Carlos Amigo Vallejo*

IO SO IN CHI HO POSTO LA MIA FIDUCIA!

 

Più volte dovette ripetere il Signore: non abbiate timore, io sono con voi! (Gv. 6, 20).

Però sentiamo la nostra debolezza. Perché manca il cemento solido della nostra fede o perché attendiamo dal messaggio pasquale una salvezza diversa da quella che promette Gesù.

Due uomini si misero a costruire la propria casa. Uno la edificò sulla roccia. L’altro sulla sabbia. Giunsero le piogge, la piena e il vento. La casa edificata sulla sabbia crollò.

C’era da aspettarselo. Non aveva fondamenta. Non aveva base.

Che è successo fra noi? Quegli uomini così pieni di fede. Così fervorosi. Quella morale così stretta. Quella fedeltà alla Chiesa. In poco tempo è crollata la loro morale, la loro fede, la loro fedeltà, la loro…

Alcuni uomini portarono il paralitico. Sul suo lettino. Non potendo introdurlo in casa, perché era piena di gente, lo calarono dal tetto. Si doveva mettere davanti a Gesù. E Gesù, vedendo la loro fede, dice al paralitico: I tuoi peccati sono perdonati! (Lc. 5, 17-20). Povero paralitico! Che grande delusione! Ma Signore non vedi come sto? Che importa a me dei peccati. Mi preoccupano le gambe, perché non posso camminare. Non voglio la promessa eterna; voglio la salvezza che mi fa vivere e camminare ora.

Mentre camminiamo in questo mondo lasciamo delle orme sul sentiero. Le parole che diciamo continuano a risuonare nelle orecchie delle persone che ci hanno ascoltato. I gesti che poniamo rimarranno impressi negli occhi di coloro che li vedono. Le impronte della tua mano rimangono segnate lì dove tu hai toccato…

Che la persona che ti ha stretto la mano conservi a lungo nella sua il calore dell’amicizia che tu ponesti nel saluto. Chi ascoltò le tue parole assapori per molti giorni la gioia della speranza che in esse gli hai comunicato. Che l’uomo che vide i tuoi gesti ricordi sempre l’immagine di qualcuno che volle essere comprensivo, vicino, un aiuto…

E così, quando tu sia passato per quella strada, che la gente che viene dietro, vedendo l’identità diafana ma inconfondibile delle tue orme, possa dire: Guarda di qui è passato… Cristo!

Quei discepoli riconobbero Cristo allo spezzare del pane (Lc. 24, 35): riconosceranno anche noi quando parteciperemo agli altri quello che abbiamo. Questo sarà il moggio con cui il Signore ci misurerà nel giorno del giudizio: "perché ebbi fame e mi deste da mangiare, perché ebbi sete e mi deste da bere" (Mt. 25).

Venite, benedetti dal Padre mio, perché ebbi fame e mi deste da mangiare! E noi dovremmo dire: benedetto tu, Signore, perché noi eravamo gli affamati e Tu ci desti il pane dell’Eucaristia; perché noi eravamo gli assetati e Tu ci facesti dissetare al calice del tuo sangue.

San Paolo si trova in una situazione molto penosa. Senza speranza di recuperare la libertà e prevedendo ormai molto prossimo il giorno del suo martirio. Dalla sua prigionia scrive a Timoteo suo discepolo per animarlo nel servizio alla Chiesa.

Riconosce, l’Apostolo, che la causa della sua prigionia è soltanto il vangelo. E di ciò si rallegra, perché confida in colui che ha il potere di rendere sicuro fino all’ultimo giorno l’incarico che gli ha affidato di annunciare la Buona Notizia. So in chi ho posto la mia fiducia (2 Tim. 1, 12)

Se San Paolo può dire ora queste parole così incoraggianti per la sua speranza è perché Cristo ha avuto fiducia in lui e lo ha inviato come ministro del Vangelo. Io so in chi ho posto la mia fiducia! Non sono parole che dice il cristiano. Sono l’espressione della fiducia di Cristo in chi segue il suo Vangelo, in chi vive il suo mistero.

Io so in chi ho posto la mia fiducia! Ho confidato in te, cristiano. Ti ho posto nel mondo per continuare la mia opera; per far presente lungo il tempo, il mistero della salvezza.

Il cristiano deve essere per il mondo sale, luce, carità, giustizia e misericordia. Però, Signore, come possiamo noi essere giustizia se siamo così carichi di peccato? Come possiamo essere misericordia se siamo così pieni di rancore e ci costa tanto perdonare? Come lo possiamo fare? Solo in un modo: fare come Cristo. Dobbiamo, permettetemi la parola, transustanziarci, dobbiamo convertirci, dobbiamo farci eucaristia per i nostri fratelli.

Dice l’Apostolo: «Aiutatevi scambievolmente a portare il peso» (Gal. 6, 2). Sapete quale è il peso più grande che dobbiamo portare? E’ l’uomo. Il peso più grande che devono portare le persone che vivono con te sei tu stesso. Pertanto la perfezione della carità consiste nel trasformarci, nel convertirci, nel diventare così buoni che agli altri non costi nulla amarci, perché ci amano senza volere.

Convertirsi, transustanziarsi… Gli uomini ci seguiranno vendendoci da carne e d’ossa, essi toccheranno la nostra debolezza, però sarà tale il fuoco del nostro amore, che sempre comunicheremo la presenza di Cristo. Così come Cristo si trasforma nell’Eucaristia.

Beata tu perché hai creduto, dice Elisabetta a sua cugina Maria.

Beata tu, perché con la tua fede ci aiuti ad essere fedeli a Dio. E con la tua materna misericordia ci avvicini al Signore, nostro Dio, clemente e ricco di misericordia.


*     Omelia di Vallejo S.E. Mons. Carlos Amigo, arcivescovo di Sevilla (Spagna), nella concelebrazione da lui presieduta.