Giovanni Giorgianni

DIVES IN MISERICORDIA

Alcune settimane fa ho incontrato una signora ebrea, la quale in poche battute mi raccontò la storia drammatica della sua vita e poi disse queste parole: "Io mi sforzo di agire bene, perché nella Bibbia sta scritto che Dio vendica le colpe dei genitori sui figli e io non voglio che il mio unico figlio debba soffrire per causa mia".

Le ho detto allora che Gesù, un figlio del suo popolo, aveva rivelato un'altra immagine di Dio, quella di un Padre che ama, ricco di misericordia, che ci ha amato per primo in modo personale. I nostri genitori hanno voluto un figlio o una figlia. Dio, creandoci, ha voluto noi, personalmente, all'esistenza. Le ho ricordato che anche il profeta Isaia parla dell'amore di Dio, più grande di quello di una madre: "Può mai una madre scordarsi della sua creatura? Ma anche se una tale donna esiste, io non mi scorderò mai di voi".

Quella donna mi guardava con gli occhi lucidi e disse: "Se potessi credere questo, la mia vita cambierebbe. Sarei felice".

Penso, miei cari amici, che la nostra missione di annunciare l'amore misericordioso di Dio, abbia il compito di dare un contributo essenziale alla gioia del mondo. L'umanità ha bisogno di gioia, non come un mezzo per alleviare le sue ansie passeggere, ma come un dono che le faccia capire finalmente il senso della vita e della morte, la orienti e la sostenga nel grande pellegrinaggio verso le sponde eterne tormentato dal dolore e dal peccato.

Il dolore ha un volto innumerevole e morde tutte le creature umane che piangono e chiedono: perché? Il dolore diventa più inconsolabile, perché spesso è frutto del male che inquina le coscienze, grava di rimorsi e dell'incubo del castigo. E su tutto, l'angoscia di finire, il mistero di un oltretomba oscillante fra il dubbio del nulla e il timore del giustiziere.

Noi siamo chiamati a proclamare la buona notizia che Cristo è venuto a rivelarci, ad annunciare che Dio è amore, come vi ha detto il Papa nella sua visita dello scorso anno: "Dio è Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile, come se Lui potesse essere felice senza di loro. L'uomo, il più perverso, il più miserabile ed infine, il più perduto, è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui padre e una tenera madre".

Dobbiamo annunciare questa verità prima di tutto al nostro cuore, perché anche il nostro cuore, angustiato dai problemi esistenziali, afflitto dalle pene, dai rimorsi, dalla certezza di dover morire, possa riposare nella infinita pace di Dio amore, che è più grande di tutto, come scriveva San Giovanni: "Anche se il tuo cuore ti condanna, Dio è più grande del tuo cuore".

So bene, miei cari amici, che non debbo ricordare queste verità a voi che nell'amore misericordioso del nostro Dio avete fatto una vocazione di vita. Le ripeto all'inizio di questo incontro, come un fraterno saluto, come espressione di una gioia comune che alimenta la nostra gratitudine e il nostro lavoro.

Siamo chiamati a vivere in modo coerente a questa fede nell'amore perché siamo chiamati ad esserne testimoni e strumenti.

"Se potessi credere questo, sarei felice", diceva quella donna. Aveva capito il valore del messaggio. E noi? Bernanos fa dire queste parole a un ateo che si rivolge ai cristiani: "Che ne avete fatto della vostra gioia?".

Miei cari amici, che ne abbiamo fatto che ne facciamo della nostra gioia? Della gioia di credere Dio-Amore? Se ne accorge Dio, se ne accorgono gli uomini che siamo felici perché Dio ci ama?

Sentiamo il carico immenso di questa umanità angosciata, sentiamo il compito sublime di portare la gioia con la certezza dell'Amore Misericordioso del nostro Dio. "Che hai dato al tuo fratello?" ci chiederà il Signore.

Oggi, molti sono preoccupati di dargli pane, giustizia, cultura, dignità. Tutto bello, tutto giusto, tutto necessario. Ma non tutti sono chiamati a tutto. Ognuno ha il suo compito. Noi siamo chiamati a dare la gioia dell'amore misericordioso. E in questo gli uomini troveranno tutto quello che cercano e di cui hanno bisogno. "Cercate prima il regno di Dio e il resto vi sarà dato in sovrappiù". Sono parole di Cristo.

Gli apostoli, all'inizio, si trovarono dinanzi a un mondo che in fatto d'ingiustizie e di prepotenze non aveva nulla da invidiare al nostro mondo di oggi. E intanto, non cominciarono col fare della sociologia, ma annunziarono il regno di Dio; non organizzarono scioperi e rivoluzioni, ma predicarono Cristo, Cristo crocifisso e risorto.

Allo stesso tempo però s'interessarono all'uomo, figlio di Dio, sede di diritto e di dignità, oggetto dell'amore misericordioso del Padre.

In questo intreccio di amore e di grazia, anche noi aiuteremo la salvezza dell'uomo.

Termino con il ricordo di un altro episodio personale. Qualche tempo fa, mi sono trovato insieme con alcuni confratelli a parlare con un gruppo di persone che si dicevano atee. Si discuteva della guerra e della pace, delle difficili condizioni in cui vive l'umanità oggi. Qualcuno di noi suggerì che i governanti prendano qualche iniziativa originale, non fondata sul sospetto e la fiducia gli uni degli altri, ma sull'amore dell'uomo. Uno degli interlocutori rispose: "E' utopia".

Abbiamo insistito dicendo che l'uomo, l'individuo umano è quello che porta il peso del vivere, è colui che soffre, gioisce e muore ed è quindi necessario orientare tutta l'azione comune, quella politica, soprattutto al suo benessere. A questo punto una giovane donna, una russa, atea anche lei, esclamò commossa: "Questo mi fa sentire vicina a Dio!".

Miei cari amici, San Giovanni diceva: "Come puoi amare Dio che non vedi, se non ami il fratello che vedi?"

Appunto, con l'amore dell'uomo approdiamo all'amore di Dio, come con l'amore misericordioso di Dio nel cuore diventiamo strumenti di salvezza per l'uomo. Così, come un pugno di lievito, l'anima che crede all'amore trasforma l'umanità e la sua storia.