Madre Speranza,

Una Donna

del nostro tempo

Una Madre

per il nostro tempo

Roberto Lanza

INDICE

  • Introduzione

  • Una maternità di Fondazione

  • Una maternità di Mediazione

  • Una maternità Sacerdotale

  • Una maternità Carismatica

  • Una maternità Spirituale

  • Una maternità Pastorale

  • Conclusione

 

Introduzione

Forse, in questi anni, ci siamo chiesti tante volte in quale caratteristica o in quale elemento si differenzia veramente il nostro carisma dalle altre varie "esperienze" o da tutti gli altri "doni" dello Spirito Santo, che si trovano nella Chiesa. O ancora meglio, cosa avesse di "diverso", la Madre Speranza, da altre sante che le sono assomigliate, come la stessa Santa Teresa d’Avila o come Suor Faustina o Suor Teresina del bambin Gesù, che avevano ricevuto, come lei, la missione di annunciare al mondo il messaggio della misericordia di Dio. Fare un confronto, tra i diversi modi di vivere un carisma o una particolare grazia, però non è sempre "giusto", perché si corre il rischio di apprezzare uno più di un altro. Il mettere in evidenza un particolare dono di Dio, nel modo di vivere la propria fede e nella maniera di portare a compimento la propria vocazione, non significa che uno stile di vita cristiano sia più grande o più prezioso di un altro; vuol dire solo affermare che è un modo di vivere diverso da un altro, ma sempre un dono da accogliere, perché nella ricchezza di tanti "carismi", si evidenzi sempre più la generosità e la misericordia di Dio. Con questo vorrei far capire che vivere ed appartenere a questa spiritualità non vuol dire essere migliori o peggiori di altri, più grandi o più belli, o addirittura più meritevoli, ma significa vivere ed accogliere un dono che Dio ha voluto fare ad ognuno di noi: quello di conoscerlo come Amore Misericordioso. Essere testimoni dell’Amore Misericordioso, non è l’unico modo per essere dei buoni cristiani, ma è uno stile di vita, specifico, proprio, è sicuramente una possibilità diversa che Gesù ci ha dato per raggiungere l’unica vocazione, l’unico scopo della nostra vita: la santità.

Detto questo, tra le tante differenze che potremmo evidenziare e analizzare, credo che ce ne sia una in particolare che caratterizza la Madre Speranza e che appartiene soltanto a lei, ossia il suo essere MADRE. Quando leggiamo i numerosi libri scritti sulla sua vita, o quando ascoltiamo la testimonianza di qualche Figlio o di qualche Ancella, o più in generale, l’esperienza delle tante persone che l’hanno incontrata o conosciuta, tutti iniziano nel riportare sempre questa particolarità: "la Madre diceva", oppure "la Madre scriveva", quasi per rilevare il fatto che, dire la Madre, significasse parlare di una persona ben identificata, chiaramente accertata, appunto della Madre Speranza, come se Madre fosse il suo reale nome di battesimo o quello riportato nella sua carta di identità.

Molti testimoniano, infatti, di averla sentita "Madre":

"Ho percepito che mi voleva bene, ma che non mi coccolava. Il suo amore era molto esigente e stimolante. La sua vicinanza mi parlava di Dio e mi stimolava a un cammino di virtù, molto di più di tante prediche. Io sarei tentato di dire di aver toccato con mano e di aver capito dalla Madre l’atteggiamento di Dio con i peccatori. Non mi sono mai sentito, purtroppo, un buon religioso; ma nello stesso tempo non mi sono mai sentito a disagio accanto alla Madre. Quante volte mi sono avvicinato alla Madre con una certa intranquillità perché la coscienza mi rimproverava errori piccoli e grandi e quante volte, prima di andare dalla Madre, ho vissuto momenti di "paura" per quello che mi avrebbe potuto dire se avesse potuto leggere nella mia anima! Ma quante volte, proprio in quelle occasioni, l’ho trovata "materna" e accogliente più che mai! Ho pensato a Gesù che accoglieva i peccatori, che era venuto per i malati e non per i sani, ho pensato a Gesù che "raddoppia il Suo amore misericordioso in misura di quanto l’uomo più pecca". (1)

Questo è l’intento di queste pagine, cercare di riflettere sugli aspetti materni che hanno caratterizzato la vita della Madre, sicuramente non sarà un "lavoro" che potrà esaurire questo tema e neanche sono sicuro di riuscire a rilevarne tutti gli aspetti, cercherò solo di approfondire una mia riflessione della quale mi sento particolarmente interessato.

Se si apre qualsiasi dizionario della lingua italiana, troviamo che il significato che è associato al termine Madre è questo: "Genitrice di figli, che accudisce i figli e si occupa della casa". Senza entrare in considerazioni troppo dettagliate ed analitiche dell’evoluzione del ruolo femminile nelle varie epoche della nostra era, che devono tenere conto necessariamente delle varie trasformazioni storiche, sociali e culturali del tempo, analisi questa, che ci porterebbe fuori "tema", dobbiamo affermare che fin dall’antichità, in quasi tutte le culture, la prospettiva patriarcale prevaleva di gran lunga su quella matriarcale, ed era quasi sempre l’uomo, e non la donna, a tenere le redini del potere politico, della cultura, delle decisioni militari.

Alla donna restava solamente il ruolo di madre e moglie, ed anche questi due ruoli non erano intesi nel significato pieno che intendiamo oggi, ma la madre era ridotta quasi solo alla funzione procreativa. La prima "frattura", se così la possiamo chiamare, avvenne con l’impero romano; la donna che ritroviamo in epoca imperiale è senz’altro in una condizione diversa rispetto a quella dei secoli precedenti. Ella, infatti, acquisì una maggiore indipendenza e raggiunse dei vertici di emancipazione mai raggiunti in epoche passate. Questa trasformazione del ruolo femminile fu da imputare alle guerre civili di fine età repubblicana, in quel periodo, infatti, gli uomini abbandonarono le case per andare in battaglia e delegarono alle loro mogli l’organizzazione della vita domestica. Le "matrone" romane, quindi, svolsero un ruolo importante nella famiglia, non solo appunto come mamme e custodi della casa, o come confidenti e consiglieri del marito, ma soprattutto gli venne attribuita e riconosciuta una nuova funzione, ossia quella di educare i figli all’inserimento nella società. Oltre queste brevi considerazioni di ordine storico, necessarie per comprendere il contesto all’interno del quale ci stiamo muovendo, il termine Madre racchiude in sé altri aspetti ed elementi molto più profondi, che superano di molto il normale significato "biologico" e che caratterizzano un diverso modo di esprimere la maternità di una donna.

Chi è dunque una "Madre", o ancora meglio quale dovrebbe essere la sua vera funzione? Sono domande importanti, perché la loro risposta ci può davvero aiutare a comprendere meglio le riflessioni che affronteremo nelle pagine seguenti.

MADRE, nel senso pieno del termine, è colei che incondizionatamente sostiene il proprio figlio nelle varie fasi dei processi di crescita, aiutandolo a divenire un adulto responsabile, sicuro di sé, pienamente realizzato. Essere una Madre significa avere la possibilità di crescere i propri figli nell’amore e nella piena consapevolezza che questo "sviluppo" può davvero, giorno dopo giorno, cambiare l’approccio alla vita. Madre, è colei che dona la vita, è colei che ci permette di esistere, è un ponte, un tramite tra noi e la nostra esistenza, tra noi ed il nostro futuro. Essere Madre, significa unicamente essere pronta a sacrificare la vita per i propri figli, ossia essere capace di generare vita nelle persone che accosta, Madre è una donna capace di generare speranza.

Quindi, quello che emerge da queste definizioni, è che c’è un ruolo primario, costitutivo dell’essere Madre, ossia quello di educare i propri figli a diventare persone capaci di vivere in una società, dandogli tutta una serie di "informazioni" necessarie ad affrontare la vita e tutto quello che essa comporta. Generare l’uomo e introdurlo nella vita, questo appartiene a una Madre, questo è il compito fondamentale che deve svolgere una Madre, significa fornire ai propri figli la "carta topografica" secondo la quale muoversi, compiere il gesto iniziale e assolutamente necessario di introdurlo (ovvero, collocare dentro) nella realtà della vita. L’uomo è un essere educabile ma questa sua educabilità, può essere intesa in molti modi e non tutti accettabili.

L’uomo non è educabile perché si possa modellare come un blocco di creta, secondo un modello prestabilito e neppure deve essere considerato come una tenera pianticella, manipolabile secondo il sostegno posto dall’agricoltore.

Il verbo educare, infatti, viene da latino "ducere", che significa "guidare"; l’uomo ha bisogno di essere guidato, per perfezionare le sue facoltà, così come proviene anche da "educere", che significa "estrarre". Dunque, lo specifico dell’educazione è sviluppare la parte "migliore di sé", accrescere tutte le capacità della persona. Questi due aspetti, guidare e sviluppare, costituiscono il fondamento, la base dell’educazione. La trasmissione della vita è un mistero che presuppone la cooperazione dei genitori con il Creatore, per far nascere un nuovo essere umano a immagine di Dio e l’educazione partecipa pienamente di questo mistero. E’ il riscoprire fino in fondo l’esperienza di Gesù: "Partì dunque con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso. E la Madre custodiva nel suo cuore tutte queste cose. E Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini.". (2)

Ma, come portare a termine questa missione educativa?

La risposta è sempre la stessa: ossia con l’amore, esso è la sorgente che ispira e guida tutta l’azione educativa, arricchendola di quei valori di dolcezza, costanza, bontà, servizio, disinteresse, spirito di sacrificio, che sono il più prezioso frutto dell’amore:"Dio, che ha creato l’uomo per amore, lo ha anche chiamato all’amore, vocazione fondamentale e innata di ogni essere umano". (3) E dato che l’amore è la vocazione fondamentale e innata dell’uomo, il fine della missione educativa di una Madre, non può essere altro che insegnare ad amare. All’origine di ogni corretto intervento educativo ci sta sempre la concezione umana e cristiana che ogni individuo è un essere originale, irrepetibile per la sua vocazione personale e per i doni tipici della sua personalità.

Un uomo, anche il più povero umanamente parlando, è sempre un progetto, ideato con sapienza infinita e realizzato con immenso amore dal Creatore, qualunque possa essere l’avventura particolare della sua vita. All’uomo si insegna a mangiare, a camminare, a parlare, anche se sono "bisogni istintivi", ma all’uomo si deve insegnare anche ad amare. Amare vuol dire "voler bene", significa volere ciò che è bene per l'altra persona, cercare di capire, accogliere, comprendere, l'amore cambia la persona, le fa iniziare una vita nuova. La vita dimostra ogni giorno che l’unica chiave, capace di aprire il cuore umano, è l’amore. Educare, significa prendersi cura e custodia dell’altro, aiutarlo a sviluppare le sue doti e potenzialità per diventare ciò che è stato chiamato ad essere, secondo la propria vocazione, ossia un uomo con un’umanità pienamente realizzata. Per educare bisogna conoscere, ma non si può apprendere senza amare e se educare significa, principalmente, insegnare ad amare, l’esperienza prova che nessuno di noi è capace di amare se non è mai stato amato, ognuno ama in base alla conoscenza dell’amore che ha sperimentato.

E se è vero tutto questo, chi meglio di una Madre può insegnare ai propri figli ad amare?

Ma questo "percorso" di maternità, non può essere confinato soltanto a livello "orizzontale", necessita di una verticalizzazione, per riscoprire la profondità essenziale del significato di essere una Madre.

Una Madre, non può fare a meno di prendere coscienza del fatto che esiste una chiamata alla maternità, una vocazione che ha origini lontane e che coinvolge in quell’azione eterna di Dio che vuole ogni uomo salvo. Essere Madre, in questo senso, significa essere corresponsabile di questa opera di redenzione, vuol dire esprimere la missione di sostenere, accompagnare e custodire, con il suo amore materno, ogni figlio generato. Una Madre deve essere annunciatrice di un avvenimento, o meglio di una serie di fatti, in cui il Signore si rende presente, ella proclama la presenza di Dio, ciò che Egli ha compiuto e ciò che sta compiendo. E’ testimone fedele e coerente di questa presenza amorosa con la parola e con la vita, educare i figli a vivere pienamente la vita, equivale, per una Madre, a trasmettere loro il codice cristiano dell’esistenza, ossia educarli a uno sguardo di fede sugli avvenimenti, sulle persone, sulle cose, sul mondo. Sotto il pressare di tante situazioni e notizie contraddittorie, che si diffondono nella nostra società, soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione, è indispensabile un codice interpretativo, che aiuti a formulare un giudizio valido e coerente, senza lasciarsi travolgere dalle facili opinioni correnti. Tra i diversi modi di giudicare gli avvenimenti c’è quello cristiano, che legge gli avvenimenti e la vita alla luce della fede e del progetto di Dio. Una Madre, in quanto "messaggero" di Dio, deve vedere il Signore presente nella sua vita e saper indicarlo ai figli con la parola e la vita, non deve spiegare Dio, ma deve mostrarlo presente.

Il messaggero è uno che grida il messaggio, la forza dell’annuncio non è da valutare nel tono della voce, ma è una convinzione personale forte, una capacità persuasiva penetrante, un entusiasmo che traspare in ogni forma e in ogni circostanza. Per essere una Madre coerente, non si può quindi pretendere di educare i figli, alla fede e alla vita, se le parole non vibrano e non risuonano all’unisono con la propria vita. Ad una Madre, Dio non affida delle semplici notizie che la riguardano, ma un messaggio che contiene ciò che gli è più caro: la propria immagine, il proprio cuore, il proprio amore manifestato in Gesù Cristo, la propria vita di comunione; è un messaggio prezioso, preciso, originale, da conservare con cura, per trasmetterlo in modo completo ai figli. E’ necessario, allora, che ci siano delle Madri che diano una testimonianza di vita cristiana viva, reale, vissuta, come se si trovasse in una barca in cui tutti remano e i figli devono imparare a remare, per poi imparare a remare da soli.

Un ruolo, questo di Madre, che la Chiesa riconosce e valorizza, chiamandola alla maternità, Dio le ha affidato, in una maniera del tutto speciale, l’essere umano. I Vescovi di tutto il mondo, riuniti nel grande evento del Concilio Vaticano II°, rivolsero uno speciale messaggio alle donne, nel quale fra le altre cose si dice: "Viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto. E’ per questo che, in un momento in cui l’umanità conosce una così profonda trasformazione, le donne illuminate dallo spirito evangelico possono tanto operare per aiutare l’umanità a non decadere". (4)

E Giovanni Paolo II°,nella sua lettera enciclica sulla dignità della donna, aggiunge: "La forza morale della donna, la sua forza spirituale si unisce con la consapevolezza che Dio le affida in modo speciale l’uomo, l’essere umano." In questo modo la donna diventa, "una fonte di forza spirituale per gli altri, che percepiscono le grandi energie del suo spirito...La Chiesa dunque rende grazie per tutte le donne e per ciascuna....Ringrazia per tutte le manifestazioni del genio femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e Nazioni". "La Chiesa", conclude il Papa, "chiede nello stesso tempo che queste inestimabili manifestazioni dello Spirito,...siano attentamente riconosciute, valorizzate". (5)

Fatta questa necessaria "premessa", approfondiamo ora "quando e come", la Madre Speranza ha concretizzato, nella sua vita e nelle sue opere, questo dono di maternità, che il carisma dell’Amore Misericordioso le ha trasmesso.

 

Una Maternità di Fondazione

Quella di essere stata una Madre Fondatrice, è stato forse l’aspetto più ostacolato e più osteggiato nella vita della Madre Speranza. Non deve essere stato facile, per la Chiesa di quel tempo, accettare l’idea di trovarsi di fronte ad una suora che parlava di misericordia e che era anche Fondatrice di una Congregazione, non solo femminile, ma anche maschile, detto in altre parole: una congregazione di sacerdoti. Così com’era ancora più impensabile che due nuove congregazioni, una di suore e una di sacerdoti, fondate da una suora, dovessero essere nella Chiesa una UNICA FAMIGLIA RELIGIOSA.

Se leggiamo attentamente il Diario della Madre, troviamo molti "passaggi" nei quali vengono evidenziate proprio queste difficoltà: "Questo pensiero tormenta tremendamente Pilar e mi dice che chiede al Signore che porti via me e lasci in vita lei, finché non ha costruito la casa e non ha impiegato tutto il suo capitale nel costruire case per le due Congregazioni. Mi dice anche: "Madre, non darti pena e chiedi al buon Gesù che ti porti con sé, perché io fonderò la Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso e, dopo che li avrò fondati e sistemati dal punto di vista economico, prenderò l'abito delle Ancelle dell'Amore Misericordioso e loro seguiranno secondo lo spirito che lei dal cielo indicherà. Vedrai che tutto si realizzerà secondo la volontà del buon Gesù e la tua, poiché già conosco quanto il Signore ti ha chiesto riguardo alla fondazione dei padri; tutto sarà eseguito alla lettera e vedrai che il santo Ufficio non mi farà soffrire come ha fatto soffrire te" (6).

E ancora: "Nella mia angoscia e nel mio dolore, so dire solamente "povero Gesù! Poveri figli! Che vergogna patiranno se il santo Ufficio scioglierà la Congregazione, anche fosse solo temporaneamente!" Ripeto, temporaneamente, perché sono sicura che la Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso dovrà dare tanta gloria a Dio e alla sua Chiesa e così, se dovesse essere soppressa, sarà solo temporaneamente per fortificarsi ancora di più". (7)

Ma il brano più toccante da mettere in risalto in merito a questo tremendo periodo di prova, credo che sia questo: "Con questi stupidi pensieri, dicevo: se il buon Gesù ha permesso che mi facessero soffrire tanto nella fondazione delle figlie, che sarà per quella dei Figli dell'Amore Misericordioso? Mi prenderanno per pazza e non so cosa farà il santo Ufficio con questa fondazione. Per quanto cercassi di allontanare da me questa sofferenza e di essere contenta e ringraziare il buon Gesù per avermi scelto a tal fine, non riuscivo a farlo con gioia, ma solo attraverso uno sforzo pieno di tristezza; per questo, adesso, mi tormenta l'idea giusta che, siccome a Gesù non piacciono le cose fatte per forza e senza gioia, in questi giorni di esercizi mi condurrà attraverso il dolore e il turbamento". (8)

La storia della Chiesa, ci dice che lo Spirito Santo concede continuamente carismi per il bene dell’umanità secondo la necessità dei tempi, e per l’attuazione del programma carismatico di Dio Amore Misericordioso, Madre Speranza diede vita alla grande Famiglia Religiosa dell’Amore Misericordioso con il fine specifico di annunciare al mondo il messaggio di Dio ricco di misericordia e per rispondere alle sfide del nostro tempo. Nella parte introduttiva delle costituzioni delle Ancelle dell’Amore Misericordioso,infatti, si legge: "Il fatto più consolante nella storia della nostra Famiglia religiosa è la certezza che Dio è intervenuto concretamente nel suscitare le Congregazioni delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso. La Fondatrice Madre Speranza di Gesù ha affermato sempre di aver trasmesso e realizzato esclusivamente ciò che era volontà di Dio […] Con tutta naturalezza, la Madre va annotando nel suo diario i momenti decisivi di questa storia con le semplici parole: "Il buon Gesù mi ha detto…" (9)

E ancora, nell’Appendice delle Costituzioni EAM, viene riportata una circolare con la quale la Madre Speranza attesta: "…Non dimenticate, figlie mie, che le Costituzioni, le Usanze, gli altri scritti e insegnamenti che vi ha dato a conoscere questa vostra Madre non sono miei: io vi ho trasmesso soltanto quel che il buon Gesù mi ha fatto capire per questa Congregazione sua." (10)

Fedele e obbediente al piano di Dio, quindi, la Madre Speranza fondò una famiglia religiosa comprendente due Congregazioni: le Ancelle dell'Amore Misericordioso, nate a Madrid il 24 dicembre 1930, e i Figli dell'Amore Misericordioso, nati a Roma il 15 agosto 1951, che insieme hanno il compito di annunciare e testimoniare al mondo "le ricchezze della sua misericordia". (11) L'origine delle Costituzioni, per questa Famiglia religiosa, è così presentata dalla stessa Madre Speranza: "Il buon Gesù mi ha detto che è giunto il momento di scrivere le Costituzioni alle quali dovranno conformarsi in seguito la Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso e tra non molto la Congregazione delle Ancelle dell'Amore Misericordioso; da queste Costituzioni devo trascrivere quello che riguarda le Ancelle, mettendo da parte ciò che più tardi dovranno osservare i Figli dell'Amore Misericordioso". (12) L'essere una "unica famiglia" è, per le due Congregazioni, un elemento costitutivo, tanto che troviamo scritto nelle rispettive Costituzioni: "Queste due Congregazioni sono una stessa cosa, con lo stesso Titolare, l’esercizio della carità senza limiti e tutti sono figli della stessa Madre". (13) Ecco quindi il carisma che la Madre Speranza, fondatrice della Congregazione religiosa dell’Amore Misericordioso, ha ricevuto direttamente da Dio; si legge così nella parte introduttiva delle costituzioni dei Figli dell’Amore Misericordioso:"Dio Amore Misericordioso, in questi tempi difficili e di lotta per la sua Chiesa, vuole benignamente elargire le ricchezze della sua misericordia e a questo fine fa nascere una Famiglia religiosa….la quale realizzerà varie opere di carità con grande beneficio per l’umanità. Aiuteranno e conforteranno molte famiglie bisognose ed afflitte; porteranno consolazione ai malati; presso di loro gli orfani e i bisognosi troveranno la propria famiglia, i giovani la guida, i deboli il sostegno e i caduti la forza per rialzarsi.

Tutto ciò sarà fatto unicamente ed esclusivamente per amore di Nostro Signore Gesù Cristo e per la santificazione dei membri di questa Famiglia Religiosa." (14) Quindi esiste una vocazione a vivere e testimoniare un carisma di fondazione, ossia: "Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile come se Lui non potesse essere felice senza di loro; l’uomo il più perverso, il più miserabile ed infine il più perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un Padre ed una tenera Madre".

Sono evidenti i toni di tutto questo "materiale", sono la conferma che le due Congregazioni sono una "misma cosa", formano "una misma famiglia", proprio perché hanno lo stesso carisma, la stessa missione, la stessa Madre Fondatrice. Anche il Concilio Vaticano II°ha sottolineato nei suoi lavori: "Tutti gli istituti religiosi abbiano in ogni modo a crescere e a fiorire secondo lo spirito dei Fondatori". (15) E l’Esortazione apostolica "Vita Consecrata" così dice: "Gli istituti sono dunque invitati a riproporre con coraggio l’intraprendenza, l’inventiva e la santità dei fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di oggi". (16)

Proprio perché carismatica, il segno tangibile dell’Amore Misericordioso diventa così "l’unica famiglia", il Padre buono pieno di bontà, il Dio ricco di grazia e di misericordia, si rende visibile nel modo di stare insieme dei Figli e delle Figlie, un modo di vivere familiare, sotto la direzione di una MADRE. Siamo dunque sicuri che, alla base dell’intuizione della Madre Speranza di fondare una "famiglia", c’era sicuramente la certezza che essa doveva essere, non soltanto un’icona trinitaria dell’amore di Dio, ma soprattutto un luogo dove vivere e annunciare il carisma ricevuto, anzi potremmo dire che la conseguenza carismatica dell’Amore Misericordioso non poteva portare ad altro che ad una "famiglia", nella quale vivere il modello dell’amore e della comunione: elementi fondamentali del carisma. Una Congregazione religiosa deve molto alla santità del suo fondatore o fondatrice, la spiritualità che si ricava dalla loro vita, deve servire come modello e ispirazione per la vita e l'apostolato di tutti i membri della congregazione e come via per giungere verso la perfetta sequela del Cristo.

Questa fedeltà alla spiritualità e al carisma del fondatore o della fondatrice, richiede che ciascun membro ritorni continuamente ed incessantemente a tale figura e facciano sì che, la spiritualità e il carisma originale, continuino ad essere sempre attuali. È un impegno doveroso, dunque, di tutti i membri della Congregazione religiosa di conoscere a fondo, non solo la spiritualità del Fondatore o della Fondatrice e cercare di assimilarla, giorno per giorno, per poter vivere autenticamente secondo questa spiritualità, ma anche di avere, con loro, una relazionalità materna, da Madre a Figlio, per gestire al meglio la propria vita e quella della Congregazione. E il fatto che la Madre Speranza fosse una Madre fondatrice ed era considerata come tale, non lo attestano soltanto queste pagine che abbiamo evidenziato fino ad ora, ma soprattutto perché, nella coscienza di tutte le suore e di tutti i sacerdoti della congregazione, lei era una Madre e soprattutto la MADRE.

A conferma di quanto detto, basta far risuonare ancora una volta la carica affettiva che la Madre Speranza metteva nel chiamare le persone: "Hijo mio!", o "Hija mia!"e quante volte lei stessa chiariva: "vuestra Madre que en serio os ama!". O basta ricordare alcune testimonianze dirette dei propri figli e figlie, così si esprimeva ad esempio P. Elio Bastiani: "L'amore della Madre era un vero amore, con la ricchezza e la delicatezza dell'amore umano, materno e fraterno ma anche esigente e forte come quello divino. Lei dava l'esempio ed invitava alla sequela con mete sempre più alte. Cercava di entusiasmare sulla via della donazione e dell'amore i suoi figli e le sue figlie. Il suo rapporto era molto affettuoso con tutti e molto rispettoso, ma non voleva essere ingannata, né era ingenua, anzi piuttosto sveglia e sapeva discernere e capire. Una volta vista la verità agiva anche con fermezza e di conseguenza, sempre senza ledere i diritti degli altri, anzi piuttosto abbondando con i più bisognosi". (17)

Racconta così Pasquale di Penta: "Come ho conosciuto Madre Speranza? Non sapevo né che esistesse lei né la Congregazione Religiosa. Una mattina, di diversi anni fa, viene il mio ragioniere e mi dice: «Le posso far perdere cinque minuti? Però non si deve arrabbiare.» Mi ha telefonato mio zio, che non vedo da vent' anni, non sa che sono ragioniere, non sa che lavoro da voi, per informarmi che Madre Speranza gli ha detto: «Parla con uno dei titolari dell'azienda per dire che io lo voglio incontrare in un appuntamento.» Io pensai che parlare con una Madre Fondatrice fosse imbarazzante per me. Tuttavia si fissò un appuntamento. Andai da Madre Speranza e, nel salotto dove l'attendevo, mi sentivo in imbarazzo. A un dato punto entra la Madre accompagnata da suor Emilia che me la presenta appunto come la Madre Fondatrice". (18)

Ed ancora così scrive Madre Maria Luisa Alvarez: "Ricordo quella prima volta che incontrai la Madre Speranza. La Madre era andata in Spagna a trovare le sue figlie. A noi bambine distribuì delle caramelle... Sfilavamo davanti alla Madre: una lunga fila di bambine. Quando arrivò il mio turno, la Madre mi guardò con quegli occhi vivaci e profondi e mi disse: «tienes flequillo de traviesa pero ojos de buena», cioè: hai capelli, frangetta da birichina, ma sguardo da bambina buona... Vi sembrerà una sciocchezza, ma io non l'ho mai dimenticato... A dire il vero noi non capivamo cosa fosse essere Madre Fondatrice..." (19) E Padre Alfonso Mariani così raccontava le sue impressioni: "Notevole è il libro diretto ai Superiori. In esso inculcava loro la maternità. Lei non voleva essere chiamata Madre Generale ma soltanto Madre". (20) Tutto questo per dire che, la Madre Speranza, non ha voluto essere una fondatrice per un suo "capriccio" personale, non si nasce fondatrici di una Congregazione religiosa, lo si diventa per una chiamata personale di Dio.

E tale "vocazione" si è realizzata, nella vita della Madre, in un abbandono filiale, e a volte, come abbiamo visto nel suo Diario, in un abbandono crocifisso, alla volontà di Dio.

Giunti a questo punto della nostra riflessione una domanda è opportuno che ci poniamo: quando la Madre Speranza ha avuto coscienza di aver ricevuto da Dio questo dono di maternità fondatrice?

Dopo le varie "preparazioni", ricevute dal buon Gesù che l’andava piano piano forgiando al suo volere, una prima comprensione, sicuramente, la Madre l’ha avuta il 28 Marzo del 1929, quando lei stessa riporta, nel suo Diario, (ed è un brano che abbiamo già riportato nelle pagine precedenti di questo capitolo, nota n°12), che il buon Gesù le ha detto che è giunto il momento di scrivere le Costituzioni delle due Congregazioni religiose.

Una comprensione che diventa ancora più chiara nel mese di maggio dello stesso anno, quando sempre nel suo Diario annota così: "Quaderno di appunti aperto per obbedienza. Nel Mese di Maggio 1929 capii che il buon Gesù voleva si realizzasse la fondazione di una Congregazione intitolata Ancelle dell’Amore Misericordioso per aprire collegi dove educare orfani e poveri, figli di famiglie numerose e di classi modeste, che avrebbero contribuito all’educazione dei figli secondo le proprie possibilità". (21)

Fino ad arrivare alla notte di natale del 1930, così scrive la Madre raccontando, dopo varie vicissitudini, proprio quei "primi" momenti: " Il 24 dicembre del 1930, ci riunimmo in un appartamento che la signora contessa di Fuensalida ci aveva affittato in via Velàzquez 97. Eravamo m. pilar, Ascensione, Soledad ed io. P. Postius venne verso sera, ci radunò ed emettemmo i voti privati, costituendo il primo consiglio; mi nominarono responsabile delle consorelle e come vicaria e segretaria generale fu scelta m. Pilar, seconda consigliera Aurora e m. Ascensione economa". (22)

Ma il momento più solenne, di questa "presa di coscienza", la possiamo certamente identificare, ancora una volta, nel suo Diario e precisamente al giorno 24 Febbraio 1951, scrive così la Madre: "Il buon Gesù mi dice che è giunto il momento di accettare totalmente il dolore e il sacrificio e che debbo essere pronta ad accogliere tutto quello che Lui vorrà, costi quello che costi. Mi ha detto che è arrivato il momento di fondare la Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso. Oppressa dalla pena e piangendo come una bambina, ho preteso spiegare al buon Gesù la mia nullità, i miei timori e cosa mai avrei potuto realizzare con l'aiuto di un secolare che neanche lontanamente pensava di diventare religioso. Il buon Gesù mi ha risposto che questo giovane diventerà religioso, sacerdote e primo figlio dell'Amore Misericordioso. Io, fuori di me e non in sintonia con Lui, gli ho risposto avventatamente: "Io, Signore, non sono disposta a servire da strumento per farti soffrire collaborando al tuo fallimento; cercati una creatura più adatta per questa impresa, cercati, Signore, un Vescovo, un monsignore o un sacerdote esperto e virtuoso, chiunque tu voglia, ma non io, Signore, e per giunta aiutata da un secolare che non ha la più pallida idea di cosa sia la vita religiosa". Egli mi ha perdonato e con sguardo amoroso e voce paterna, mi ha detto: "Figlia mia, io non tengo in conto, dimentico, perdono e ti amo tanto, tanto; conosco le sofferenze che ti attendono e le umiliazioni che dovrai subire; ma è mio desiderio che tu passi per queste prove e che il primo dei Figli dell'Amore Misericordioso sia Alfredo". Al che ho aggiunto: "Ecce Ancilla, Domini". (23)

Un brano di diario davvero illuminante e, se analizzato, parola per parola, risalta con chiarezza il cammino di "fondazione" che la Madre Speranza ha percorso. Abbiamo già detto che, per quel tempo, che una suora fondasse una congregazione maschile, non era un qualcosa facile da riconoscere ed accettare, ed è proprio in questo contesto che si inserisce e si perfeziona questa maternità di fondazione. Da questa pagina del Diario, emerge innanzitutto la conferma che, la costituzione di queste due Congregazioni religiose, è la diretta conseguenza di un atto di obbedienza a Dio, una sottomissione che porta con sé anche prove ardue e tanto sacrificio. Inoltre, viene anche evidenziata la profonda considerazione, della Madre, di non essere in grado di portare avanti una missione tanto importante. La capacità di saper donare la vita giorno dopo giorno, era ciò che desiderava il buon Gesù, ma la Madre risponde che non ne sarà capace e presenta tutti i suoi dubbi e timori. Fino ad arrivare al "fiat" del servo inutile, all’accettazione piena e consapevole di essere stata chiamata ad essere Madre, umile ancella del Signore, per essere, nelle sue mani, strumento di misericordia. Da questo punto di vista, la Madre Speranza, ha potuto ripercorrere lo stesso itinerario di Maria: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". (24) Essere serva del Signore, per la Madre, non ha significato fare "qualcosa" per Dio, ma lasciarlo libero di agire nella propria vita così come Lui ha voluto. Il "servizio" della Madre Speranza nei confronti di Dio è stato tutto qui e, di fatto, non c'è altro da fare, perché chi ha dato a Dio lo spazio assoluto di fare della propria vita quello che vuole, non può fare niente di più, ha già toccato il vertice dell'amore, e della grazia.

Quello della Madre Speranza, è stato un "consenso" all’opera di misericordia di Dio, il suo SI, non esprime una rassegnata accettazione, ma un vivo desiderio di collaborare al piano di Dio. Detto in altro modo, queste potrebbero essere state le sue parole: "Desidero anch’io, con tutto il mio essere ciò che Dio desidera, si compia ciò che Dio vuole, non vedo l’ora!"

Non sono forse le stesse parole che una Madre pronuncia quando la sua creatura sta venendo alla luce? Questo "percorso" della Madre Speranza, non è forse la stessa strada che una Madre intraprende, quando ha la coscienza di dare la vita? I pensieri di una Madre, non passano forse dal timore, dalla paura di non farcela, all’accettazione piena e meravigliosa di sapere che la sua missione è quella di dare la vita, di diventare, appunto, una MADRE? E il dare la vita, non inizia prima dal travaglio del parto, dal dolore, per arrivare poi all’esplosione della felicità di vedere nascere una vita, che fa dimenticare tutto? "La donna, dice Gesù, quando dà alla luce, è triste perché teme che giunga la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non ricorda più la sua tristezza, per la gioia che è nato al mondo un uomo" . (25)

Per la Madre Speranza, la data del 24 febbraio 1951, rappresenta il momento massimo, più sublime della generazione nel dolore e nell'amore, è stato "l’attimo" che ha dato alla luce nuovi Figli e nuove Figlie. E nei confronti di questa nuova Famiglia dell'Amore Misericordioso, ha mostrato le sue "viscere materne", e non è un caso se poi le testimonianze, dei suoi figli e delle sue figlie, riportano continuamente che la loro comprensione del carisma dell'Amore Misericordioso è passato proprio attraverso la mediazione della sua maternità. Se c’è un elemento importante e fondamentale nel carisma fondazionale dell’Amore Misericordioso, è proprio quello della sua dimensione di maternità. L’annunciare al mondo che Dio ci ama, ci cerca, con amore instancabile come un Padre ed una tenera Madre, non significa solo affermare che esiste un nuovo messaggio di Dio che viene alla luce per l’umanità, ma vuol dire anche che viene data la vita a due Congregazioni religiose, unite in una sola famiglia, chiamate ad essere "custodi" di tale annuncio.

La prima ed essenziale qualità di una Madre è essere feconda, è dare la vita ai propri figli. Quello della Madre Speranza, fu un vero e proprio carisma di maternità, che è riuscita a mettere in pratica attraverso una continua sollecitudine e un’assiduo zelo verso l’opera di Dio. Per compiere il progetto di Dio, nella fondazione delle due Congregazioni, ha cercato innanzitutto la santità dei suoi Figli e delle sue Figlie e l'efficacia della loro azione pastorale al servizio della Chiesa, per il bene delle persone: "Voi, nel vostro fervore aspirate alla santità ed io vi chiedo: sapete chi è un santo? Figlie mie, il santo è l'uomo retto perché detesta la doppiezza, l'inganno, la menzogna; è retto in tutte le cose e la giustizia gli sta sempre dinanzi, rendendo saldi tutti i suoi passi; la giustizia, figlie mie, è il suo scudo inespugnabile e questa lo vestirà di gloria e lo colmerà di fortezza e di fiducia. Il santo rende migliori quanti vivono o comunicano con lui: se il male è contagioso perché non dovrebbe esserlo il bene, visto che è questa la sua natura? Se tutto ciò lo fanno i santi, cosa dovrete fare voi che, oltre l’obbligo di essere sante, per la vostra vocazione di Ancelle dell’Amore Misericordioso e il servizio di madri avete il grande e doppio obbligo di aiutare a santificarsi quanti vi sono affidati!Vigilate, figlie mie! Sappiate che la vostra scelta vi obbliga ad essere sante per santificare gli altri e che chi non sta con Gesù è contro di Lui. Dite da parte mia a tutte le figlie che, fin quando si trovano unite al buon Gesù, non temano nessuno e non abbiano paura di nulla; che tengano presente che, come l’ape è nata per volare, loro hanno scelto di essere Ancelle dell’Amore Misericordioso per volare sul cammino della santità ed essere luce per gli altri (26).

Ecco dunque il "progetto" fondazionale che la Madre è stata chiamata a riconfermare in quella famosa notte del 5 Novembre 1927: un Dio che vuole la felicità degli uomini e che mobilita tutto e tutti per raggiungere questo scopo. Un uomo che può essere, davvero, felice solo riconoscendo Dio come suo Padre e cercando la sua volontà, la sua gloria. E per attualizzarlo non ha risparmiato la sua maternità, anzi ha messo a disposizione, da buona Madre, tutto quello che aveva per facilitare i passi della sua piccola "creatura", il suo istinto materno non si è fermato nemmeno davanti alla richiesta di soffrire per la nuova Congregazione: "Gesù mio, per questo ti chiedo molte sofferenze, angustie, croci e dolori, ma, se ti fa piacere, non permettere che mi veda separata dai figli, lasciami piuttosto vivere molto a lungo in mezzo a loro, per condividere con loro le grazie che, senza alcun mio merito, tu effondi su di me; ma non sia fatta la mia, ma la tua volontà, perché, fra i dolori, sono contenta e, col tuo aiuto, sono disposta a soffrire quello che vorrai donarmi, fosse anche la separazione assoluta dai miei figli, perché in me, Dio mio, nei figli e nelle figlie, sempre si compia la tua divina volontà". (27)

E non poteva essere altrimenti, perché, per essere e diventare una Madre Fondatrice, bisogna soprattutto imparare a dare la vita per le persone che si amano, e non vi è nulla di più bello dell’amore di una Madre per il figlio e che si voglia o no, il sacrificio è il metro per misurare il vero amore materno. Questa è la caratteristica principale ed assoluta di una Madre Fondatrice: nessuno ha un amore più grande di colei che si sacrifica per coloro che ama. Il compito di una Madre è un compito di disinteressamento, di donazione, di dimenticanza di sé: "Non io, ma tu figlio..."Il segreto di essere una Madre Fondatrice è proprio questo: lavorare non per realizzare il proprio "programma", ma fare in modo che i desideri dei propri figli coincidano con la volontà di Dio su di loro. L’amore, quello con l’A maiuscola, è fondato sulla dimenticanza di sé e sul sacrificio, e i figli conserveranno tanto più la loro "riconoscenza", quanto meglio avranno compreso, quello che una Madre, disinteressatamente e con sacrificio ha fatto per loro. Donarsi, vuol dire che la propria vita ha raggiunto un senso profondo; vuol dire che si è importanti non per la fama, ma per il nostro amore, per la nostra dedizione, perché il nostro essere, la nostra interiorità diventa "vita" per altri. Se si vuole bene a un’altra persona è normale che ci si impegni nel sostenerla soprattutto nei momenti più difficili, e senza una mamma siamo davvero "spacciati".

E se si intende davvero seguire Gesù, si deve avere un "cuore dilatato" come una Madre, ossia vivere la vita come un dono da dare agli altri. Se potessimo tornare indietro nel tempo e se avessimo la possibilità di intervistare la Madre Speranza, una domanda avrei la curiosità di fare: "Madre, quando tu hai messo al "mondo" le due Congregazioni, quando le hai dato la vita, eri felice"?

Non credo di sbagliare, ma la sua risposta sarebbe stata sicuramente affermativa, infatti, la felicità non è forse il trasmettere la vita, generare la vita, far sì che la mia vita, sia presente in un altro? "Dare la vita", esprime un'idea di futuro, indica un progetto, designa uno slancio creativo, è testimonianza, è gioia. L'essere umano ha bisogno di ricevere cure per potersi aprire alla vita, le cura di una Madre equivalgono a dare la vita, significano condurre, aprire dei sentieri, delle traiettorie di vita, aiutano a creare delle esperienze di vita "buona", che permettono ad ogni figlio di scoprire, gustare e costruire il valore della propria esistenza. Solo l'amore che culmina nel dono, con il corrispondente sacrificio di sé, risulta fecondo, la Madre Speranza ha amato la vita, ha servito la vita, come fa una mamma. Una Madre fondatrice, dunque, una Madre che ha sempre testimoniato l’amore materno per i suoi Figli e le sue Figlie, prendendosi cura della loro formazione umana e religiosa, ha dato un esempio di una carità senza limiti nel saper aiutare, perdonare, sostenere con infinita pazienza. Questa "via" luminosa, iniziata dalla Madre Speranza vuole, ancora oggi, essere seguita dai suoi "Figli e Figlie", che hanno ricevuto in eredità la missione di far risplendere nella Chiesa il volto dell’Amore Misericordioso.

Una presa di coscienza chiara, trasparente, che possiamo ritrovare anche in quelle stupende parole, che P.Arsenio Ambrogi recitò il giorno 5 Marzo 1982, in un’omelia a pochi giorni dalla dipartita della Madre: "Sei in mezzo a noi con la forza della tua intercessione presso il trono della Misericordia perché la Famiglia, la tua Famiglia cresca in piena fedeltà a quanto, ci hai detto, si estenda in tutte le parti della terra perché ogni uomo conosca ed ami l’Amore Misericordioso. Tu sei e sempre resterai nel cuore dei tuoi amati Figli e delle tue amate Figlie, perché tu sei sempre la nostra Madre". (28)

E’ il canto di "riconoscenza" che sgorga dal cuore di ogni Figlio e di ogni Figlia che hanno riconosciuto, in Lei, i tratti ed il cuore di una Madre. Noi tutti vogliamo dirti grazie o Madre, perché ci hai fatto capire che Dio ci cerca con amore instancabile fino ad arrivare paradossalmente a non essere felice senza di noi; ci hai detto che Dio ci ama e pur sapendo che possiamo anche rifiutare questo amore Dio non ci abbandona mai, ma ci tiene in vita anche nel momento in cui peccando ci ribelliamo a Lui. Ci hai svelato la certezza che noi possiamo essere felici solo se accettiamo e riconosciamo la nostra dipendenza in Dio unico vero bene; ci hai testimoniato che il nostro unico interesse deve essere solo e soltanto compiere la volontà di Dio, anche se non la vediamo, anche se ci costa, anche se non la comprendiamo.

Ci hai fatto conoscere il vero volto di Dio, che non è quello di un giudice, ma di un Padre amorevole, che ha creato l’uomo per farlo partecipe della sua felicità, della sua stessa vita. Grazie o Madre perché nel diffondere la devozione all’Amore Misericordioso ci hai dato tanta fiducia, tanta speranza, tu continua a sostenerci dal cielo presso l’Amore Misericordioso, perché tu sei nostra Madre!

 

Una Maternità di Mediazione

Quella della "mediazione", è un’altra caratteristica materna che troviamo nella vita della Madre Speranza. Una maternità che mi pare molto interessante da approfondire, una maternità di mediazione che si è tramutata in un’azione materna continua, in una cooperazione attiva al disegno dell’Amore Misericordioso, una funzione materna di prendere cura.

Chi di noi, quando eravamo piccoli e facevamo qualche "guaio", non è mai andato subito dalla mamma, per farsi perdonare e magari per chiederle di mettere una buona parola, perché papà non si arrabbiasse. Ciascuno conosce le delicatezze, i sacrifici, l'amore che una Madre sa offrire nell'arco della sua vita e come, nel nome di "mamma", si racchiudano le più dolci premure e le attese più grandi del nostro cuore. A lei ricorriamo nei momenti più pesanti e nelle situazioni più difficili, per avere ascolto e soccorso; un porto sicuro dove ottenere rifugio nel mare in tempesta e una guida ferma nella rotta della vita, una Madre accetta qualsiasi sacrificio pur di appianare la via che conduce alla felicità l'amato figlio.

Anche tutto questo percorso è stato presente nella vita della Madre Speranza, un atteggiamento continuo di presenza, d’intercessione, di prendersi cura delle persone, dei loro problemi e sofferenze. Non è stata forse anche lei una "zingara", (29) per il suo modo insistente ed invadente di parlare con il Signore e di strappare al suo cuore misericordioso grazie inaspettate? Quale intesa profonda c'è stata tra Gesù e lei? Come esplorare il mistero della loro intima unione spirituale?

Il Catechismo della Chiesa Cattolica così definisce questo tipo di "maternità": "L'intercessione è una preghiera di domanda che ci conforma da vicino alla preghiera di Gesù. E' lui l'unico Intercessore presso il Padre in favore di tutti gli uomini, particolarmente dei peccatori. Egli "può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore" (Eb. 7,25). Lo Spirito Santo stesso "intercede per noi" e la sua intercessione "per i credenti" è "secondo i disegni di Dio". (30) Molto semplicemente la preghiera d’intercessione è quell’atto di pregare in favore degli altri. Il ruolo di mediatore, nella preghiera, era prevalente nell’Antico Testamento, basti pensare ad Abramo, Mosè, Davide, Samuele. Il Cristo è rappresentato, nel Nuovo Testamento, come l’Ultimo intercessore e a causa di ciò tutte le preghiere cristiane sono diventate d’intercessione, dato che sono offerte a Dio attraverso, e per, Cristo. E’ un pò ritornare a quella meravigliosa pagina della Bibbia e riflettere sulla "prima" preghiera di mediazione registrata, ossia sulle parole pronunciate da Abramo presso le querce di Mamre. Qui Dio gli svela il proposito di distruggere le città di Sodoma e Gomorra, allora Abramo ricorre a un’argomentazione molto efficace: "Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse ci sono cinquanta giusti nella città…". (31) Dio si lascia convincere da Abramo e si dichiara disposto a risparmiare tutta la città in forza non di cinquanta, ma anche di dieci giusti.

Cosa significa, quindi, mediare?

Significa, innanzitutto, mettere in atto un dialogo con Dio sui nostri fratelli: è riconoscere che Egli si prende cura di tutti i suoi figli, e che ascolta il grido di chi soffre, è quindi una grande espressione di fede in Dio. Poi ci fa prendere coscienza del fratello, dei suoi problemi, delle sue sofferenze: è quindi è anche un grande momento di carità. Questo amore reciproco, è il segno dell'appartenenza al regno di Dio, al punto che Gesù garantisce la sua presenza salvifica, laddove c'è carità fraterna: "Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". (32)

Questo atto di amore, però, non è solo un ricordo verbale, ma vuol dire farsi carico del fratello nell'amore: pregare per un altro è essenzialmente mettermi di fronte a Dio, perché mi illumini su che cosa posso fare io per l'altro. Se quindi chiedo a un fratello: "Prega per me!", significa affermare: "Stammi vicino, vivi con me un rapporto autentico di carità, una relazione sincera che mi renderà più presente il Signore nella mia vita, aiutami con la tua fraternità ad accettare la volontà di Dio su di me". Tutto il contrario di quello che, invece, insegna la società individualista di oggi; quante volte abbiamo sentito dire queste affermazioni: "Questo è un problema tuo, non il mio", oppure "E a me cosa importa"? Il verbo latino "intercedere" significa, alla lettera, "cedere" (andare, passare) ed "inter" (attraverso), ossia: interporsi, frapporsi, mettersi in mezzo, intervenire a favore di qualcuno.

La Madre Speranza ha fatto proprio questo, si è collocata come in "mezzo" tra l’Amore Misericordioso e le sue creature, tra Gesù e noi, ha cooperato a riconciliare l’uomo con Dio, una mediazione di grazia santificante, un’azione di supplica verso il buon Dio che desidera ricolmarci della sua grazia. Nel suo Diario troviamo alcuni passaggi davvero esplicativi di questa maternità: "Gesù mi dice di chiedergli ciò di cui ho bisogno per me, per le anime per le quali mi sono immolata come vittima, per i figli e le figlie. Per queste anime, figli e figlie, Ti chiedo Gesù mio di illuminarle con la tua luce perché capiscano e sperimentino il vuoto e il nulla delle cose umane e di attirarli a te, manifestandoti come loro bene supremo e fonte di ogni bene. Concedi alla loro volontà la forza e costanza di cui hanno bisogno per non desiderare e volere nulla all'infuori di Dio. Per me, Gesù mio, non desidero altro che fare la volontà di Dio, amarlo tanto, tanto, e restare da sola con Lui per parlargli e ascoltarlo". (33)

E ancora: "Padre mio, non so se Gesù, con tutta la sua pazienza e carità si stancherà di me. Il fatto è che questa notte, dopo averlo pregato molto per una figlia, per altre persone e aver chiesto altre grazie che ritenevo necessarie, ho visto che non cedeva, mi sembrava fosse sordo e chiudesse le orecchie alle mie povere suppliche. Dopo aver insistito tanto, mi ha lasciata senza che ottenessi alcun risultato, causando in me un enorme sconforto che mi ha fatto scoppiare in un gran pianto e in una grande pena, non tanto perché non mi ha concesso quello che chiedevo, ma perché temevo di averlo infastidito, importunandolo con qualcosa che non era di suo gradimento e così mi ha lasciata sola e non so se tornerà". (34)

La Madre Speranza, attraverso la sua esperienza continua con il buon Gesù, con questa scuola di misericordia, ha capito che l’uomo non può vivere senza amore e soprattutto senza questo Dio misericordioso, senza questa certezza la vita diviene priva di senso, di significato. Convinta fino in fondo di questo, ha voluto portare i pesi degli altri e soffrire per essi. E’ tipico di una Madre avere la capacità di allargare la mente, in modo tale da non giudicare la storia di nessuno, così come è ancora una caratteristica materna, avere un cuore dilatato che sappia muoversi verso le necessità dei propri figli.

Una Madre vive continuamente una disposizione "empatica", un atteggiamento per il quale si soffre vedendo l’altro soffrire, non a livello teorico ma ad uno stadio concreto, personale, sentimentale: è la partecipazione reale dell’affetto e della volontà, per cui mi accorgo e partecipo in modo sensibile a questo bisogno dell’altro. All'uomo affaticato, deluso, tentato di disperazione, la Madre Speranza ha offerto la partecipazione alla propria esperienza filiale, a quella comunione con il Padre, che era diventato, per lei, un progetto tangibile di vita. L’uomo può essere, rifiutato, allontanato, evitato, abbandonato oppure può essere avvicinato, raggiunto, curato, adottato, contattato.

Tuttavia non dobbiamo dare per scontato questa caratteristica materna, portare i pesi degli altri e condividere le loro sofferenze non è un’impresa facile. Chi sta male, chi soffre, chi chiede aiuto, in un certo senso, modifica il nostro equilibrio personale, ci disturba, ci trascina profondamente nell’abisso della sofferenza, o peggio ancora della depressione. A livello costitutivo sappiamo che, noi esseri umani, per sopravvivere, abbiamo bisogno di ricercare atteggiamenti di gioia o comunque di avere serenità in ogni momento della giornata.

Ma come si può gioire o restare sereni ascoltando le miserie altrui?

La risposta sembra difficile e ardua, ma è estremamente semplice, perché una Madre è capace di accorgersi e di accogliere una "richiesta d’aiuto", in quanto sa compatire, (patire-con). Una "compassione", non tanto intesa come pena per l’altro, quanto nel suo significato originale molto più nobile: soffrire insieme, partecipare alla sofferenza altrui. Significa rivelare e comunicare all’altro il suo valore davanti a Dio ed aiutarlo, così, ad andare fino in fondo nel suo cammino di vita. Vuol dire ancora vivere, in modo tale che l’amore di Dio si manifesti nelle nostre vite e in quelle degli altri, che la nostra vita riveli, renda visibile, faccia scoprire la misericordia di Dio. Dio è presente oggi, anzi in questo momento stesso, e vogliamo che anche altri facciano l’esperienza della sua vicinanza, una presenza che guarisce, conforta, consola. Intercedere per chi soffre, significa entrare nell'"Anima" degli altri e percepirne l'intimo sentire con ogni senso, senza alcun tipo di giudizio, accettando ogni più piccola debolezza, è sapere mettere a proprio agio chi abbiamo di fronte sempre in ogni situazione. Tutto questo per dire che, il centro della missione della Madre Speranza, è stato proprio quello di portare gli uomini all’incontro con questo Padre, ma avvicinandoli con i tratti di una Madre: "…per il compito che vengo svolgendo in questi mesi nella casa di nostro Signore, facendo la portinaia di coloro che soffrono e vengono a bussare a questo nido d’amore perché Lui, come buon Padre, li perdoni, dimentichi la loro follia e li aiuti in questi momenti di dolore….e affinché gli dica in nome di tutti loro, non una ma mille volte: "Padre perdonali, dimentica tutto, sono anime deboli"…ed Egli che è tutto Amore e Misericordia specialmente verso i Figli che soffrono, non mi lascia delusa e così vedo con gioia confortate tutte quelle anime che si affidano all’Amore Misericordioso". (35)

Lei ha continuamente annunciato e vissuto questa "caratteristica", leggiamo nei suoi scritti un episodio davvero emozionante: "Dopo poco tempo, si presenta una donna angosciata, fuori di sé, scalza e tutta spettinata che porta in braccio una bambina di tre o quattro anni, mezzo morta o addirittura morta, fredda, cianotica e, dietro a lei, un uomo con un altro bambino ferito e tutti, piangendo, si prostrano insieme a noi ai piedi dell'Amore Misericordioso, pregando con molto fervore proprio nel momento più critico nel quale gli aerei rombavano rumorosamente sopra di noi. Ho preso la bambina di quella povera signora e, senza ritegno, l'ho presentata all'Amore Misericordioso, dicendogli: "possibile che il tuo cuore paterno possa sopportare ancora a lungo il dolore di questa povera mamma? Muoviti a pietà e dà vita a questa creatura, perché possa rimetterla sana e salva nelle braccia di questa mamma". (36)

In lei c’era una chiara consapevolezza: quella di andare incontro ai bisogni dell'uomo e al tempo stesso, introdurli nel raggio della missione messianica e della potenza salvifica di Cristo. È qui, che la sua maternità di mediazione, si è posta tra la misericordia di Dio e gli uomini nella realtà delle loro indigenze e sofferenze. Si è resa "mediatrice", non come un'estranea, ma nella sua posizione di Madre, consapevole che come tale può, anzi "ha il diritto", di far presente i bisogni degli uomini. Non è tutto, come Madre, ha desiderato anche che si manifestasse la potenza misericordiosa di Dio, ossia la sua potenza salvifica volta a soccorrere la sventura umana, a liberare l'uomo dal male che in diversa forma e misura è presente sulla sua vita. Proprio come aveva predetto del Messia il profeta Isaia nel famoso testo, a cui Gesù si è richiamato davanti ai suoi concittadini di Nazareth: "Per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista [….]e predicare un anno di grazia del Signore". (37)

La chiave di lettura e il segreto di questa mediazione?

La Madre Speranza ha indicato, con la sua maternità, il metodo perfetto per ottenere da Gesù qualsiasi grazia: quello dell’abbandono filiale. Così racconta Padre Gino Capponi: "Le chiesi un giorno solo a solo con lei. "Madre come mai il Signore le concede tante cose? Ho l’impressione che la preferisce e l’ascolta con parzialità. Che ne dice Madre? Come spiega che il Signore è più "largo" con lei che con tanti altri? Figlio mio mi rispose, forse dipende dal fatto che quando il Signore mi chiede qualcosa gliela faccio, perciò quando io gli chiedo qualcosa Lui me la concede". (38)

 C’è veramente una ricchezza inaudita da accogliere nel riflettere come la Madre aveva impostato la sua vita di preghiera e soprattutto il suo rapporto con il Signore, una relazione non "offensiva", ma come abbiamo già sottolineato di abbandono fiducioso. Questo è stato il fondamento sul quale la Madre si è sostenuta per costruire un ponte privilegiato per parlare, a cuore a cuore, con Dio, che li si era rivelato come Amore Misericordioso. Attraverso questa esperienza, se volete "ascetica", la Madre ci ha spiegato molto bene che la fiducia in Dio non è una convinzione, è molto di più. Più che un’idea è una forza: è la potenza di Dio che ci prende e ci lega in un rapporto di amore con Lui. Avere questo atteggiamento di abbandono, nell’ottica del nostro carisma, significa accettare Dio proprio come Egli è, ossia accoglierlo e riconoscerlo come un Padre.

La fede è proprio questo lasciarci prendere e coinvolgere dall'amore totale di Dio, è permettere, fino in fondo, che Dio mi sia Padre, è accettare fino in fondo che io sia verso di Lui un figlio.

Ecco perché non dobbiamo scandalizzarci quando a volte dobbiamo "chiedere con insistenza", perché se per me Dio è proprio Padre, è naturale, è vero, è sicuro che quando gli chiedo qualcosa che è conforme alla sua volontà, non ho finito nemmeno di esprimerlo che già sono stato esaudito, un papà fa così: l’Amore Misericordioso è e si comporta così. Il Signore, non ci insegna ad essere inopportuni, ma ad insistere, a non arrendersi, a non mollare mai la "presa". Nel Diario la Madre spesso annota proprio questo principio divino: "Padre mio, preghi per me, come io faccio per lei e mi dica chiaramente ciò che devo fare perché la mia anima non resti oziosa nella preghiera e chieda al buon Gesù che mi conceda la grazia di vivere sempre unita a Lui e che Egli abiti sempre nel mio cuore. Le assicuro che la stessa cosa, da lungo tempo, sto chiedendo per lei". (39)

Una pedagogia molto lontana da noi.

La nostra preghiera è autentica solo se è perseverante, Dio non è una "macchinetta" a gettoni! Il nostro cuore deve imparare a contattarlo per qualunque necessità, nella consapevolezza che Egli è l'Amore Misericordioso: "Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!". (40) In quest’ottica chiaro è l’episodio che racconta Padre Gino Capponi: "Riferisco la sua sollecitudine per i soldati polacchi sepolti nel cimitero di Montecassino. La sera venendo da Roma a Matrice (Campobasso) aveva avuto molta pena nel vedere tante croci, indicanti tanti poveri giovani morti a motivo della guerra. La mattina seguente eravamo in casa, a Villa di Penta, nella cappellina del primo piano accanto alla sua camera e P. Giovanni Barbagli stava celebrando la santa messa e applicava secondo l’intenzione della Madre. Questa durante la celebrazione al momento dell’offertorio, si "distrasse" e diceva al Signore che lei faceva celebrare la Messa per quei soldati polacchi, affinché ne togliesse dal purgatorio almeno cinquanta. All’ultimo momento, fece un discorso come di chi se ne approfitta: "Dato che sei tanto buono, disse, mettici dentro anche la mamma di quelle due mie Suore, che è morta giorni fa in Spagna e non contenta fece altri nomi di defunti". (41)

Così si esprimeva ancora Suor Nieves Inchaúrraga su questa caratteristica materna della Madre di prendere cura delle persone e di essere, per loro, lo "specchio" dell’amore di Dio: "La serva di Dio aveva per noi delle delicatezze veramente materne. Quando io ero nell'orto a lavorare oppure quando, durante l'Anno Santo imbiancavo le stanze, spesso la Madre veniva a portarmi una piccola merenda consistente in un panino imbottito ed un bicchiere d'acqua fresca. In quei tempi non si faceva la merenda però quando una faceva un lavoro più gravoso la Madre era comprensiva e ci veniva incontro con questi ed altri simili gesti materni. Dato il mio lavoro nell'orto e ed in cucina, dove ero addetta a fare le frittate che richiedevano che mi alzassi all'una di notte essendo oltre un migliaio gli operai che venivano alla mensa, la Madre capì che mi occorrevano altri cambi di biancheria essendo io continuamente sudata. Accorgendosi di questo la Madre mi portò il suo cambio di biancheria e poi disse alla Signorina Pilar di provvedermi di qualche cambio in più". (42)

Si delinea, in maniera determinante, ciò che concretamente poi si manifesterà come una nuova "virtù" della Madre, ossia la sua sollecitudine per gli uomini, il suo andare incontro ad essi nella vasta serie dei loro bisogni e necessità, è il rivivere fino in fondo l’esperienza della Madre di Gesù a Cana di Galilea: "Non hanno più vino". (43) Non sbagliamo sicuramente se diciamo che la Madre Speranza ha avuto, in questo senso, un’umiltà audace e un’audacia umile di intercedere presso l’Amore Misericordioso. Dio l’ha associata alla Sua misericordia, gli ha dato la possibilità di essere generosa e buona come Lui, è stata una Madre "complice" della misericordia di Dio per ogni uomo: ""Figlie mie devo comunicarvi che il Buon Gesù sta operando grandi miracoli in questo suo piccolo Santuario e nel quale io occupo il posto di portinaia: ricevo, infatti, tutti quelli che hanno bisogno….quando poi ho terminato di ascoltare coloro che arrivano, vado al Santuario per esporre al Buon Gesù tutto ciò che mi hanno presentato, gli raccomando questa anime bisognose, lo importuno con insistenza e gli chiedo che conceda loro quanto desiderano". (44) Una maternità di mediazione che è stata prettamente carismatica, perché ha portato con sé l’atteggiamento proprio dell’Amore Misericordioso, ossia c’è una Madre che "prega", che intercede, ma c’è anche la stessa Madre che "invita" gli uomini a compiere "qualsiasi cosa" che il buon Dio può richiederci. E’ la condizione essenziale della nostra vita: "Fare ciò che piace a Dio, ciò che è gradito a Lui, compiere quello per il quale siamo stati creati". La volontà di Dio è il principio e il fine di tutto ciò che esiste. Una maternità di mediazione capace di far nascere nel cuore delle persone una fedeltà verso Dio, di avere fede, di credere pienamente nelle promesse di Dio ed in tutto quello che Lui ha pensato per noi dall’eternità e di restarne fedeli.

Una maternità che spinge, necessariamente, ad una crescita nella conoscenza del Signore, a una conversione costante alla volontà di Dio. Il fine di questa mediazione materna non è, infatti, che Dio faccia la nostra volontà, ma che noi facciamo la sua! Ed esige da noi una risposta di fede: "Tutto quello che chiedete nella preghiera, abbiate fede di averlo già ottenuto e vi sarà accordato". (45) La vera preghiera esaudita è la preghiera che ci trasforma, è quella che ci fa entrare nel progetto di Dio, che ci inserisce nella sua azione, forse è preferibile un Dio che ci sorprende ad un Dio che ci accontenta!

Non è forse questo l’Amore Misericordioso?

Pensiamo alle lunghe ore e alle intere giornate passate a Collelvalenza, nella saletta della Casa dei Padri, pronta a ricevere le tante persone che venivano a trovarla. Ad ognuno di loro, dopo aver ascoltato le loro esperienze, esprimeva una parola di fede, di consolazione, di speranza, di misericordia. Da quella stanza nessuno ne usciva da come ne era entrato, tutti ripartivano portandosi dietro un dono di quella tenerezza materna aperta ad ogni situazione, una Madre "mediatrice" appunto, felice di aver reso il miglior servizio all’Amore Misericordioso: quello di riportare i figli a casa. Ma la sua "maternità", non finiva lì con gli incontri personali, la sua mediazione continuava nella preghiera, il luogo privilegiato dell’incontro con Dio: "Nulla è più dolce della consolazione nella preghiera. Chi è arrivato a gustare qualche volta quanto è dolce il Signore, facilmente pensa che sia valida solo la preghiera che si accompagna alle consolazioni. È un errore, perché ciò che conta non è quello che noi sperimentiamo nella preghiera, ma ciò che da essa Dio riceve, e spesso Dio riceve di più, quando a noi sembra di aver ricevuto di meno… Ricordiamo che, per essere esaudite, le nostre domande devono sempre avere questa condizione: la maggior gloria di Dio. Non il piacere o il dolore delle creature, ma la gloria di Dio: a questo deve essere orientato tutto. Vuole che gli offriamo il profumo della perfetta rassegnazione e che ripetiamo tante volte: Dio mio non la mia, ma la tua volontà". (46)

Così racconta Suor Mediatrice Salvatelli, sua segretaria in questa azione di accoglienza ai pellegrini: "Ricordo che, normalmente, riceveva circa 120 persone al giorno, distribuite fra il mattino e il pomeriggio. La Madre, umile e semplice, qual era, diceva a noi suore che, era desiderio del Signore quello di compiere la missione di ascoltare le angosce di tanta povera gente. "Io sono una religiosa con pochi studi, raccontava la Madre, cosa potrò mai dire a questa gente? Ci sono tanti sacerdoti dotti e capaci..., ma il Signore vuole così, che lo faccia io, con tanto amore". (47) Per ogni pellegrino che le aveva chiesto di chiarire una questione, un problema, una sofferenza, per tutti quel ministero di mediazione continuava nel rivolgere al Padre Misericordioso suppliche ed invocazioni di misericordia.

Leggendo anche le numerose lettere che riceveva ogni giorno, a tutti assicurava una preghiera ed un ricordo davanti all’altare dell’Amore Misericordioso, e le preghiere erano persona per persona, e non bastandole per questo le ore del giorno, non si risparmiava di usare anche la notte. Solo un cuore materno, dilatato e fatto simile al cuore di Dio, è potuto arrivare a tanto ed essere un riflesso del cuore di Dio verso ogni persona che avvicinava. Negli ultimi anni, costretta a passare tutta la giornata seduta nella sua stanzetta all’ottavo piano, sul tavolino davanti a lei aveva di solito la fotografia di qualche bambino gravemente ammalato e che i genitori avevano raccomandato alle sue preghiere. Spesso prendeva in mano quelle immagini e le accarezzava, quasi volesse far sentire al bambino quanto gli voleva bene. Racconta ancora Suor Mediatrice Salvatelli, che per tutti, la Madre, aveva una carezza, un sorriso e una parola di conforto, a tutti dispensava consigli pratici e concreti.

Davvero toccante quello che a volte gli chiedevano i figli: "Madre come fa a pregare per tutta questa gente? Lei rispondeva" Figli miei mi scrivo i nomi su un foglio poi di notte faccio la novena all’Amore Misericordioso e rivedo tutte le persone che ho ricevuto durante la giornata come in un filmato". (48) Così racconta un testimone: "Verso le 9.10 arrivò la Madre ed entrammo da lei. Dimenticai tutto il discorso preparato e mi limitai a dire alla Madre che venivo da lontano, che avevo bisogno di parlarle, ma non ricordavo più cosa dirle. La Madre affettuosamente mi disse: " Figlio mio, mettiti seduto che te lo dico io". La Madre iniziò a parlare ed io mi resi conto che mi stava scrutando dentro, guardandomi con quegli occhi che erano come uno specchio della mia coscienza". (49) E ancora: "Alla mia famiglia e a tante altre famiglie povere, la Madre mandava sempre da mangiare. Da casa mia veniva ogni giorno uno dei miei fratelli, e la Madre gli dava una pentola di primo e 11 panini, imbottiti con salame, mortadella, formaggio, carne. Anche la pentola ce l’aveva regalata la Madre. Questo è durato per tre anni". (50)

Ha incontrato poveri, bambini, pellegrini, sfiduciati, peccatori, e per tutti e per ogni genere di difficoltà, ha saputo mostrare la sua maternità di mediazione, il suo cuore allargato ad immagine di quello di Dio. In questo modo è diventata Madre, portinaia, flauto, fazzoletto che asciuga le lacrime, ascoltava le persone ed andava ad intercedere davanti all’Amore Misericordioso. Diceva sempre queste parole: "Se avranno l’impressione di essere stati capiti, si consoleranno e le nostre parole saranno come balsamo sulle loro ferite". (51) Alle Ancelle ripeteva spesso: "Siate Madri, tenendo in conto che il cuore della Madre s’inchina più facilmente verso il figlio più inutile e disgraziato; per lui sono quasi sempre le più grandi dimostrazioni di sincero affetto e sollecitudine". (52) Una maternità di mediazione che non aveva "scelto", ma che le era stata data in "dono" dall’Amore Misericordioso, così ella stessa raccontava: "In questo paesino, dove non c’era null’altro che un bosco in cui cantavano gli uccelli attraendone altri con il canto, il Signore ha voluto che venissi per essere "flauto" che suona ed attrae le anime al nuovo roccolo…ringrazio il Signore e godo nel vedere la gente che viene, il bene che si fa, le grazie che si ricevono e soprattutto le numerose conversioni." (53)

Una missione comunicata direttamente dal buon Gesù e che troviamo chiaramente trascritta in una pagina del diario di Madre Speranza, datata 14 maggio 1949: "Anni più tardi, tu, aiutata da me, con maggiori angustie, fatiche, sofferenze e sacrifici, organizzerai l'ultimo e magnifico laboratorio che servirà di grande aiuto materiale e morale per le figlie e per le giovani che avranno la fortuna di esservi ammesse; vicino a questo laboratorio ci sarà la più grande e magnifica organizzazione di un Santuario dedicato al mio Amore Misericordioso, Casa per ammalati e pellegrini, Casa del Clero, il Noviziato delle mie Ancelle, il Seminario dei miei Figli dell'Amore Misericordioso; ...Però tu devi tenere ben presente che io sempre mi sono servito delle cose più povere e inutili per fare quelle più grandi e magnifiche". (54)

Questa dunque è l’originalità, l’essenza del nostro carisma. La logica dell’Amore Misericordioso di Dio non è la nostra, non rispetta i nostri parametri. Ciascuno di noi è prezioso, importante, ognuno di noi merita ricerche ostinate, sollecitudini infinite, attese estenuanti, pazienza interminabile, da parte di Dio, perché Egli non si rassegna a stare senza l’uomo, anzi lo ama ancora prima del suo ravvedimento e del suo pentimento. Dio è così. L’Amore Misericordioso è così: vuole amarci, nonostante tutto. Amarci e basta. Un Dio che non ci abbandona mai, così scriveva la Madre Speranza nel suo Diario: "[..].. e che l'uomo più malvagio, il più abbandonato è da Lui amato con immensa tenerezza ed Egli è per lui un padre e una tenera Madre". (55)

 

Una Maternità Sacerdotale

"La malinconia mi viene perché mi domando se c'è qualcuno che pensa a loro. Figli della Madre Speranza, fatevi avanti; questi sono i preti bisognosi ai quali vi manda la Madre". (56)

Voglio partire da queste parole pronunciate da Padre Gino Capponi, in una delle sue tante riflessioni sui sacerdoti, per approfondire quello che secondo me è forse la maternità più evidente e più presente nella vita della Madre Speranza.

La tradizione della Chiesa ci ha insegnato che, la preoccupazione per la santità dei sacerdoti, è stata da sempre, uno dei suoi compiti principali, quello che rappresentava meglio la cura pastorale della Chiesa stessa. Nella Madre Speranza questo "prendersi cura", per la santità dei sacerdoti, ha acquistato non solo una forma giuridica, avendo fondato una Congregazione a servizio proprio per la santificazione dei sacerdoti del clero secolare, ma per essi è diventata una vera e propria Madre.

Ma da dove nasce questa maternità?

Per rispondere dobbiamo necessariamente partire da lontano e richiamare la profondità ed il senso della nostra spiritualità.

Papa Giovanni Paolo II°, il 2 Gennaio 1981, pronunciò queste parole che sono davvero illuminanti per la nostra riflessione: "Voi vi presentate, infatti, con un emblema: Cristo Crocifisso e Cristo Ostia, che rappresenta le espressioni più sublimi della donazione e dell’amore di Gesù; e avete fatto particolarmente vostro il suo invito: "Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati". (57)

Sappiamo molto bene che la nostra spiritualità si ispira al Crocifisso dell’Amore Misericordioso, che è l’espressione massima dell’Amore Misericordioso evidenziata nella croce, nell’eucaristia e nel comandamento dell’amore. Il crocifisso dell’Amore Misericordioso raffigura il Cristo nello spasimo della morte, ma nella regale serenità di Colui che innalzato da terra vuole attirare tutti a sé con la forza dell’amore. Tale immagine ci fa comprendere in maniera determinante l’Amore di Dio; Gesù, infatti, si è immolato per noi mentre eravamo ancora peccatori, vincendo, con l’abbondanza della sua grazia, il nostro peccato, ecco perché poi, in questo senso, la croce è la manifestazione più chiara del perdono. Solo la tenerezza compassionevole poteva spingere Gesù a soffrire così sulla croce! Quale mirabile amore, quale incredibile misericordia! Chi, nel pieno dell'agonia, avrebbe saputo elevare la prima delle sue suppliche a favore di altri, anziché di sé stesso?

La sua supplica non è stata elevata genericamente "per gli altri", ma addirittura per i suoi nemici più crudeli. Eppure il Vangelo ci dà questa certezza: dall'alto della croce è risuonata la parola "misericordia"! Ecco l’Amore Misericordioso! "Basta uno sguardo alla tua Croce per capire quale è il linguaggio, è il linguaggio dell’Amore".

Fatta questa piccola premessa, partendo proprio dalle parole del Papa Giovanni Paolo, risulta ormai chiaro che, la "genesi" di questa maternità sacerdotale della Madre, è da ricercare nell’offerta vittimale della sua vita all’Amore Misericordioso.

E qui dobbiamo necessariamente aprire una "parentesi", perché dire che la Madre Speranza si è offerta come vittima, non significa restare confinati al senso strettamente letterale di questo termine, ma dobbiamo necessariamente intenderlo in un senso più ampio, ossia contestualizzarlo in un significato progettuale. Questa offerta vittimale, non deve essere confusa con il semplice voto di vittima che analizzeremo fra poche righe, è da intendere, invece, come un comportamento che, la Madre, ha scelto di avere in tutta la sua vita, ovvero di collocare questa "donazione" all’interno di un vero e proprio progetto di vita.

Mi spiego meglio.

La dimensione materna della Madre Speranza, è tutta incentrata e ha come unico punto di riferimento, il memoriale dell'offerta della vita, fatta da Gesù, ossia sul Suo sacrificio eucaristico. Esiste, infatti, un'intima connessione tra la centralità dell'eucaristia, la carità pastorale e la santità di vita dei sacerdoti. Nel dono permanente del sacrificio eucaristico, memoriale della morte e della risurrezione di Gesù, la Madre Speranza ha ricevuto la capacità unica e singolare di portare agli uomini, la testimonianza dell'amore inesauribile di Dio. Come Lui, ha scelto di vivere, la propria esistenza, come un dono per i propri figli, ha perciò imparato a unirsi intimamente a quest’offerta, deponendo sull'altare del sacrificio la sua intera vita, come segno distintivo dell'amore gratuito e proveniente di Dio.

Dove ha imparato questa offerta?

Proprio nell’Eucaristia, dove Dio ci chiama ad assimilare il suo Corpo e il suo Sangue:"Nell’Eucarestia si attua la reale comunione con l’Amore crocifisso e risorto. Al momento della nostra professione religiosa siamo stati offerti a Dio, dalla Chiesa, in intima unione al sacrificio eucaristico. La comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, sorgente prima di tale rinnovamento, rinvigorisce incessantemente la nostra volontà di amare con verità e concretezza, fino al dono della vita". (58) Cristo con il sacrificio di sè stesso, ha pagato il prezzo della nostra redenzione e quest’offerta vittimale, è inseparabile dal suo essere e sentirsi consacrato da Dio, quindi in sostanza, Egli è simultaneamente sia Sacerdote sia Eucaristia (Ostia), ecco perché poi il Crocifisso dell’Amore Misericordioso ha dietro di sé proprio un Ostia. Da questa inscindibile unità tra offerta e vittima, tra sacerdozio ed eucaristia, è dipesa l'efficacia della maternità sacerdotale della Madre; un’umile serva chiamata ad avere in se stessa "gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù". (59) Il richiamo a diventare ostia, insieme a Gesù è alla base della sua consacrazione a favore della Chiesa, come il Cristo "che ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per Lei, per renderla santa ". (60)

Da qui nasce la sua offerta vittimale.

Ecco perché poi, la spiritualità dell’Amore Misericordioso, è tutta incentrata sul dono totale di sé a Dio, ovvero nell’obbedienza alla sua volontà e nella misericordia ai nemici. In questo senso la nostra è una spiritualità sacerdotale e caritativa, due aspetti che si legano e che si manifestano nell’unica missione: ai sacerdoti, ai poveri.

"Offerta e Vittima", sono esattamente le stesse parole che la Madre Speranza scrive nel suo Diario il 18 Dicembre 1927, termini questi che rappresentano sicuramente l’atto costitutivo, l’estratto di nascita della sua maternità sacerdotale: "Questa notte mi sono distratta e il buon Gesù mi ha detto, che non debbo desiderare altro che amarlo e soffrire, per riparare le offese che riceve dal suo amato clero. Debbo far sì che quanti vivono con me sentano questo desiderio di soffrire e offrirsi come vittime di espiazione per i peccati che commettono i sacerdoti del mondo intero…Che vuol dirmi Gesù con tutto questo? (61) L'offerta per la santificazione dei sacerdoti, l’articolava con questa espressione: "In riparazione dei peccati che commettono i sacerdoti".

I sacerdoti sono per noi popolo di Dio, un grande dono del Signore, la presenza di Gesù nella nostra vita e nella nostra comunità, hanno ricevuto la "grazia" di guidare le comunità cristiane aiutandole a restare unite a Cristo buon pastore, a mettere in comunione i vari carismi presenti nei fedeli, a coordinare le varie forze dei gruppi ecclesiali che esistono. Essi, per la missione profetica che rivestono, hanno anche il difficile compito di trasmettere la Parola di Dio, di insegnare la dottrina della Chiesa e, per unione al sacerdozio di Cristo, sono "amministratori" dei sacramenti di grazia che alimentano la nostra vita spirituale. Essere sacerdoti di Cristo, significa svolgere una grande missione alla Chiesa e ai fratelli, è un servizio a vantaggio di tutti, è un compito d’amore, un dono totale, un sacrificio completo. L’esortazione Apostolica Pastores Dabo Vobis recita così: "Vi darò pastori secondo il mio cuore". (62) Da queste formidabili parole di Giovanni Paolo II° possiamo approfondire le nostre riflessioni e tracciare le linee essenziali dell’essere un prete, una persona chiamata da Dio per essere consacrato all’amore "secondo il cuore di Dio". E ancora la stessa Esortazione approfondisce: "La vocazione al ministero ordinato è essenzialmente una chiamata alla santità, nella forma che scaturisce dal sacramento dell’ordine". (63)

La santità per un prete è :

- unione con Dio.

- sequela di Cristo, povero, casto e umile.

- donazione senza riserve alle persone.

- amore alla Chiesa, che è santa e che ci vuole santi, perché tale è la missione che Cristo le ha affidato.

Il Concilio Vaticano II° ha dato molto incremento al discorso sulla santità sacerdotale: "Il ministero è la via obbligata alla santità. I preti raggiungeranno la santità nel modo loro proprio se nello Spirito di Cristo eserciteranno i loro compiti con impegno sincero e instancabile". (64) Il sacerdote, dunque, è obbligato a conseguire la perfezione di vita, in virtù delle stesse azioni sacre che svolge quotidianamente, così come pure per tutto il suo ministero. L’esercizio del suo ministero santifica il presbitero, proprio perché, mentre continua ad offrire agli altri gli strumenti della salvezza, la prima persona che Gesù vuol salvare è proprio lui. Gesù gli ha affidato questo ministero, non solo perché contribuisca alla salvezza degli altri, ma anzitutto perché con fede e umiltà accetti la sua azione di misericordia e salvezza verso di lui. Che tragedia se la Chiesa restasse senza sacerdoti! Chi potrà mai essere segno pastorale nelle nostre comunità? Chi potrà dispensare i tesori di grazia e di Spirito Santo necessari al nostro cammino? Chi potrà farci vedere il volto di una Chiesa che cammina insieme all’uomo per raggiungere la civiltà dell’amore?

Ed è in questo scenario che si inserisce in maniera "meravigliosa" la maternità di Madre Speranza, ella è diventata in modo specialissimo la Madre dei sacerdoti, di ogni sacerdote nella sua unicità. Infatti, è essenziale della maternità il riferirsi ad una persona, essa determina sempre un’unica e irrepetibile relazione fra due persone: della Madre con il figlio e del figlio con la Madre. Anche quando una stessa donna è Madre di molti figli, il suo personale rapporto con ciascuno di essi, caratterizza la maternità nella sua stessa essenza.

Madre Speranza avvertì chiaramente, dal Signore, di non dover desiderare altro nella vita, che amarlo e soffrire in riparazione delle offese che egli riceveva dal suo amato Clero e che questi fossero santi: "I preti sono la mia passione" (65) ripeteva spesso. Questa missione della Madre di sentirsi "vittima" per tutte le anime consacrate, e in particolare per i Sacerdoti del mondo intero, è uno degli elementi più caratteristici della nostra spiritualità e del nostro carisma: "Gesù mio, oggi, giovedì santo, rinnovo l’offerta fatta al mio Dio nel 1927, quale vittima per i poveri sacerdoti che si allontanano da Lui o lo offendono gravemente. Ti chiedo, Gesù mio, di non lasciarmi un solo istante senza sofferenze o tribolazioni e di fare che la mia vita sia un martirio continuo, lento ma doloroso, in riparazione delle offese di queste povere anime e per ottenere loro la grazia del pentimento. Gesù mio, il mio desiderio sia solo quello di patire costantemente a imitazione tua, che volesti essere battezzato con il terribile e doloroso battesimo della tua passione". (66)

E’ tipico di una Madre soffrire, sacrificare la vita per la sua creatura, in questo bisogno di rinnovare "l’offerta", trascritta nel suo Diario il giorno 18 Dicembre 1927, c’è tutta la compassione materna della Madre Speranza, un amore viscerale che arriva addirittura a chiedere a Gesù di non lasciarla un solo istante senza sofferenze. Il suo Diario è davvero "pieno" di riflessioni e meditazioni sui preti, sulle loro difficoltà, sulla loro vita, quasi a confermare questa specialissima predilezione per loro, quasi a confermare il grembo materno di una Madre che non può che gioire nel vedere e seguire la vita del proprio figlio.

Ne riporto alcuni passaggi:

- 4 ottobre 1941 – Diario: Ti prego, Gesù mio, abbi pietà di me e non lasciarmi sola in questi momenti di aridità e oscurità. Ti cerco, Gesù mio, ma non ti trovo; ti chiamo e non ti sento; sono finite per me le dolcezze del mio Dio. Che tormento, Gesù mio! Quale martirio! Solo tu lo sai apprezzare e a te offro tutto in sconto delle mie ingratitudini e delle offese che ricevi dai sacerdoti del mondo intero.

- 28 novembre 1941 - Diario: Dio mio, accetto di cuore tutte le prove, le tribolazioni e le angosce che permetterai mi accadano; le accetto in riparazione dei peccati di tutti i sacerdoti.

- 28 gennaio 1942 – Diario: Ho convinto il medico a lasciarmi morire in casa, poiché questi mi diceva che, umanamente, non c’era più rimedio…. Così ho ricevuto il viatico, l’estrema unzione e la benedizione papale. Le figlie piangevano nella mia stanza ed io ho cominciato a pensare che fosse arrivato il momento di lasciare sole le mie povere figlie, giovani e perseguitate e ho provato una pena terribile, al pensiero di dover morire così presto senza poter soffrire ancora di più per i poveri sacerdoti che hanno avuto la disgrazia di offendere il mio Dio.

-15 giugno 1942 – Diario: Gesù mio, fissa lo sguardo soltanto sul fatto che i poveri sacerdoti che ti offendono, deboli nello spirito e nell’amore per te, sono molti e che io desidero soffrire costantemente in riparazione delle offese di questi tuoi poveri ministri. Concedimi, Gesù mio, la grazia di vivere continuamente nel dolore e di morire arsa dal tuo amore e che le tue croci, tutte quelle che vorrai mandarmi, mi servano per amarti di più e insegnare agli altri che la scienza dell’amore s’impara nel dolore.

- 15 agosto 1951 – Diario: Questi stessi tre emettono i loro voti, secondo le Costituzioni, nella stessa cappella. Li ha ricevuti sua eccellenza il Vescovo di Todi che il giorno antecedente aveva imposto loro l’abito. Mi sono distratta e tutto il tempo della cerimonia l’ho trascorso fuori di me e unita al buon Gesù, al quale ho chiesto di benedire questi tre figli e la nascente Congregazione. Ho anche rinnovato la mia offerta di vittima volontaria per le offese che il buon Gesù riceve dai sacerdoti del mondo intero.

L’amore sconfinato che aveva nel buon Gesù, l’ha anche dirottata nell’amare profondamente a chi gli appartiene sacramentalmente, i preti appunto. Da buona Madre aveva intuito che i sacerdoti ricoprono un posto privilegiato nel cuore di Dio, e svolgono una missione fondamentale nell’annuncio del vangelo. Il motivo fondamentale della sua predilezione era essenzialmente fondato su due ragioni: perché i preti sono più simili a Gesù, sono i suoi ministri, consacrati al suo Amore e perché anch’essi, come Lei, sono impegnati nella missione di proclamare, testimoniare e portare Cristo al mondo. La Madre Speranza, capì in maniera determinante l’importanza del ministero sacerdotale e delle difficoltà che i preti incontrano nello svolgere tale missione, ed è per questo, che possiamo immaginare, che si fece sicuramente una domanda: "Sacerdote: chi si prende cura di te?". Penso che tutti quanti noi, nell'arco della vita abbiamo avuto il desiderio di sentire vicino qualcuno che si prenda cura di noi, che s'interessi dei nostri problemi, che sappia capirci e consolarci. Desiderio di per se stesso lecito, ma non sempre realizzabile, spesso nei problemi ci sentiamo soli, non si trovano orecchie disposte ad ascoltare, parole che sappiano consolare, mani che sappiano sostenere, ciascuno ha già il suo fardello da portare nella vita.

Anche Giovanni Paolo II° aveva "chiarito", questa impostazione materna, rivolgendosi ai Sacerdoti in occasione del Giovedì santo dell’anno 2001: "Mistero grande, carissimi Sacerdoti: Cristo non ha avuto paura di scegliere i suoi ministri tra i peccatori. Non è questa la nostra esperienza?". (67)

Allora chi è il sacerdote? E perché aiutarlo?

Tanto per cominciare è un uomo! Immagino la meraviglia e lo sguardo sorpreso di chi magari si aspettava delle risposte di alta teologia o cariche di soprannaturale spiritualità. Un uomo che è nato come tutti gli altri; ha fatto un cammino di maturazione e di crescita umana, come tutti gli altri uomini, e un bel giorno è stato chiamato da Dio ad essere "suo" ministro. Mi piace molto l’espressione, uomo-sacerdote, che viene riportata nel profilo "Madre Speranza ed i Sacerdoti", così scrive Don Ruggero Ramella per evidenziare tale mistero: "[…] È un’unità che si avvicina di più all’ipostasi dell’io del sacerdote con l’io di Gesù, tanto che ne condivide più da vicino di chiunque altro fedele il sacrificio della propria vita per la salvezza degli uomini; nelle parole della consacrazione in particolare il sacerdote dà anche la sua carne e il suo sangue unitamente a quelli di Gesù con la stessa motivazione di salvezza universale, lì fa sua la preghiera e i suoi contenuti perché in lui, e non solo per la sua interposta persona, Gesù preghi il Padre con l’atto supremo d’amore, talmente supremo da stagliarsi per l’eternità come cifra fissa del dono del Figlio al Padre, una cifra, una misura che si è verificata nella carne di un uomo, con la carne di un uomo, e per cui tale è la misura del dono non solo del Figlio, ma anche di qualunque uomo unito al Figlio, particolarmente, e a maggior ragione, di un prete. Non solo, ma il prete compie una vera e propria opera di mediazione per ottenere la salvezza degli altri, come un alter Christus, compiendo nel contempo opera di riparazione e mediazione quale quelle del Figlio, perché in finale unito in modo unico e speciale al Figlio". (68)

Quindi il sacerdote è un uomo, e dopo l'ordinazione sacerdotale?

È sempre un uomo, ma con un’umanità che porta sulle spalle un peso notevolmente superiore alle proprie possibilità. Donarsi, sacrificarsi in tutti i modi per annunciare il regno di Dio e guarire le sofferenze e i cuori degli uomini; essere un servo dell’amore e della misericordia di Dio e mettersi quasi in ginocchio davanti alle persone e al mondo per implorare, come una grazia, il permesso di fargli del bene, ecco la grande missione del prete. E’ vero che Dio dona la sua grazia per portare anche i pesi più grandi, però la grazia non toglie la fatica né il sacrificio; può alleviare, ma non cancellare del tutto le difficoltà.

Chi può arrivare a tanto?

Il giorno della sua ordinazione sacerdotale si è fatta magari una bella festa, in qualche ristorante o in qualche salone parrocchiale, molti invitati avranno pensato alla fortuna di un sacerdote che, con l’ordinazione, avrà sicuramente risolto tanti problemi. In realtà forse è l'esatto opposto, se i problemi c'erano prima, dopo l'ordinazione rimangono e spesso vengono aggravati dalle dinamiche e dalle responsabilità tipiche della vita sacerdotale. Tutto questo per dire e confermare ancora, che la Madre aveva una grande "passione" per i sacerdoti, si può dire che erano il suo pensiero fisso, il suo punto debole, li voleva santi e tante furono le attenzioni e le premure che aveva nei loro confronti.

Quella che viene riportata, sempre nel profilo n°31, è veramente una sintesi molto chiara ed illuminante del nostro carisma e della nostra spiritualità: "Si scrive misericordia, ma si dice preti; si parla dei poveri, ma si pensa ai preti;
si aiutano i poveri, ma si guarda ai preti"
. (69)

Ecco da dove è partita la Madre Speranza, intuizioni che solo una MADRE può avvertire, capire, portare a compimento; ella comprese che era necessario vivere il ministero sacerdotale come esperienza di reale comunione, in cui "portare i pesi gli uni degli altri". (70) La Madre Speranza era convinta che, il "lavoro" del ministero sacerdotale, non potrà mai ottenere un gran risultato se prima non si è proceduto a rafforzarlo con meditazione quotidiana, spirito di raccoglimento e di preghiera. In mezzo a tante "attività pastorali" e fatiche, si domandava continuamente, come potranno trovare, i sacerdoti, il tempo per raccogliersi, per temprare le proprie anime nel fuoco soprannaturale? Tra gli ostacoli alla santità sacerdotale dei nostri tempi, dobbiamo segnalare soprattutto la mancanza di fervore, di zelo, che si manifesta poi nella stanchezza, nella delusione, nell’accomodamento, nel disinteresse, e soprattutto nella mancanza di gioia e di speranza. Spesso i presbiteri non hanno chiaro che le anime non si salvano solo con l’azione pastorale, ma anche con la preghiera, il sacrificio, la sofferenza.

Oggi una delle cause della mancanza di vocazioni è proprio la difficoltà di sopportare le sofferenze. Spesso (e soprattutto vale per i giovani preti da poco ordinati), può succedere che venga lasciato il ministero, non a causa di una crisi di fede o a motivo di altre ragioni, come ad esempio il celibato, ma a causa del fatto che siamo incapaci di sopportare la "sconfitta", ossia non abbiamo ancora imparato ad integrare la croce nella nostra vita e ad accettare, fino in fondo, la storia che Dio vuole fare con noi. "Se faccio fatica... è perché ho sbagliato strada ! Faccio fatica nel ministero, incontro degli ostacoli ... forse non dovevo farmi prete !" Così come accade anche nel matrimonio e nella vita di coppia: "Faccio fatica con il partner, ho sbagliato partner, e allora mi separo !"

Questa tentazione è sempre in agguato: ritenere che un momento di prova è sintomo di un fallimento, di uno sbaglio nel fare il discernimento sulla propria vita. Invece, la prova non è mai una "maledizione", ma una condizione indispensabile per crescere, maturare e arrivare così ad una fede adulta, ad un ministero autentico. Questo è un punto difficile da capire, anche per Gesù è stato difficile formare i suoi discepoli su questo aspetto. Basti pensare a Pietro, che davvero ha fatto molta fatica a comprenderlo e si è preso per questo tanti rimproveri da parte di Gesù. Su questo punto Gesù ha parlato molto chiaro: "Il Figlio dell’uomo dovrà soffrire, essere riprovato dagli uomini e dopo tre giorni risuscitare". (71) La lettera agli Ebrei dice che Gesù "fu reso perfetto mediante il soffrire". (72)

Anche la Madre Speranza era su questa linea, così scriveva: "Bene, figlia mia, trovi questa situazione troppo pesante e dura? Guarda Gesù, si lamentò nella misera paglia? si lamentò quando le spine laceravano la sua fronte? quando gli aguzzini lo inchiodarono alla croce? Forse ti stanno facendo soffrire più dell'innocente Gesù? Figlie mie, che ricompensa avreste se non incontraste sul vostro cammino sacrifici, fatica e sofferenze?" (73) E ancora: "Forse non è vero che è dolce e piacevole soffrire con Gesù? Non è vero forse quanto vi ho detto mille volte che l'amore si alimenta col sacrificio e che con l'amore diventa dolce anche il soffrire? Sì, Gesù è amore, e l'amore è come il fuoco che consuma; l'amore è attivo e come il fuoco non è tale se non riscalda e brucia così l'amore se non agisce, se non soffre e non si sacrifica non è amore". (74)

Il vero pericolo per un prete non è la fatica, ma la mediocrità e l’appiattimento su una identità sacerdotale centrata soltanto sul "fare", ossia su una mentalità manageriale e produttivistica. La Madre Speranza questo lo aveva capito molto bene, per lei il prete non è un funzionario che deve fare molto, è invece un testimone autentico che può far scendere il cielo sulla terra. L’unica cosa che deve essere richiesta ad un prete, è di essere segno trasparente del Cristo, della sua grazia e della sua misericordia. Per la Madre Speranza questo è il punto centrale: il presbitero deve recuperare questa identità per uscire dall’affanno pastorale, per guarire, da questa "nevrosi", deve saper recuperare la vitalità di una relazione, la relazione con Dio. L’affanno può essere vinto solo amando qualcuno e qualcosa più delle altre "cose" che invadono il cuore e delle logiche di vita che rendono sempre impazienti e inappagati.

La Madre Speranza, con la sua maternità ha indicato ai sacerdoti la strada da seguire, ovvero tenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo. Per un sacerdote deve essere la cosa più normale, una vera e propria attitudine, concentrare sulla persona di Gesù l’attenzione e l’affetto, tenere fisso lo sguardo su di lui, considerare il rapporto con lui l’elemento portante e il criterio decisivo della propria vita: "Mi chiedi Gesù mio, se ti amo in questi momenti di abbattimento e di dolore; ti rispondo con le parole di san Pietro: "Signore, tu lo sai". Il mio solo desiderio è di amarti tanto e di metterti al centro dei miei pensieri, unico amico dell'anima mia". (75)

Si capisce, quindi, perché poi un sacerdote in tensioni non risolte o un sacerdote isolato, costituisce un pericolo reale per la Chiesa. Il cammino verso la santificazione non può essere solitario, ci vuole una "comunione" che sostenga il ministro ordinato nella sua risposta alla specifica vocazione alla santità. Occorre, quindi, suscitare un nuovo "ardore di santità" fra i sacerdoti:"la santità personale non si nutre forse di quella spiritualità di comunione, che deve sempre precedere e accompagnare le concrete iniziative di carità ? (76)

La Madre Speranza aveva trovato, in modo profetico, veramente la soluzione a tutto questo, ossia mettere in atto una vera e propria Spiritualità di Comunione e una fattiva Vita Fraterna. Nel cuore e nel programma della Madre il "calore" della vita di comunità, vissuto dai suoi figli, doveva essere di stimolo, d’incoraggiamento e di sostegno ai sacerdoti diocesani per desiderare e rendere concreto, anche per loro, una vita di comunità che li possa portare a una comunione e a una vera fraternità. Seppe indicare con chiarezza, nella vita comune e nella struttura della comunità religiosa, un aiuto alla vita sia spirituale (preghiera e meditazione) che interiore del sacerdote secolare ed all’efficacia della sua pastorale.

Spiritualità di comunione, che significa capacità di sentire l’altro come un dono, uno che mi appartiene, prendersi cura dei bisogni, offrire un’amicizia, capacità di vedere il positivo nell’altro; fare spazio all’altro per ritrovare insieme la bellezza della forza reciproca nella quale ci aiutiamo. È il continuo sforzo per entrare in comunione con l’altro, il ponte del dialogo è sempre aperto, l’impegno rinnovato di accogliere gli altri nella comunione, è il Cristo che chiede "l’elemosina" della comunione e questo non possiamo rifiutarlo. Tale unità di intenti si costruisce solo nell’identificazione, comunione significa solidarietà familiare, interazione concreta anche nelle cose da fare, agire sempre per amore e con amore verso gli altri, non fuggire, essere presenti con il servizio, amando anche il volto del Cristo crocifisso nell’altro. Così una famiglia diventa cantiere di santità, è la santità della Chiesa che non si vede, ma si intravede, una santità che si costruisce. Lo stile di vita in comune diventa quindi, per ogni consacrato, un modello per esprimere i sentimenti di misericordia, di pazienza, di umiltà, di obbedienza e di dolcezza che sono proprio dei tratti del cuore di Gesù, si vive in comunità proprio perché afferrati da questo ideale di vita santa.

Non basta però trovarsi; bisogna incontrarsi per convertirsi ad un modello di comunione vero, autentico che possa portare a vivere i momenti di fraternità con passione, sentirli come momenti fondamentali della propria esperienza sacerdotale, riconoscere la bellezza della convivialità e della convergenza nella comunione, per sperimentare la vita di comunità in spirito di amicizia sacerdotale, per pregare insieme, confrontarsi e sostenersi a vicenda: in una sola parola vivere una vera e propria comunione. Proprio come evidenzia il nostro carisma: "il vivere insieme è orientato a promuovere la santità della vita gli uni degli altri. E’ molto necessario per mantenere il fervore nella comunità che ognuna abbia cura di edificare le altre attraverso il buon esempio, con il quale devono aiutarsi a raggiungere la santità". (77)

Una Maternità sacerdotale che l’ha portata anche a realizzare un progetto di fondazione, e a diventare una Madre fondatrice, per realizzare la missione che il Signore le aveva affidato. Il 15 agosto 1951, nella Cappella della Casa generalizia delle Suore, a Roma, nacque la Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso, con la missione di annunciare l'Amore Misericordioso e di aiutare e sostenere i sacerdoti del clero secolare. La Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso, fondata con uno scopo ben preciso: il fine primario dei Religiosi Figli dell’Amore Misericordioso è l’unione con il clero diocesano, l’aiuto fraterno per costruire la fraternità sacerdotale, in piena comunione con il proprio Vescovo; e il sostegno vicendevole nel cammino verso la santità evangelica, che consiste nel diventare misericordiosi come il Padre. Così scrive Madre Speranza nelle "Regole", per la fondazione della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso: "Il fine principale di questa Congregazione è l’unione tra il clero secolare e i religiosi Figli dell’Amore misericordioso; questi metteranno tutto il loro insegnamento nel fomentare tale unione, saranno per loro veri fratelli, li aiuteranno in tutto, più con i fatti che con le parole". (78)

Per affiancare il clero secolare, dunque, la Madre invia i Figli dell'Amore Misericordioso, che si comporteranno da veri fratelli, sempre attenti e disponibili alle loro necessità ed esigenze. La stessa Madre Speranza scrive indicazioni precise al riguardo: "Tratteranno i sacerdoti con vero amore di fratelli, con molta carità e prudenza, senza dimostrare stupore, fastidio o timore esagerato quando li vedessero angustiati e deboli di fronte a qualche miseria umana. Con i caduti si comportino come padri affettuosi e comprensivi della loro debolezza, senza scoraggiarli ma animandoli perché sappiano difendersi con più facilità e infondendo in essi confidenza nell’Amore Misericordioso che tanto ha fatto e fa per gli uomini, avendo compassione delle loro miserie". (79)

Per i sacerdoti la Madre volle che tutte le Case della Congregazione fossero la loro casa, dove ognuno potesse recarsi a pieno diritto e sentirsi come a casa sua, senza pagare il pranzo, la cena o la permanenza. Una missione materna e sacerdotale che i Figli dell’Amore Misericordioso, sull’esempio della Madre, dovranno attuare nelle seguenti modalità:

– Accogliere gratuitamente nelle case della Congregazione i sacerdoti, sia per brevi soste, sia per permanenze stabili.

– Sostenere l’aspetto spirituale, tramite l’animazione fraterna e gratuita di ritiri, giornate di spiritualità, corsi di esercizi spirituali.

– Accogliere e assistere sacerdoti anziani e malati.

– Trattare i sacerdoti con rispetto e attenzione, pregare per loro e, seguendo l’esempio della Madre, offrirsi al Signore per loro col voto di vittima.

Racconta in questo modo P. Elio Bastiani: "L’offerta di tutto se stessi per i sacerdoti e l’azione primaria come scopo principale della famiglia religiosa era l’argomento ordinario delle nostre familiari conversazioni con la Madre: da qui "l’unione del clero diocesano con i religiosi". Subito lei cominciò con ritiri e gli esercizi spirituali per sacerdoti a Collevalenza. Ricordo ancora la meraviglia dei paesani nel vedere tanti preti e la meraviglia e la gioia di tanti preti nel ritrovarsi insieme. Il tutto voleva si facesse senza alcun compenso economico…" il sacerdote ha bisogno di case aperte ed accoglienti per ristabilirsi, riposarsi e ritemprare lo spirito in un clima di famiglia e di pace". (80)

Al di là di ogni altra considerazione, mi pare di cogliere, in questa intuizione magistrale della Madre, una richiesta fondamentale, oserei dire centrale ai propri figli. Preferisco affrontare questo tema da un punto di vista più profondo, quello che vede, nella "fraternità sacerdotale", l'espressione di qualcosa che è essenziale alla vita della Chiesa e, ancor prima, alla vita dell'uomo come tale, il tema diventa, allora, non solo unione con il clero, ma fare "esperienza di amicizia fraterna", così come recita l’enciclica Sacerdotalis Coelibatus:"…Incrementare la fraternità sacerdotale, significa anche difendere, custodire e accrescere il dono della consacrazione totale dei presbiteri al Signore". (81) Anche il Concilio Vaticano II° era su questa linea: "In virtù della comune sacra ordinazione e missione, tutti i sacerdoti sono tra loro legati da un'intima fraternità, che deve spontaneamente e volentieri manifestarsi nel mutuo aiuto spirituale e materiale, pastorale e personale, nei convegni e nelle comunità di vita, di lavoro e di carità". (82) E le Costituzioni dei FAM recitano: "La fraternità sacerdotale non si esprime solo nell’accoglienza, ma anche nella promozione mutua della santità". (83)

L'amicizia è un aspetto dell'amore, è il vertice dell'amore, l'amicizia è una virtù attiva, che implica la risposta dell'altro. Non solo, l'amicizia implica che l'amico sia un altro se stesso, un "altro", che è amato come si ama se stessi. Gesù, ci ha dato ampia testimonianza, nella sua vita pubblica, di che cosa volesse dire per lui l'amicizia, scelse alcuni con cui avere un più stretto rapporto: "Perché stessero con Lui", (84) persone cui confidare tutto il mistero della sua vita. Ecco dunque le due caratteristiche dell'amicizia: comunione nelle cose umane e in quelle divine.

E’ Gesù stesso ad offrirci la chiave per guardare all'esperienza vissuta da lui con gli apostoli: "Vi ho chiamati amici, perché ho detto a voi tutto ciò che il Padre ha detto a me". (85) Così, l'esperienza di ogni vocazione cristiana non può che essere alimentata da un'esperienza di fraternità. Non esiste nel cristianesimo una vocazione al rapporto con Dio che non sia avvenimento di comunione, e più in particolare, sperimentare la "fraternità sacerdotale", acquisisce una sua urgenza storica ed esistenziale proprio per i tempi nei quali siamo chiamati a vivere; il problema del nostro tempo è ,infatti, proprio questo: la solitudine.

Anche il documento dell’Istituto per la Vita Consacrata: "La vita fraterna in comunità" così recita: "Esperti di comunione, i religiosi sono chiamati a essere, nella comunità ecclesiale e nel mondo, testimoni e artefici di quel progetto di comunione che sta al vertice della storia dell'uomo secondo Dio. Innanzitutto, con la professione dei consigli evangelici, che libera da ogni impedimento il fervore della carità, essi divengono comunitariamente segno profetico dell'intima unione con Dio sommamente amato. Inoltre, per la quotidiana esperienza di una comunione di vita, di preghiera e di apostolato, quale componente essenziale e distintiva della loro forma di vita consacrata, si fanno "segno di comunione fraterna". Testimoniano, infatti, in un mondo spesso così profondamente diviso e di fronte a tutti i loro fratelli nella fede, la capacità di comunione dei beni, dell'affetto fraterno, del progetto di vita e di attività, che loro proviene dall'aver accolto l'invito a seguire più liberamente e più da vicino Cristo Signore, inviato dal Padre affinché, primogenito tra molti fratelli, istituisse, nel dono del suo Spirito, una nuova comunione fraterna". (86)

Una maternità sacerdotale talmente feconda da arrivare alla data dell’8 Dicembre del 1954 a Fermo (AP), dove nacque ufficialmente il nuovo "ramo" dei Sacerdoti Diocesani Figli dell’Amore Misericordioso: "Il profondo inserimento di questi Sacerdoti Diocesani all’interno della Congregazione è espressione peculiare di quell’unione fraterna che i Figli dell’Amore Misericordioso sono tenuti a perseguire nei confronti del clero; allo stesso tempo, ne è anche strumento prezioso per una più incisiva azione apostolica nel presbiterio". (87) Nell’intuizione profetica della Madre Speranza, la proposta di consacrazione "offerta" dalla sua Congregazione, doveva essere considerata come: "un’autentica salvaguardia che dovrà risultare di grande utilità perché i Sacerdoti del Clero secolare possano difendersi nel ministero in questi tremendi tempi". (88)

Infine, una Maternità sacerdotale che non si è fermata nemmeno davanti a momenti di persecuzione, e a tale riguardo ricordiamo quanto, la Madre Speranza, ebbe a soffrire a causa di alcuni sacerdoti ai quali, nonostante tutto, perdonò sinceramente di cuore, così trascrive la Madre Speranza nel suo Diario nel Giugno del 1932: "Nonostante fosse stata aperta la casa di Bilbao, continuavo a vivere in casa della signorina Pilar de Arratia perché non stavo bene. La persecuzione iniziava anche a Bilbao ed ebbe origine dall'invidia della servitù della signorina Pilar e del suo confessore, don Doroteo Irízar. Un giorno che ero rimasta a letto, a causa di un'emorragia, avendo chiesto a don Doroteo che aveva celebrato nella cappella di Pilar, se poteva portarmi l'eucaristia, egli rispose alla signorina negativamente. Ma il buon Gesù non volle privarmi di questo dono e un angelo mi portò la santa comunione alla presenza di Pilar e della sua servitù che, entrando, mi trovò in estasi e vide l'Ostia che stava in aria posarsi sulla mia lingua. Questo angelo mi tranquillizzò; disse di non preoccuparmi per il rifiuto del sacerdote. Questo povero sacerdote scatenò contro di me una grande opposizione, ma con Pilar non ottenne i risultati che sperava, né turbò la pace della mia coscienza che, grazie al buon Gesù, è inalterabile. Tali calunnie sono arrivate alle orecchie delle mie figlie che sono rimaste molto amareggiate. La tempesta continua, ma in comunità regna la pace e la gioia delle mie figlie è molto grande e forte è il desiderio di farsi sante. Per non far soffrire le figlie, cerco, per quanto posso, di nascondere loro queste sofferenze ed amarezze. Perché non si manchi di carità o si propaghino critiche contro le persone che mi aiutano a guadagnar meriti davanti al buon Gesù, ho detto alle figlie che ogni mancanza di questo genere la espierò dandomi delle discipline e facendo stare alla porta della mia camera quella che avrà mancato; ma non l'ho dovuto ripetere troppe volte perché le figlie sono molto brave". (89)

E il 20 aprile del 1933 ancora annotava: "Verso la fine d'aprile, notai, per la prima volta, qualcosa di strano in casa. Una delle figlie, m. Pilar Antín, convince don Doroteo che sarebbe stata più capace di me nel guidare la Congregazione; questi, persuaso, dispone che io ceda la direzione della Congregazione a m. Pilar e che sia anche superiora della casa di Bilbao; tutto ciò provvisoriamente, in prova, senza comunicarlo a nessuno, per vedere come se la sarebbe cavata. […] accettai di buon grado quest'ordine, ma chiesi a don Doroteo, per prima cosa, che le figlie non si accorgessero che ero stata tolta per suo volere e su richiesta di m. Pilar, perché non si mancasse di carità e qualcuna si ribellasse". (90)

Questa, dunque, in definitiva la maternità sacerdotale della Madre Speranza, un’attenzione che si è concretizzata nel sentire come i propri figli, i "ministri della grazia di Dio". Ha offerto loro una casa, una famiglia, un amore, un rispetto, ha manifestato loro le viscere di maternità che l’hanno costituita, non solo Madre, ma espressione della misericordia di Dio. Se uno volesse racchiudere, in una sola parola, tutta la maternità della Madre, questa sarebbe: "dono", un dono totale, gratuito, incondizionato, niente della misericordia di Dio è stato risparmiato. In Lei ogni sacerdote, poiché figlio, può divenire vero, santo, giusto, perfetto figlio di Dio: "Figlio, ecco la tua Madre". E’ il rivivere fino in fondo quel bellissimo dialogo tra un figlio e sua Madre: "Mamma, da dove sono venuto? Dove mi hai raccolto? La Madre strinse al petto il proprio figlio e sussurrò: "Eri un desiderio dentro al mio cuore"….il cuore misericordioso di Dio, che batteva nel petto della Madre Speranza.

 

Una Maternità Carismatica

Un’altra caratteristica materna che riscontriamo, nella Madre Speranza, è quella che possiamo chiamare carismatica, ossia quella che gli deriva direttamente dalla rivelazione dell’Amore Misericordioso, "una maternità misericordiosa".

Cosa vuol dire?

L’enciclica "Dives in Misericordia", presenta Maria "la Madre della misericordia", nel senso che "il cuore materno di Maria rende più accessibile la misericordia divina". (91) Il "cuore" materno di Maria è partecipazione ed espressione dell’amore misericordioso di Cristo. Credo che tutto questo percorso si addice molto bene anche alla Madre, anche lei è diventata una Madre della Misericordia, nel senso che è riuscita ad avere una comprensione profonda di quell’abisso di misericordia che è il cuore di Dio, avendone avuto e vissuto un’esperienza unica ed irripetibile: "Sii tu il sostegno della mia fortezza e l'abisso del tuo amore sia il mio porto di salvezza. Fa', Gesù mio, che la mia vita si perda nella tua; Aiutami, Gesù mio, a fare di te il centro della mia vita, con l'unico scopo di non essere io a vivere, ma tu in me". (92)

Un cuore veramente molto vicino a quello di Dio, infatti, prima di decidersi di andare a Villena con "Las Hijas del Calvario", la Madre aveva fatto un esperienza, in un Ospedale mettendosi a servizio di alcuni malati, così lo raccontava: "Passando con la Suora incaricata per una corsia, avevo notato un povero uomo in fin di vita, ormai quasi con il rantolo e che soffriva tanto... Lo indicai alla Suora pensando che ella non se ne fosse accorta... La Suora si avvicinò al letto del moribondo e con il lenzuolo gli coprì la faccia... e partì. Io ne restai tanto scossa e provavo tanta pena per quell'uomo che soffriva; la Suora se ne accorse e mi disse: "Vedrai che anche a te con il tempo ti si farà il cuore duro!" E la Madre: "Mi basta questo: prima che mi si faccia il cuore duro, io me ne vado". E abbandonò quell'Istituto. (93)

E per usare un termine "chirurgico", quel cuore sul quale il Signore aveva già operato con il suo bisturi di misericordia e lo aveva "clonato" come il Suo: " Gesù mi dice di ricordarmi che Lui ama molto più le anime che piene di difetti si sforzano e lottano per essere come le vuole, e che l'uomo più malvagio, il più abbandonato e abietto è da Lui amato con immensa tenerezza ed Egli è per lui un padre e una tenera Madre e vuole che il mio cuore assomigli al suo". (94) Quello stesso cuore misericordioso, che la Madre Speranza aveva avuto l’ardire di chiedere al Signore di provare nel suo petto. "Madre di misericordia", perché nessuno al pari di Lei ha accolto, nella sua mente e nel suo cuore, il mistero della misericordia di Dio verso la miseria di ogni uomo. Dio è "ricco di misericordia", ciò significa che Egli prova per l’uomo, per ciascuno di noi, un amore che sente compassione delle nostre miserie, che se ne prende cura, che intende liberarcene.

L’amore di Dio per l’uomo,non è un amore qualsiasi: è un amore misericordioso, un amore che "sente" la nostra debolezza e miseria ed opera per toglierla: "Se qualcuno ha avuto la disgrazia di offendere Gesù, non esiti un istante, corra da Lui per chiedergli perdono perché egli l'accolga come Padre buono poiché Egli l'attende con grande trepidazione e tenerezza. Allora vedrete come l'Amore Misericordioso vi stringerà a sé con l'infinita dolcezza del suo cuore e vi meraviglierete di costatare che Egli stesso vi ha attirato a sé proprio quando lo credevate adirato e pronto, con la spada in mano, a vendicarsi delle offese ricevute". (95)

Per tutto questo la Madre Speranza,avendo sperimentato la misericordia e la grazia in modo eccezionale, è diventata "Madre di misericordia", perché ha saputo comprendere e compatire la nostra miseria; Madre di misericordia, perché piena di misericordia verso ogni uomo che porta con sé l’immagine ed il volto di Dio. La Madre è stata vicina a Dio, innamorata di Dio, amata da Dio, è stata a Lui così vicina da potergli chiedere tutto, e Dio si è fatto così vicino a lei che non le ha rifiutato niente nell’ordine della grazia: "Figlia mia, ricordati che chi ama o desidera veramente amare Dio, si sforza di togliere da sé tutto quello che a Lui non piace ed è molto contento nella sofferenza". Aiutata dal buon Gesù e per suo amore, debbo vivere soffrendo e morire amando, consumata dal fuoco dell'amore." (96) E ancora: "Fà, Gesù mio, che mai cerchi nelle creature la forza o la consolazione, ma attenda sempre ogni conforto da te. Dio mio, aprimi le porte della tua devozione; imprimi in me il sigillo della tua sapienza, perché mi veda libera, Gesù mio, da ogni affetto terreno e fa che ti serva sempre con amore, gioia e sincerità e aiutami, Gesù mio, perché inizi a morire a me stessa per trasformarmi in te." (97)

Una maternità di misericordia che nasce da lontano, la misericordia è un’esperienza personale profonda, un vissuto che ha le sue origini nell’amore di Dio verso di noi e nella persona di Gesù. Un amore gratuito ed incondizionato che ci spinge a comunicarlo e farlo sentire a tutti quelli che incontriamo nel nostro cammino. L’amore di un Padre buono e misericordioso che è sempre ad aspettarci, che ci accoglie e ci accetta come siamo, che ci perdona, conosce le nostre debolezze, conta su di noi per il suo progetto di salvezza. Fare l’esperienza dell’Amore Misericordioso di Gesù, è sentire che Lui ci guarda, si fa vicino a noi compassionevole e misericordioso, mette olio sulle nostre ferite, ci carica con tenerezza sulle sue spalle e ci porta alla casa del Padre. Quest’esperienza personale dell’amore di Dio ci insegna ad amare, ci dona la capacità di amare, di vivere la misericordia. L’amore in contatto con la miseria umana, diventa misericordioso, come un cuore pieno di tenerezza, come il cuore di una Madre; ed è sempre l’amore del Signore che ci toglie dall’indifferenza e dallo scoraggiamento per inserirci nel suo progetto di salvezza, di un Dio che è presente, che ama, che guarisce e che conforta. Egli è il Padre che sempre compatisce e perdona, poiché il suo cuore è infinitamente più grande del cuore dell’uomo, poiché è il cuore di un Dio misericordioso.

Gesù Cristo è la risposta concreta per l’uomo che deve essere salvato dal peccato e dalla morte, in Gesù crocifisso si è realizzata la rivelazione più alta su Dio: è lì che si è capito che Dio è amore, agisce verso di noi con infinito amore perché è Padre, quel Padre Misericordioso, "…il quale nel Signore Gesù si è manifestato meravigliosamente ricco di misericordia con ogni uomo specialmente con chi è povero, misero e peccatore". (98)

La lettera enciclica Deus Caritas Est, evidenzia proprio questo aspetto: Dio è amore, dice, infatti, così:"…e questo agire di Dio acquista ora la sua forma drammatica nel fatto che, in Gesù Cristo, Dio stesso insegue la" pecorella smarrita", l'umanità sofferente e perduta. Quando Gesù nelle sue parabole parla del pastore che va dietro alla pecorella smarrita, della donna che cerca la dracma, del padre che va incontro al figliol prodigo e lo abbraccia, queste non sono soltanto parole, ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere ed operare. Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo, amore, questo, nella sua forma più radicale. Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (19,37), comprende ciò che è stato il punto di partenza di questa Lettera enciclica: " Dio è amore" (1 Gv 4, 8). È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l'amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare." (99)

Fino a questa inaudita sorpresa è giunto l'amore di Dio per l'uomo! Con l’incarnazione è veramente apparsa per noi la salvezza del Signore. La nascita di Cristo nella storia segna la definitiva e perfetta parola di salvezza di Dio sull'uomo: con Gesù la storia si ferma, perché attinge al suo culmine, Egli è l’alfa e l’omega di tutta l’esistenza, è il centro del mondo. Il Cristo è l’incarnazione del perdono di Dio e ne svela la profondità infinita sulla croce, questa è la misericordia che libera il cuore dell’uomo e gli dona il potere di perdonare l’imperdonabile: "Questo è il mio sangue dell’alleanza versato per molti, in remissione dei peccati". (100) Solo l’amore di Dio poteva elevarsi a tanto; Cristo ci ha rivelato la profondità ed il mistero di questo amore: "Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono…ha soccorso Israele suo servo ricordandosi della sua misericordia". (101)

Madre di Misericordia, perché la Madre Speranza è risuscita ad incarnare in modo esemplare, nella propria esistenza, tutta questa teologia di misericordia di un Dio, che ci segue e ci ama anche in modo materno. Una "modalità materna" che già Papa Giovanni Paolo I° aveva sottolineato: "noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È papà; più ancora è Madre". (102) Giovanni Paolo II°,in varie udienze del mercoledì, confermava questa impostazione: "Dio riassume in sé anche le caratteristiche che solitamente si attribuiscono all’amore materno" (103) e ancora: "Dio ha mani di padre e di Madre nello stesso tempo". (104)

A livello teologico e nonostante l’argomento abbia suscitato molte interpretazioni da parte di molti studiosi, quello che è in discussione, non è tanto capire la "natura" di Dio, ma il suo modo di esprimere l’amore per i propri figli, una modalità che spesso porta con sé le caratteristiche proprie di una Madre.

Anche il Papa Francesco è su questa linea quando afferma che: "Dio ha compassione di noi, come la Madre con i figli" e aggiunge: "Così ci ama Dio". (105) E non può essere altrimenti, perché la misericordia è l’atteggiamento con il quale Dio si mette in contatto con la nostra debolezza e con la nostra sofferenza. Il termine biblico "compassione"(rehamîm), richiama proprio le viscere materne: una Madre, infatti, prova una reazione tutta propria di fronte al dolore dei figli. Con il termine, "viscere", si allude proprio al sentimento intimo e profondo che lega due persone per ragioni di sangue e di cuore, come avviene nel rapporto d’amore fra una Madre e il proprio figlio, questo amore, tutto gratuito, corrisponde e ha origine ad una necessità interiore, ad un’esigenza del cuore.

Ecco chi è Dio, un Dio che si commuove, perché vede che la miseria umana è senza via d’uscita, a volte senza una soluzione. La compassione di Dio si chiama gratuità, e senza compassione non c’è carità, non c’è amore vero all’uomo e alla sua miseria. Questo stesso verbo ritornerà nella parabola del padre misericordioso, per esprimere la sua sollecitudine premurosa verso il figlio che, dopo essersi allontanato, è ritornato a casa. La compassione è la capacità di Dio di immedesimarsi maternamente nelle nostre situazioni, è la sua risposta alla nostra situazione di bisogno, di sofferenza, di colpa, di angoscia, di pericolo o di debolezza. Dire che Dio esercita la compassione o la misericordia, significa dire che Egli tiene conto della debolezza "strutturale" dell’uomo e agisce concretamente modificando la situazione negativa in cui si trova. È molto di più della semplice commozione che proviamo noi quando ci vengono le lacrime agli occhi; è qualcosa che sconvolge dall’interno le viscere di una Madre. Esprime un amore molto forte, un’emozione che raggiunge profondamente una persona e la coinvolge pienamente.

Tale "maternità" di Dio fu talmente chiara anche per la Madre Speranza, tanto che ne rimase davvero colpita se poi, nel suo Diario, annota che Dio, ci ama e ci cerca come una tenera Madre: "Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile come se Lui non potesse essere felice senza di loro; l’uomo il più perverso, il più miserabile ed infine il più perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un Padre ed una tenera Madre". (106) Il Signore ci ama, ci ha insegnato la nostra Madre Speranza, come un Padre e una tenera Madre, e quanto più un figlio è misero spiritualmente, tanto più le premure materne si accentuano e si moltiplicano; e volete che Dio sia meno di una mamma. Un Padre tutto bontà, che cerca con ogni mezzo di confortare, aiutare e far felici noi suoi figli, ci cerca, ci segue con amore instancabile, come se lui non potesse esser "felice" in cielo se noi siamo in difficoltà qui su questa terra. Dio ci chiama, ci esorta, ci corregge, ci offre la possibilità di incontrarlo, perché ci ama come la più tenera delle madri, il suo modo di agire nei nostri confronti è molto simile a quello di una mamma umana. Si preoccupa maggiormente per i figli ribelli, quelli che si allontanano da casa, che frequentano cattive compagnie, che non amano i "doveri", ma solo i piaceri. Gesù è per tutti un Padre buono che ci ama con un amore infinito, che non fa distinzioni, anche l'uomo più perverso, il più miserabile e abbandonato è amato da Gesù con tenerezza immensa. Gesù è per lui un Padre e una tenera Madre. L’amore di Dio è delicato come quello di una Madre, Dio ama con la tenerezza di una Madre. Dio ci ama di un amore incondizionato, duraturo e fedele, ti segue, ti difende e ti sostiene come una Madre.

L’amore materno è tenero, affettuoso, si dona senza limiti, ma la caratteristica più importante dell’amore materno è l’essere incondizionato: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai". (107)

Dire, quindi, che Dio è misericordioso significa pensare al grembo materno, come dire che accogliere qualcuno, chiunque egli sia, equivale al gesto della Madre che stringe a sé suo figlio, questo è il rapporto che Dio ha con noi, una relazione di misericordia; un rapporto materno. La Madre Speranza ci ha attestato una vita religiosa semplice, incentrata sull’amore, attenta al Signore ed alle sofferenze umane, pronta al sacrificio ed al dono di sé, senza calcoli, senza ragionamenti, ha vissuto con generosità, ma più che da maestra, lei ci ha dato un esempio da MADRE. Nel Decreto sulle virtù eroiche di Madre Speranza, emanato dalla Congregazione delle Cause dei Santi si legge: "Tra i figli della Chiesa che, nel nostro tempo, hanno maggiormente professato e proclamato con la santità della vita e delle opere la divina Misericordia va certamente annoverata la Serva di Dio, Speranza di Gesù, la quale ebbe la sua vera scuola di vita nella Croce, e in Gesù Amore Misericordioso, il suo personale maestro. Questa umile e ardente testimone della carità di Dio visse con lo sguardo inchiodato al Crocefisso e, bevendo alla fonte di acqua viva di quel Cuore trafitto, ne assimilò i sentimenti: "Qui, come ella confessò, ho imparato ad amare".

In questa esperienza d’amore davvero impressionante, è importante rileggere quello che racconta ancora la Madre Speranza, quando si trovava nel convento di Vèlez Rubio: "Ho sofferto molto vedendomi accusata di reati che non avevo né fatto, né pensato. La natura ribelle mi spingeva a scusarmi. Ma fissando lo sguardo su Gesù Crocifisso, trovavo il coraggio di fare il contrario. Mi vedevo disprezzata da tutti, sola e senza affetto, privata anche del necessario, ma pensando a Gesù, mi sentivo molto felice. Passavo le notti guardando il cielo attraverso una finestrella. Lì ho imparato ad amare". (108) Questo Dio così buono, compassionevole, misericordioso è diventato l’elemento trainante di tutta l’esistenza della Madre, ella stessa rimase stupita davanti a tanto amore: "Io sono convinta, che tutti gli attributi del nostro Buon Gesù, tutti sono al servizio della Sua misericordia e così vediamo che la Sua scienza la impiega per riaggiustare gli errori che abbiamo fatto, la Sua giustizia per correggere le nostre mancanze, la Sua bontà e la Sua misericordia per consolarci, per colmarci di benedizioni, la Sua onnipotenza per sostenerci, per proteggerci". (109)

Una maternità di misericordia che ha dovuto imparare sulla "propria pelle", e a tale riguardo è davvero emozionante quello che racconta la Madre Speranza:" Ricordo che, stando a Roma, al principio della fondazione, avevo una religiosa che mi causava preoccupazioni e dolori di testa. Era un po’ superficiale e poco unita al Signore. Sembrava una farfalla che svolazza di qua e di là. Pregavo per lei e ogni tanto la correggevo, ma ancora non avevo capito che con lei dovevo usare più pazienza che rigore. Un giorno me ne combinò una grossa! Affacciandomi alla finestra la vidi nell’orto sottostante, pensavo tra me quando rientra le darò una penitenza salata che se la ricorderà per tutta la vita! Stavo con questi pensieri quando vidi passare un uomo con un carretto pieno di frutta, trainato da un cavallo. All’improvviso l’animale inciampò, cadendo per terra e rovesciando tutta la frutta per la strada. Il carrettiere salto giù in fretta, sciolse il cavallo e lo aiutò ad alzarsi. Con grande delicatezza gli puliva le ferite e lo accarezzava. Contemplando quella scena, il Signore mi toccò dicendo: "hai visto come quell’uomo ha trattato il cavallo, senza badare al danno economico per la frutta perduta? Lui fa questo con un animale e tu vuoi rimproverare con asprezza e castigare un’anima a me consacrata? Che lezione grande per me! Quando arrivò quella figlia le diedi un grande abbraccio! (110)

Alla scuola di Gesù, aveva imparato ad amare e mettere in pratica il comandamento dell’Amore, quel comando che è scritto ai piedi del crocifisso dell’Amore misericordioso nel vangelo aperto. La Madre, tradusse questo insegnamento di Gesù, in gesti concreti, di perdono, di carità attiva specialmente verso i più bisognosi: "Fare del bene senza distinzione, anzi la nostra preferenza sia per quelli che ci offendono e mortificano e per i più ripugnanti e disgraziati". (111)

E’ tipico di una Madre avere pazienza, continuare a sperare, prorogare le scadenze, prolungare le attese, concedere nuove opportunità, essere misericordiosa, fare continui e ripetuti sacrifici per non perdere nessuno, lottare con tutte le sue forze e fino allo stremo pur di dare la vita stessa, pur di salvare la persona amata. Il nostro carisma è venuto a rivelarci che, la sottomissione a Dio, non è quella dello schiavo, ma del figlio, del bambino che affida alla mamma le sue preoccupazioni. Dobbiamo fidarci di questo Dio che è tutta misericordia, perché noi gli stiamo davvero a cuore! Una maternità carismatica, ricevuta in dono da Dio per effetto di una particolare grazia; lo Spirito Santo, ha plasmato in lei "viscere di misericordia", per le quali e con le quali è riuscita ad essere tanto sollecita verso le necessità degli altri. Per questo atto di benevolenza del Signore, è stata conformata ad essere "a immagine e somiglianza di Dio", e fecondata dallo Spirito, il suo mistero è stato quello di essere MADRE, una Madre misericordiosa.

In quest’ottica, mi viene in mente l’episodio evangelico della Vedova di Nain (112), quando termina con una significativa osservazione di Gesù: "e lo diede alla Madre", il giovane, richiamato alla vita, viene restituito da Gesù a sua Madre. Forse è davvero difficile immaginare un gesto più amorevole, una misericordia più attenta e concreta di questa. In quel dono di Gesù, non c’è soltanto un atto di compassione verso quella vedova, ma si nasconde un significato molto più profondo. Quella donna è ridiventata Madre nel momento in cui ha ricevuto il figlio dalle mani di Gesù, quando ha accolto, come figlio, questo giovane la cui vita non veniva più da lei, ma dal Signore. Anche il giovane è diventato nuovamente capace di vivere, quando, con la forza ricevuta da Gesù, è entrato in una relazione nuova con la Madre. Dal gesto di Gesù, sia la donna che il giovane hanno riscoperto la loro profonda identità di Madre e di figlio, sembra di riascoltare le parole della nostra novena: "Ricevi questo figlio, te lo raccomando con tutta l’insistenza del mio cuore materno". (113) Una Madre Speranza che ha saputo leggere al di là delle apparenze, è riuscita a penetrare fino in fondo il cuore delle persone senza giudicarle, né condannarle bensì capirle, accettarle ed amarle come sono.

Con il suo cuore misericordioso, la Madre Speranza, ha oltrepassato l’ottica troppo stretta delle norme, ha messo la "persona" al di sopra delle leggi, ha percepito l’immagine di Dio in ogni essere umano, sebbene sia deformata e sfigurata dalla sua situazione di debolezza e di peccato. Una Madre, che è riuscita ad ascoltare il grido dell’oppresso, l’angoscia di chi soffre, di chi si trova solo ed abbandonato, di chi non ha nessuno. Ha capito ciò che lo Spirito ci suggerisce verso ogni persona ed in ogni situazione, si è identificata con il Cristo misericordioso, per ascoltare il grido degli ultimi, l’angoscia di chi è malato, di quello che si trova solo e abbandonato, di chi non ha nessuno, e annunciargli che Dio è un Dio che ama, che guarisce e che conforta. Misericordia, significa avere pietà di tutti e contemplare in ognuno, il volto di Dio: "Quando incontrate una persona sotto il peso del dolore fisico o morale non tentate di offrirle un aiuto o un incoraggiamento senza prima averla guardata con amore". (114)

A tale riguardo è molto significativo quello che racconta, come testimonianza al Processo di Beatificazione, Padre Elio Bastiani: "Il suo comportamento più che basato sulla giustizia era basato sulla maternità. Per la Madre tutti erano figli e figlie e se c'era una preferenza da esercitare era per quelli o quelle che ne avevano più bisogno. Questo insegnava e questo cercava di realizzare. Per quanto riguarda castighi o penitenze la Madre si andava spogliando giorno per giorno di usi dovuti ad antiche consuetudini, fino a far scomparire ogni genere di castigo o di penitenza pubblica. Era solita fare la carità ai poveri che bussavano alla porta e voleva che nessuno venisse mandato via senza essere aiutato ma anche in questo esortava queste persone a cercarsi un'attività o un lavoro retribuito. Io che mi sono dedicato alcuni anni alla parrocchia di Collevalenza, specie in occasione del Natale e della Pasqua, ho avuto direttamente dalla Madre vestiti e cibarie da portare alle famiglie più povere". (115)

Per comprendere meglio questa maternità, veramente chiara è la testimonianza di Ennio Ferro: "Volendo fare una visione globale della vita della serva di Dio, credo di dover dire che tutti i suoi atti sono incentrati nella sua maternità: in questa sua caratteristica, riconosciutale da tutti e fra gli altri dal Card. Ugo Poletti, nel discorso che ebbe a tenere in occasione di una celebrazione Eucaristica tenuta il 30.9.1959, sono contenute tutte le virtù. Una Madre è amore, è perdono, è prudenza, è sacrificio, è umiltà, è temperanza. E tutte queste virtù in una Madre non sono soggette ad alti e bassi, ma sono costanti come lo sono state in tutta la vita della serva di Dio". (116)

La Madre Speranza ha accettato di diventare Madre per tutti, per i vicini e per i lontani, di diventare Madre per chi, messo ai margini, non trova più uno sguardo che gli dica: "tu sei mio figlio!". Vuol dire essere Madre per tutti, senza nessuna esclusione, per i peccatori, gli ultimi, perché la maternità non si arresta nemmeno davanti al peccato! Si è fatta grembo, luogo di incontro, affinché ogni figlio disperso potesse tornare a casa, nel roccolo della misericordia, e contemplare il cuore di un Padre, che non giudica, non tiene in conto, tutto dimentica: "Dobbiamo essere autentiche madri di chi ha bisogno,senza considerare se volutamente si sono cacciati in una situazione dolorosa. Gesù non si comporta così, né per farci del bene considera se gli saremo riconoscenti o meno. Poveri noi se, al momento di crearci, avesse tenuto presente le volte che lo avremmo offeso e le nostre innumerevoli ingratitudini. Egli invece ha rivolto il suo sguardo su di noi solo per colmarci di grazie e amarci con amore infinito". (117)

Questo è il nostro carisma, l’aspetto costitutivo dell’Amore Misericordioso: Dio è Padre, ma ci ama come una Madre, è amore gratuito, amore che ci precede sempre, che perdona, che ha fiducia negli uomini.

Questo "richiamo" ad essere misericordiosi è diventato il programma di vita della Madre: "Impariamo dall'Amore Misericordioso ad usare misericordia con il prossimo. Quanto più un uomo è debole, povero e miserabile, tanta maggiore attrattiva Gesù sente per lui. Cioè, la sua misericordia è più grande, la sua bontà straordinaria; lo vediamo attendere o bussare alla porta di un'anima tiepida o colpevole. Noi dobbiamo fare onore al buon Gesù amando molto i poveri peccatori, pregando per loro, sacrificandoci e facendo quanto possiamo perché tornino a Gesù. Però stando attenti e vigilando per non contagiarci della stessa malattia che vogliamo curare. Nutriamo un forte orrore al peccato. Chiediamo costantemente a Gesù che ci tolga la vita prima di offenderlo e che il nostro cuore rimanga costantemente unito a Lui". (118)

Una misericordia realmente vissuta ed incarnata: "Questo povero sacerdote scatenò contro di me una grande opposizione, ma con Pilar non ottenne i risultati che sperava, né turbò la pace della mia coscienza che, grazie al buon Gesù, è inalterabile. [..] Per non far soffrire le figlie, cerco, per quanto posso, di nascondere loro queste sofferenze ed amarezze." (119)

Quante volte ci sentiamo paralizzati nel vivere in pienezza tutto questo, la Madre Speranza, invece, da vera Madre, aveva chiara "la medicina" da usare, scriveva così: "Qualcuna mi ha detto che nonostante avesse sentito parlare molto di misericordia, non sa cosa sia, o meglio non sa cosa prova un cuore misericordioso. Credo che la misericordia sia la compassione che si prova vedendo qualcuno soffrire o oppresso da qualche disgrazia". (120)

Essere e diventare misericordiosi è un aspetto essenziale dell’essere Madre, chi meglio di una Madre sa ascoltare, consigliare, consolare, sorreggere, amare. Una maternità che resta fedele anche di fronte alla risposta negativa dei figli: "Canterò senza fine le grazie del Signore, con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre"; e la tua fedeltà è fondata nei cieli". (121) Questa è stata la maternità carismatica della Madre Speranza, vivere fino in fondo la "buona notizia" della misericordia, di un Dio che ha scelto di intervenire nella storia per salvare l’umanità. Un Dio che è un Padre e una tenera Madre, che è misericordia, perdono, tenerezza infinita, che addirittura non può essere felice senza i propri figli, che li cerca con amore instancabile.

Non abbiamo bisogno di tenebre: la cosa più importante che ci necessita è un rapporto vero con il Dio vivente, quello che ci compete davvero e senza rimandi, è incontrare il Signore della misericordia, il Signore Gesù e lasciare che il suo Amore Misericordioso riempia la nostra vita. Ecco l’esperienza da vivere fino in fondo nel "roccolo della misericordia di Dio", qui dove si ricorda il dono di un Dio, che ci ha talmente amati da mettere la sua tenda in mezzo a noi, per portarci la salvezza, per farsi compagno della nostra vita, solidale con il nostro dolore e con la nostra gioia. Se così ci ha amati Dio, noi dobbiamo desiderare ardentemente di tornare spesso, sempre in quel "luogo", in quel cuore di Madre, dove Dio sta aspettando gli uomini "…non come un giudice per condannarli e infliggere loro un castigo, ma come un Padre ed una tenera Madre che li ama, che li perdona, che dimentica le offese ricevute e non le tiene in conto…

 

Una Maternità Spirituale

Quando parliamo di Spiritualità o più in generale quando affermiamo che una persona è molto spirituale, spesso i luoghi comuni, che caratterizzano ormai la nostra vita, ci dicono che questa persona vive con la testa nelle nuvole, che non è concreta, in altre parole che non ha i "piedi per terra".

Invece, è l’esatto contrario. Dire che una persona è spirituale o che ha una profonda "vita spirituale", significa affermare che tutto quello che accade e muove la sua esistenza è letto ed interpretato secondo le intuizioni dello Spirito Santo. Essere spirituale vuol dire, ancora, permettere che lo Spirito si manifesti e ci guidi sui sentieri della volontà di Dio, in una sola parola mettere la propria vita nelle mani di Dio. Soltanto la via dello Spirito può farci capire il senso di tutto e aiutarci ad assaporare il "vero gusto" della vita. Ecco, allora il significato profondo del termine "Spirituale": camminare secondo lo spirito.

La Madre Speranza, questo lo aveva capito molto bene, scriveva, infatti, così: "Nel silenzio dell'orazione, Dio parla al cuore. Là maggiormente fa sentire la sua voce; là Egli illumina la nostra intelligenza, accende il cuore e brucia la volontà; là lo Spirito Santo comunica, oltre ai doni di scienza e d'intelletto, il dono della sapienza che ci fa assaporare le verità della fede, che le fa amare e mettere in pratica. Si stabilisce così un'unione più intima tra Dio e l'anima. In quest’ unione l'anima ha la fortuna di ascoltare il buon Gesù che le parla e le dice meravigliose frasi di amore e di consolazione, che la lasciano completamente ferita d'amore". (122) La vita è una strada, l'importante è camminare sulla strada, anche se faticosa, per raggiungere una meta, la vita spirituale è questo cammino: il percorso dell'anima verso Dio. Come qualsiasi viaggio è fatto di tappe intermedie prima di raggiungere la meta o il traguardo del viaggio, così, nella vita spirituale, l'uomo non può raggiungere Dio se non percorrendo le tappe del cammino spirituale che conduce a Lui. Tutti noi sappiamo benissimo che l'uomo si realizza nella misura in cui si lascia attrarre da Dio e dire spirituale vuol dire esprimere e suscitare quell’atteggiamento di risposta a quella "Nostalgia di Dio", che è depositata nel cuore di ogni uomo come un braciere vivo sotto la cenere.

"Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, Io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me". (123) La vita spirituale ci aiuta ad aprire questa porta, dunque quando diciamo "spirituale", stiamo parlando del nostro mondo interiore, la parte più intima di noi stessi, quello che siamo veramente. La parte più importante di una nave non è la parte emersa, ma quella immersa nell’acqua, perché qui si trova il motore e le eliche che le danno la forza propulsiva per solcare il mare. Così è la vita spirituale di un uomo, è la forza dinamica e il timone che danno valore e guida alla vita esteriore.

Possiamo essere ancora più precisi: la vita spirituale è come la radice di una pianta, non si vede, ma è la parte più importante e necessaria. Come la radice prende dal terreno sempre linfa nuova per nutrire la vita della pianta, così la persona attinge dal proprio cuore l’energia che rinnova tutto il proprio essere.

Così scriveva la Madre Speranza: "C'è una radice che è la ragione, uno stelo che è la fede, un fiore che è la spiritualità. Senza radice non ci può essere stelo, senza stelo non ci può essere fiore, dato che il fiore spunta sullo stelo e questo dalla radice. La linfa, fecondando la radice, sale attraverso lo stelo e si espande nel fiore". (124) E' un "cammino", dall'esterno all'interno della persona, forse il viaggio più lungo, che un uomo può compiere, è quello che lo porta a entrare nel più profondo del proprio essere. Vivere nello Spirito, per stare in terra con lo sguardo rivolto alle realtà del cielo, e tuttavia non restare soltanto a guardare il cielo, ma ricordarsi che abbiamo i piedi per terra, dove dobbiamo continuare la missione di essere testimoni del vangelo e dell’amore di Dio per ogni uomo.

Davvero bello quello che scriveva la Madre a tale proposito: "[…] Tali mezzi sono interiori ed esteriori. Sono interiori: quelle buone disposizioni che gradualmente innalzano l'anima a Dio, come il desiderio della perfezione, che credo sia il primo passo in avanti, poiché ci infonde la forza necessaria per vincere tutte le difficoltà; la conoscenza di Dio e di noi stessi; il desiderio di conformare la nostra alla volontà di Dio; il desiderio di pregare, dato che la preghiera è il legame che unisce tutte le nostre facoltà a Dio. Sono mezzi esteriori: la direzione spirituale, che consiste nel lasciarsi guidare come un bambino da un sacerdote di vita spirituale, al quale si deve manifestare anche il più piccolo moto dell'anima per far sì che il suo aiuto risulti efficace". (125)

Quindi in sostanza che differenza potrebbe esistere tra un uomo "ordinario" ed uno "spirituale"? Che cosa potrà apportare alla vita pratica di tutti i giorni un essere spirituale? Forse nulla nell'apparenza, probabilmente tutti e due dovranno affrontare le stesse difficoltà della vita, ma l'uomo che ha messo la sua vita nelle mani di Dio e vive sotto le intuizioni dello Spirito, incontrando strada facendo le stesse situazioni di un uomo "ordinario", saprà essere "forte" dove forse altri soccombono.
Camminare secondo lo Spirito, comporta che accettiamo l’operato dello Spirito Santo su di noi, ovvero che gli permettiamo di agire su di noi. In altre parole significa che ci facciamo guidare dallo Spirito nelle attività quotidiane della nostra vita: "Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne, infatti, ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito". (126) La vita cristiana è vita secondo lo Spirito Santo, concordare su questa verità, significa superare un certo modo diffuso di pensare la vita cristiana come ad un complesso di azioni e di gesti, che spetta soltanto a noi assimilare con le nostre forze. La nostra fede, invece, ci dice che, senza la presenza e la guida interiore dello Spirito, ci è impossibile apprendere personalmente quello che Gesù è per ciascuno di noi: "Nessuno può dire che Gesù è il Signore, se non sotto l’azione dello Spirito". (127)

Senza questa premessa, non è possibile capire tutto ciò che andremo ora dicendo su un’altra caratteristica materna della Madre Speranza: quella spirituale appunto.

I Fondatori di Ordini e di Congregazioni, hanno ricevuto dallo Spirito Santo carismi diversi per rivelare all’uomo, una conoscenza sempre più approfondita di Dio e la scoperta della sua vera identità. Ecco, quindi, che in questo scenario si inserisce la maternità spirituale della Madre Speranza. L’Amore Misericordioso ce l’ha affidata come "maestra e guida" nel cammino della nostra vita spirituale, per aiutarci a divenire, non solo uomini pienamente realizzati e completi, ma soprattutto figli di Dio, creature con lo sguardo rivolto verso il cielo. Il titolo che abbiamo dato a questa meditazione dice proprio questo: la Madre Speranza, è soprattutto una Madre per il nostro tempo, perché con la sua maternità spirituale vuole riportarci a camminare sui sentieri di Dio e a riflettere sulla necessità di capire il tempo che stiamo vivendo. Con la sua vita, con i suoi scritti, vuole richiamare, ciascuno di noi, a risvegliare il nostro mondo interiore, per fare spazio al Signore e ai suoi doni di grazia. Riportare Dio nel cuore degli uomini: questa è stata la maternità spirituale della Madre.

Tutti noi facciamo esperienza del fatto che la vita richiede continuamente una serie di scelte, alcune delle quali impegnative e dolorose. Spesso non sappiamo cosa fare, spesso non abbiamo la "luce", per sapere come affrontare le tante situazioni e difficoltà che si presentano e che bussano alla nostra porta. A livello spirituale e per la propria esperienza di fede, è importante capire il tempo in cui si vive e il tempo si comprende con il discernimento e l’interpretazione dei "segnali" che Dio mette sulla nostra strada, ma quest’operazione non è sempre facile. Ecco perché poi dobbiamo continuamente rivolgere lo sguardo al cielo, per avere la capacità di saper leggere bene quello che ci accade qui sulla terra. Se quello che ci accade non è sempre facile da capire, questo sta ad indicare che il nostro mondo interiore non è sempre pronto a leggere ed interpretare il "divino".

Quante volte il nostro mondo interiore si è posto queste domande: "Vivo la mia fede dentro questo tempo, oppure cerco di evadere da esso? Fino a che punto il mio essere cristiano si esercita attraverso questa competenza sulla vita per scorgere la presenza di Dio? La nostra sensibilità ci porta a cogliere più facilmente la presenza del male o quella dello Spirito?

La nostra vita ha sicuramente un grande valore, in essa, infatti, Dio si manifesta, rivela il suo volere e, attraverso segni spesso misteriosi, conduce l'esistenza nostra personale, quella della Chiesa, e quella della vita di tutti gli uomini. Diceva ancora alle folle: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?" (128) Il tempo, la nostra storia personale, non sono elementi marginali o secondari per la nostra fede, noi incontriamo Dio, facciamo l'esperienza di Lui dentro la nostra storia. La nostra conoscenza del Signore, non passa in un sentimentalistico incontro cui è escluso tutto il resto, ma passa proprio, attraverso la vita di ogni giorno.

Noi cristiani, a livello spirituale, dovremmo essere delle persone particolarmente competenti nell'intuire la presenza di Dio dentro le situazioni concrete della nostra vita. Essere uomini spirituali, significa in definitiva proprio questo, capire non solo, "quello che Dio vuole da noi", ma soprattutto di scoprire nel tempo la "novità di Dio", andare alla ricerca dei segni che ci rivelano Lui, disposti a riconoscerlo anche, nei "luoghi" o nelle "situazioni", nelle quali potrebbe sembrarci meno consueto incontrarlo. Tuttavia occorre dire che, alla nostra fede "pericolante", la storia e i suoi avvenimenti si presentano molto più come tenebra che come passaggio del mistero di Dio. Le situazioni della vita, i fatti che accadono, anche ad una lettura di fede, si presentano spesso incomprensibili, oltre che difficili da accettare. E tutto questo si rende davvero drammatico, quando non riguarda solo la nostra possibilità di capire, ma coinvolge le nostre scelte personali o comunitarie: ossia quando bisogna decidere, quando la luce sembra troppo poca per scegliere.

Molte volte nella nostra vita si presentano queste situazioni: nelle scelte familiari, personali, sociali, spesso occorre decidere senza capire se ciò che si sta facendo è bene. Ecco di nuovo spiegato perché bisogna essere uomini spirituali, per avere un contatto continuo con Dio, un rapporto fedele e duraturo, per essere capaci di saper vivere pienamente la nostra vita, senza essere travolti dal suo incessante andare.

Solo il cuore di una Madre può conoscere certe sofferenze intime, che trafiggono l’anima e portare il consiglio e la sapienza giusta. Questo portare "anime" a Dio, è l’aspetto più importante della maternità spirituale della Madre, completamente dimentica di se stessa, senza far caso alla fatica e alla stanchezza, è andata in cerca di pecore smarrite, in mezzo a difficoltà, pericoli e ostacoli di ogni genere. L’amore più forte è quello di una Madre, che ama spiritualmente, che ama tutti come propri i suoi figli; anteponendo la loro salvezza e il loro bene ai propri interessi, e facendo sentire in questo modo quanto sono amati da Dio.

La Madre Speranza ha vissuto pienamente questa "spiritualità", il Card. Pironio testimoniava in questo modo: "Se volessi sintetizzare quanto penso di Madre Speranza [...] direi che è una donna veramente di Dio, totalmente presa dallo Spirito Santo e veramente piena dell’Amore Misericordioso [...] (129) e così ancora parlava di lei il Card. Poletti: "È mia ferma convinzione che di lei si dicessero cose esaltate da un’ammirazione che poteva anche esagerare; in realtà, conosciuta da vicino, era una donna di fede che viveva giorno per giorno la realtà della sua vita dedicata alla gloria di Dio, all’esaltazione della misericordia di Gesù e alla salvezza delle anime. In una parola, l’ho sempre trovata una donna saggia, intelligente, serena, aperta alla realtà quotidiana delle miserie degli uomini". (130) La fede di Madre Speranza era così viva e presente in lei da farla vivere completamente immersa in Dio.

Un simile atteggiamento si è riversato prima di tutto su tutti i membri delle due Congregazioni da lei fondate, con una presenza costante, attenta, una premura che era capace di capire la situazione e il problema di ciascuno. Un’attenzione spirituale che era in grado di correggere o di incoraggiare, e a secondo dei casi, di portare nel cuore delle persone le migliori aspirazioni spirituali e di dare serenità e sicurezza sia a livello individuale sia a livello comunitario. Una maternità spirituale che si è riversata, inoltre, su tutte le altre persone con le quali è venuta ordinariamente a contatto nel corso degli anni, pensiamo per esempio alla sua attività di "portinaia" del buon Gesù.

Quante persone hanno davvero avuto e ottenuto benefici spirituali dai colloqui con la Madre, e quanti ancora, sotto le sue sollecitazioni,hanno davvero cambiato la loro vita e aperto il cuore alla misericordia di Dio. Una maternità spirituale che si manifestava nell'amore personale, nei consigli dati con grande dolcezza, nell'affabilità di tutta la sua persona, nella sua grande capacità di ascolto e di interessamento: "Solo Tu, Gesù, sai quanto soffro sentendo dire al padre che non è disposto ad andare in seminario, che piuttosto chiederà al Vescovo la dispensa dei suoi voti! Gesù mio, aiutalo e fa' che il mio temperamento si adatti con facilità al carattere degli altri; infondi sul mio temperamento un insieme di dolcezza, fortezza e tatto, di cui ho tanto bisogno, in questi difficili momenti, per compiere fedelmente la tua divina volontà e comportarmi da vera Madre con questo padre avvilito". (131)

Il segreto di questa maternità?

La risposta la possiamo trovare in queste semplici testimonianze di P. Mario Tosi: "Ho visto nella Madre una persona veramente immersa in Dio". (132) e di P. Arsenio Ambrogi: "La Madre era veramente una preghiera vivente. Il suo sguardo ormai era fisso in Dio, nel suo Signore, e nulla di nulla riusciva a distrarla". (133)

La profonda esperienza dell'amore misericordioso di Dio, fatta dalla Madre Speranza , costituisce la base della sua maternità spirituale e spiega anche poi la sua grande fecondità, lei vuole essere una Madre vera, che desidera per i suoi figli quello che veramente è importante e utile, vuole educarli, guidarli, ammonirli, perché siano capaci di amare in maniera autentica. Ognuno ha di Dio una sua idea, ma nulla cambia nella nostra vita fino a quando non si arriva a conoscerlo come Padre e dargli lo spazio che merita. Quando si incontra veramente la misericordia di Dio e si fa esperienza dell’Amore misericordioso, vengono risanate ferite, colmati i vuoti, si riacquista sicurezza, pace e gioia. Per questo Madre Speranza pregava il Signore, affinché tutti gli uomini lo potessero sempre vedere come un Padre buono e misericordioso. Ella è stata sempre convinta che, nella luce dell’Amore Misericordioso, è davvero possibile conoscere bene se stessi e prendere coscienza serenamente delle proprie debolezze e dei propri limiti. Non c'è nulla di più consolante, infatti, della conoscenza della nostra miseria alla luce dell'amore misericordioso del Signore.

Nei suoi scritti spesso troviamo questa "impostazione", ossia quella di sapere che la sapienza di Dio può mirabilmente orientare il cammino spirituale di un cristiano, scriveva così: "La conoscenza di Dio induce direttamente ad amarlo, perché egli è infinitamente degno di essere amato; la conoscenza di noi stessi genera la persuasione dell’assoluta necessità che abbiamo di Dio per migliorare le buone qualità che ci ha donato e per correggere le nostre debolezze e miserie... Come potremo correggerci dalle mancanze che non conosciamo bene? Come potremo praticare le virtù e sviluppare le buone qualità delle quali siamo dotati se solamente abbiamo di esse un concetto vago e confuso? (134)

L'amore misericordioso è la sola forza capace di cambiare il mondo perché è capace di cambiare in profondità il cuore umano: "Gesù mio, aiutami, perché conoscendo il mio Dio, possa attirarlo a me e donarmi totalmente a lui solo per mezzo dell'amore. Fa', Gesù, che il mio cuore arda d'amore per te; e questo non sia semplicemente un affetto passeggero, ma un amore generoso che mi spinga al più grande sacrificio e al massimo oblio di me stessa; mi aiuti a rinunciare completamente alla mia volontà per fare solo la tua". (135) La questione del senso del nostro vivere, porta inesorabilmente a un Tu da incontrare, dal quale ricevere tutto e per sempre e al quale noi possiamo ugualmente dare tutto e per sempre.

Per l’uomo di oggi credo, che il linguaggio della misericordia sia veramente una nuova chiave di lettura che può permettere, non solo uno stile di vita radicato nella paternità e maternità di Dio, ma anche una piena realizzazione della persona che si vede totalmente inserita nella dinamica dell’amore di Dio. Questo progetto "spirituale" di Dio, lo possiamo scoprire, in maniera determinante, nelle parole che Giovanni Paolo II° rivolse a tutta la famiglia dell’Amore Misericordioso in occasione della sua visita al Santuario:"Per liberare l’uomo dai propri timori esistenziali, da quelle paure e minacce che sente incombenti da parte d’individui e nazioni, per rimarginare le tante lacerazioni personali e sociali, è necessario che alla presente generazione sia rivelato "il mistero del Padre e del suo amore". L’uomo ha intimamente bisogno di aprirsi alla misericordia divina, per sentirsi radicalmente compreso nella debolezza della sua natura ferita; egli necessita di essere fermamente convinto di quelle parole a voi care e che formano spesso l’oggetto della vostra riflessione, cioè che Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro". (136)

Padre Mario Tosi, in una familiare conversazione con la Madre Speranza, ci illustra ancora una volta il segreto di tanta maternità, capace di infondere sempre nuova fiducia e coraggio: "Ricordo, una sera, che la Madre era seduta all’entrata del tunnel che porta alla cucina della casa dei padri, dopo una giornata d’intenso lavoro, mi avvicinai [...] e quasi scherzando, le dissi: "Ma lei Madre che conforta tanta gente (era il tempo in cui venivano molti pellegrini a parlare con lei) e infonde a tutti coraggio, non ha avuto mai momenti di sconforto, di scoraggiamento, di abbattimento?". Mi guardò con quegli occhi che ti trafiggevano e mi disse: "Se non fosse per la ‘grazia’ che Dio mi dà, direi a Lui: ‘Io non ne posso più, me ne vado’". Però la grazia di Dio e la sua fortezza d’animo la sostenevano nella certezza che prima o poi l’aiuto del Signore sarebbe arrivato". (137)

Quindi, guardando a questa maternità della Madre e al suo modo di applicarla, la verità che deve essere affermata è che essere uomini spirituali vuol dire essere tutt’altro persone con la "testa fra le nuvole", significa, invece, avere la grazia di accorgersi di ciò che veramente vale nella vita, e quindi di saper riconoscere ciò che è inutile e non serve per camminare verso Dio.

Vivere nello spirito significa dare un tempo tutto per Dio, tutto immerso nella sua grazia, è il tempo dell’ascolto, dell’accoglienza, è il tempo in cui il silenzio esteriore aiuta l’anima a purificarsi, che permette una distanza dalle "passioni" o dai nostri inutili progetti, perché il nostro essere più facilmente sappia riconoscere che tutto è nelle mani di Dio. In questo contesto forse un’altra verità che ci dobbiamo dire, è che la nostra identità più vera è quella di essere, mendicanti dell’amore di Dio, della sua presenza, della sua misericordia, solo Dio è indispensabile alla vita e che senza la sua compagnia l’esistenza umana è votata alla sterilità. All'esperienza di liberazione dal macigno del peccato e delle sue conseguenze, devono far seguito un'esperienza di pace, di gioia, di speranza, di fiducia. La decisione di accogliere la presenza del Signore nella propria vita, questa è la "chiave" per rimanere in questa presenza e, quanto più profonda è l'esperienza di pace e di amore, tanto più facilmente l'uomo riuscirà a rimanere sul cammino "divino" e a lottare con decisione contro tutto quello che lo separa da Dio.

La Madre Speranza, quindi, una Madre spirituale per il nostro tempo, per aiutare gli uomini a mettere in atto "la revisione della propria vita", al fine di acquisire una visione della vita quotidiana in sintonia con lo sguardo con cui il Padre guarda il mondo, in vista del compimento del suo piano di salvezza. Si tratta di imparare ad avere un "secondo sguardo" sulla realtà, uno sguardo di fede viva, che faccia notare il valore della vita, come dono di Dio. La fede permette di orientarsi verso Dio con tutto se stessi, nella più radicale fiducia che Dio sostiene e guida la nostra vita, l’accompagna e le dia significato.

Come bisogna intendere, dunque, questo aspetto materno della Madre?

Significa comprenderlo facendo sì che, l’Amore Misericordioso, non sia solo un’ipotesi su cui edificare la vita, ma la certezza che la sostiene,il solido fondamento. Ciò vuol dire che le scelte, le parole, le azioni che compiremo saranno effettuate sempre e soltanto nella prospettiva dell’amore. Solo in questo modo si potranno compiere quelle parole di Gesù: "il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (138), solo così faremo esperienza del "cielo". E se noi viviamo questo invito, possiamo addirittura fare breccia nel cuore di Dio e ottenere tutte le grazie che vogliamo:"Senza di me non potete fare nulla" (139) così ci dice Gesù con amore e con chiarezza.

Realmente non possiamo fare nulla? Da soli siamo condannati al fallimento, con Cristo possiamo fare tanto, possiamo fare tutto: "Tutto posso in Colui che mi dà forza". (140)

A livello carismatico, significa saper leggere i segni che Dio compie, e solo la persona che crede, che ha fiducia, che si fida, si abbandona totalmente; ossia va oltre la materialità del segno per coglierne il significato più profondo, il segreto nascosto; scopre l’identità personale di Cristo, sa vivere con Lui un incontro vivo, personale, che apre gli occhi, che fa capire: "Considerate una grande gioia, fratelli miei, quando vi trovate di fronte a prove di vario genere, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza. E la costanza compia in voi un’opera perfetta, affinché siate perfetti e completi, in nulla mancanti". (141)

Scriveva ancora così la Madre Speranza alle proprie figlie: "Mi procurerebbe una grande pena vedere tra le mie figlie superiore e non madri piene di bontà, che si fossero dimenticate che il dovere di una Madre è quello di correggere e, se è necessario, anche castigare, però sempre mitigando il rigore con la bontà, imitando il Nostro Buon padre. Tenete presente, figlie mie, questi proverbi: la Madre che non castiga i suoi figli non li ama; quella che veramente li ama non li abbandona un momento". (142)

E’ il messaggio "eterno" che la Madre Speranza ci ha lasciato, ossia che Dio ci cerca con amore instancabile fino ad arrivare paradossalmente a non essere felice senza di noi; Dio ci ama e pur sapendo che possiamo anche rifiutare questo amore non ci abbandona mai, ma ci tiene in vita anche nel momento in cui peccando ci ribelliamo a Lui. Noi possiamo essere felici solo se accettiamo e riconosciamo la nostra dipendenza in Dio unico vero bene. La Madre ci ha svelato il volto di Dio, che non è quello di un giudice, ma di un Padre amorevole, che ha creato l’uomo per farlo partecipe della sua felicità, della sua stessa vita. E’ un'attenzione a ricevere da Dio la luce necessaria alla mia vita, a prender da Lui sentimenti e pensieri per il mio cuore. So che se la mia vita non ha la sua sorgente in Dio, se non nasce ora per ora da Lui, non posso dirmi figlio, non posso chiamarlo Padre! Questo è il segreto spirituale della Madre: il suo amore per Gesù, un "affetto" appassionato, come quello di una persona innamorata: "Gesù mio lo so, Tu desideri che io dimentichi di più me stessa per possedere Te e che muoia a me stessa per possedere la tua vita, desidero che sia tutta per Te come tu sei tutto per me…Tu desideri essere tutto per me. Quale cuore Gesù mio può resistere a tutte queste delicatezze e non infiammare d’amore per Te". (143)

Beati davvero noi se, nelle strade della nostra vita, potessimo comprendere che Dio ci ha donato tutto quello che aveva di più caro: il suo Amore Misericordioso.

 

Una Maternità Pastorale

Sembra davvero "strano" analizzare questo tipo di maternità, nella Madre Speranza, perché quando si parla di pastorale nella Chiesa, si fa riferimento ad un qualcosa che spetta principalmente alla missione che Gesù ha affidato agli Apostoli, ovvero al "ministero apostolico". Parlare di pastorale, significa avere a che fare, sia con la Rivelazione sia con lo sviluppo della fede cristiana, in sintesi avere come oggetto lo studio della vita e l’azione della Chiesa stessa. Per usare una definizione prettamente teologica, la pastorale è l’azione della comunità ecclesiale, animata dallo Spirito Santo, per l’attuazione nel tempo del progetto di salvezza di Dio sull’uomo e sulla storia, in riferimento alle concrete situazioni di vita. Quindi, tutto ciò che ha per soggetto la comunità cristiana e che la comunità svolge in rapporto ad un determinato contesto.

Detto questo, i dubbi su questo tipo di maternità della Madre invece di diminuire, forse sono aumentati, perché cosa può centrare la Madre e la sua vita in questo aspetto. Centra, e anche di molto, se consideriamo questo discorso anche da un altro punto di vista. L’azione ecclesiale, non è un’azione semplicemente umana, ma soprattutto divina, ossia di un Dio presente nella storia che salva e si manifesta con mezzi, gesti e parole umane.

In queste parole si coglie in maniera magistrale la pedagogia di Dio, il Signore si è manifestato ad una umile donna del nostro tempo, l’ha chiamata totalmente in questa rivelazione carismatica, e dopo averla coinvolta le ha affidato una missione specifica. In questa missione di far conoscere l’amore di Dio, la Madre ha realizzato grandissime opere, e per attualizzarle ha fondato la Congregazione delle Ancelle e quella dei Figli, oltre ad un grande Santuario per farne il centro di una "buona notizia". Una maternità pastorale, quindi, perché la Madre è stata chiamata a diffondere il Vangelo dell'Amore Misericordioso all'uomo d'oggi, a rivelare l’identità di un Dio che attende coloro che, carichi del loro fallimento, della loro impotenza e del loro peccato, giungono nei pressi della casa del Padre. Qui li attende l'esperienza di una dolcezza, di una misericordia e di un perdono al di la di ogni aspettativa: il Padre, gli si gettò al collo e lo baciò. (144)

Se tutto questo non è opera pastorale, che cos’è allora? "Accostare gli uomini alla sorgente della misericordia di Dio"; non è stato forse questo il più sublime compito "pastorale" della Madre Speranza?

A cosa servirebbe aver fatto un’esperienza meravigliosa di Dio, entusiasmante, irrepetibile, e poi tenerla nascosta, riservata soltanto a se stessi? A cosa servirebbe trovare un "tesoro" prezioso e non poterlo comunicare a nessuno?

E’ qui che si "gioca" il carisma dell’Amore Misericordioso, è qui che riscopriamo la dinamicità e l’universalità di un dono che Dio ha elargito a noi e alla sua Chiesa, non per tenerlo chiuso, ma per essere diffuso in tutto il mondo: questa è la maternità pastorale della Madre Speranza. Propriamente, carisma significa una manifestazione della gioia e della grazia di Dio, in senso strettamente letterale, un carisma è un dono di grazia.

Attraverso un "carisma", Dio si riserva di intervenire direttamente nella sua Chiesa, per richiamarla, avvertirla, santificarla, in una parola: risvegliarla. Il carisma è un dono che viene dall’alto, che il Padre fa alla sua creatura e mediante il quale la creatura realizza la propria specifica somiglianza con Dio stesso. Ogni carisma, infatti, sottolinea un particolare aspetto della realtà divina manifestata secondo la fantasia dello Spirito Santo. Un carisma, quindi, è "una parola che Dio vuole dare al mondo", è una manifestazione concreta dello Spirito che soffia "dove vuole" e che nessuno può prevedere o stabilire in anticipo, se vogliamo è una "sorpresa" della grazia e dello Spirito Santo!

E allora appare in maniera inequivocabile l’identità, l’essenza pastorale del carisma dell’Amore Misericordioso: quella di essere strumento dello Spirito a servizio dell’evangelizzazione, nel senso che annuncia efficacemente l’agire misericordioso e salvifico di Dio nella concreta situazione storica dell’uomo di oggi. E’ un bisogno urgente, perché come ripeteva San Paolo, annunciare il vangelo di Cristo deve essere veramente un’esigenza: "Non è un vanto per me predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo! (145).

Ritorna allora la domanda: perché annunciare il vangelo di Cristo?

Perché Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (146). Dio ha scritto nel cuore dell'uomo il desiderio di amarlo, e non cessa di attirare ogni persona a Sé, per mezzo di Cristo, e allo stesso tempo affida alla Chiesa, la missione di farlo conoscere e di comunicare la salvezza da Lui "incarnata", infatti, il Cristo è venuto in questo mondo perché "tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza". (147)

Viviamo in un tempo dove Dio è stato estromesso dalla vita degli uomini, ci muoviamo in una società che vive un profondo relativismo, che ha provocato l’allontanamento di Dio dalla vita di tutti i giorni. La società di oggi è insidiata da un grosso pericolo: quello di un sensibile affievolimento del senso della misericordia, del suo valore e significato. Le ideologie che affermano l’assoluta autonomia dell’uomo, che pongono la sua salvezza e piena realizzazione nel progresso incessante della scienza , che propone, come punto di riferimento, il mito del "superuomo", tende ad ignorare la fede e a distogliere, dal cuore umano, l’idea stessa di Dio. L’uomo che si sente soddisfatto, sicuro di sé, che si compiace del proprio successo, che accarezza nuovi progetti di arricchimento e nuovi e più alti traguardi di potere, non sente il bisogno, né di chiedere misericordia, né di accordarla agli altri, né tantomeno di conoscere Dio. Eppure sappiamo benissimo che quest’uomo è in errore, che se ne accorga o non, egli ha bisogno della misericordia di Dio.

Ed è in questo contesto che la maternità pastorale della Madre acquista un rilievo ed un importanza quasi esaltante, i nostri giorni hanno ormai bisogno di "madri" che sappiano curare e consolare il cuore "ferito" da tante lacerazioni dell'uomo della nostra epoca.

Chi è entrato nel mistero dell’Amore Misericordioso, sa che Dio è già all’opera in questa nostra storia, che ci spinge a far "festa e rallegrarsi" (148), perché "c’è più gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte". (149)

Una situazione esistenziale, quella presentata, che sembra che la Madre Speranza, in modo profetico, aveva già intuito addirittura nell’anno 1933: "In questi tempi nei quali l'inferno lotta per togliere Gesù dal cuore dell'uomo, è necessario che ci impegniamo assai perché l'uomo conosca l'Amore Misericordioso di Gesù e riconosca in Lui un Padre pieno di bontà che arde d'amore per tutti e si è offerto a morire in croce per amore dell'uomo e perché egli viva". (150) San Paolo ha affermato in un versetto quasi paradossale il bisogno universale della misericordia divina: "Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia". (151)

La Madre Speranza era davvero molto immersa in questa dimensione di evangelizzazione "carismatica", così annotava nel suo diario: "Questa notte il buon Gesù mi ha detto che lavoro ben poco per far conoscere a coloro che mi sono vicini il suo Amore Misericordioso per gli uomini. Ciò perché ancora non compio pienamente la sua divina volontà, ma, al contrario, perdo tanto tempo a fare castelli in aria da quando ho saputo che fallirà la diffusione della dottrina del suo Amore Misericordioso. Presa da ciò che accadrà e da quanto diranno di me, sto perdendo miseramente i giorni e parte delle notti, a vergognarmi del fallimento. Che pena per tale paterno rimprovero, padre mio! Mi aiuti a chiedere, ancora una volta, il perdono a Gesù". (152)

La società contemporanea, avendo smarrito il senso di Dio, ha urgente bisogno di una nuova e profonda evangelizzazione."Bisogna che io annunci il regno di Dio: per questo sono stato mandato" (153); evangelizzare l’Amore Misericordioso, significa portare il lieto annuncio della salvezza a tutti gli uomini, per trasformarli dal di dentro e renderli persone nuove, perché non c’è umanità nuova se prima non ci sono uomini nuovi.

Accogliere l’Amore Misericordioso di Gesù vuol dire, allora, aderire ad un "mondo nuovo", ad una nuova maniera di essere, ad un nuovo modo di vivere la vita e di interpretare gli avvenimenti che in essa accadono. Chi è stato evangelizzato da questa esperienza, chi ha conosciuto veramente questo Dio di misericordia, a sua volta deve saper evangelizzare. Significa ancora testimoniare che, nel suo Figlio, Dio ha tanto amato il mondo, ha dato l’esistenza a tutte le cose e ci ha chiamato alla vita. Per l’uomo, Dio non è una parola anonima e lontana, è il Padre: "Siamo chiamati figli di Dio e lo siamo realmente" (154). Allora la misericordia può davvero diventare un modo nuovo di intendere la vita da parte dell’uomo, può sicuramente diventare un canale privilegiato di nuova evangelizzazione ed illuminare, non solo il nostro rapporto con Dio, ma addirittura anche quelli tra di noi, ponendo le basi di nuovi modi di stare insieme.

"Il cuore del messaggio di Dio è la misericordia" (155), è quanto affermava il Papa Francesco in un’omelia in occasione di una celebrazione eucaristica a Santa Marta. Rivelare, all’uomo di oggi, l’immagine di un Dio che è Padre misericordioso, questo deve essere l’annuncio attuale da gridare al mondo, un Padre che ci comprende, che ci capisce, che si è fatto come noi per dirci quanto è bello essere figli suoi. Ed è in questo scenario che, la missione pastorale di annuncio dell’Amore Misericordioso, acquista un importanza fondamentale, i nostri giorni hanno ormai bisogno di "certezze" che possano guarire le tante divisioni dell'uomo.

E’ vivere ancora l’esperienza del figlio prodigo così come la presentava Madre Speranza: "Il Padre accolse il figlio prodigo con gioia; sebbene fosse ancora lontano, il Padre lo vide e mosso dalla misericordia gli andò incontro, si gettò al suo collo e lo baciò. Dio fa il primo passo per accogliere il peccatore pentito, abbracciandolo con amore, non appena questi va verso di Lui e senza rinfacciargli i suoi errori, lo ricolma di grazie e di doni. Dio sta aspettando gli uomini "…non come un giudice per condannarli e infliggere loro un castigo, ma come un Padre che li ama, che li perdona, che dimentica le offese ricevute e non le tiene in conto…". (156) Questo è l’annuncio meraviglioso, efficace, che la Chiesa è chiamata a diffondere nel mondo: Dio ti ama e ti ama di Amore Misericordioso.

Annunciare l’Amore Misericordioso, in concreto, vuol dire cominciare a parlare una "lingua nuova" che nel mondo non si parla, è parlare la lingua del perdono, della riconciliazione, dell’amore, dell’umiltà, della purezza di cuore, anche se tutto questo costa molto. Non è una lingua astratta ne tantomeno romantica; forse è anche una lingua dura e difficile da parlare, che sconta un prezzo troppo alto da pagare. Ma è un linguaggio che è capace di sanare i cuori degli uomini, un linguaggio che non deve essere parlato con la bocca, ma è soprattutto una lingua che deve parlare con la vita, con un modo diverso di accogliere e incontrare le persone e di costruire la società degli uomini. Per il Signore non esistono persone irrecuperabili, né situazioni perdute o disperate, la misericordia di Dio non si arresta davanti a nessuna barriera; raggiunge e salva ogni persona in qualunque situazione si trovi. Per avere questa sicurezza, ognuno di noi deve mettersi alla scuola dell’Amore Misericordioso per imparare da Lui cosa significa misericordia: sperimentare nella propria vita la profondità e dolcezza del Suo amore. Solo così saremo messaggeri di una Chiesa che ha nella misericordia la sua "carta" migliore da giocare, l'unico messaggio, l'unica novità che può interessare gli uomini del nostro tempo.

Ma da dove ha origine questa maternità pastorale?

La risposta la possiamo trovare ancora una volta nel suo Diario dove annotava: "Mi sono distratta..", significa ho passato parte della notte fuori di me e molto unita a Gesù e Lui mi ha detto che devo arrivare a far si: "che gli uomini conoscano il Buon Gesù non come Padre sdegnato per le ingratitudini dei figli, ma come Padre…..". (157)

In quelle parole: "devo fare in modo", ovvero "devo arrivare a far sì", si nascondono in maniera indelebile le caratteristiche di questa maternità. Questo "dovere", che la Madre esprime, non è da intendere come un senso di obbligo o come qualcosa di forzato, come a volte lo intendiamo noi, una specie di ordine, di costrizione. E’ piuttosto un avere premura, sentire un bisogno urgente di collaborare al piano di salvezza di Dio, di non riuscire a fare a meno di partecipare, con amore e liberamente, all’opera di redenzione pensato per l’uomo, sta scritto: "Lo zelo per la tua casa mi consuma". (158) "Quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore". (159)

E’ compito di una Madre fare in modo che i propri figli camminino su strade buone, perché chi ama , dona sempre le cose più belle e più buone alla persona che ama, chi segue una Madre non andrà mai perduto, camminerà sempre sulla via della salvezza. Una Madre conosce come custodire i propri figli, li difende con la propria vita, mettendo la sua "presenza", tra loro e coloro che gli vogliono fare del male. Guardando a questa maternità pastorale della Madre, dovremmo iniziare a ri-pensare la pastorale secondo la categoria del dono. Si dovrebbe cominciare a pensare che ogni uomo, anche il più perverso ed abbandonato, è un dono che Dio fa al "pastore", per la sua salvezza eterna. Cambia in questa visione tutta la nozione di pastorale, cambia la nozione stessa di pastore.

Può Dio affidare un'anima da salvare ad un pastore che non è pastore? Può Dio affidare un figlio da condurre alla salvezza ad una Madre che non cammina sulla via della misericordia? Può Dio affidare un'anima ad un mercenario? Può Dio affidare i propri figli ad una Madre che non li ama?

Già nell'Antico Testamento Dio si era paragonato a un pastore: "Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnelli sul petto e conduce pian piano le pecore madri". (160) Andrò in cerca della pecora perduta, e ricondurrò all'ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata..". (161) Anche la Madre Speranza è su questa linea pastorale quando scrive:"Care figlie, consideriamo Gesù porta di salvezza e buon Pastore. Il nome di porta attribuito a Gesù indica la norma della nostra condotta per salvarci, dato che, essendo Egli la porta e non potendo passare se non chi nella misura è proporzionato ad essa, noi non possiamo entrare se alziamo la testa per la superbia, ma solo se siamo umili. In essa sta la salvezza perché non c'è porta più sicura per salvarci che l'umiltà di Gesù Cristo, dal momento in cui si umiliò, e Dio quindi lo innalzò. Si entra per essa imitando la vita di Gesù e avendo la mente fissa in Lui. Ciò è detto nelle seguenti parole: "Io sono la porta; se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo". In Lui, figlie mie, è la vita e vita in abbondanza. Egli si annichilò per darci la vita dell'anima e per farci crescere sempre più in questa vita mediante la nostra collaborazione. Gesù Cristo è il buon Pastore che pascola il suo gregge, le sue pecore. Egli possiede del buon Pastore le due condizioni indispensabili: conoscere le proprie pecore e dare la vita per esse". (162)

Qui contempliamo una misericordia senza limiti di Dio. Ognuno di noi, deve fare i conti ogni giorno con le proprie fragilità e i propri limiti, ma possiamo sempre contare sull’amore smisurato di Dio. Possiamo anche sbattere la porta di casa per fuggire alla ricerca di nuove sensazioni, allontanarci, perderci, rimanere schiavi dei nostri stessi sbagli, ma Dio non ci abbandona al nostro destino. Anzi, più prendiamo le distanze da Lui e più ci cerca. Colui che è stato da sempre pensato in termini di onnipotenza e di inavvicinabilità, vive, invece, all’insegna di un amore folle, perché è, prima di tutto e soprattutto, Padre!

Madre Speranza era veramente "introdotta" in questo amore di Dio per la sua creatura, in questa "presenza" continua che non ci lascia mai, scriveva ancora: "Cosa dobbiamo fare per incontrarci con Dio? Certo, non è necessario affaticarsi molto, girando qua e là. Egli si trova sempre molto vicino a noi" e ancora: "Contempliamolo dentro di noi, dato che il nostro cuore può arrivare ad essere un tabernacolo vivente. Se lo invitiamo a rimanere, con la certezza che Egli porrà la sua dimora nel nostro povero e miserabile cuore, allora vivremo sotto il suo sguardo e il suo influsso. Lo adoreremo e insieme a Lui lavoreremo per la santificazione nostra e del nostro prossimo". (163)

Ogni uomo che soffre, è un uomo solo, e proprio perché smarrito, diventa "di Dio", appartiene a Dio: che tenerezza in questo "essere di Dio"! La Madre Speranza questo ci ha testimoniato, che Gesù è vicino a noi, ci prende per mano perché noi gli apparteniamo: tu sei la mia creatura, la mia terra, il mio figlio, tu mi appartieni, non posso lasciarti solo ed abbandonato. Con una "lucidità" spirituale davvero sorprendente, ella ha voluto illuminarci su uno degli atteggiamenti più importanti dell’Amore Misericordioso. Nelle sue riflessioni spesso e continuamente annotava la "buona notizia" che il nostro carisma è venuto a portarci:"Ciò che Gesù ha insegnato in teoria nella parabola del buon Pastore lo concretizza di nuovo sulla croce. Questo episodio manifesta la carità quasi incomprensibile del buon Pastore. Sembra che Gesù schiodi un braccio dalla croce per liberare la povera pecora impigliata fra le spine di un roveto per stringersela al cuore. "Io offro la mia vita per le mie pecore; nessuno me la toglie, io stesso la dono". (164) Nell'ultima cena proprio questo è stato il senso delle sue ultime parole: "Questo è il mio corpo che è dato per voi. Questo è il mio sangue versato per la salvezza di molti e per la remissione dei peccati". (165) Prima che arrivasse Gesù Cristo su questa terra, eravamo come un gregge senza pastore, tutti noi eravamo come delle "isole" raccolte nei nostri egoismi, nei nostri problemi.

Ma Gesù, ci ha raccolti, ha fatto di tante pecore sbandate un gregge solo e ancora raccoglie e continua a cercare quelle disperse, non ci raduna con la forza della frusta, ma con la forza di una legge tutta nuova, la legge della misericordia, la legge del dare la vita. In molti sono venuti per risolvere i nostri problemi: briganti e mercenari, per indicarci la strada, per assicurarci la pace, ma il loro interesse per noi era falso.

Gesù è morto per noi, per ognuno di noi, e per dare un senso alla nostra vita, Egli ci ha offerto semplicemente la sua: "Nessuno ha una amore più grande di chi offre la vita per i suoi amici". (166) E a chi manifestava dei dubbi o delle perplessità, su tale impostazione pastorale, la Madre, da buona Madre, rispondeva: "Credo che dobbiamo chiedere a Dio maggiore fermezza, costanza, amore e interesse di aiutare i fratelli a conoscere meglio Gesù. Qualcuna risponderà che non ha capacità e ancor meno talento per stare con la gente, anzi le sembra che tutti la evitino. Come potrà allora lavorare non solo con i bambini, ma anche con gli adulti? Pensate che a caso gli Apostoli furono circondati da grandi moltitudini? (167)

L’Amore Misericordioso, ci chiama per nome, ci conosce, perché siamo suoi, ha solo una preoccupazione: che ciascuno di noi abbia la vita e l’abbia abbondantemente! Noi gli apparteniamo, per questo non ci abbandona mai. L’amore vero è concreto, l’amore vero conosce che la persona umana è debole, fragile, soggetta a sbagli, cadute, errori, l’amore vero sa che per potersi realizzare in pienezza c’è una lunga strada da percorrere e che essa non è esente da ostacoli. Diventare uno, questo è il miracolo dell’amore, davanti a Dio siamo speciali, unici, per ognuno di noi vale sempre la pena mettersi in viaggio e venire a cercarci.

Il cuore di Dio ha un unico e grande desiderio: che ogni uomo non si perda e se qualcuno si perdesse la tenacia di Dio è quella di essere sempre e comunque in cerca dei suoi figli. La misericordia di Dio, è come un costante "presa" che cerca ciò che non ha ancora trovato e desidera abbracciare ciò che si è perso. Uno, uno solo di noi, e per di più sbandato, è sufficiente a mettere Dio in cammino, a muovere le sue "viscere" materne, ognuno di noi vale il suo sacrificio. Scriveva ancora la Madre Speranza nel suo Diario: "In questi momenti ho provato solo una pena, quella di sempre: vedere il buon Gesù elemosinare amore, come se non potesse vivere senza di noi. Questo è un mistero che scuote la mia superbia: vedere un Dio abbassarsi fino all'uomo e noi che abbiamo l'ardire di non dargli quel poco che ci chiede". (168)

E sempre nel suo Diario annotava: "Quale consolazione può avere Gesù dal nostro amore? Perché ci viene sempre dietro come un povero mendicante? Non si accorge che lo ricambiamo soltanto con dispiaceri, volgarità e disattenzioni? Ogni giorno di più mi confonde la pazienza, l'amore e la carità del nostro buon Padre e gli chiedo la grazia di farmi morire prima di dargli ancora il più piccolo dispiacere o farlo soffrire anche minimamente". (169) Un "ansia" pastorale talmente grande da venire trasmessa ad ogni membro della Congregazione: "Noi dell'Amore Misericordioso impegniamoci per far conoscere a tutti il cammino verso il cielo. Gesù dice di essere geloso; tanto grande è il suo amore per le anime! Egli come contraccambio esige solo il nostro amore; si offende quando glielo neghiamo ed è oltremodo geloso quando glielo diamo solo a metà". (170)

E’ l’esperienza dell’Amore Misericordioso che si mette sulle nostre tracce, che ci cerca, che ci vuole venire a scovare nei nostri nascondigli, è lo stile di un Dio appassionato che non si cura delle monete lasciate al sicuro, che non delega la ricerca di quella perduta, ma che si mette in marcia per colmare il vuoto insopportabile delle distanze, che impazzisce di gioia quando ci riporta a casa. Ognuno di noi dovrebbe veramente avere l’umiltà di riflettere sulla bontà di questo Padre per scoprire la presenza amorosa, paterna e materna di un Dio che non si stancherà mai di rincorrere il figlio in tutti i momenti della sua vita. Come è possibile pensare che Dio abbandoni la sua creatura più cara, che non si curi di lei in ogni momento, anche in quello magari più triste? Dio non abbandona mai nessuno, Egli ama tutti di un amore infinito e in modo particolare coloro che sono lontani da Lui, e che cercherà sempre di ritrovare. Ogni uomo è avvolto dalla misericordia di Dio, un Dio che vuole stare sempre con Lui per condividerne i momenti della vita sia nella gioia, sia nel dolore. È l’uomo che spesso rifiuta l’amore del Padre, ma, nonostante questo rifiuto, il Signore continuerà sempre a cercarlo per dare a ognuno la possibilità di essere un giorno veramente e per sempre "tutti con Lui".

Per la Madre Speranza considerare Dio un Padre, era uno dei passaggi obbligati della propria vita spirituale, così scriveva: "Persuadiamoci che per elevare il nostro cuore a Dio e ravvivare in noi il desiderio di santificarci, non ci sono necessarie tante considerazioni; deve bastarci la convinzione che Dio è nostro Padre. Questa sola considerazione infatti muove con forza il cuore ad un intenso amore, capace di invadere tutta l'anima per qualche tempo, disponendola a compiere grandi cose".. E ancora: "Secondo me, tra tutti gli affetti quello che ci può restare più impresso nel cuore e nella mente, al punto di diventarne oggetto e quasi idea fissa, è quello di poter chiamare Padre l'infinito Iddio; come pure la passione del buon Gesù, per l'amore e il sacrificio con cui Egli ci riscattò". (171)

Ma, allora, se davvero Dio è Padre! Cosa cambia per la nostra vita?

Così, il suo essere Madre, l’aveva aiutata ad intuire la risposta: "Sforziamoci di far capire ai fratelli che Gesù è per tutti un Padre buono, che ci ama di amore infinito, senza distinzioni. L'uomo più perverso, il più miserabile e perfino il più abbandonato è amato con immensa tenerezza da Gesù, che è per lui un Padre e una tenera Madre. Gesù non fa differenze tra le anime; se non per concedere ad alcune grazie straordinarie o particolari, per prepararle a maggiori sofferenze e ad essere parafulmini dei loro fratelli". (172) L’esperienza pastorale che attende l’uomo con il carisma dell’Amore Misericordioso è sicuramente quella di un incontro, di un abbraccio, di un guardarsi negli occhi liberamente con quel Padre che "attende i propri figli, che non tiene in conto, perdona e dimentica," significa trovare comprensione, compassione, e con il profumo soave della misericordia curare le grandi ferite che l’uomo di oggi si porta dentro il proprio intimo. Ogni uomo deve essere aiutato ad aprirsi al Padre, "ricco di misericordia", nella verità e nella libertà, con piena consapevolezza e responsabilità, in modo che dall’incontro di grazia scaturisca una vita veramente nuova.

Il perdono, concesso gratuitamente da Dio, implica come conseguenza un reale cambiamento di vita, una progressiva eliminazione del male interiore, un rinnovamento della propria esistenza: "Quanto è necessario nella nostra società la presenza di persone edificanti! Convinciamoci che il mondo ha molti oratori e grandi predicatori. Gesù invece chiede alle Ancelle dell'Amore Misericordioso che convertano le persone non con parole ricercate, né con mezzi potenti, ma con l'esempio della propria vita". (173)

Venite all’Amore Misericordioso, quindi, voi tutti che vi sentite soli, abbandonati, sfiduciati, che avete il cuore appesantito da tanta sofferenza, che avete perso il senso della vita, che brancolate nel buio dei vostri pensieri, venite senza paura, aprite la vostra anima e troverete nella misericordia di Dio e nella Madre Speranza, un "balsamo" santo capace di alleviare ogni tribolazione e ogni sofferenza. Questa sarà la vera vittoria, questo sarà l’annuncio della vera gioia: "..rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nel cielo" (174), perché sono impressi nel cuore dell’Amore Misericordioso di Dio.

 

Conclusione

Siamo giunti alla fine di questo nostro "viaggio", alla scoperta della maternità della Madre Speranza e forse ci sarebbe da scrivere ancora dell’altro.

Come concludere, allora, questa riflessione?

Sicuramente non come al solito o come abitualmente si fanno terminare gli "scritti", ossia riepilogando tutto quello che abbiamo evidenziato e ricavarne le necessarie conseguenze. Lascio ad ognuno di voi, che avete letto queste righe, di trovare, per la propria vita, gli insegnamenti e i propositi carismatici più opportuni da mettere in pratica.

Io vorrei solo concludere, così semplicemente, lasciando parlare la Scrittura, riportando alcuni versetti del libro dei Proverbi, perché credo che rappresentino molto bene la vita della Madre Speranza e quello che, la sua esistenza e maternità, hanno rappresentato per la Chiesa e per ognuno di noi: una donna del nostro tempo, una Madre per il nostro tempo.

"Una donna perfetta chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore… Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti, ma tu le hai superate tutte!"
(175)


(1) Testimonianze Processo di Beatificazione, teste 8 p.632

(2) Lc. 2, 51-52

(3) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1604

(4) Discorso dei vescovi 8 Dicembre 1965

(5) Giovanni Paolo II°, lettera enciclica Mulieris Dignitatem n°30

(6) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(7) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(8) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(9) Costituzioni EAM - Introduzione

(10) Circolare 1 Dicembre 1970

(11) Cost. FAM Parte I Cap.II art.9

(12) El Pan 18, 28-11-1929

(13) Cost. FAM Parte I, Cap. II, art. 9

(14) Cost. FAM- Parte Introduttiva

(15) Concilio Vaticano II° Lumen Gentium 45/a

(16) n°37

(17) Testimonianza per la Causa di Canonizzazione, teste 93-94/3

(18) Pasquale Di Penta - Madre Speranza nel mio ricordo

(19) "AMORE MISERICORDIOSO" – Un episodio personale - María Luisa Alvarez eam

(20) Testimonianza per la Causa di Canonizzazione 75/12

(21) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(22) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(23) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(24) Lc. 1,38

(25) Gv. 16,21

(26) El Pan 19 cart, 1316-1325

(27) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(28) Rivista A.M. - Ricordando l’anniversario della morte di P.Arsenio Ambrogi

(29) Profili Di Madre Speranza n° 3 – Immersa nella fede

(30) CCC n° 2634

(31) Genesi 18, 23-24

(32) Mt. 18, 19-20

(33) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(34) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(35) Circolare n. 104 – Anno 1965

(36) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(37) Lc. 4,18-19

(38) Profili di Madre Speranza n° 3 – Immersa nella Fede

(39) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(40) Lc. 11,11-13

(41) Profili di Madre Speranza n° 3 – Immersa nella Fede

(42) Testimonianze Processo di Beatificazione, teste 93-94/8

(43) Gv. 2, 1-11

(44) Circolari 1 Marzo 1960 n. 652-656-654

(45) Mc. 11,24

(46) El Pan 7, 553-569

(47) Racconto la mia sperienza accanto alla Madre

(48) Testimonianze verbali

(49) Testimonianza per la Causa di Canonizzazione

(50) Testimonianza per la Causa di Canonizzazione

(51) Testimonianze verbali

(52) Circulares p.131

(53) Testimonianze Verbali

(54) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(55) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(56) 50° di fondazione dei FAM – Ricordando Padre Gino

(57) Discorso di Giovanni Paolo II° ai Religiosi e le Religiose della Congregazione dei Figli e delle Ancelle dell’Amore Misericordioso

(58) Cost. FAM, Parte I, Cap. I, art. 4

(59) Fil. 2,5

(60) Ef. 5, 25-26

(61) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(62) Giovanni Paolo II° Esortazione Apostolica Pastores Dabo Vobis n° 1

(63) Giovanni Paolo II° Esortazione Apostolica Pastores Dabo Vobis n° 13

(64) Concilio Vaticano II° - Decreto Presbyterorum Ordinis n.13

(65) Profili di Madre Speranza n°17 – I Preti sono la mia Passione

(66) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(67) Lettera di Giovanni Paolo II° ai Sacerdoti per il giovedì Santo 2001

(68) Profili di Madre Speranza n° 31

(69) Profili di Madre Speranza n° 31

(70) Gal. 6,2

(71) Mc. 8,31

(72) Eb. 5, 8-9

(73) Consigli pratici (1939) (El Pan 4)

(74) Consigli pratici (1941) (El Pan 5)

(75) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(76) Giovanni Paolo II° Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte n°43

(77) Cost. EAM, Parte II, Cap. VI, art. 66

(78) El Pan 14,1

(79) Libro delle usanze dei Figli dell’Amore Misericordioso

(80) 50° Fondazione dei Fam – testimonianza di P. Elio Bastiani

(81) Paolo VI° Lettera Enciclica Sacerdotalis coelibatus n°79

(82) Concilio Vaticano II° - Lumen Gentium n°28

(83) Cost. FAM, Parte III, Cap. I, art. 82

(84) Mc. 3,14

(85) Gv. 15,15

(86) Documento dell’Istituto per la Vita Consacrata: "La vita fraterna in comunità" n. 26

(87) Cost. FAM, Parte I, Cap. III, art. 20

(88) Lettera al Vesc. Norberto Perini, 24.9.1961

(89) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(90) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(91) Giovanni Paolo II°, lettera enciclica Dives in Misericordia n° 9

(92) Diario (1927-1962) El Pan 18

(93) Testimonianza ed Appunti di P. Mario Gialletti Fam.

(94) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(95) Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

(96) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(97) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(98) Carisma dell’Amore MIsericordioso

(99) Benedetto XVI°, lettera enciclica Deus Caritas Est n° 12

(100) Mt. 26,28

(101) Lc. 1,50-54

(102) Angelus 10 Settembre 1978

(103) Udienza del 20 Gennaio 1999

(104) Udienza dell’8 Settembre 1999

(105) Angelus 9 Giugno 2013

(106) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(107) Is. 49,15-16

(108) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(109) El Pan 2,89

(110) Discorso della Madre, Casa della Giovane – 3/8/1965

(111) La Perfeccion p.101

(112) Lc. 7, 11-17

(113) Novena all’Amore Misericordioso – I giorno

(114) El Pan 5,6

(115) Testimonianze Processo di Beatificazione, teste 106/3

(116) Testimonianze Processo di Beatificazione, teste 130-132/51

(117) El Pan 2, n.56.

(118) Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

(119) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(120) Le Ancelle dell'Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8)

(121) Salmo 89,2

(122) Nel 25º anniversario della fondazione delle aam (1955) (El Pan 15)

(123) Ap. 3,20

(124) Le Ancelle dell'Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8)

(125) Nel 25º anniversario della fondazione delle aam (1955) (El Pan 15)

(126) Galati 5, 16-18-25

(127) 1 Corinzi 12,3

(128) Lc. 12, 54-56

(129) Testimonianza per la Causa di Canonizzazione teste 44, p 468

(130) Testimonianza per la Causa di Canonizzazione teste 69, p. 589-590, 3.

(131) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(132) Testimonianza per la Causa di Canonizzazione teste 21, p. 293, 77-81.

(133) Testimonianza per la Causa di Canonizzazione teste 13, p. 207, 133.

(134) Le Mortificazioni (1955) (El Pan 16)

(135) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(136) Santuario dell’Amore Misericordioso 22/11/1981

(137) Testimonianza per la Causa di Canonizzazione teste 21, p. 294, 82-85

(138) Gv. 14,23

(139) Gv. 15,5

(140) Fil. 4,13

(141) Gc. 1, 2-4

(142) El Pan 11 – Per le superiore e le Figlie (1953)

(143) Diario (1927-1962) (El Pan 18)

(144) Lc. 15, 20

(145) 1 Corinzi 9,16

(146) 1 Timoteo 2,4

(147) Gv. 10,10

(148) Lc. 15,32

(149) Lc. 15,10

(150) Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

(151) Rm.11,32

(152) Diario (1927-1962) (El Pan 18) - 7 febbraio 1928

(153) Lc. 4,43

(154) 1 Gv. 3,1

(155) Papa Francesco, Omelia a Santa Marta 3-5-2013

(156) Madre Speranza commento alla Parabola del Figlio Prodigo

(157) El Pan 18,2

(158) Gv. 2,17

(159) Rm. 12,11

(160) Isaia 40,11

(161) Ez.34,15-16

(162) Ordine delle nostre relazioni con Dio

(163) Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

(164) Ordine delle nostre relazioni con Dio

(165) La Passione (1943) (El Pan 7)

(166) Gv. 15

(167) Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

(168) Diario (1927-1962) (El Pan 18) - 7 febbraio 1928

(169) Diario (1927-1962) (El Pan 18) - 7 febbraio 1928

(170) Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

(171) Nel 25º anniversario della fondazione delle aam (1955) (El Pan 15)

(172) Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

(173) Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

(174) Lc. 10, 20

(175) Proverbi 31,10 e 29