FEDE come FIDUCIA. FEDE E DIGIUNO

Cari fratelli e sorelle, iniziamo questa sera in questo Santuario dell’Amore misericordioso di Gesù, alcune riflessioni che ci possano aiutare a percorrere il cammino esigente e bello della Quaresima. Lo faremo avendo davanti agli occhi le tre virtù teologali, la fede, la speranza e la carità. È l’indicazione che Papa Francesco ci dato nel suo Messaggio per la Quaresima di quest’anno, dicendoci che la Quaresima è un tempo per rinnovare la fede, la speranza e la carità. Noi crediamo che Pietro e i suoi successori, per volontà di Gesù stesso, hanno il compito nella Chiesa di "confermare i fratelli nella fede", quella fede di cui Gesù stesso è la roccia solida, significata dal nome nuovo che lui ha dato al pescatore Simone: "Pietro", da pietra. La Pietra è Gesù stesso, e Pietro la riconosce, la proclama: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Su questa fede di Pietro è edificata la Chiesa. Per questo il Papa ha sentito l’ispirazione di riportarci in questa Quaresima alle sorgenti della fede, della speranza e della carità. Nei momenti difficili, come quello che stiamo attraversando, abbiamo bisogno di ritrovare questo fondamento solido della nostra vita, che è Cristo stesso.

"In questo tempo di conversione – ci dice il papa - rinnoviamo la nostra fede, attingiamo l’"acqua viva" della speranza e riceviamo a cuore aperto l’amore di Dio che ci trasforma in fratelli e sorelle in Cristo. Nella notte di Pasqua rinnoveremo le promesse del nostro Battesimo, per rinascere uomini e donne nuovi, grazie all’opera dello Spirito Santo. Ma già l’itinerario della Quaresima, come l’intero cammino cristiano, sta tutto sotto la luce della Risurrezione, che anima i sentimenti, gli atteggiamenti e le scelte di chi vuole seguire Cristo".

Insieme al messaggio del Papa avremo davanti agli occhi anche la testimonianza di come hanno vissuto queste tre virtù Madre Speranza e San Giuseppe: siamo infatti nell’anno di San Giuseppe, voluto dal papa.

Puntiamo oggi l’attenzione sulla prima delle virtù teologali, la FEDE.

La prima cosa da fare credo sia concentrarci su uno sguardo, non uno sguardo qualunque ma lo sguardo su Gesù. Abbiamo davanti a noi l’immagine del Crocifisso dell’Amore Misericordioso. Ecco, vi invito a mantenere fisso lo sguardo su di Lui, come ci esortava spesso Madre Speranza.

Papa Francesco nel suo messaggio, fin dall’inizio ci invita a puntare questo sguardo su Gesù, che «umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8), e che dice ai suoi, a noi oggi: "Ecco, noi saliamo a Gerusalemme…" (Mt 20, 18). Gerusalemme è la Città Santa, il luogo dove Gesù entrerà trionfalmente, e dopo pochi giorni sarà preso, giudicato, condannato a morte e crocifisso, e dove dopo tre giorni risorgerà. Noi riviviamo nella Pasqua questo evento centrale della nostra fede e della nostra salvezza.

Perché parlando della fede è importante partire anzitutto da questo sguardo su Gesù? Proprio perché la fede non nasce da noi, e non è anzitutto una questione di idee e neanche di volontà nostra, ma ha un’origine e anche una meta ben precisa, e richiede pertanto uno sguardo rivolto a quell’origine e a quella meta. Vedete, nel nostro caso succede che l’origine e la meta coincidono, sono una persona, Gesù. Ce lo fa capire la lettera agli Ebrei, quando dice: "corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli di fronte alla gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio" (Eb 12,2).

Quindi la fede è lo sguardo puntato su Gesù, la fede è un cammino che un’origine e una meta, che è Gesù stesso. Ed essendo un cammino, richiede di essere percorso. Non si fa strada stando seduti in una poltrona. Il cammino è dinamismo, fatica, movimento, perseveranza, con possibilità di cadere, ma anche di rialzarsi. La lettera agli Ebrei dice addirittura: "Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti…". La fede come un corsa. Non si può camminare, e meno correre se non si ha un certo allenamento. Ecco, questo ci apre allora a un’altra considerazione che sempre accompagna il cammino della fede: la prova.

 

La fede come prova

Ci aiuta a capirlo l’esperienza di Abramo, colui che non a caso chiamiamo nostro "padre nella fede". Riascoltiamo il momento terribile della prova della fede che Abramo ha attraversato. È descritto in Genesi 22.

È il momento più duro della vita di Abramo. All’inizio del suo cammino di fede Dio gli aveva chiesto di rinunciare al suo passato:

Il Signore disse ad Abram:
«Vattene dalla tua terra,
dalla tua parentela
e dalla casa di tuo padre,
verso la terra che io ti indicherò. (Gen 12, 1)

Non è facile lasciare indietro tutto un passato, di esperienze, affetti, di cose, ma ora gli chiede qualcosa di più: lascia anche il tuo futuro. Un figlio è il futuro, è la vita che continua, è la promessa. Dio sembra contraddirsi: prima promette, dona e poi chiede indietro. Tutta la Scrittura santa parla di Gesù: Isacco è figura di Gesù, il Figlio amato, che il Padre non risparmierà per amore nostro, ma che poi ci ridonerà in pienezza di vita nella risurrezione. La vicenda del sacrificio di Isacco è figura del mistero della Pasqua.

E Abramo di fronte alla richiesta terribile del Signore dice solo: "Eccomi!". Guardate, credo che questa è la parola della fede: "Eccomi!". È anche dire il Credo, in modo cosciente e convinto, ma questa parola riassume la fede: "Eccomi!". La dice Gesù al Padre, entrando nel mondo, la dice Maria all’angelo nell’annunciazione, la dice Giuseppe con la sua obbedienza senza parole, la dice Madre Speranza: "Eccomi!". Lo vedremo, se Dio vuole la settima prossima nella testimonianza di San Giuseppe e di Madre Speranza.

"Dio mise alla prova Abramo". La fede per verificare la sua solidità ha bisogno di un test, di una prova. Quando il gioco si fa duro, nei momenti difficili, è lì che possiamo verificare il grado della nostra fede.

 

La fede come fiducia nella prova

Ma che cosa spinge Abramo a dire "eccomi", a obbedire a Dio, pur con il cuore spezzato? C’è solo una risposta: perché si fida di Dio. Ecco, la fede come fiducia. Vedete, se aver fede significasse solo credere che Dio esiste, anche il diavolo avrebbe fede, come ci ricorda San Giacomo nella sua lettera: "Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano!" (Gc 2,19).

Ho sentito una piccola storia qualche giorno fa che può aiutarci a capire cos’è la fede come fiducia: Un bambino sale su un aereo e siede da solo in uno dei sedili. Accanto a lui sale una signora, che vede come il bambino sta colorando un quaderno che ha sulle ginocchia. Anche durante il decollo e poi in volo il bambino è concentrato sul quaderno e i colori. A un certo punto l’aereo attraversa un’area di grandi turbolenze e il bambino continua tranquillamente a colorare il suo quaderno. La signora accanto è molto agitata e, sorpresa per l’atteggiamento sereno del bambino, gli chiede: "Ma tu non hai paura?". Il bambino, senza sollevare lo sguardo dal quaderno le dice: "No, il pilota è mio padre!". Ecco questa mi sembra una bella immagine della fede: credere, avere grande fiducia che, in qualunque situazione, siamo nelle mani di un padre buono, che sa prendersi cura di noi.

Pensiamo a quello che sta avvenendo ormai da un anno a questa parte in tutto il mondo, con questa pandemia. L’aereo della nostra umanità, che sembrava viaggiare a grande velocità verso un futuro dominato dalla scienza, nelle mani onnipotenti dell’uomo, sta attraversando una lunga fase di turbolenza che ancora non accenna a finire. Molte persone stanno subendo conseguenze pesanti, non solo dal punto di vista della salute e dell’economia, ma anche nell’equilibrio psicologico ed emotivo. Lo ascoltiamo tutti i giorni. Possiamo dire quasi che stiamo vivendo una lunga quaresima, iniziata un anno fa e ancora non finita del tutto.

Ecco, fidarci di Dio anche in questa situazione, questa è fede. Attenzione, non è un atteggiamento di evasione dalla realtà. La fede e la ragione vanno sempre assieme, e se ci pensiamo bene non ce niente di più ragionevole della fede, perché introduce un elemento di abbandono fiducioso in colui che conduce la storia del mondo, ben al di là di ciò che riusciamo a immaginare e anche a dominare con le nostre sole forze.

Quando nella fede diciamo: il Signore saprà tirar fuori qualcosa di buono da questo dramma, non stiamo cercando di consolarci o stordirci con una vana illusione (la "religione oppio del popolo"), ma abbiamo la fiducia che c’è una roccia solida su cui ci possiamo appoggiare, e questo proprio nel momento in cui vediamo sgretolarsi tante altre sicurezze su cui ingenuamente avevamo riposto la consistenza della nostra vita. Questo è il senso della fede come "roccia", che accennavo all’inizio, simboleggiata dal nome di Pietro che Gesù ha dato al primo degli apostoli, perché nei momenti difficili confermasse i fratelli nella fede.

C’è anche un’altra pagina della Sacra Scrittura, questa volta del vangelo, che ci aiuta a cogliere questa dimensione della fede. È l’episodio degli apostoli sulla barca in piena tempesta nel lago, mentre Gesù dorme (Mc 4, 35ss). Non a caso Papa Francesco ha preso questa pagina del Vangelo per illuminare il momento che stiamo attraversando nella celebre preghiera nella piazza vuota di San Pietro, il 27 marzo dell’anno scorso:

"È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, proprio nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40) …

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: "Svegliati Signore!".

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: "Convertitevi", «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12)."

 

Fede e Verità

A questo punto qualcuno di voi potrebbe fare un’obiezione: ma concepire la fede solo come fiducia non può dar luogo a una concezione un po’ sentimentale della fede? Dicevo all’inizio che parlando di fede è fondamentale partire dallo sguardo fisso su Gesù, che è "Colui che dà origine alla fede e la porta a compimento" (Eb 12,2). Lo sguardo fisso su Gesù indica senz’altro la fiducia di cui abbiamo parlato prima, ma non possiamo dimenticare che Gesù è anche la Verità, e la Via e la Vita. Quindi guardare Gesù significa cogliere nella fede la Verità della vita.

È quello che papa Francesco sottolinea nel Messaggio per la Quaresima di quest’anno:

"La fede ci chiama ad accogliere la Verità e a diventarne testimoni, davanti a Dio e davanti a tutti i nostri fratelli e sorelle

In questo tempo di Quaresima, accogliere e vivere la Verità manifestatasi in Cristo significa prima di tutto lasciarci raggiungere dalla Parola di Dio, che ci viene trasmessa, di generazione in generazione, dalla Chiesa. Questa Verità non è una costruzione dell’intelletto, riservata a poche menti elette, superiori o distinte, ma è un messaggio che riceviamo e possiamo comprendere grazie all’intelligenza del cuore, aperto alla grandezza di Dio che ci ama prima che noi stessi ne prendiamo coscienza. Questa Verità è Cristo stesso, che assumendo fino in fondo la nostra umanità si è fatto Via – esigente ma aperta a tutti – che conduce alla pienezza della Vita."

Verità e Parola di Dio coincidono in Gesù, perché Lui è la Parola del Dio vivente ed è la Verità eterna del Padre. "Nella tua luce vediamo la luce" ci ricorda un Salmo. Solo nella luce del Signore, che è Cristo Luce del mondo, cogliamo la Verità su Dio, su noi stessi e sul mondo.

 

Fede e digiuno

Un ultimo accenno a un accostamento che ci può sorprendere: A ognuna delle virtù teologali il papa, nel suo messaggio, accosta uno dei tre atteggiamenti della Quaresima, il digiuno, la preghiera e l’elemosina: la fede con il digiuno, la speranza con la preghiera, la carità con l’elemosina. Forse quest’ultima ci sembra più coerente, ma che c’entra la fede con il digiuno? Lasciamo che ce lo dica lo stesso papa Francesco:

"Il digiuno vissuto come esperienza di privazione porta quanti lo vivono in semplicità di cuore a riscoprire il dono di Dio e a comprendere la nostra realtà di creature a sua immagine e somiglianza, che in Lui trovano compimento…

La Quaresima è un tempo per credere, ovvero per ricevere Dio nella nostra vita e consentirgli di "prendere dimora" presso di noi (cfr Gv 14,23). Digiunare vuol dire liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo, per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto, ma «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore."

Credo che il papa ci sta dicendo: guarda che se la tua vita è piena di troppe cose non lasci spazio a Dio, non c’è posto per la fede in Lui. Il digiuno è una forma di snellire l’obesità non tanto del corpo, ma dell’esistenza troppo piena di noi stessi e delle nostre cose. "Liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra": sono i "prodotti di consumo", ma anche - dice acutamente il papa – la "saturazione di informazioni, vere o false", e soprattutto l’ipertrofia del nostro io. Diceva S. Agostino: se il tuo bicchiere, cioè il tuo cuore, è pieno di aceto, come farà il Signore a metterci il miele della sua Parola, del suo Spirito, del suo Amore?