L’esercizio concreto della carità rende credibile la Chiesa

S. Em.za Rev.ma Cardinale Nicolás de Jesús López R.

Arcivescovo di Santo Domingo

 

1. Introduzione

L´accoglienza che ha avuto l´Enciclica "Deus Caritas Est" del Santo Padre Benedetto XVI é stata molto ampia nel mondo. Lo dimostra la sua rapida diffusione e le edizioni che si succedono continuamente in molteplici lingue, raggiungendo già vari milioni di esemplari venduti.

Non poteva essere diversamente, anzitutto l´argomento é nello stesso cuore del cristianesimo, lo stesso si può dire delle più profonde aspirazioni di tutta l´umanità, l´amore che é stato cantato da poeti, compositori e scrittori in generale. L´amore che occupa numerose e chissà le piú sublimi pagine della Sacra Scrittura.

Però, anche, per essere questo il primo documento pubblicato dal nostro amato Papa suscita maggior interesse e, direi, una certa curiosità per conoscere quali saranno le linee maestre del suo Pontificato.

Come diceva il Cardinale Renato Martino nella presentazione: "Si tratta indubbiamente di un´Enciclica programmatica, nel senso più nobile e compromesso che deve attribuirsi all´aggettivo programmatico". Ricordando che Dio é amore, il Santo Padre invita tutti a dirigersi al centro della fede cristiana. Ed aggiunse: "Si tratta di un´Enciclica attraversata . . . da un gran alito spirituale che, di fronte al pericolo di un attivismo sociale e caritativo senza anima, reclama da tutti la coltura delle ragioni e motivazioni spirituali dell´essere Chiesa e dell´essere cristiani, che danno senso e valore al fare ed all´agire.

Prima di passare al tema che mi é stato chiesto di presentare a voi, permettetemi di ritornare su un punto che considero fondamentale nel documento. Mi riferisco alla struttura concettuale ed ai grandi fondamenti dottrinali dell´Enciclica.

Credo che si può affermare che l´asse trasversale che percorre tutto il documento é la proposta di un nuovo umanesimo, centrato nell´Amore incarnato, Gesù Cristo. Il Papa lo tratta in modo esplicito in entrambe le parti.

Nella prima, quando si riferisce alla novità della fede biblica, che permette di scoprire la vera natura dell´essere umano e nella seconda parte, quando parla dell´esercizio dell´amore da parte della Chiesa come "comunità d´amore", il Papa presenta il motivo fondamentale che muove i cristiani nell´esercizio caritativo: "Desidero qui confermare esplicitamente quello che il mio grande predecessore Giovanni Paolo II ha scritto nella sua Enciclica "Sollicitudo rei socialis", quando ha dichiarato la disponibilità della Chiesa cattolica a collaborare con le Organizzazioni caritative di queste Chiese e Comunità, poiché noi tutti siamo mossi dalla medesima motivazione fondamentale e abbiamo davanti agli occhi il medesimo scopo: un vero umanesimo, che riconosce nell´uomo l´immagine di Dio e vuole aiutarlo a realizzare una vita conforme a questa dignità" (DCE, 30b).

In quanto ai grandi fondamenti dottrinali, se ne possono scoprire facilmente tre: antropologico, teologico e socio-politico.

L´Enciclica ha un chiaro fondamento antropologico, tanto nella prima parte quando il Papa afferma che desidera "precisare... alcuni dati essenziali sull´amore che Dio, in modo misterioso e gratuito, offre all´uomo, insieme all´intrinseco legame di quell´Amore con la realtà dell´amore umano"; quanto nella seconda, che cerca di come compiere in forma ecclesiale il comandamento dell´amore al prossimo.

Il fondamento teologico il Papa lo esprime in due aspetti: l´immagine di Dio e l´immagine dell´uomo.

La realtá di Dio si é considerata sempre come un valore immutabile, che non può entrare in crisi. Tuttavia, il processo di secolarizzazione ha messo in crisi non soltanto il fatto religioso ma anche l´immagine di Dio che presenta la teologia e la spiritualità tradizionale.

In una società influenzata dal secolarismo, é necessario riproporre la realtà di Dio, presentando una nuova immagine, più vicina agli uomini ed alle donne del nostro tempo: é necessario capire la realtá dall´autonomia terrena, come impostava il Concilio Vaticano II, ed in costante evoluzione; stabilire un equilibrio armonioso tra immanenza e trascendenza, in cui Dio non é separato dal mondo né dissolto in lui; creare una spiritualità affermativa della creazione e della salvezza (cf Torres Queiruga, Andrés. "Fine del cristianesimo premoderno. Sfide ad un nuovo orizzonte", pag. 26-27).

Il Papa imposta il fondamento socio-politico sottolineando la relazione tra Giustizia e Carità.

Con molta frequenza si presenta, tanto nella Chiesa come nella società, una dicotomía tra giustizia e carità: da una parte, si tende a parlare di una giustizia senza carità o di una giustizia senza amore; e dall´altra parte, di una carità al margine delle relazioni di giustizia.

La giustizia senza carità rimane ridotta al compimento esterno di una norma che é vicina alla crudeltà, come dicevano i romani: "Summum ius, summa iniuria".

La carità senza giustizia non é autentica, si converte in sterile paternalismo e diventa un pretesto perché i governanti commettano ogni tipo di prepotenza.

La giustizia perché sia realmente tale, necessita di essere animata dall´amore alla dignità dell´essere umano; e la carità, da parte sua, deve precedere la giustizia, la deve ispirare nelle sue profonde motivazioni, sostenere nel suo esercizio e, finalmente, la deve sorpassare nella sua realizzazione posteriore.

Per questo il Papa afferma che "L’amore — caritas — sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore". Così a tutti, però specialmente ai cristiani, corrisponde compiere non solo alle esigenze della giustizia, ma anche "captare le necessità degli altri nel più profondo del loro essere, per farle proprie".

Se s´identifica la carità con la pratica di iniziative volontarie di beneficenza, l´azione sociale del cristiano si riduce a qualcosa di marginale, che non ha incidenza nella trasformazione della società, perdendo il suo contenuto più profondo d´amore per l´essere umano che tende a portarlo alla pienezza, passando da "condizioni meno umane a condizioni più umane".

 

2. Il profilo specifico dell´attività caritativa della Chiesa

Una forma privilegiata di fare vita la fede che professiamo é l´attività pastorale, animata dalla carità, di profonda fondatezza biblica, vincolata allo stesso processo di liberazione del popolo di Israele dalla schiavitú d´Egitto, quando Dio ascolta le grida del popolo vede la sua situazione, lo libera dalla terra in cui era sottomesso e lo guida, attraverso di un´esperienza comunitaria, verso una nuova terra (cf Es 3, 7.15; Dt. 5, 6). Oggi anche la Chiesa, nuovo popolo di Dio, per mezzo di una pastorale animata dalla carità e da una pastorale della carità, compie la missione che il Signore le affidó di evangelizzare gli uomini e donne di tutti i confini della terra.

A questo proposito, il Papa constata che l´aumento di diverse organizzazioni che lavorano a favore dell´uomo nelle sue necessità, si spiega dal fatto che l´imperativo dell´amore al prossimo é stato inciso dal Creatore nella natura stessa dell´uomo.

Quando il Santo Padre parla dell´esercizio dell´amore da parte della Chiesa come "comunità d´amore" si riferisce alla carità come manifestazione dell´amore trinitario che deve animare tutta la vita pastorale nelle comunità ecclesiali.

Lo scopo della carità nella vita pastorale della Chiesa é la ricerca instancàbile del bene integrale dell´essere umano: "cerca la sua evangelizzazione mediante la Parola e i Sacramenti, impresa tante volte eroica nelle sue realizzazioni storiche; e cerca la sua promozione nei vari ambiti della vita e dell’attività umana".

É molto importante che l´attività caritativa della Chiesa mantenga tutto il suo splendore e non si diluisca in un´organizzazione assistenziale generica, convertendosi semplicemente in una delle sue varianti.

Ed in seguito il Papa si domanda, quali sono gli elementi che costituiscono l´essenza della carità cristiana? E risponde con i seguenti punti:

a) Secondo il modello offerto dalla parabola del buon Samaritano, la carità cristiana é dapprima semplicemente la risposta a ciò che, in una determinata situazione, costituisce la necessità immediata: gli affamati devono essere saziati, i nudi vestiti, i malati curati in vista della guarigione, i carcerati visitati, ecc.

Come un esempio concreto di ciò, ricordo quando Madre Teresa di Calcutta fu invitata al Congresso Eucaristico Internazionale di Filadelfia nel 1976. Lei doveva pronunziare, assieme al famoso Arcivescovo di Olinda-Recife Dom Helder Camara, una conferenza sulla fame nel mondo. L´Arcivescovo, che era molto competente, parlerebbe sul problema della fame in senso generale e Madre Teresa presenterebbe la parte pratica. Fu una presentazione molto applaudita per la forma brillante in cui entrambi parlarono, oltre al prestigio degli espositori.

Alla fine furono invitati a partecipare in una specie di pannello in cui si doveva analizzare il problema. A tutti ci sorprese la risposta di Madre Teresa: In quello che voi teorizzate sulla fame e risolvete il problema, io me ne vado ad alimentare gli affamati che mi aspettano.

Credo che é la miglior maniera d´illustrare quello che il Papa termina di dirci: "la carità cristiana é dapprima semplicemente la risposta a ciò che, in una determinata situazione". E si potrebbero presentare migliaia di esempi simili in cui tante religiose ed altri consacrati assieme ad una legione di laici sono tutti i giorni, in decine di migliaia d´istituzioni benefiche nel mondo, offrendo ammirevoli esempi di autentica carità cristiana con gli affamati, gli ignudi, gli ammalati, i carcerati.

A questo proposito Benedetto XVI dice che le organizzazioni caritative, cominciando dalla Caritas devono fare il possibile per mettere a disposizione i mezzi necessari e, sopratutto, gli uomini e donne che svolgono queste missioni.

E presenta l´esempio concreto di quelli che soffrono, com´é indispensabile offrire a loro una attenzione del cuore da persone professionalmente competenti. Questa deve essere la prima condizione.

Però questa non basta da sola. Infatti essendo esseri umani e gli esseri umani necessitano sempre qualcosa di più che una premura tecnicamente corretta. Hanno bisogno di umanità. Hanno bisogno dell´attenzione del cuore.

Chi lavora nelle istituzioni caritative della Chiesa deve distinguersi per non limitarsi a realizzare con destrezza il più conveniente in ogni momento, ma per la sua dedicazione all´altro che esce dal cuore.

Perciò, oltre alla preparazione professionale, a tali operatori é necessaria anche, e sopratutto, la "formazione del cuore": occorre condurli a quell´incontro con Dio in Cristo, che susciti in loro l´amore e apra il loro animo all´altro, così che, per loro, l´amore del prossimo non sia più un comandamento imposto per cosí dire dall´esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell´amore (cf Gal 5,6).

b) L´attività caritativa cristiana deve essere indipendente da partiti ed ideologie. Non è un mezzo per cambiare il mondo in modo ideologico e non sta al servizio di strategie mondane, ma é attualizzazione qui ed ora dell´amore di cui l´uomo ha sempre bisogno.

Benedetto XVI segnala che i tempi moderni, sopratutto dal XIX

secolo, sono dominati da una filosofia del progresso con diverse varianti la cui forma più radicale é il marxismo.

Parte della strategia marxista é la teoria dell´impoverimento: chi in una situazione di potere ingiusto aiuta l´uomo con iniziative di carità si pone di fatto a servizio di quel sistema di ingiustizia, facendolo apparire sopportabile, almeno fino ad un certo punto.

Viene cosí frenato il potenziale rivoluzionario e quindi bloccato il rivolgimento verso un mondo migliore.

Perciò la carità viene contestata ed attaccata come sistema di conservazione dello status quo.

In realtá, aggiunge il Papa, questa é una filosofia disumana. L´uomo che vive nel presente viene sacrificato al moloch del futuro, un futuro la cui effettiva realizzazione rimane almeno dubbia.

La verità é che non si puó promuovere l´umanizzazione del mondo rinunciando, per il momento, a comportarsi in modo umano.

La realizzazione storica del marxismo dimostró la crudeltà di questo sistema, che rinfacciava al mondo e particolarmente al mondo cristiano essere unito a una mistica, secondo i suoi ideologi, nociva ed antiquata.

A un mondo migliore si contribuisce soltanto facendo il bene adesso ed in prima persona, con passione e ovunque ce ne sia la possibilità, indipedentemente da strategie e programmi di partito.

Il programma cristiano, continua il Papa, il programma del buon Samaritano, il programma di Gesù, é un "cuore che vede". Questo cuore vede dove c´é bisogno di amore e agisce in modo conseguente.

Ovviamente alla spontaneità del singolo deve aggiungersi, quando l´attività caritativa é assunta dalla Chiesa come iniziativa comunitaria, anche la programmazione, la previdenza, la collaborazione con altre istituzioni simili.

c) La carità, inoltre, non deve essere un mezzo in funzione di ciò che oggi viene indicato come proselitismo.

L´amore e gratuito, non viene esercitato per raggiungere altri scopi.

Naturalmente questo non significa che l´azione caritativa debba prescindere di Dio e di Cristo.

Non possiamo dimenticare che sempre è in gioco tutto l´uomo e sappiamo che con molta frequenza la radice più profonda della sofferenza é precisamente l´assenza di Dio.

Chi esercita la carità in nome della Chiesa, dice il Papa, mai cercherá d´imporre agli altri la fede della Chiesa.

Il cristiano sa quando é tempo di parlare di Dio e quando é opportuno tacere su di Lui, lasciando che parli solo l´amore.

Sa che "Dio é amore" (1 Gv 4, 8) e che si fa presente proprio nei momenti in cui non si fa più che amare.

Quindi, la migliore difesa di Dio e dell´uomo consiste precisamente nell´amore.

Le organizzazioni caritative della Chiesa hanno la missione di rafforzare questa consapevolezza nei propri membri, in modo che attraverso il loro agire, come attraverso il loro parlare, il loro tacere, il loro esempio, diventino testimoni credibili di Cristo.

Prima di passare al punto dei responsabili dell´azione caritativa della Chiesa, considero opportuno segnalare qui le note caratteristiche della pastorale della carità che troviamo nel testo pontificio. Sono facilmente identificabili, indicheró, inoltre, i numeri dell´Enciclica in cui si trovano.

Queste note si possono riassumere in un"decalogo" dell´azione caritativa della Chiesa, specialmente degli organismi come Caritas che, nei loro diversi livelli, esprimono l´amore misericordioso di Dio con i più poveri e bisognosi.

In seguito indico le note che deve avere la pastorale della carità secondo Benedetto XVI:

È umanistica perché si tratta di un servizio ad essere umani che, oltre di una attenzione tecnicamente corretta, "hanno bisogno di umanità" (DCE, 31a); é l´attualizzazione qui ed adesso dell´amore che l´uomo sempre ha bisogno (DCE, 31b). A questo mi sono riferito anteriormente.

È universale, cioè, supera i confini della Chiesa, é al disopra di partiti ed ideologie e "mai cercherá d´imporre agli altri la fede della Chiesa" (DCE, 31b.c). Il criterio di comportamento é l´attitudine del buon Samaritano che aiuta il bisognoso, chiunque sia (DCE, 25b). Questa apertura per il prossimo, superando i confini nazionali, tende ad estendere il suo orizzonte al mondo intero (Cfr. DCE, 30a).

È personale in quanto compromette ogni discepolo di Gesù Cristo, ovunque lui sia (DCE, 20).

È comunitaria in quanto compromette tutta la comunità ecclesiale: la famiglia come Chiesa domestica, la comunità locale, la Chiesa particolare fino a comprendere la Chiesa universale nella sua totalità (DCE, 20).

È comunione: anima e fomenta la vita in comunione nella stessa Chiesa come famiglia, allo scopo che nessuno dei suoi membri soffra per trovarsi nel bisogno (DCE, 25b).

È ecumenica, tenendo in conto che ... "L´Enciclica "Ut unum sint" ha poi ancora una volta sottolineato che, per uno viluppo del mondo verso il meglio, é necessaria la voce comune dei cristiani, il loro impegno "per il rispetto dei diritti e dei bisogni di tutti, specie dei poveri, degli umiliati e degli indifesi" (DCE, 30b).

È imperativa, poiché "la Chiesa non può mai essere dispensata dall´esercizio della carità come attività organizzata dei credenti e, d´altra parte, non ci sarà mai una situazione nella quale non occorra la carità di ciascun singolo cristiano, per ché l´uomo, al di là della giustizia, ha e avrà sempre bisogno dell´amore" (DCE, 29).

È cooperativa, in quanto favorisce la coordinazione mutua tra gli organismi dello Stato, associazioni umanitarie ed entità ecclesiali, in un clima di trasparenza, allo scopo di favorire l´efficacia del servizio caritativo (DCE, 30b).

È testimoniale, poichè ... "l’amore nella sua purezza e nella sua gratuità é la miglior testimonianza del Dio nel quale crediamo e dal quale siamo spinti ad amare. Il cristiano sa quando é tempo di parlare di Dio e quando é giusto tacere di Lui e lasciar parlare solamente l’amore. Egli sa che Dio é amore (cfr 1 Gv 4, 8) e si rende presente proprio nei momenti in cui nient’altro viene fatto fuorché amare" (DCE, 31c).

È pianificata, poiché l´amore necessita di un´organizzazione, come preventivo per un servizio comunitario ordinato (DCE, 20). Inoltre, come disse il Papa ai partecipanti in un congresso internazionale organizzato dal Consiglio Pontificio Cor unum, il 23 gennaio 2006: "L´organizzazione ecclesiale della carità non é una forma d´assistenza sociale che si aggiunge casualmente alla realtà della Chiesa, un´iniziativa che si potrebbe lasciare anche ad altri; forma parte della natura della Chiesa".

d) In seguito Benedetto XVI si occupa dei responsabili dell´azione caritativa della Chiesa ed indica in primo luogo il Consiglio Pontificio Cor unum, organismo della Santa Sede incaricato dell´orientazione e coordinamento tra le organizzazioni e le attività caritative promosse dalla Chiesa cattolica.

Anche é proprio della struttura episcopale della Chiesa che i Vescovi, come successori degli Apostoli, abbiano nelle Chiese particolari la prima responsabilità di compiere, anche oggi, il programma esposto negli Atti degli Apostoli (cf Atti 2, 42-44): la Chiesa, come famiglia di Dio deve essere, oggi come ieri, un luogo d´aiuto reciproco ed allo stesso tempo di disponibilità per servire anche a quanti fuori di lei necessitano aiuto.

Allo stesso modo che facemmo con il decalogo dell´azione caritativa della Chiesa in base agli insegnamenti del Papa in "Deus Caritas est", lo stesso possiamo fare adesso, elaborare seguendo le sue orientazioni, il decalogo di qualità che devono adornare i responsabili della stessa azione caritativa. Alcune le ho appena riferite però le indico nuovamente per completarle con altre che il Santo Padre segnala nel testo dell´Enciclica. Gli agenti pastorali della carità devono:

Avere capacità professionale. Gli uomini e le donne che realizzano la pastorale della carità devono essere capaci professionalmente perchè il servizio che offrono a quelli che soffrono deve essere un servizio di qualità, pertinente, realizzato nella forma più adeguata e che abbia continuità dopo di badare alle situazioni d´emergenza (DCE, 31a).

Agire con senso d´umanità. La capacità professionale, di per se non basta, come lo abbiamo visto anteriormente. C´è bisogno di premura cordiale e di dedicazione per il prossimo. "L’azione pratica resta insufficiente se in essa non si rende percepibile l’amore per l’uomo, un amore che si nutre dell’incontro con Cristo" (DCE, 34).

Agire con umiltà imitando Cristo. L´umiltà ha vari momenti:

– dare se stessi come un dono: "perché il dono non umilii l’altro, devo dargli non soltanto qualcosa di mio ma me stesso, devo essere presente nel dono come persona" (DCE, 34);

– Chi é in condizione di aiutare riconosce che proprio in questo modo viene aiutato anche lui; (DCE, 35);

– ringraziare il Signore di questo dono per poter aiutare il prossimo, poiché non é nessun merito personale né motivo di orgoglio;

– sentirsi uno strumento nelle mani del Signore: "si libererà così dalla presunzione di dover realizzare, in prima persona e da solo, il necessario miglioramento del mondo. In umiltà farà quello che gli é possibile fare e in umiltà affiderà il resto al Signore. È Dio che governa il mondo, non noi. Noi gli prestiamo il nostro servizio solo per quello che possiamo e finché egli ce ne dà la forza. Fare, però, quanto ci è possibile con la forza di cui disponiamo, questo è il compito che mantiene il buon servo di Gesù Cristo sempre in movimento: « L’amore del Cristo ci spinge" (2 Cor. 5, 14)" (DCE, 35).

– essere, nel nome del Signore, accogliente e misericordioso verso i poveri e verso tutti i bisognosi di conforto e di aiuto, come si ricorda nel Pontificale Romano ai Vescovi nella loro Ordinazione Episcopale (DCE, 32).

Essere persona di fede: non deve ispirarsi in schemi che pretendono migliorare il mondo seguendo un´ideologia, ma lasciarsi guidare dalla fede che attua per l´amore (Cf. Ga. 5, 6). (DCE, 23).

Essere persona di preghiera. "La preghiera come mezzo per attingere sempre di nuovo forza da Cristo, diventa qui un’urgenza del tutto concreta. Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spingere unicamente all’azione. La pietà non indebolisce la lotta contro la povertà o addirittura contro la miseria del prossimo" (DCE, 36).

Sentirsi mossi dall´amore di Cristo: "Devono essere quindi persone mosse innanzitutto dall’amore di Cristo, persone il cui cuore Cristo ha conquistato col suo amore, risvegliandovi l’amore per il prossimo." (DCE, 33). "L’azione pratica resta insufficiente se in essa non si rende percepibile l’amore per l’uomo, un amore che si nutre dell’incontro con Cristo." (DCE, 34).

Vivere l´amore ecclesiale. "...la Chiesa in quanto famiglia di Dio deve essere, oggi come ieri, un luogo di aiuto vicendevole e al contempo un luogo di disponibilità a servire anche coloro che, fuori di essa, hanno bisogno di aiuto." (DCE, 32). "Chi ama Cristo ama la Chiesa e vuole che essa sia sempre più espressione e strumento dell’amore che da Lui promana. Il collaboratore di ogni Organizzazione caritativa cattolica vuole lavorare con la Chiesa e quindi col Vescovo, affinché l’amore di Dio si diffonda nel mondo. Attraverso la sua partecipazione all’esercizio dell’amore della Chiesa, egli vuole essere testimone di Dio e di Cristo e proprio per questo vuole fare del bene agli uomini gratuitamente." (DCE, 33).

Avere apertura alla dimensione cattolica. "L’apertura interiore alla dimensione cattolica della Chiesa non potrà non disporre il collaboratore a sintonizzarsi con le altre Organizzazioni nel servizio alle varie forme di bisogno; ciò tuttavia dovrà avvenire nel rispetto del profilo specifico del servizio richiesto da Cristo ai suoi discepoli." (DCE, 34).

Essere testimoni credibili di Cristo. "Di conseguenza, la miglior difesa di Dio e dell’uomo consiste proprio nell’amore. È compito delle Organizzazioni caritative della Chiesa rafforzare questa consapevolezza nei propri membri, in modo che attraverso il loro agire — come attraverso il loro parlare, il loro tacere, il loro esempio — diventino testimoni credibili di Cristo." (DCE, 31c)

e) Testimoni dell´amore di Cristo

Benedetto XVI non si accontenta con darci il profilo della pastorale della carità e dei responsabili dell´azione caritativa della Chiesa, ma che ci presenta alla fine una lista di testimoni dell´amore di Cristo, naturalmente un elenco molto rappresentativo però che può essere completato secondo le circostanze del luogo e del tempo.

E ci dice che tra i Santi emerge Maria, Madre del Signore e specchio di santità. Il Vangelo di Luca la mostra affaccendata in un servizio di carità a sua cugina Elisabetta, con cui rimase "tre mesi" (Lc 1, 56) per aiutarla durante la gravidanza.

"L´anima mia magnifica il Signore", dice in occasione di questa visita, e con questo esprime tutto il programma della sua vita: non mettere se stessi nel centro, ma lasciare spazio a Dio, a chi trova tanto nella preghiera come nel servizio al prossimo; solo allora il mondo si fa buono.

Tra i Santi elencati dal Papa figurano San Martino da Tours, che definisce "quasi come un´icona" e che mostra il valore insostituibile della testimonianza individuale della carità.

Anche San Francesco d´Assisi, Ignazio di Loyola, Giovanni di Dio, Camillo de Lellis, Vincenzo de´ Paoli, Luisa di Marillac, Giuseppe Benito Cottolengo, Giovanni Bosco, Luigi Orione e Teresa da Calcutta. E potrebbe allargarsi molto di più la lista. Tutti e tutte loro continuano ad essere modelli illustri di carità sociale per tutti gli uomini di buona volontà.

La vita dei Santi non comprende soltanto la biografia terrena, ma anche la loro vita ed azione in Dio dopo la morte.

Nei Santi é evidente che, chi va verso Dio, non s´allontana dagli uomini, ma che realmente va vicino a loro.

Il tema che mi é stato chiesto di esporre in questa Relazione è come l´esercizio concreto della carità renda credibile la Chiesa (cf DCE 31-42).

Credo che, secondo quanto abbiamo potuto notare analizzando quello che insegna il Santo Padre, tra le molte opere ed attività che la Chiesa Catolica deve svolgere: predicazione, celebrazione dei

Sacramenti, organizzazione pastorale, lavoro ecumenico, presenza nei mezzi di comunicazione sociale ed altri che hanno senza dubbio gran importanza, nessuna come l´esercizio concreto della carità le da maggior credibilità davanti al mondo. Anzi, questo esercizio caritativo é quello che garantisce la coerenza delle altre attività, come vediamo anche nei vangeli la testimonianza ammirevole di Gesù. Quanto fece ed insegnò il Maestro era avallato ed accreditato dalle sue opere, ed in modo particolare il suo costante amore per i poveri, ammalati, affamati, peccatori ed esclusi dalla società, in un´instancabile attitudine di servizio verso tutti loro, gli davano completa credibilità ed autorità di fronte al popolo, che percepiva il suo insegnamento come diverso da quello degli scribi e farisei.

Per terminare ricordiamo la frase di Paolo VI: "L´uomo contemporaneo ascolta più volentieri quelli che danno testimonianza che a quelli che insegnano … o se ascoltano quelli che insegnano é perchè danno testimonianza" (Discorso ai Membri del Consiglio dei Laici, 2 ottobre 1974).