«SI CAPOVOLGE DENTRO DI ME IL MIO CUORE» (Os 11,8)
IL PROFETA OSEA

P. Aurelio Pérez fam

Il libro di Osea è un momento chiave nella rivelazione della misericordia di Dio nell’Antico Testamento. Merita che ci soffermiamo in modo particolare. Gesù stesso citerà, nel vg di Mt, per due volte (Mt 9,13; 12,7) un testo chiave di Osea: "Misericordia io voglio e non sacrificio" (Os 6,6)

Come lo Sposo e la sposa

Osea è il primo dei profeti che ha avuto l'ardire di fare dell'amore umano, che esiste tra lo sposo e la sposa, il simbolo dell'amore di Dio verso Israele, suo popolo; e ha avuto l'audacia di concepire il patto tra Dio e Israele come un'alleanza nuziale, uno sposalizio d'amore, con tutto ciò che in fatto di intimità e di tensione questo possa comportare.

E questa sua interpretazione si riflette nel suo linguaggio, che è ricco di tutta una terminologia d'amore, che si riferisce all'amore sponsale. Così ad esempio egli parla di cuore, di fidanzamento, di fedeltà, di seduzione, di gelosia, di adulterio, di prostituzione.

Come Osea è arrivato ad applicare un così audace simbolismo? Vi è pervenuto, non inventando una parabola a scopo didattico, ma partendo dalla sua esperienza personale di vita, quella di un matrimonio infelice, di un amore tradito:

Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse:

"Va', prenditi in moglie una prostituta

e abbi figli di prostituzione,

poiché il paese non fa che prostituirsi

allontanandosi dal Signore" (Os 1,2)

Il Signore mi disse ancora: "Va', ama una donna che è amata da un altro ed è adultera; come il Signore ama gli Israeliti ed essi si rivolgono ad altri dei" (Os 3,1)

E' riflettendo su questa esperienza drammatica della sua vita matrimoniale che Osea arriva a cogliere il significato simbolico che vi è insito e perviene a comprendere la missione che Dio gli affida, di cantore e interprete dell'amore nuziale tra Dio e Israele.

Il libro di Osea è tutto un alternarsi continuo di manifestazioni di amore appassionato, di minacce, di gelosia, di rimproveri e denunce contro l’infedeltà, di espressioni piene di tenerezza e di annunci di terribili castighi, infine di promessa restaurazione finale. Da notare che in Osea, come in tutti i profeti, l’ultima parola è sempre una parola di speranza, anche nelle situazioni più drammatiche, perché l’amore del Signore è più forte di tutte le infedeltà dell’uomo.

Nonostante tutto Dio continua ad amare Israele, a rimanere fedele, non abbandonerà al suo destino la sposa infedele, ma, mosso a compassione (è un capovolgimento) progetta di sedurla nuovamente, di riconquistarne il cuore, perciò dice:

Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore (Os 2,16)

E' in questo tentativo di recupero dell'amore della sposa che si inserisce il tema importante del deserto, come via di ripensamento.

Il deserto è visto da Osea come il tempo della giovinezza di Israele, un tempo in cui, tra le privazioni, l'insicurezza quotidiana, ha vissuto con purezza la sua fede, il suo abbandono in Dio, il tempo in cui ha riconosciuto in Lui l'unico suo Sposo.

Quindi Osea ci vuole mostrare che all'origine del cammino di conversione e di fede c'è l'amore tenero e misericordioso di Dio, che è perenne, che è fedele.

Come il Padre e il figlio

Un’altra immagine eloquentissima che il profeta presenta è quella del rapporto Padre-figlio:

Quando Israele era giovinetto,io l'ho amato e dall'Egitto ho chiamato mio figlio.
Ma più li chiamavo,più si allontanavano da me;immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi.
Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano,ma essi non compresero che avevo cura di loro.
Io li traevo con legami di bontà,con vincoli d'amore;ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia;mi chinavo su di lui per dargli da mangiare.
Ritornerà al paese d'Egitto, Assur sarà il suo re,perché non hanno voluto convertirsi.
La spada farà strage nelle loro città,sterminerà i loro figli,demolirà le loro fortezze.
Il mio popolo è duro a convertirsi:chiamato a guardare in alto nessuno sa sollevare lo sguardo.
Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Adma, ridurti allo stato di Zeboim? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione.
Non darò sfogo all'ardore della mia ira,non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira.
Seguiranno il Signore ed egli ruggirà come un leone: quando ruggirà, accorreranno i suoi figli dall'occidente,
accorreranno come uccelli dall'Egitto, come colombe dall'Assiria e li farò abitare nelle loro case. Oracolo del Signore.
(Os 11,1-11)

Il profeta sente che è pronunciata ormai la sentenza per le colpe, è già avviata l'esecuzione, ma all'improvviso avviene qualcosa di inaspettato e decisivo: in Dio esplode un amore sconvolgente.

Dato che Israele non si è convertito verso il suo Dio, sarà Dio a convertirsi verso il suo popolo. Il Padre incredibilmente pietoso inizia una lamentazione in cui si mostra come vinto dal suo stesso amore:

"Il mio cuore si commuove dentro di me". Il verbo ebraico usato è "capovolgere": è il verbo che descrive le catastrofi.

Questo verbo, che doveva descrivere la catastrofe di Israele come punizione, descrive invece la catastrofe, il crollo del cuore di Dio. Al pensiero che Israele possa rovesciarsi come Sodoma e come Gomorra, come Admà e Seboim, a Dio si rovescia il cuore, per cui passa dalla collera alla misericordia, e non si comporterà come un re severo, ma come un padre: "Io sono il Santo in mezzo a te".

Possiamo considerare questo testo come una delle cose più belle e grandi che siano state dette sull'amore di Dio, non solo nel libro di Osea, ma in tutta la letteratura profetica.

Se Dio è lo sposo e Israele la sposa, se Dio è il padre e Israele è il figlio, l’alleanza diventa un rapporto di amore e la legge suprema dell’alleanza è solo l’amore. Osea condensa, così, tutto il suo messaggio in quel versetto che Gesù –molto significativamente!- riprenderà per due volte:

Voglio l’amore e non il sacrificio,

la conoscenza di Dio più che gli olocausti. (Os 6,6)