Karol  Wojtyla

IL FRATELLO DEL NOSTRO DIO

INTRODUZIONE

Il dramma da cui sono stati tratti i brani che Vi presentiamo è intitolato "Il fratello del nostro Dio" e venne scritto nel 1949 da Karol Wojtyla, un sacerdote ordinato da poco. Il protagonista del dramma è un personaggio realmente esistito, Adam Chmielowski, vissuto in Polonia negli anni 1845 - 1916. Egli nel gennaio 1863 partecipò all'insurrezione contro i Moscoviti durante la quale rimase ferito e perse un piede. In seguito studiò pittura a Parigi, a Monaco, a Varsavia e divenne famoso come pittore e critico d'arte. Mentre si trovava all'apice della sua carriera artistica, abbandonò improvvisamente tutto (bruciò anche alcuni dei suoi quadri) e cominciò a vivere insieme ai mendicanti ed agli emarginati della città di Cracovia. Per aiutare i poveri fondò la Compagnia dei Frati Albertini, che da lui, divenuto ormai per tutti Frate Alberto, prese il nome.

Nel dramma possiamo seguire le varie tappe dell'itinerario spirituale di Adam Chmielowski - poi Fratel Alberto - itinerario contrassegnato dalla ricerca del vero volto di Dio, prima nell'arte poi negli uomini. Ed è percorrendo una tale strada che egli si accorge che cercare Dio negli uomini vuol dire servire gli uomini con amore e realizzare così la misericordia. Nel suo difficile cammino egli si imbatte anche in un rivoluzionario (ricordiamo che sono i primi anni del nostro secolo) che rappresenta nel dramma il rifiuto totale di ogni forma di attività caritativa, di ogni forma di misericordia, sopratutto quella fatta nel nome del cristianesimo. Il Rivoluzionario vede nei poveri solo la miseria materiale ed il senso di rivalsa che essi possono provare e vuole sfruttare la loro ira per distruggere l'ordine sociale.

Il giovane pittore del dramma di Wojtyla, combattuto fra l'ira e la misericordia superficiale, sceglie la croce, cioè la libertà. Una tale scelta non comporta necessariamente il rifiuto dell'ira e della misericordia. La croce è quel punto dove l'infinito amore di Dio si incontra con l'infinita miseria dell'uomo. Nella luce che scaturisce dalla croce, Fratel Alberto riesce persino ad accogliere l'ira e vuole educarla per rendere gli uomini coscienti della loro vocazione di figli di Dio, eredi di quell'Uomo "che è diventato Figlio". La misericordia di Fratel Alberto è radicata nella comunione con Cristo, nell'intima unione con Colui che è sorgente e modello di ogni amore e di ogni misericordia.

Per capire meglio il concetto della misericordia di Fratel Alberto bisogna leggere l'Enciclica Dives in Misericordia dove l'autore del dramma ci offre il frutto maturo dell'intuizione giovanile.

KAROL WOJTYLA

"IL FRATELLO DEL NOSTRO DIO"

Adam Chmielowski, giovane e già famoso pittore, non è più soddisfatto della sua attività artistica. Allora si mette a cercare il modo di servire gli uomini non solo con l'intelligenza, ma anche con il cuore.

ADAM Qui si tratta dell'Uomo

- di un uomo come me -

che è diventato Figlio...

C'è un altro che sta parlando oltre a me...

Ma la cosa peggiore è che non riesco a distinguere

chi è che sta parlando: io o l'altro.

CONFESSORE Naturalmente, perché in te predomina l'intelligenza.

ADAM No, ti sbagli, io mi abbandono a quell'amore che mi costituisce.

CONFESSORE Voi lo chiamate amore, ma per me è solo un peso

intollerabile che grava in modo insopportabile sulla

possibilità di conoscere. È come una distruzione, un

annacquamento, una deformazione, una lussazione

della coscienza.

Capisci? Ciò vuol dire cancellare la conoscenza. E

voi lo chiamate amore... Intuisci ciò che ti voglio

dire? Voi chiamate amore questo confondere il quadro,

questo sbagliarlo, velarlo, romperlo, distruggerlo.

Bruciarlo!!

ADAM Conosco in modo particolare una Forza che mi sovrasta.

Che mi oltrepassa infinitamente con amore. Non riesco

a reggere una tensione così grande e questo mi fa

vergognare, mi umilia, ma nello stesso tempo mi guida,

mi permette di crescere....

Adam sta meditando davanti al suo quadro "Ecce Homo" in cui ha raffigurato Cristo Sofferente. Si accorge d'un tratto che è proprio il Cristo Incoronato di Spine la vera immagine dell'amore per gli uomini, la vera immagine della misericordia. ADAM (davanti al suo quadro "Ecce Homo")

Sei però terribilmente dissimile da quello. Chi sei?

Ti sei logorato in ogni uomo.

Ti sei affaticato mortalmente.

Ti hanno distrutto.

E questo si chiama Misericordia.

Nonostante tutto sei rimasto bello;

Il più bello dei figli degli uomini.

Una tale bellezza non si è più ripetuta.

Oh, quanto difficile bellezza, quanto difficile....

Una tale bellezza si chiama Misericordia.

Adam scopre la bellezza dell'uomo non solo sulla tela, ma anche nella realtà concreta della Città di Cracovia; per questo si reca sempre più spesso nel dormitorio pubblico per aiutare i poveri. Lì incontra un altro uomo che però non viene tanto per aiutare quanto per proclamare la necessità di una rivoluzione radicale che dovrebbe migliorare la situazione dei poveri, distruggendo l'attuale ordine sociale.

RIVOLUZIONARIO (ai poveri)

La cosa peggiore è che vogliono convincervi che

tutto ciò che avete non vi spetta. Tutto questo

"niente" che avete non vi spetta: che ciò che avete

o che non avete è per grazia, è frutto della

misericordia. Non attendete la misericordia! La

misericordia per voi e umiliante. Non ne avete

bisogno. Dovete capire che tutto vi spetta di diritto!

Niente è per grazia, per beneficenza! La

misericordia è una lugubre ombra nella quale un

misterioso, incomprensibile riccone cerca di

nascondere il suo vero volto e nello stesso tempo

cerca di far sprofondare tutti voi e la vostra

giusta causa, la vostra ira. Guardatevi dagli

apostoli della misericordia! Sono i vostri nemici!

Sono venuto per dimostrarvi che ci preoccupiamo per

voi, che lottiamo per i vostri diritti e che c'è

bisogno ancora solo della vostra ira.

ADAM Penso che pochi siano quelli che riescono a rialzarsi

da soli, sorretti unicamente dalla forza della propria

ira, dalla forza dell'amarezza, dell'ingiustizia.

Mi capisce?...

La miseria dell'uomo è più grande di tutte le sue

ricchezze.

RIVOLUZIONARIO Quest'affermazione è pazzesca!

ADAM Può darsi che sia pazzesca, ma è sempre una verità.

La miseria dell'uomo è molto più profonda di tutte

quelle ricchezze di cui lei parlava, di tutte quelle

ricchezze che possono conquistare solo con la forza

della propria ira.

RIVOLUZIONARIO Intuisco ciò di cui lei sta parlando. Intuisco e non credo.

ADAM Proprio questo è il punto! Vede, è proprio questo il

punto: io al contrario - credo e so. Signor caro,

signor caro.... il problema non è che alcuni siano

nella miseria e altri no.

RIVOLUZIONARIO Secondo lei allora tutto deve restare così com'è?

ADAM No, non è vero! Io sono certo, credo e so che tutti

gli uomini possono conquistare tutti i tipi di

ricchezza. Tutte le ricchezze, anche quelle più

grandi. Ma per fare questo non è sufficiente l'ira,

è necessaria la Misericordia.

RIVOLUZIONARIO Ma lei non immagina allora come aumenti la sua

responsabilità per tutta quell'energia dell'ira che

va sprecata, e sprecata coscientemente.

ADAM Coscientemente io voglio soltanto educare questa ira.

Infatti una cosa è educare la giusta ira, far sì che

maturi e si riveli come forza creativa e un'altra è

sfruttarla, servirsene come di una materia prima

abusandone.

RIVOLUZIONARIO Sì, sì lei la educherà per poi soffocare tutta la

sua potenza. Ma questa volta non si riuscità più a

fare ciò. Questa volta l'ira ha superato i livelli di

guardia.

ADAM Signor caro, signor caro.... ma lei non ha mai cercato

di intuire l'immensità delle ricchezze materiali e

spirituali alle quali è chiamato l'uomo? E tutta

quella moltitudine di persone prostrate ed assetate

parla a lei solo con la forza dell'ira? Non si può

pensare usando solo un frammento di verità, la

verità bisogna prenderla tutta intera.

Ma i poveri non seguono il Rivoluzionario. Adam capisce con chiarezza che accettare "la verità tutta intera" vuol dire per lui dedicarsi totalmente ai poveri. Così il pittore va a vivere nel dormitorio e poi diviene Fratel Alberto, uno dei frati della Congregazione da lui fondata.

Un giorno, va da Fratel Alberto, ormai vecchio, un musicista che vuole diventare frate Albertino. Parlando con lui Chmielowski spiega i motivi della sua scelta e gli rivela alcune sue esperienze giovanili di cui non aveva mai parlato.

FRATEL ALBERTO Non si può giudicare limitandosi ad osservare i

fenomeni in superficie. Tu ti ricordi come il vecchio

Isacco si sia sbagliato e abbia scelto male fra

Giacobbe ed Esaù. Non si può giudicare secondo i

travestimenti che l'uomo indossa durante la sua vita.

Qui si tratta solo di comprendere se lei sia stato

scelto.

MUSICISTA Come accorgersene?

FRATEL ALBERTO Innanzi tutto bisogna avere una nuova visione del

mondo. Lei non ce l'ha. Perché questa è la

differenza, mio caro signore: questa è la differenza.

Una cosa è giudicare il mondo con le misure che

valutano i vari toni musicali - e questo è molto

interessante, molto bello, splendido - un'altra cosa

è vedere il mondo nella sua dimensione di miseria e

di viltà e sapere, sapere con precisione il punto in

cui Dio si incontra con tutto questo, sapere quale

miseria lo avvicina agli uomini e quale lo allontana.

MUSICISTA Mi sembra che potrei dare un giudizio del genere.

FRATEL ALBERTO Con quali criteri? Con quelli dell'errata visione

musicale? Lei conosce almeno qual'è la vera miseria

dell'uomo davanti a Dio? Un tale miseria non si deve

cercare ai confini dell'uomo o nei suoi dintorni.

Essa si trova dentro di lui, precisamente in quel

luogo nel quale egli dovrebbe cominciare la sua vera

elevazione.

MUSICISTA Sì, intuisco di cosa il Frate stia parlando: il

significato delle contraddizioni.

FRATEL ALBERTO Noi di solito giudichiamo male: la misericordia e

l'ingiustizia hanno un significato diverso da quello

che noi diamo loro. La misericordia e l'ingiustizia

non cominciano dove di solito noi supponiamo.... Ma

per vedere questo bisogna avere quella nuova visione.

Se manca questa, si commetteranno sempre delle

sciocchezze.

Poco prima della sua morte Fratel Alberto parla con i suoi confratelli per confortarli nella loro vocazione che si fonda sulla realizzazione della misericordia cristiana.

FRATEL ALBERTO Fratelli miei. Vi ho tolto tutto. Vi ho chiesto tutto.

Non vi ho illuso con nessuna promessa. Non so, se

avevo il diritto di fare una cosa del genere. E

inoltre ho messo un giogo sulle vostre spalle. Ma ho

cercato di poggiarlo nel profondo, dentro ognuno di

voi, lì dove l'odio del peso maledetto dovrebbe

trasformarsi in amore. Vi siete certamente accorti che

sto parlando della croce, della nostra comune croce

che è la trasformazione della caduta dell'uomo nel

bene e della sua schiavitù in libertà....

Sapevo però di non essere da solo. In ognuno di voi

"sapevo" della miseria e di lui. Per tanto tempo la

miseria umana è stata così lontana da Dio; con

tutte le mie forze cercavo di avvicinare l'uno

all'altro dentro di voi. Prima c'eravate voi,

miserabili, e sulla vostra miseria si estendeva il

vuoto; ma dal momento in cui il misero si avvicina a

Dio, la sua caduta si trasforma in croce; la sua

schiavitù in libertà.

Sono sicuro di aver scelto la più grande libertà! Il dramma è stato scritto in Polonia dopo la guerra, in quegli anni in cui era in atto una rivoluzione "forzata", cioè si cercava di costruire il nuovo ordine sociale senza l'amore e senza la misericordia cristiana. Si voleva costruire anche un uomo nuovo, a partire dalla totale negazione della verità dell'uomo, cioè di quella verità che costituisce la sua tradizione. L'autore del dramma si è venuto formando nella tradizione della libertà che è indissolubilmente legata alla verità dell'uomo, vale a dire nella tradizione dell'amore a questa libertà e nella tradizione della misericordia verso l'uomo. Per una tradizione così, una rivoluzione, che non implica la metanoia culturale e morale dell'uomo, resta sempre un elemento estraneo. L'esperienza di quella tradizione ha invece un valore universale. Non è casuale allora che la Provvidenza divina l'abbia ritirata fuori dal tesoro della tradizione cristiana. E noi possiamo ritrovarla nell'Enciclica "Dives in Misericordia", di cui riportiamo i seguenti passaggi che costituiscono uno sviluppo dei temi del dramma.

"Il significato vero e proprio della misericordia non

consiste soltanto nello sguardo, fosse pure il più

penetrante e compassionevole, rivolto verso il male

morale, fisico o materiale: la misericordia si

manifesta nel suo aspetto vero e proprio, quando

rivaluta, promuove e trae il bene da tutte le forme di

male, esistenti nel mondo e nell'uomo. Così intesa,

essa costituisce il contenuto fondamentale del

messaggio messianico di Cristo e la forza costitutiva

della sua missione. Allo stesso modo intendevano e

praticavano la misericordia i suoi discepoli e

seguaci. Essa non cessò mai di rivelarsi, nei loro

cuori e nelle loro azioni, come una verifica

particolarmente creatrice dell'amore che non si lascia

"vincere dal male", ma vince "con il bene il male".

Occorre che il volto genuino della misericordia sia

sempre nuovamente svelato. Nonostante molteplici

pregiudizi, essa appare particolarmente necessaria ai

nostri tempi" (DM, IV, 6).

"Che cosa, dunque, ci dice la croce di Cristo, che è,

in un certo senso, l'ultima parola del suo messaggio e

della sua missione messianica? - Eppure, questa non è

ancora l'ultima parola di Dio dell'alleanza: essa

sarà pronunciata in quell'alba, quando prima le donne

e poi gli Apostoli, venuti al sepolcro di Cristo

crocifisso, vedranno la tomba vuota e sentiranno per

la prima volta l'annuncio: "È risorto". Essi lo

ripeteranno agli altri e saranno testimoni del Cristo

risorto. Tuttavia, anche in questa glorificazione del

Figlio di Dio continua ad esser presente la croce, la

quale - attraverso tutta la testimonianza messianica

dell'Uomo-Figlio, che su di essa ha subito la morte -

parla e non cessa mai di parlare di Dio-Padre, che è

assolutamente fedele al suo eterno amore verso l'uomo,

poiché "ha tanto amato il mondo - quindi l'uomo nel

mondo - da dare il suo Figlio unigenito, perché

chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita

eterna". Credere nel Figlio crocifisso significa

"vedere il Padre", significa credere che l'amore è

presente nel mondo e che questo amore è più potente

di ogni genere di male, in cui l'uomo, l'umanità, il

mondo sono coinvolti. Credere in tale amore significa

credere nella misericordia. Questa, infatti, è la

dimensione indispensabile dell'amore, è come il suo

secondo nome, al tempo stesso, è il modo specifico

della sua rivelazione ed attuazione nei confronti

della realtà del male che è nel mondo, che tocca e

assedia l'uomo, che si insinua anche nel suo cuore e

può farlo "perire nella Geenna". (DM, V, 7).