Leonardo Boff

LA CHIESA NELLA VESTE DEL BUON SAMARITANO CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'AMERICA LATINA

 

La parabola del buon samaritano (1) descrive in termini estremamente concreti quale deve essere la missione della Chiesa nell'America Latina (2). La missione significa sempre un servizio agli uomini, specialmente come quelli della parabola, ai caduti e semimorti. (Lc 10, 30). Questa fu pure la missione di Gesù, il Figlio di Dio: liberare gli oppressi (Lc 4, 17-21; 7, 23; Mt 9, 35; Mc 7, 37; At 10, 38), curare gli ammalati (Lc 5, 26) e perdonare i peccatori (Mt 9, 13). Egli venne per servire (Mt 20, 28), venne affinché possedessimo la vita e vita in abbondanza (Giov. 10, 10). La Chiesa trova il senso della sua esistenza nella continuazione di questo servizio di Gesù a tutti gli uomini, particolarmente, agli umiliati e offesi della nostra storia.

La parabola del buon samaritano ci indica il punto dove dobbiamo pensare e vivere la missione. Non partendo dalla chiesa stessa, ma partendo dall'altro, dal più distante, cioè, nella terminologia della parabola, dallo spogliato (Lc 10, 30). Ella deve fare del più distante un prossimo, del prossimo un fratello e del fratello un figlio di Dio.

Definire la missione partendo da se stesso configura l'atteggiamento del fariseo; egli interroga: "chi è il mio prossimo"? (Lc 10, 29). Chi devo amare e chi no? La missione significa in questo senso un'ampliamento di se stesso; non realizza una esperienza abramica di uscita di se in direzione dell'altro come tale.

Gesú inverte la questione: definisce la missione partendo dal ferito e semimorto. Chi è il prossimo del caduto nella strada (Lc 10, 36)? E' ciascuno che si avvicina a lui e "ha avuto misericordia di lui" (Lc 10, 37). Pertanto, è colui che ha rotto il cerchio di se stesso e si ripiegò sull'altro abbandonato. Nel caso, fu il buon samaritano; in quel tempo, questi non era ritenuto come buono ma come eretico; però, da quel momento in poi sarà per sempre il buon samaritano, sebbene non appartenga all'ortodossia giudaica rappresentata dal sacerdote e dal levita, ortodossia che non li aiutò a compiere il più importante della Legge, l'avere misericordia (Mt 23,23). Per Gesù il prossimo è qualsiasi uomo al quale io mi avvicino. E devo avvicinarmi a tutti, persino ai nemici (Mt 5, 44), particolarmente ai poveri e spogliati che sono sul nostro cammino ("va e fa lo stesso": Lc 10, 37).

1. America Latina, continente spogliato, una sfida allo missione della chiesa.

Come la Chiesa compie la sua missione di buon samaritano nell'America Latina? Il Continente sudamericano vive una situazione come quella della parabola evangelica: fin dal suo scoprimento dipende da altri che lo spogliano, gli fanno violenza e lo lasciano semimorto (Lc 10, 30. 36) (3). Nel 1552 Bartolomeo de las Casas nella sua Brevissima relación de la destrucción de las Indias descriveva i due atteggiamenti basici dei colonizzatori: il primo sono "le guerre ingiuste, crudeli, sanguinarie e tiranniche". L'altro segue la stessa logica della violenza: "oppressione degli uomini con la più dura, orribile e aspra schiavitù sotto la quale, mai fino allora, uomini o animali poterono essere soggetti" (4). Esiste un lungo rapporto di ingiustizie e maltrattamenti perpetrati contro le civilizzazioni indigene, descritto dal vescovo domenicano del Guatemala Juan Ramirez (1601-1660). Prima di elencare le 17 forme di violenza, afferma che sono a un livello tale "che neppure un turco né un re moro deve averle inflitte ai cristiani, suoi nemici che stanno in Costantinopoli" (5). Mentre si celebrava il Concilio di Trento erano barbaramente distrutte le grandi culture-testimonio dell'America Centrale e del Messico al punto che, in 50 anni, la popolazione fu ridotta a una nona parte; nel 1532 si calcolava che esistessero nel Messico circa 27 milioni di indigeni; nel 1580 (Trento terminava nel 1563) rimanevano soltanto 3.500.000 (6). Nessuno dei vescovi latino-americani poté partecipare al Concilio di Trento perché la Chiesa latino-americana era considerata più proprietà della Corona che di Roma. I Padri Conciliari non dissero neppure una parola sul genocidio che fu perpetrato; come grande parte dei teologi del tempo, non si vedeva in questo peccato grave; in fondo si trattava di una eliminazione di pagani che immolavano altri pagani al dio Sole, come gli Aztecas.

La via-crucis latino-americana possiede troppe stazioni da non permetterci sia pure di sintetizzarle. Costatiamo soltanto che il colonialismo si è trasformato in neo-colonialismo e la schiavitù di ieri continua sotto altri emblemi e con altri signori fino ai giorni d'oggi. Riassumo con la constatazione patetica dei vescovi latino-americani a Puebla: "Dal cuore dei vari paesi che formano l'America Latina sta salendo al cielo un clamore sempre più impressionante. E' il grido di un popolo che soffre e che esige giustizia, libertà e rispetto dei diritti fondamentali degli uomini e dei poveri... Il clamore è nitido, crescente, impetuoso e, in certi casi, minaccioso" (n. 87 e 89) (7).

In una parola, un continente intero giace caduto sulla strada, vittima della spogliazione secolare. Fu la Chiesa suo prossimo? Certamente ella ha realizzato tutta la parabola di Gesù: fu pure sacerdote e levita che passarono al largo, insensibile, e complice della dominazione. I vescovi a Puebla confessano apertamente: "Nella Chiesa dell'America Latina, non tutti ci siamo compromessi abbastanza con i poveri: né sempre ci preoccupiamo con loro e siamo con loro solidali. Il servizio a favore del povero esige, infatti, una conversione e purificazione costanti..." (n. 1140). Tuttavia fu pure sin dall'inizio il buon samaritano. Innumerabili Concili provinciali come i limesi, i messicani, quelli di Santo Domingo, Santa Fè di Bogotà e di La Plata, così come innumerevoli vescovi Julián Garcés (1528-1542), Juán de Zumárraga (1528-1548), Vasgo de Quiroga (1538-1565), Bartolommé de las Casas (1544-1547), Antonio Valdivieso (1544-1550), Toribio de Mogrovejo (1581-1606) e tanti teologi e missionari come Anchieta e Vieira, in Brasile, José de Acosta nel Perú, Bernardino de Sahagún nel Messico, Antônio de Montesinos in Santo Domingo, incarnarono la figura del buon samaritano (8).

Diamo qui dettagli sulla forma con cui la Chiesa cerca attualmente realizzare la sua missione di misericordia e di solidarietà con le angosce e speranze dell'essere umano nell'America Latina.

2. Annunciare profeticamente il Vangelo.

Il servizio maggiore che la Chiesa presta all'uomo latino americano è annunciargli il Vangelo di Gesù Cristo (9). Servizio che si riassume nella proclamazione del Regno di Dio che significa la piena liberazione di tutta la creazione, umana e cosmica, dalle sue iniquità e la realizzazione integrale del disegno di Dio che è l'inserzione di tutto nella sua propria vita divina. Concretamente il Regno di Dio si traduce in una comunione di vita con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, in una fraternità con tutte le persone e nell'uso solidale dei beni della terra e di quelli prodotti dal lavoro umano. Questa buona-notizia è grazia di Dio che riceviamo con gratitudine. Accediamo a lei quando cambiamo vita e ci poniamo alla sequela di Gesú. Non soltanto Egli annunciò il Regno, ma lo ha pure concretizzato nella sua vita, nelle sue parole e nei suoi gesti. Tutta la sua esistenza fu un donarsi agli altri e una chiamata coraggiosa alla conversione. Conobbe la contraddizione e la persecuzione. Rigettato, accettò il martirio quale testimonianza suprema della sua fedeltà al Padre e agli uomini, specialmente ai poveri che considerava i primi destinatari del suo annuncio di gioia e di speranza (Lc 6, 20). La sua risurrezione ha mostrato il primo frutto definitivo del Regno, il nuovo uomo (cf. 1 Cor 15, 45; CL 3, 10; Ef 4, 24), e la possibilità reale di un nuovo cielo e di una nuova terra.

Gesú unisce sempre nella sua vita l'annuncio del Regno con la sua anticipazione concreta nella storia, cominciando dal più abbandonati (Lc 7, 22). Ugualmente la Chiesa nello stesso tempo in cui prolunga la speranza proclamata da Gesú, la realizza in gesti di liberazione dall'oppressione, di solidarietà con i deboli e di riattivazione di tutte le energie di bontà e di superamento dell'egoismo. Il Vangelo è esplicito: "nel vostro cammino predicate le parole: 'si avvicina il Regno dei cieli'; curate gli ammalati, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, scacciate i demoni" (Mt 10, 7-8). Qui si scopre l'unione fra la proclamazione e l'azione liberatrice. Gesú non solo predica, ma ha misericordia del popolo affamato e smarrito e lo alimenta a sazietà con pane e pesci (Lc 9, 11-17; Mc 6, 32-44).

Questo atteggiamento di Gesù costituisce il paradigma dell'azione samaritana della Chiesa: non soltanto evangelizza per mezzo della parola, ma aiuta a trasformare la realtà da cattiva a buona, alla luce del Vangelo. Solamente così il Vangelo è buona-notizia di verità per gli uomini.

Paolo VI nella "Evangelii Nuntiandi" (n. 30) lo afferma e il documento di Puebla lo ripete: "La Chiesa ha il dovere di annunciare la liberazione degli essere umani, fra i quali ci sono molti figli suoi; il dovere di aiutare la nascita di questa liberazione e dare testimonianza alla medesima, e far sí che sia totale; nulla di questo è estraneo all'evangelizzazione" (Puebla, n. 26). Si noti bene: non si dice semplicemente che è compito della Chiesa produrre la liberazione come se fosse un movimento rivoluzionario o una agenzia di promozione umana; la Chiesa aiuta nella liberazione; questo vuol dire: i soggetti della liberazione sono gli oppressi stessi che creano coscienza dei loro problemi, si organizzano e mobilitano nel senso di trasformare la società in direzione di una maggior giustizia e partecipazione. La Chiesa (la comunità dei cristiani) a tale causa porta il suo contributo specifico. E' in questo compromesso con l'evangelizzazione liberatrice che la Chiesa rivela la sua misericordia come il buon samaritano. Desidererei presentare solo tre pratiche della Chiesa latino-americana che concretizzano tale atteggiamento: (l) difendere e promuovere la vita minima; (2) difendere e promuovere i diritti dei poveri e (3) rivificare la Chiesa alla base come Popolo di Dio fra i popoli latino-americani. Tali punti mostrano, forse, l'originalità delle nostre Chiese. Con ragione ci disse il Papa Giovanni Paolo II nell'enciclica Dives in Misericordia: "E' necessario che il volto genuino della misericordia sia sempre rivelato in forme nuove" (n. 44). Penso che gli atteggiamenti riferiti rispondono a questa petizione papale.

3. Difendere e promuovere la vita minima.

La contraddizione delle società latino-americane è mondialmente conosciuta; nelle parole di Giovanni Paolo II: "la crescente ricchezza di alcuni corre parallela alla crescente miseria delle masse...; ricchi sempre più ricchi a costo dei poveri sempre più poveri" (Discorso inaugurale dell'Assemblea di Puebla, III, 4). Lo scandalo risiede nel fatto che le grandi maggioranze sono simultaneamente cristiane e povere. I ricchi dicono "Signore, Signore, ma non fanno la volontà di Dio" (Mt 7, 21) che è la vita dell'uomo. Correttamente insegna la Gaudium et Spes: "Il divorzio tra la fede evita quotidiana di molti, deve essere considerato come uno degli errori più gravi della nostra epoca" (n. 43); questo vale in modo particolare per i cristiani latino-americani che ricevettero una evangelizzazione insufficiente nei rapporti della responsabilità sociale e politica della fede (Puebla, 515).

Nella misura in cui i pastori sono entrati nella vita del popolo, si sono fatti partecipi delle sue oppressioni e della repressione subita da tutti i movimenti di cambiamento sociale. Hanno fatto la stessa esperienza di Gesú: "Misereor super turbas" (Mc 8, 2); hanno riscoperto profondamente i poveri "nella qualità di fratelli minori di Gesú" (Mt 25,40) (10). Questa situazione rappresenta una minaccia permanente alla vita del popolo. La missione della Chiesa consiste nell'aiutare a salvaguardare e a promuovere il minimo della vita umana e giusta (11). Ella deve agire come il padre del figlio prodigo, analizzata con tanta proprietà da Giovanni Paolo II nella sua enciclica Dives in Misericordia: salvare l'umanità degli uomini (n. 41, cf 98). Il fattore decisivo è la vita umana, infatti, costituisce il grande sacramento di Dio, essendo chiamata alla comunione con la vita divina. Questo ci fa ricordare la parola famosa di Las Casas: "Vale più un indio infedele ma vivo, che un indio cristiano però morto" (12); un'espressione somigliante a questa la troviamo nel teologo gesuita del Messico nel 1577, José de Acosta, nel suo trattato De procuranda indiorum salute (In difesa nella salvezza degl'Indi). L'evangelizzazione raccoglie la pratica di Gesú solamente nel caso che produca la vita, come Gesú la produsse; Egli è il "Verbo della vita, la vita che si manifestò" (1 Giov. 1,1-2); il Dio cristiano che è un Dio della vita e che chiama i morti alla vita (cf. Rm 4, 17), riceve una vera testimonianza solo quando la vita viene sempre difesa e promossa sia pure nel suo grado minimo di dignità. La grande sfida della Chiesa latino-americana risiede nel denunciare il sistema sociale di morte e porgere aiuto alla gestazione di una società che generi vita, anche se minimamente umana, per tutti, ma specialmente per le grandi maggioranze impoverite. Questa coscienza della Chiesa si è materializzata in due grandi opzioni: nella opzione preferenziale per i poveri e nell'opzione per la loro liberazione integrale. Consideriamole rapidamente:

a) Opzione preferenziale per i poveri contro l'ingiustizia sociale

Quando si parla dei poveri nell'espressione "opzione preferenziale per i poveri" si deve intendere la parola povertà nel senso che Puebla le conferisce. La realtà della povertà è considerata come "il più devastatore e umiliante flagello" (n. 29), "non una tappa casuale, ma un prodotto di determinate situazioni e strutture economiche, sociali e politiche" (n. 30). La parola povero possiede un senso storico concreto e non spirituale e metaforico, un senso reale come quello della parabola del buon samaritano" che cadde nelle mani dei ladri e fu lasciato semimorto (Lc 10, 30.36). A nessuno passerebbe per la testa l'idea di dire che lì Io spogliato e ferito Io è solo spiritualmente. Così l'opzione della Chiesa per i poveri significa una opzione per quelli che sono fatti poveri ingiustamente, pertanto, gl'impoveriti (13). Questa attenzione per i poveri, indipendentemente dalla fede e dal Vangelo, possiede una dignità in se stessa, sebbene, come nel caso della parabola evangelica, si tratti di un eretico. Portare soccorso al ferito, specialmente quando questo ferito è tutta una classe sociale sfruttata e diminuita nella sua vita e dignità come nell'America Latina, implica una denuncia contro l'ingiustizia sociale, produttrice della povertà e una testimonianza in favore della vita, anche se minimamente umana, ad essere prodotta per tutti, particolarmente per i semimorti. Oltre a questa ragione semplicemente umanitaria, la comunità cristiana possiede altri motivi per optare in favore dei poveri.

In primo luogo si tratta di una opzione divina. La ragione di questa preferenza risiede nella stessa natura di Dio. Egli è un Dio vivo, un Dio della vita e donatore della vita. Quando qualcuno è minacciato nella sua vita, Dio prende la sua difesa, per proteggere e promuovere la vita. Una Chiesa che difende la vita e aiuta a creare condizioni per farla nascere, rende a Dio la più gradevole liturgia. "Opta per la vita e vivrai" (Dt 30, 19).

In secondo luogo, dobbiamo vedere in questo una opzione di Gesú.

Il Papa Giovanni Paolo II ce lo ha ricordato a Puebla: "l'impegno di Gesú fu in favore dei piú necessitati (Discorso inaugurale, n. 111, 3). La realizzazione del Regno comincia partendo dai poveri (Lc 6, 20). Un vescovo che non è "defensor et procurator pauperum" tradisce parte sostanziale della pratica di Gesú, il Buon Pastore e Buon Samaritano.

Finalmente è una opzione apostolica, infatti, sin dai primordi della evangelizzazione i poveri ricevettero la sollecitudine degli Apostoli così pure di Paolo (cf. At 3, 44-45; 4, 24; GI 2, 10; At 11, 29-30).

L'aggettivo "preferenziale" non mira soltanto a salvaguardare la cattolicità essenziale della fede (aperta a tutti) ma vuole anche stabilire un certo ordine di priorità nella premura e nell'amore misericordioso da parte della Chiesa: amare tutti partendo dall'amore ai poveri. Che i ricchi facciano la loro opzione per i poveri, per la loro causa, per la loro vita e loro giustizia; che i poveri optino per altri poveri e persino per i più poveri di loro. Così, tutti sono situati in questa ottica; l'apparente parzialità di questa opzione preferenziale apre il cammino a una forma concreta dell'amore cristiano universale.

Abbiamo nel Brasile un esempio eloquente di una opzione per i più poveri, che fu causa di una promozione di vita nel senso bíblico più genuino. Gl'indi Tapirapé nell'interno del paese erano in un processo di sterminio per il contatto con le malattie dei bianchi. Decisero di non avere più figli e morire. Circa trent'anni fa sono venute in Brasile le Piccole Sorelle di Gesú. Hanno fatto la loro opzione per i più abbandonati. Sono andate ad abitare fra gl'indi Tapirapé. Il loro obiettivo era questo: che loro prendessero coscienza della loro identità e ritornassero ad amare la vita. All'inizio le Piccole Sorelle abitavano fuori dell'aldea e visitavano gli indigeni, annunciando loro il Vangelo. In seguito si sono avvicinate ancor di più: cominciarono a prender parte dei loro lavori nella selva, e nella piantagione: finalmente sono andate ad abitare in mezzo a loro. La fiducia fu così grande che consideravano le Piccole Sorelle come membri della tribù. Il servizio disinteressato e l'appoggio alla loro causa contro lo sfruttamento dei padroni di aziende ha dato loro coraggio. Ed essi cominciarono a procreare. Oggi è una tribù forte e piena di bambini sorridenti. Il Vangelo in forma di comunione di vita e come vivenza di fraternità ha ridato loro la benedizione della vita.

Per fare fronte alla disoccupazione e alla fame che affligge migliaia di famiglie a S. Paolo le comunità ecclesiali di base hanno organizzato il progetto cinque-due. Il nome deriva dalla moltiplicazione di cinque pani e due pesci operata da Gesú per saziare il popolo affamato (cf. Mc 6, 30-44 par). Cinque famiglie che non sono disoccupate si compromettono a distribuire alimenti di prima necessità a due famiglie che hanno disoccupati. E' una forma di attualizzazione della parabola del buon samaritano nelle condizioni di una città operaia moderna.

b) Opzione per la liberazione integrale dei poveri

Soltanto opta effettivamente per i poveri chi lotta contro la loro povertà che configura un peccato sociale (Puebla, n. 28). In primo luogo la Chiesa discerne nelle lotte dei poveri per trasformare la loro situazione, la presenza di beni del Regno di Dio, nonostante la possibile presenza di distorsioni e persino di peccato: partecipazione, creazione di relazioni più giuste e di solidarietà. In seguito, cerca di scoprire dai contesti biblici (per esempio dall'Esodo, dal compromesso dei Profeti per la giustizia e per i poveri), ma specialmente dalle parole e dalla pratica di Gesú tutti i contenuti esplicitamente liberatori. Con questo non si vuole ridurre la fede soltanto a questa dimensione sociale e liberatoria, ma non disattendere tale dimensione, perché rafforza l'impegno dei cristiani nei rapporti dei loro fratelli poveri, aiutandoli a superare i livelli di disumanità che persistono. Questa liberazione costituisce un processo aperto che coinvolge l'uomo intero e tutti gli uomini; per questo si dice che è integrale; non è pertanto solo spirituale, del peccato notorio che ci separa da Dio, ma è anche economica, politica, sociale e pedagogica (14). In queste dimensioni può esserci grazia - e allora si concretizza storicamente il Regno -; mentre il peccato nega il senso della storia e il progetto di Dio (Puebla, n. 483; 515). In questo compromesso per la liberazione integrale, i cristiani si servono degli strumenti di liberazione del popolo oppresso: sindacali, associazioni di quartiere, movimento in difesa dei favellati, gruppi di riflessione e di azione sociale. La Chiesa stessa ha creato organismi legati alle Conferenze Nazionali, che hanno come obiettivo diretto l'appoggio e la difesa dei poveri. In questo senso in Brasile funziona con grande efficacia la Commissione di Pastorale della Terra (CPT), la Commissione Indigenista Missionaria (CIMI), Commissione di Giustizia e Pace, Unione e Coscienza Negra, organismi che non difendono gl'interessi corporativi della Chiesa, ma quelli dei poveri.

Per causa dell'impegno di liberazione, la nostra Chiesa latino-americana conosce la diffamazione, la persecuzione, la tortura di molti dei suoi membri. Possiede innumerevoli martiri fra i vescovi come Romero e Angelelli, fra i sacerdoti, religiosi e laici. La beatitudine della persecuzione costituisce un segnale inequivoco del carattere evangelico e della verità di questo atteggiamento dei cristiani (15).

4. Difendere e promuovere i diritti dei poveri.

Le società democratiche moderne sono fondate sul riconoscimento dei diritti e della dignità della persona umana. Ciò nonostante, grazie alla matrice liberale, i diritti sono pensati e vissuti individualisticamente senza un'articolazione adeguata alla responsabilità sociale.

I diritti più richiamati sono quelli che interessano direttamente gli strati privilegiati della società: diritto di pensiero, di espressione, di religione, di proprietà. Nell'America Latina, nell'ambito del regime di Sicurezza Nazionale, in nome della difesa della proprietà privata e del Capitale, sono stati violati sistematicamente tutti gli altri diritti: il diritto alla libertà di riunione, di organizzazione politica di partito, di stampa e comunicazione. In quasi tutti i paesi le Chiese hanno assunto una funzione profetica, con l'imprestare la loro voce a chi non aveva voce né opportunità, denunciando le torture, le scomparse e gli assassinati politici. Puebla lo riconosce: la lotta in favore dei diritti umani rappresenta "un imperativo originale di quest'ora di Dio nel nostro Continente" (n. 320), perché costituisce "parte integrante" di tutta l'evangelizzazione (n. 1254; 1283).

Tuttavia, l'opzione preferenziale e solidale in rapporto ai poveri condusse la Chiesa a dar priorità ai diritti umani. In primo luogo devono essere salvaguardati i diritti delle grandi maggioranze che sono povere (16). Per questo l'impegno in favore dei diritti di tutte le persone deve cominciare con i diritti fondamentali che riguardano principalmente i poveri: diritto alla vita e ai mezzi per vivere, come la salute, il lavoro, l'abitazione, l'educazione e l'assicurazione sociale. Dal punto di partenza di questi diritti basici sono promossi e difesi gli altri diritti fondamentali come quelli politici, culturali e religiosi. La dichiarazione sui diritti umani e la riconciliazione della III Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi dedicato all'Evangelizzazione (1974) afferma questa priorità (17).

Con ragione si parla nell'America Latina dei diritti dei poveri, espressione raccolta dal documento di Puebla (n. 1217; 1119; 711; 324; 320). Tale modo di contemplare la dignità umana partendo dai caduti sulla strada recupera la prospettiva biblica che equipara i diritti dei poveri con i diritti di Dio: "Chi opprime il debole, fa oltraggio al Creatore; ma colui che ha compassione del povero, Lo glorifica" (Prov 14, 31; 17, 5); " Dio fa giustizia all'orfano e alla vedova, ama lo straniero e gli dà pane e vestiario" (Dt 10, 18; cf. Gr 22, 16). Facendo tutto ciò ai poveri, "fu a me che l'avete fatto..., fu a me che avete tralasciato d i fare", dice il Signore (Mt 25, 40.45).

In funzione di questa coscienza sono stati creati in tutte le parti nell'America Latina Centri di Difesa dei Diritti Umani (CDDH) o Commissioni di Giustizia e Pace. Sono diventati celebri il Segretariato di Solidarietà del Cile, La Commissione Pace e Giustizia dell'Argentina con il Premio Nobel per la Pace Adolfo Perez Esquivel e CLAMOR, Comitato di Difesa dei Diritti Umani nel Cono Sud, con sede in S. Paolo. CLAMOR, sotto il patrocinio del grande apostolo di questa causa, il Cardinale di S. Paolo, Paolo Evaristo Arns, dopo ardue e pericolose investigazioni identificò 7291 scomparsi in Argentina (18). L'elenco documentato è stato consegnato dal Cardinale Arns al Papa Giovanni Paolo II che, in funzione di questo, creò una rappresentanza diplomatica presso il Governo argentino. In Brasile esistono attualmente più di cento organismi popolari, centri o commissioni di difesa e promozione dei diritti umani. Sono già stati organizzati due congressi nazionali. La documentazione pubblicata ci narra la lotta degli umili che si fanno samaritani per rialzare gli umiliati, nonostante ogni tipo di minacce, persecuzioni e persino torture e assassinii (19). Però i cristiani hanno inteso perfettamente quello che ci ha insegnato il Sinodo dei Vescovi nel 1974: "La promozione dei diritti umani è una esigenza del Vangelo e deve occupare un luogo centrale nel ministero della Chiesa".

5. Rivificare la Chiesa alla base come Popolo di Dio.

Una delle manifestazioni più originali della fede vissuta nell'America Latina è il sorgere in tutte le parti del Continente di migliaia di comunità ecclesiali di base (20). Queste sono ben più che semplici estensioni delle tradizionali istituzioni della Chiesa come la parrocchia e le pie associazioni. Significano la presenza di tutta la Chiesa nella base, cioè, la Chiesa dentro il popolo povero e umile. Quando la Chiesa gerarchica penetra dentro al popolo cristiano e permette che questo popolo cristiano penetri nella Chiesa gerarchica, prendendo parte alla liturgia, assumendo la missione pastorale, facendosi corresponsabile mediante nuovi ministeri laicali, sorge allora la Chiesa-Popolo-di-Dio. Per questo, compongono la Chiesa alla base non soltanto laici ma anche cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi. I vescovi discendono facendosi fratelli di altri fratelli, i laici salgono sentendosi di fatto fratelli dei loro pastori. Le comunità ecclesiali di base, coinvolgendo tutti i membri della Chiesa con le loro differenziazioni specifiche, permettono di recuperare e attualizzare la realtà della Chiesa come comunione di fedeli (communitas fidelium). Questo è il concetto di Chiesa più antico e teologicamente più corretto. La Chiesa esiste fino dal tempo di Gesú, ma ha necessità sempre di un nuovo essere, di essere rinnovata; ella non è un'organizzazione millenaria senza vita; è un organismo che cresce, si rinnova e si rifà nella misura in cui penetra nella storia e risponde a nuove sfide. Nell'America Latina, la fede, per mezzo delle comunità ecclesiali di base, risponde collettivamente alle grandi sfide provenienti dalla povertà e dell'oppressione.

Nel senso della comunità ciascuno si fà samaritano dell'altro. E' nel suo interno che si lotta spalla a spalla per generare una vita minimamente degna e si promuove e difende comunitariamente i diritti della persona umana specialmente degli impoveriti. E' lei che rende possibile quasi naturalmente l'unione tra fede-vita, Evangelo- liberazione. Le persone pongono in comune non soltanto la loro fede e la loro speranza, ma principalmente le loro vite, le loro oppressioni e vittorie, sempre illuminate dalla parola della Rivelazione.

Le comunità esercitano pure una diaconia samaritana al di fuori del loro ambito specifico. Nelle periferie delle città, nell'hinterland, dove non arriva quasi nessun beneficio della civilizzazione, dove impera la legge del più forte, sono le comunità, molto spesso, l'unica difesa collettiva e organizzata del popolo. Sono loro che appoggiano i piccoli coltivatori minacciati di espulsione dalle terre, che difendono gl'indigeni dall'avidità dei grandi progetti capitalistici e, in modo generale, resistono alla violenza della polizia stessa a servizio dei potenti.

In questi ultimi tempi si accusò questa Chiesa di base di esporsi al rischio di essere una Chiesa parallela; la parola "Chiesa popolare" rimase stimmatizzata come una denominazione peggiorativa. Facciamo nostre le parole dei cristiani del Nicaragua che cercarono, con umiltà e fermezza, di chiarire la questione: "La verità e che noi non ci chiamiamo Chiesa Popolare, bensì solamente Chiesa. Quello che succede è che alcuni ci pongono questo nome per poi affermare che noi non siamo cristiani. Però, noi non ci siamo mai chiamati così" (21). La Chiesa di base, di fatto, rappresenta, come diceva Paolo VI, "speranza per la Chiesa Universale". In lei sta in gestazione il nuovo cristiano, cittadino della città terrestre costruita secondo l'ispirazione della città celeste, il nuovo samaritano che collettivamente si ripiega sui caduti nella lotta della vita e li aiuta a liberarsi e a vivere in una maniera più umana.

6. Conclusione: il buon samaritano esiste, egli è vissuto per un momento in Bahia.

Limpanzol è una regione all'interno di Bahia, Stato caratterizzato da una grande povertà, al centro del Brasile, dove è pastore un vescovo benedettino esemplare. Mons. Mathias Schmidt, O.S.B. Come in molte regioni del Brasile, ci sono là questioni di terra, essendo i coltivatori espulsi dai grandi proprietari di aziende. Nel 1981, 19 lavoratori di Colônia e Rumo (due villaggi dell'azienda) furono arrestati dalla polizia su comando di padroni di aziende della regione. Furono condotti in una fattoria lontana e segregati in un serraglio come bovini. Rimasero là due giorni. I fattori e la polizia fecero persino una festa, mangiando carne arrostita per celebrare la "vittoria" su questi coltivatori che non volevano uscire dalle terre, nelle quali lavoravano già da tanti anni. Le donne avevano offerto loro carne arrostita, ma essi, per protesta, gentilmente la ricusarono. Il medico Dott. Sebastiano li scherniva, dicendo: "Questi fattori sono persino buoni con voi; mandano queste donne a darvi della carne. Se fossi io, avrei mandata a mitragliarvi fino a rimanere soltanto la pianta dei piedi"!

Per mezzo di un'azione della Commissione di Diritti Umani della Diocesi di Rui Barbosa (dove Mons, Mathias è vescovo) essi furono liberati. Ritornando a casa, di notte, sopra un camion, a un certo punto della strada hanno visto un'automobile rovesciata e una persona che chiedeva soccorso. Chi era? Era il medico che aveva detto che, se fosse per lui, li avrebbe fatti mitragliare. l contadini l'hanno riconosciuto subito. Alcuni dissero: "Adesso possiamo vendicarci! Lasciamolo lì nella strada, sofferente, visto che lui voleva farci tanto male!" Altri risposero: "Non è stato questo che abbiamo imparato nelle nostre comunità, leggendo e meditando la Parola di Dio! Non ci ha detto Gesù: Amate i vostri nemici, fate il bene a coloro che vi odiano, siate misericordiosi come il Padre è misericordioso (Lc 6, 27-36)? Non ci insegna S. Paolo: "Non pagate a nessuno il male con il male... non vendicatevi gli uni degli altri... Non lasciarti vincere dal male, ma trionfa sul male con il bene" (Rm 12, 17-21)" (22).

Decisero allora di soccorrere il Dott. Sebastiano. Aiutarono a rimettere in ordine l'auto, portarono aiuto in quella strada deserta al medico abbandonato e necessitato. Si è ripetuta così la parabola del buon samaritano. Egli esiste ancora; vive in questo momento nell'interno del Brasile, in Bahia.

Felice la Chiesa che può generare dei figli con le virtù dei buoni samaritani, che non lasciano la parabola rimanere parabola, ma la trasformano in storia di liberazione dei caduti e semimorti nel penoso pellegrinaggio umano verso il Regno del Padre.

NOTE

1) Per l'interpretazione esegetica di questa parabola si vedano: I. Howard MARSHALL, The Gospel of Luke. A Commentary on the Greek Text, Exeter 1978, 444-450; W. MONSELEWSKI, Der Barmherzige Samaritet. Eine auslegungsgeschichtliche Untersuchung zu Lukas 10, 25-37, Tübingen 1967; G. SELLIN, Lukas als Gleichniserzähler: Die Erzählung vom barmherzigen Samariter, In ZNW 65 (1974) 166-189; 66 (1975) 19-60; R. EULEN STEIN Und wer ist meiner Nächster (Lk 10, 25-37), in TGI 67 (1977) 127 145.

2) Cfr AA.VV. (J. Comblin, S. Galilea) La misión desde America Latina (CLAR, II), Bogotá 1982.

3) Si veda il libro molto istruttivo: AA.VV., Para entender America Latina. Aporte colectivo de los cientificos sociales en Puebla, Panamá 1979.

4) Cfr la edición de Buenos Aires 1966,36; Cfr. E. HOORNAERT, Las Casas ou Sepúlveda, in Revista Eclesiástica Brasileira 30 (1970) 850-870.

5) Citato da E. DUSSEL, EI episcopado latinoamericano y la liberación de los pobres 1504-1620, Mexico 1979, 89-95 qui 89.

6) Cfr. E. Dussel, EI episcopado, op. cit. 18-19.

7) A evangelizacão no presente e no futuro da América Latina (III Conferenza del Episcopato Latino-americano) 1979 in Puebla.

8) Per tutto questo cfr. E. DUSSEL, Ensaio de sìntese: hipóleses para uma história da teologia na América Latina (1492-1980), in História da Teologia na América Latina, São Paulo 1981, 165-198.

9) Cfr. R. MUÑOZ, Evangelio y liberación en America Latina. La teología pastoral de Puebla (CLAR4), Bogotá 1980; Id., O serviço da Igreja ao homem, in Revista Eclesiástica Basileira 35 (1975) 824-835.

10) Mons. José Maria Pires, do Centro para a Margem, Petropólis 1980, 11-12; 127-133.

11) Cfr. J. Sobrino, El Testimonio de la Iglesia en America Latina. Entre la vida y la muerte, in Resurrección de la verdadera Iglesia, Santander 1981, 177-210.

12) Citato da G. Gutierrez, La fuerza histórica de los pobres, Salamanca 1982, 250.

13) Per tutta questa questione si veda L. Boff, O caminhar da Igreja com os oprimidos, Rio de Janeiro 1979; AA.VV. La justicia que brota de la fe (Rom 9, 30), Santander 1983, spec. 201 ss.

14) Cfr una presentazione della teologia della liberazione; R. Oliveros, Liberación y teología. Genésis y crecimiento de una reflexión (1966-1977), Lima 1977; A. G. Rubio, Teologia da libertação: política ou profetismo? São Paulo 1977; L. BOFF, Teologia della cattività e della liberazione, Brescia 1977.

15) Cfr. AA.VV. Praxis del martirio ayer y hoy, Bogotà 1977; AA.VV. La sangre por el pueblo. Nuevos martires de A. Latina(Instituto Histórico Centroamericano), Managua 1982.

16) Cfr. Mons. Paulo E. Card. ARNS, Os direitos humanos e a tarefa da Igreja, São Paulo 1976; L. BOFF, Direitos dos pobres como direitos divinos, in SEDOC 14(1982) 1033-1041.

17) Cfr. in Revista Eclesiástica Brasileira 34 (1974) 934-936.

18) Cfr. Desaparecidos en la Argentina, CLAMOR, São Paulo 1982.

20) I testi principali sono stati riuniti in Una Iglesia que nace del pueblo, Salamanca 1979; AA.VV. Cruz y resurrección. Presencia y anuncio de una Iglesia nueva, Mexico 1978; J. GALEA, Uma Igreja no povo e pelo povo; Petropolis 1983; R. MUÑOZ, La Iglesia en el pueblo. Hacia una eclesiologia latinoamericana Lima 1983; L. BOFF, Ecclesiogenesi. Le comunità di base reinventano la Chiesa, Roma 1978; Id. Chiesa: carisma e potere, Roma 1983.

21) Cfr. il testo in SEDOC 15 (1982) 498-502.

22) Cfr. il testo pubblicato in Revista Eclesiástica Brasileira 41 (1981) 834-835.