L'UNIONE CON IL CLERO NELLO SPIRITO DELL'AMORE MISERICORDIOSO

Enzo Ignazi fam

 

Invitiamo ora a prendere la parola a padre Enzo Ignazi fam, che vive nella casa del clero a Perugia, e che ci parlerà di quello che stamattina nella relazione di padre Cancian era stato presentato come uno dei due amori di Madre Speranza: l'«unione con il clero nello spirito dell'Amore Misericordioso».

 

 

Approfitto di una sintesi completa e chiarissima, scritta dal nostro padre Mario Montecchia, che ringrazio di cuore, ed esprimerò quello che noi sentiamo a riguardo del fine principale della nostra Congregazione, cioè il lavoro con i sacerdoti.

Intanto mi permetto di dire che il fine, lo scopo, l'attitudine alla santificazione del Clero, la nostra Madre l'ha avuta sempre. Questa inclinazione si sarebbe sviluppata, quando ha avuto la possibilità di fondare, ma già la Madre teneva dentro il cuore il senso vivo dell'azione del Signore, noi potremo chiamarlo adesso, l'azione dello Spirito nel momento storico della Chiesa.

La Madre Speranza l'aveva già tutto dentro, al momento favorevole, data l'occasione, nel contatto personale con le singole persone, esprimeva tutta la sua ansia, e quello che il Signore le ispirava in quel preciso momento. Un esempio. La Madre ci ha raccontato molte volte che da bambina incontrò lo zio, cioè il sacerdote con cui viveva, che si era vestito da civile, e sgattaiolava dalla porta dell'orto, per andare alla corrida. La bambina gli si piantò davanti, dicendo: «Dove vai? Guarda che lo dico al Vescovo!» La Madre allora aveva 10 anni, mi pare. Il bello è che il sacerdote non ci andò più alla corrida, e la bambina lo disse ugualmente al vescovo, quando venne per la cresima.

Ecco il senso dell'aiuto al Clero, un aiuto concreto senza tanti voli pindarici. Una concretezza di atteggiamento di cui noi per primi siamo stati fatti oggetto. La Congregazione maschile è nata nel 1951, con padre Alfredo Di Penta, ma anche prima, da sempre, la Madre se poteva, come le era chiesto, aiutava i sacerdoti. Un piccolo episodio. Nell'opuscoletto che è stato diffuso a centinaia di migliaia di copie in Spagna, per la beatificazione di Mons. Escrivà de Balaguer, si racconta che la Madre aiutò questo gruppo di sacerdoti che lavoravano con gli studenti dell'Università, lavando e stirando la biancheria, una piccola e concreta collaborazione, accompagnata talvolta da qualche materno richiamo, affettuoso ed esigente.

Essa ci ha comandato di lavorare con il Clero, come dei veri fratelli. Mi piace ricordare quelle parole che conosciamo a memoria: «In questi tempi difficili e di lotta per la Chiesa, Dio Amore Misericordioso ha fatto sorgere una Famiglia Religiosa...» Queste parole scritte 60 anni fa, sono adesso una concreta realtà. Dio ha fatto sorgere una Famiglia Religiosa. Infatti la prima cosa che la Madre Speranza ci ha inculcato è stata quella di fare famiglia, di dar vita a delle case religiose in cui si viva il clima di famiglia, di accoglienza fraterna. Tutte le nostre case sono «case del Clero», anche se in maniera diversa le une dalle altre. I noviziati magari no, ma le altre certamente sì, ed in esse vi deve essere una vita di famiglia, e ciascun sacerdote vi si deve sentire accolto, sia anziano con le sue abitudini, sia giovane.

La Madre ci ha inculcato l'attitudine del lavoro «con» i preti, non tanto «per loro» quanto «con loro». «Non sia mai che voi diciate che fate le cose per carità, questo lo fate per giustizia!» La Madre ricordava spesso che il Signore ci invita ad essere autentici fratelli e questo significa che ci dobbiamo accettare gli uni gli altri. I fratelli infatti non si scelgono, il fratello ti viene, e te lo tieni, come il figlio. La Madre ci ha insegnato a costruire il vero clima di famiglia; ci diceva spesso: «Ma voi per la ricreazione dove vi sfogate?» Già, dove si sfoga un sacerdote, se non ha una famiglia? Dove può parlare fraternamente? Dove può sentirsi a suo agio? Insomma dove può fare ricreazione? La «famiglia» della Casa del Clero può essere un posto adatto, se in essa vige il senso vero dell'accoglienza di tutti, senza meraviglia per nessuna mancanza, per nessun difetto. La Madre raccontava sempre che Gesù aveva scelto S. Pietro come Papa, perché era il più peccatore degli Apostoli, e non scelse S. Giovanni che, essendo il più santo di tutti poteva meravigliarsi del modo di fare dei primi discepoli. Invece S. Pietro che aveva un'esperienza tragica della vita, sarebbe stato capace di accettare tutti, riuscendo infatti a comprendere le debolezze degli altri ed a perdonare tutti, perché era stato lui per primo perdonato.

Noi dobbiamo aver lo stesso sentimento che nutriva la Madre nel fare delle nostre case una vera famiglia per i sacerdoti. Essa però aveva anche un progetto più vasto, che avrebbe dovuto far rivivere in epoca moderna, quello che la Chiesa aveva concepito fin dall'inizio e per tutto il Medio Evo: la vita in comune dei sacerdoti.

Mi ricordo i primi Esercizi Spirituali che si fecero a Collevalenza per i sacerdoti diocesani, dettati dal compianto Mons. Baratta. Accadeva talvolta che chiedesse di parteciparvi anche qualche religioso, ma la Madre Speranza vi si opponeva, sostenendo che per i religiosi provvedeva già il proprio ordine, mentre i diocesani non avevano una casa per ritrovarsi. Ecco un altro esempio concreto di aiuto al clero. Da qui l'ispirazione della Madre di dar vita a «famiglie» di sacerdoti, che come il lievito fermentassero tutta la massa del clero, per portarlo alla vita in comune. Sorsero così i sacerdoti diocesani con voti, cioè dei sacerdoti che, pur restando attivi nelle parrocchie, o in curia o altrove, al servizio completo delle proprie diocesi, pronunciassero i voti religiosi secondo lo spirito dei Figli dell'Amore Misericordioso.

Si tratta di un progetto profetico, di un'esigenza che la Chiesa comincia a sentire sempre di più. Verrà il momento in cui la sentirà ancora di più perché il futuro della santità del sacerdote diocesano, il modo concreto di essere al servizio della Chiesa è la vita in comune con i voti emessi nelle mani del Vescovo. Questa è stata l'idea fissa della Madre Speranza nei riguardi dei sacerdoti diocesani. Ma c'è un cammino da vivere giorno per giorno. Tutto dipende dal saper creare fraternità, comprensione e assistenza, dall'essere vicini in tutte le maniere.

Possiamo anche dire che il Signore trova nei sacerdoti gli strumenti della Sua misericordia, del Suo Amore Misericordioso. Essi infatti, sentendosi perdonati per primi, sono in grado di manifestare la stessa misericordia agli altri. Infatti come arriva a tutti la misericordia del Signore, se non attraverso i sacerdoti? Ecco, noi sentiamo questo e vogliamo esprimerlo con il cuore della Madre: «che incendio di carità ci sarebbe, se il clero fosse più unito, se il clero diocesano fosse anche visibilmente una cosa sola, se la vita dei sacerdoti fosse più distaccata e concretamente più unita. Che bello sarebbe se essi, nel ritmo della preghiera comune, fossero un esempio di unità, di fraternità e di dedizione totale all'apostolato?». Certo tutto questo ha un sapore profetico; nella realtà questo ancora non c'è, se non nei propositi verbali e nelle buone intenzioni.

Intanto le nostre case sono punti di riferimento, luoghi di vera fraternità, di vera accoglienza, dove i sacerdoti diocesani e anche religiosi si sentono accolti. Io ho vissuto molti anni a Collevalenza e ho potuto constatare quanti sacerdoti sono passati tra noi, forse migliaia. Essi si sono sentiti accolti, si sono riconciliati spiritualmente e materialmente. La Madre Speranza a Collevalenza ha voluto pure un centro di accoglienza per i sacerdoti anziani e non completamente autonomi. Altrove le nostre Comunità cercano di realizzare case di accoglienza secondo le necessità delle singole diocesi, il nostro lavoro infatti si inserisce nella pastorale diocesana; spesso non si possono fare grandi cose come a Collevalenza, ma lo spirito è sempre lo stesso. La Comunità del Santuario ha fatto un grande lavoro di aggiornamento teologico, sia nei primi anni del Concilio sia successivamente ed ha sempre cercato di essere al passo con i tempi, inserendosi nelle linee pastorali tracciate dalla Chiesa italiana. Da anni ormai Collevalenza è un centro di incontro non solo per i sacerdoti, ma anche per i Vescovi di tutta Italia, che vi convengono per discutere le attività e i documenti pastorali più significativi. Certo, l'atmosfera di Collevalenza ormai è unica; la venuta del Santo Padre, le riunioni dell'Episcopato italiano e l'intenso lavoro con i sacerdoti ne hanno fatto un luogo speciale in Italia.

Presso il Santuario dell'Amore Misericordioso, dove si avverte ancora la presenza viva della Madre, i sacerdoti si accorgono di trovarsi in un luogo privilegiato. Ma si cerca di lavorare bene anche nelle altre case della nostra Congregazione. A Perugia, ad esempio, accogliamo moltissimi sacerdoti di ogni parte del mondo che si fermano con noi per alcuni mesi, il tempo per imparare un po' di italiano presso l'Università per stranieri. Con noi convivono anche l'Arcivescovo di Perugia e il Vescovo emerito di Città di Castello. La nostra Comunità religiosa cerca di dare l'esempio nella preghiera e nel lavoro. I sacerdoti di passaggio mostrano di apprezzare i nostri sforzi. Mi è capitato di sentire un sacerdote polacco che, parlando al telefono con un connazionale, diceva di trovarsi bene, esattamente come in famiglia. Credo che questo sia ciò che la Madre voleva per i sacerdoti, attraverso di noi, non per carità, ma per giustizia.

Questo ritengo sia il nostro fine principale, la nostra via di santificazione: fare comunità con i sacerdoti, secondo l'insegnamento del Concilio e dei nostri Vescovi.

 

 

Grazie a padre Ignazi che ci ha fatto conoscere in maniera concreta alcuni esempi di vita comune con i sacerdoti, come egli ha detto per la carità di tutti.