debbo dirvi che vivo giorni di vera gioia ed emozione sia per la grazia che mi ha concesso il Buon Gesù di poter soffrire qualcosa per la gloria ed il trionfo della devozione del Suo Amore Misericordioso, così pure per il compito che vengo svolgendo in questi mesi nella casa di nostro Signore, facendo da portinaia di coloro che soffrono e vengono a bussare a questo nido d'amore perché Lui, come buon Padre, li perdoni, dimentichi le loro follie e li aiuti in questi momenti di dolore. Sono qui, figli i miei, ore e ore, giorni e giorni, ricevendo poveri, ricchi, anziani e giovani, tutti carichi di grandi miserie: morali, spirituali, corporali e materiali. Alla fine del giorno vado a presentare al Buon Gesù, piena di fede, fiducia ed amore, le miserie di ognuno, con l'assoluta certezza di non stancarlo mai, perché so bene che Lui, da vero Padre, mi attende ansiosamente affinché interceda per tutti quelli che sperano da Lui il perdono, la salute, la pace e ciò di cui hanno bisogno per vivere, e affinché Gli dica, in nome di tutti loro, non una ma mille volte: "Padre perdonali, dimentica tutto, sono anime deboli che nell'infanzia non hanno ricevuto il solido alimento della fede ed oggi, attaccate al pesante fango della natura e sballottate dal forte vento della corruzione, precipitano in fondo al mare senza forze per navigare". Ed Egli che è tutto Amore e Misericordia, specialmente verso i figli che soffrono, non mi lascia delusa e così vedo con gioia confortate tutte quelle anime che si affidano all'Amore Misericordioso. Che emozione, figli miei, prova questa povera creatura, di fronte all'amore, alla delicatezza e alla bontà del nostro Buon Padre!

E' vero che Egli è un Giudice giusto, però è un Padre che ci ama, che sa dimenticare e perdonare le nostre miserie se, pentiti, ricorriamo a Lui! Non dimenticate, figli miei, che siete stati chiamati per far conoscere al mondo intero l'Amore Misericordioso del Buon Gesù, non tanto con parole eloquenti, ma con la vostra vita d'amore, sacrificio, abnegazione e carità verso tutti, specialmente per i più peccatori e abbandonati» (28).

A conclusione della Visita Canonica effettuata da Madre Ascensión, nella Congregazione delle Ancelle dell'Amore Misericordioso, nel giugno 1968, la segretaria scrive alcune norme che la Madre stessa ha creduto conveniente dare «per il buon andamento della Congregazione». Tra l'altro precisa:

«[...] La Madre gode che tutte le sue figlie sentano il Santuario come l'Opera più grande e particolare che il Signore ha chiesto alla nostra Congregazione; tutte le altre opere di carità sono comuni ad altre Congregazioni però, per noi, tutte queste opere oltre ad essere opere di carità, sono un mezzo per realizzare questo grande disegno del Buon Gesù: "Che Dio sia conosciuto come un padre" e la diffusione della devozione all'Amore Misericordioso» (29).

 

domande per la riflessione e il dialogo

  1. «Noi, Figli ed Ancelle dell'Amore Misericordioso, chiamati con la nostra vocazione per far conoscere al mondo intero la devozione dell'Amore Misericordioso, ci siamo nutriti bene degli insegnamenti del nostro Divino Maestro?».
    Noi Laici dell’Amore Misericordioso, noi cristiani facciamo altrettanto?.

  2. La Madre chiede a se stessa e a noi: «Quale consolazione può avere Gesù dal nostro amore? Perché ci viene sempre dietro come un povero mendicante? Non si accorge che lo ricambiamo soltanto con dispiaceri, volgarità e disattenzioni? Ogni giorno di più mi confonde la pazienza, l'amore e la carità del nostro buon Padre e gli chiedo la grazia di farmi morire prima di dargli ancora il più piccolo dispiacere o farlo soffrire anche minimamente» (El pan 18, 1377).

  3. «Tutti conosciamo bene come Egli ha mostrato e mostra il Suo Amore Misericordioso all'uomo caduto ed afflitto a motivo della propria colpa o senza di essa. Possiamo dire in verità che guardiamo solo Lui nel compiere il nostro lavoro e solo per Lui e per la Sua gloria lavoriamo e soffriamo?» (Circolare, 19.12.1959, El pan 20, 645)

  4. Siamo coscienti della vastità dei campi in cui siamo chiamati a testimoniare, oggi, l'Amore Misericordioso?
    Qual è il campo particolare a cui il Signore oggi mi chiama a porre particolare cura?

  5. Come conciliare, sullo stile di Gesù Amore Misericordioso e della Madre, le parole e le opere, l'annuncio e le attività, la contemplazione e l'azione, la fedeltà e la profezia, affinché l’Amore Misericordioso raggiunga tutte le persone che ci avvicinano?

 

traccia per la riflessione personale e la condivisione

Questo tempo di riflessione personale, Gesù, Amore Misericordioso, voglia trasformarlo in tempo di grazia in cui ognuno scopra la bellezza di appartenergli. Egli stesso, attraverso la Madre, affida a religiosi e laici una grande ed attuale missione: portare all'uomo del nostro tempo, affaticato ed oppresso, un messaggio di amore e di speranza.
Chiediamo a Lui di farci fare esperienza di questo amore e di questa accoglienza misericordiosa nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, così da essere testimonianza vivente che attrae e converte.
Chiediamo a Lui di trasformarci in mediatori di amore e misericordia o, come diceva plasticamente la nostra Madre, in «parafulmini» per questa nostra umanità. L'esempio di lei, che si fece solidale con l'uomo del suo tempo schiacciato dalla violenza e dalla guerra, sappia renderci sensibili ed operosi davanti alla sofferenza di tanti nostri fratelli e sorelle.

 

Lettura dal Vangelo di Matteo 9, 9-13

«Andando via di là, Gesù vide un uomo chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi". Ed egli si alzò e lo seguì; Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?". Gesù li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Dal discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II alla Famiglia religiosa durante la sua visita al Santuario dell'Amore Misericordioso, il 22 novembre 1981

«All'inizio di questo desiderato incontro con voi, Ancelle e Figli dell'Amore Misericordioso, amo rivolgervi le parole di San Paolo ai Corinzi: "Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre Misericordioso e Dio di ogni consolazione" (2Cor 1, 3).

La consolazione, che procura al mio cuore questo pellegrinaggio, è certamente anche la vostra, derivante dalla certezza di essere fedelmente accolti dalla bontà divina, anche "in ogni nostra tribolazione". Se Dio ed il suo Amore sono per noi la consolazione che nessuno può sottrarci - "nessuno vi potrà togliere la vostra gioia" (Gv 16, 22) - siamo chiamati al tempo stesso ad alimentare in noi la sollecitudine insopprimibile di partecipare a tutti un tale amore.

1. Per liberare l'uomo dai propri timori esistenziali, da quelle paure e minacce che sente incombenti da parte di individui e Nazioni, per rimarginare le tante lacerazioni personali e sociali, è necessario che alla presente generazione - alla quale pure si estende la Misericordia del Signore cantata dalla Vergine Santissima (cf. Lc 1, 50) - sia rivelato "il mistero del Padre e del suo amore". L'uomo ha intimamente bisogno di aprirsi alla misericordia divina, per sentirsi radicalmente compreso nella debolezza della sua natura ferita; egli necessita di essere fermamente convinto di quelle parole a voi care e che formano spesso l'oggetto della vostra riflessione, cioè che Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro. L'uomo, il più perverso, il più miserabile ed infine il più perduto, è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un padre ed una tenera madre.

2. Da questo brevi cenni risulta che la vostra vocazione sembra rivestire un carattere di viva attualità. E' vero che la Chiesa, durante i secoli, mediante anche l'opera dei vari Ordini e Congregazione Religiose, ha sempre proclamato e professato la misericordia divina, essendone amministratrice sollecita in campo sacramentale ed in quello dei rapporti fraterni, ma vorrei rilevare soltanto che la vostra speciale professione attinge direttamente il nucleo di una tale missione, e vi abilita istituzionalmente ad esercitarla.

Los spirito del vostro Istituto, il quale reca con sé il fervore degli inizi, si esprime in una pietà solida, in una disinteressata dedizione ed in un ardente impegno apostolico, come ne fanno fede le grandiose costruzioni sorte in pochi decenni attorno al Santuario, e le folle che qui accorrono per rinnovare ed accrescere la propria vita cristiana. [...]

3. Ed ora, cari Fratelli e Sorelle, vorrei rivolgervi una viva esortazione ad essere saggiamente fedeli alla vostra vocazione. Consapevoli della necessità che l'uomo moderno ha di incontrarsi con l'amore del "Padre delle misericordie", e lieti di essere consacrati alla diffusione di un tale amore, offrite, anzitutto, nell'ambito della vostra grande Famiglia, una testimonianza serena e convincente di carità fraterna. "Congregavit vos in unum Christi amor": è Cristo Signore che si interessato a ciascuno di voi e vi ha riuniti in Congregazioni distinte, ed in un'unica Famiglia, per compiere, con differenti modalità, lo stesso cammino di perfezione, nello svolgimento della missione evangelizzatrice. Il compito di proclamare la misericordia del Salvatore richiede una testimonianza probante di unione, di scambievole amore misericordioso come Gesù stesso ha esortato con la forza tragica della sua ultima ora: "Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Gv, 15, 12). Tale amore fraterno è in se stesso una prova ed una evangelizzazione della misericordia: "Siano anch'essi una sola cosa in noi, affinché il mondo creda che tu mi ha mandato" (Gv 17, 21)».

 

Papa Francesco, Meditazione mattutina nella cappella di Santa Marta, 5 luglio 2013

Lasciarsi guardare dalla misericordia di Gesù; fare festa con Lui; mantenere viva la «memoria» del momento in cui abbiamo incontrato nella nostra vita la salvezza. È questo il triplice invito scaturito dalla riflessione di Papa Francesco durante la messa celebrata stamane, venerdì 5 luglio, nella cappella della Domus Sanctae Marthae. Tra i concelebranti era il cardinale Jorge Liberato Urosa Savino, arcivescovo di Caracas. Una presenza che il Pontefice, all’inizio del rito, ha voluto sottolineare ricordando che proprio oggi ricorre la festa nazionale del Venezuela.

All’omelia il Papa ha commentato il brano del vangelo di Matteo (9, 9-13) nel quale l’autore parla della propria conversione: l’esattore delle tasse che Gesù chiama a far parte dei dodici. Il messaggio che Gesù vuole dare — ha spiegato il Pontefice — è ripreso «dalla tradizione del popolo di Israele. Un messaggio profetico, ma che il popolo ha avuto sempre difficoltà a capire: misericordia io voglio e non sacrifici». Infatti il nostro è il Dio della misericordia. Lo si vede bene proprio nella vicenda di Matteo, ha spiegato Papa Francesco, che «non è una parabola»: è un fatto storico, «è accaduto».

Papa Francesco ha richiamato l’immagine di Gesù che passa tra «quelli che ricevevano il denaro delle tasse e poi lo portavano ai romani». Questi, ha evidenziato, venivano considerati uomini poco raccomandabili, perché «doppiamente peccatori: attaccati al denaro e anche traditori della patria». Tra di loro c’era Matteo, «l’uomo seduto al banco delle imposte». Gesù lo guarda e quello sguardo gli fa provare dentro «qualcosa di nuovo, qualcosa che non conosceva». Lo «sguardo di Gesù», ha spiegato il Santo Padre, gli fa avvertire «uno stupore» interiore; gli fa sentire «l’invito di Gesù: seguimi». E in quello stesso istante Matteo «è pieno di gioia». Insomma, ha commentato il Pontefice rievocando un famoso dipinto del Caravaggio, a Matteo «è bastato un momento soltanto» per comprendere che quello sguardo gli aveva cambiato la vita per sempre. In quel preciso istante, «Matteo dice di sì; lascia tutto e se ne va con il Signore. È il momento della misericordia ricevuta e accettata: vengo con te».

Al primo momento dell’incontro, che consiste in «un’esperienza spirituale profonda», ne segue un secondo: quello della festa. Il racconto evangelico continua infatti con la descrizione di Gesù seduto a tavola con pubblicani e peccatori, per «una festa — ha commentato Papa Francesco — con tutti quelli che non erano precisamente la crema della società», anzi, «erano quelli scartati dalla società». Ma questa per il Pontefice «è la contraddizione della festa di Dio: il Signore fa festa con i peccatori», mentre raramente la fa con i giusti. A questo proposito il Papa ha ricordato il capitolo 15 del vangelo di Luca dove si dice chiaramente che ci sarà più festa in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che hanno bisogno di conversione. E, più avanti, nello stesso capitolo si racconta di quel padre che fa festa per il ritorno del figlio peccatore. Ecco allora che la festa è per Papa Francesco «molto importante», perché si festeggia l’incontro con Gesù, la misericordia di Dio: «Lui guarda con misericordia, cambia la vita e fa festa».

Ma la vita non è tutta una festa. Lo sa bene Papa Bergoglio che nella sua lunga esperienza pastorale di sacerdote e vescovo — come ha confidato durante la celebrazione — si è sentito spesso chiedere: «padre, dopo questi due momenti, lo stupore dell’incontro e la festa, tutta la vita sarà una festa?». La risposta, ha detto il Pontefice, è «no» perché «la festa è incominciare una nuova strada», ma poi deve esserci «il lavoro quotidiano, che si deve alimentare con la memoria di quel primo incontro». Proprio come è avvenuto nella vita di Matteo, che «questo lavoro lo ha fatto», andando «a predicare il vangelo». In questo caso, ha puntualizzato Papa Francesco, non si tratta di «un momento»; si tratta di «un tempo», che si protrae «fino alla fine della vita».

Ma, si è domandato il Pontefice, di cosa bisogna fare memoria? Proprio «di quei fatti, di quell’incontro con Gesù che mi ha cambiato la vita, che ha avuto misericordia, che è stato tanto buono con me — è stata la risposta — e mi ha detto anche: invita i tuoi amici peccatori, perché facciamo festa». Infatti la memoria di quella misericordia e di quella festa «dà forza a Matteo e a tutti» quanti hanno deciso di seguire Cristo «per andare avanti». Questo, ha aggiunto il Papa, bisogna ricordarlo sempre, come quando si soffia sulle braci per mantenere vivo il fuoco.

Riannodando il filo del discorso il Santo Padre ha dunque individuato «due momenti e un tempo: il momento dell’incontro, dove Matteo viene guardato da Gesù con quello sguardo di misericordia, e il momento della festa, per incominciare il cammino; e il tempo della memoria, memoria di quei fatti». Anche perché tutta la predicazione di Cristo è stata un andare «per le strade a cercare i poveri, gli ammalati» per fare «festa con loro». Una festa che ha voluto estendere anche ai peccatori, attirandosi numerose critiche. Ma conosciamo la sua risposta: «Andate a imparare che cosa vuol dire: "Misericordia io voglio e non sacrifici". Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». Come dire — ha concluso Papa Francesco — «quello che si crede giusto, che si cuocia nel suo brodo. Lui è venuto per noi, peccatori».

 

Papa Francesco, Meditazione mattutina nella cappella di Santa Marta, 14 ottobre 2013

C’è una grave malattia che minaccia oggi i cristiani: la «sindrome di Giona», quella che fa sentire perfetti e puliti come appena usciti da una tintoria, al contrario di quelli che giudichiamo peccatori e dunque condannati ad arrangiarsi da soli, senza il nostro aiuto. Gesù invece ricorda che per salvarci è necessario seguire «il segno di Giona», cioè la misericordia del Signore. È questo in sostanza il senso della riflessione proposta da Papa Francesco durante la messa celebrata stamani, lunedì 14 ottobre, nella cappella di Santa Marta.

Commentando le letture della liturgia, tratte dalla lettera di san Paolo ai Romani (1, 1-7) e dal Vangelo di Luca (11, 29-32), il Pontefice ha iniziato proprio da quella «parola forte» con la quale Gesù apostrofa un gruppo di persone chiamandole «generazione malvagia». È «una parola — ha notato — che quasi sembra un insulto: questa generazione è una generazione malvagia. È molto forte! Gesù tanto buono, tanto umile, tanto mite, ma dice questa parola». Tuttavia, ha spiegato il Pontefice, egli non si riferiva certo alla gente che lo seguiva; si riferiva piuttosto ai dottori della legge, a quelli che cercavano di metterlo alla prova, di farlo cadere in trappola. Era tutta gente che gli chiedeva dei segni, delle prove. E Gesù risponde che l’unico segno che sarà dato loro sarà «il segno di Giona».

Ma qual è il segno di Giona? «La settimana scorsa — ha ricordato il Papa — la liturgia ci ha fatto riflettere su Giona. E ora Gesù promette il segno di Giona». Prima di spiegare questo segno, Papa Francesco ha invitato a riflettere su un altro particolare che si evince dalla narrazione evangelica: la «sindrome di Giona», quella che il profeta aveva nel suo cuore. Egli, ha spiegato il Santo Padre, «non voleva andare a Ninive e fuggì in Spagna». Pensava di avere le idee chiare: «La dottrina è questa, si deve credere questo. Se loro sono peccatori, si arrangino; io non c’entro! Questa è la sindrome di Giona». E «Gesù la condanna. Per esempio, nel capitolo ventitreesimo di san Matteo quelli che credono in questa sindrome vengono chiamati ipocriti. Non vogliono la salvezza di quella povera gente. Dio dice a Giona: povera gente, non distinguono la destra dalla sinistra, sono ignoranti, peccatori. Ma Giona continua ad insistere: loro vogliono giustizia! Io osservo tutti i comandamenti; loro si arrangino».

Ecco la sindrome di Giona, che «colpisce quelli che non hanno lo zelo per la conversione della gente, cercano una santità — mi permetto la parola — una santità di tintoria, cioè tutta bella, tutta ben fatta ma senza lo zelo che ci porta a predicare il Signore». Il Papa ha ricordato che il Signore «davanti a questa generazione, malata della sindrome di Giona, promette il segno di Giona». E ha aggiunto: «Nell’altra versione, quella di Matteo, si dice: ma Giona è stato nella balena tre notti e tre giorni... Il riferimento è a Gesù nel sepolcro, alla sua morte e alla sua risurrezione. E questo è il segno che Gesù promette: contro l’ipocrisia, contro questo atteggiamento di religiosità perfetta, contro questo atteggiamento di un gruppo di farisei».

Per rendere più chiaro il concetto il vescovo di Roma si è riferito a un’altra parabola del Vangelo «che rappresenta bene quello che Gesù vuole dire. È la parabola del fariseo e del pubblicano che pregano nel tempio (Luca 14, 10-14). Il fariseo è talmente sicuro davanti all’altare che dice: ti ringrazio Dio che non sono come tutti questi di Ninive e neppure come quello che è là! E quello che era là era il pubblicano, che diceva soltanto: Signore abbi pietà di me che sono peccatore».

Il segno che Gesù promette «è il suo perdono — ha precisato Papa Francesco — tramite la sua morte e la sua risurrezione. Il segno che Gesù promette è la sua misericordia, quella che già chiedeva Dio da tempo: misericordia voglio e non sacrifici». Dunque «il vero segno di Giona è quello che ci dà la fiducia di essere salvati dal sangue di Cristo. Ci sono tanti cristiani che pensano di essere salvati solo per quello che fanno, per le loro opere. Le opere sono necessarie ma sono una conseguenza, una risposta a quell’amore misericordioso che ci salva». Le opere da sole, senza questo amore misericordioso, non sono sufficienti.

Dunque «la sindrome di Giona colpisce quelli che hanno fiducia solo nella loro giustizia personale, nelle loro opere». E quando Gesù dice «questa generazione malvagia», si riferisce «a tutti quelli che hanno in sé la sindrome di Giona». Ma c’è di più: «La sindrome di Giona — ha affermato il Papa — ci porta all’ipocrisia, a quella sufficienza che crediamo di raggiungere perché siamo cristiani puliti, perfetti, perché compiamo queste opere osserviamo i comandamenti, tutto. Una grossa malattia, la sindrome di Giona!». Mentre «il segno di Giona» è «la misericordia di Dio in Gesù Cristo morto e risorto per noi, per la nostra salvezza».

«Ci sono due parole nella prima lettura — ha aggiunto — che si collegano con questo. Paolo dice di se stesso che è apostolo, non perché ha studiato, ma è apostolo per chiamata. E ai cristiani dice: siete voi chiamati da Gesù Cristo. Il segno di Giona ci chiama». La liturgia odierna, ha concluso il Pontefice, ci aiuti a capire e a fare una scelta: «Vogliamo seguire la sindrome di Giona o il segno di Giona?».

 

Letture della nostra Madre

Dal Diario, 19.12.1953 (El pan 18, 1375-1376)

Che emozione, padre mio! Quanto è buono Gesù! Ogni giorno soffro di più, vedendo quanto poco lo sappiamo apprezzare noi anime consacrate e come Egli sopporta, in silenzio e con tanta pazienza, tutte le nostre disattenzioni e spropositi. La mia superbia, padre, non può sopportare vederlo mendicare il nostro amore dopo averci visti camminare per molte ore o anche giorni, mesi e forse anni, spinti dal vortice delle più vergognose passioni, ottenendo con questo solamente che Lui distolga lo sguardo mentre lo stiamo offendendo, senza mai separarsi da noi per offrirci la sua potente mano e aiutarci di nuovo a venir fuori da questa febbre ardente, perdonandoci e invitandoci a seguirlo nuovamente con amore più deciso».

 

Preghiera della Madre:

«Fa, Gesù mio, che il mio cuore e il mio pensiero siano sempre fissi in Te e per salvarmi non guardare, Gesù mio, agli scarsi meriti delle mie buone opere; mi salvino, Padre mio, il Tuo Amore e la Tua Misericordia» (Diario, 25.3.1940). (El pan 18, 612)

 

Recita del Magnificat


(1) Relazione del Conde de Villafranca de Gaytán, sulla «Obra del Amor Misericordioso», 30.4.1926, doc. 8131.

(2) «Cenni storici» p. XIV-XV, doc. 8375.

(3) Il Rev.do Padre Juan González Arintero, nacque a Lugueros, provincia e diocesi di León, il 24 giugno 1860. Vestì l'abito domenicano il 10 settembre 1875 e fece la prima professione il 10 settembre 1876. Compiuti gli studi propri del suo Ordine frequentò la facoltà di Scienze fisico-chimiche presso l'Università di Salamanca. Insegnò Scienze ecclesiastiche e profane a Vergara, a Coria, a Valladolid, a Roma e a Salamanca presso i Collegi dell'Ordine. Scrisse diversi volumi. Nel 1921 fondò la rivista "La vida sobrenatural", che si proponeva lo studio degli ineffabili misteri e le meraviglie della vita della grazia, della vita soprannaturale. Morì il 20 febbraio 1928.
Negli ultimi cinque o sei anni della sua vita (quindi dal 1922), Padre Arintero ebbe un interesse particolare ed una attività costante nel propagare la devozione dell'Amore Misericordioso con migliaia e migliaia di volantini, foglietti ed opuscoli. Dalla sua corrispondenza appare molto chiaramente come fosse in contatto con altre anime spinte dal suo stesso desiderio: «Nella prima lettera che M. Magdalena del Corazón de Jesús scrive a P. Arintero, il 3 Febbraio 1922, gli comunica che: "Tutti gli scritti [di M. Mª Teresa Desandais] ruotano o sono ispirati da un Cristo, che le allego 'L'Amour Misericordieux'. L’Amor divino che ci rivela la Croce, il Divin Cuore e l’Eucaristia (...)"» (Profilo n. 16, pp.13-14).
La prima riunione ufficiale della "Obra del Amor Misericordioso" si tenne l'11 novembre 1923, nella cappella privata dell'Amore Misericordioso in Via Martín de las Heras, 67 a Madrid. La riunione fu presieduta dal gesuita Padre Fernando Vives del Solar e fra i presenti - tre religiose e tre signorine - non c'era Madre Speranza (cf. Profilo n. 16: La Obra del Amor Misericordioso y Madre Esperanza, Mª Jesús Muñoz Mayor op., p. 13).
In poco tempo il lavoro del Padre Arintero, con la collaborazione di anime generose, aveva diffuso la devozione dell'Amore Misericordioso in America, in Francia e in Spagna. Alla vigilia della sua morte (1928) aveva raccomandato con grande interesse le due opere che gli erano state più a cuore: la rivista "La vida sobrenatural" e la devozione dell'Amore Misericordioso.

(4) Questo significativo e decisivo passaggio della vita della Madre è stato possibile ricostruirlo attraverso i documenti rinvenuti nei numerosi Archivi e anche presso l'Archivio dei Padri Domenicani del Convento di San Esteban in Salamanca come pure dalle preziose ricerche della religiosa domenicana Madre María Jesús Muñoz Mayor.

(5) Diario, 30.10.1927, El pan 18, 1

(6) Padre Arintero, nel suo testamento datato 17 agosto 1924, elencò quattordici persone che scrivevano sulla rivista "La vida sobrenatural" usando lo pseudonimo "Sulamitis"; tra queste non figura la Madre. Non è possibile stabilire se questo sia dovuto al fatto che ella nel 1924 ancora non collaborasse con il Padre Arintero o alla riservatezza imposta alla Madre dal Padre spirituale. Pur non potendo stabilire con precisione il periodo di tempo in cui la Madre collaborò con il Padre Arintero, da quanto si legge nei sui scritti, è possibile affermare che deve essere stata una collaborazione intensa che l'ha vista impegnata con tutte le sue forze e con tutto il suo cuore, che l'ha vista soffrire nel momento del «fracaso» (fallimento), sempre con il solo desiderio di compiere la volontà del Signore (cf. Diario, 19 febbraio 1928, doc. 144).

(7) Nella lettera che lui scrisse, il 7 giugno 1922, alla religiosa Madre Maddalena (J. Pastor) si legge: «...E mi sembra quasi che si possa inserire nella Rivista [un articolo inviato da una religiosa passionista] cambiando un po’ il titolo [...] e firmare con uno pseudonimo, affinché nessuno possa sapere né sospettare da dove viene. In questo caso, inoltre, credo che converrebbe che lo redigesse Lei stessa in modo più esteso, aggiungendo quanto le detta il cuore, senza guardare allo stile perché quello lo ritocco io…» (p. Arturo Alonso lobo op, Hacia las cumbres de la unión con Dios, Salamanca 1967, p. 44).

(8) Cf. Diario, 19.2.1928, El pan 18, 16-20.

(9) Diario, 7 febbraio 1928, El pan 18, 12-15

(10) «Exhortación», 9.9.1965, El pan 21, 637-638

(11) Garofalo P. Antonio, fam, La obra del «Amor Misericordioso» in Spagna dal 1922 al 1936, Roma 1983, p. 24.cf 8133

(12) Cf. DM 13-14.

(13) «Exhortación», 18.12.1959, El pan 21, 17

(14) Discorso di Giovanni Paolo II alla nostra Famiglia religiosa, nella sua visita nella parrocchia di Spinaceto, 18.11.1979.

(15) «Exhortación», 2.1.1965, El pan 21, 262.

(16) Circolare, 9.3.1969, El pan 20, 883

(17) Diario, 5.11.1927, El pan 18, 2

(18) Diario, 20.6.1942, El pan 18, 802-803.

(19) Diario, 18.3.1952, El pan 18, 1217-1218

(20) «Exhortación», 6.8.1967, El pan 21, 1109

(21) «Exhortación», 9.9.1965, El pan 21, 642.

(22) «Exhortación», 26.7.166, El pan 21, 888.

(23) Diario, 5.7.1943. El pan 18, 870

(24) Lettera della Madre al Card. Ottaviani, 11.11.1943, El pan 19, 1508

(25) Lettera della Madre al Card. Ottaviani, 22.12.1943, El pan 19, 1518-1520

(26) Diario, 11.7.1945, El Pan 18, 983

(27) Diario, 11.7.1945,. El pan 18, 984-985

(28) Circolare, 19.12.1959, El pan 20, 641-648.

(29) Circolare 2.6.1968, El pan 20, 811.