APPENDICE

proposta di sintesi

 

I.     Implicazioni dottrinali

       Una domanda era sottesa a molti contributi: dal punto di vista teologico qual’è il fondamento e il significato preciso del titolo dato a Maria «Madre della misericordia?».

 

1.    Nel corso del dibattito sono stati ribaditi alcuni punti di riferimento entro i quali va collocata la misericordia di Maria e precisamente:

       a)    Dio, «ricco di misericordia», è un dato biblico inconvertibile, all’origine della storia della salvezza. La sua misericordia è, insieme fedeltà-hesed e tenerezza-rahmin. «L’Incarnazione definitiva, il suo segno vivente, è il Cristo pasquale».
«La rivelazione dell’amore misericordioso di Dio raggiunge il suo culmine nella croce di Cristo»
(DM 8).

       b)    Cristo, segno vivente delle viscere di misericordia di Dio, è il salvatore e il mediatore per tutti.

       c)    La Vergine è la Teotokos e la Ecclesiaetokos, Madre di Dio e Madre della Chiesa; il «fiat» dell’adesione al progetto di Dio consente al «principio femminile» tipicamente umano di concorrere nel processo di salvezza dell’uomo e addirittura di entrare in rapporto non occasionale con il mistero trinitario.

 

2.    Entro questi punti di riferimento si muove la riflessione su Maria coinvolta in maniera singolarissima nell’evento della misericordia di Dio: è coinvolgimento che si inquadra nel ruolo dell’intercessione, ma anche della mediazione, - subordinatamente a Cristo e in comunione a Lui - al fine di «riprodurre nei figli i lineamenti spirituali del Figlio primogenito» (Marialis Cultus 57).

       a)    Il primo fondamentale significato della Madre della misericordia presente nella riflessione dei Padri della Chiesa e nella liturgia, è quanto mai ovvio; la Teotokos è la Madre di Misericordia perché Cristo, figlio di Maria, è il segno vivente della misericordia del Padre, anzi è lui in persona la misericordia di Dio.

       b)    Ma proprio perché ovvia questa lettura pare, ed è, povera e minimalista. La liturgia e il culto, mai contestati delle chiese orientali, ma anche della Chiesa cattolica, inducono ad una riflessione più accorta sulle semplificazioni di questo titolo, che compare già nella più antica preghiera mariana, il Sub tuum praesidium, che era poi Sub tuam misericordia.
Tale riflessione impedisce di qualificare il titolo Madre della Misericordia come puro titolo esornativo, e di intendere le applicazioni culturali derivate come semplici amplificazioni devozionali tutte mediterranee.

       c)    L’attuale mariologia, che è un cantiere aperto e fervoroso di feconde intuizioni, lega strettamente il mistero di Maria al mistero trinitario e ne mette in luce la funzione ecclesiologica: Maria è vera madre di Cristo che è vero figlio di Dio; Maria quindi ha una relazione permanente attraverso Cristo con il mistero trinitario ed ha eguale relazione permanente attraverso Cristo con noi, con la Chiesa. La maternità divine di Maria non è una mera funzione accidentale, dovuta ad una vera «ontologia di grazia» che la fa «madre» e non solo «discepola». La maternità è un fatto irreversibile ed un carisma sia sul versante di Dio che su quello nostro.

       d)    Le ricerche della teologia cosiddetta «affettiva», più attenta alla fenomenologia storica dell’uomo, non ignora le verità che passano per la via del cuore. («Il cuore sa già quel che la ragione non sa ancora»). La dimensione affettiva della teologia, infatti, che aiuta a penetrare i misteri di Dio Trinità, della Chiesa e di Maria come misteri di misericordia, è una «componente essenziale di conoscenza, di approfondimento e di partecipazione al mistero» (cf saggio di AMATO).

       e)     Alle «viscere di misericordia»  di Dio, corrispondono, non meno concretamente (e le liturgie orientali ne parlano), le «viscere di misericordia» di Maria; l’indagine biblica mostra quanto i propositi misericordiosi di Maria sono consonanti con le esigenze di misericordia di Dio (cf. Magnificat e Salmi corrispondenti). Le «viscere di misericordia» di Dio attingono risvolti tipicamente materni: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io non mi dimenticherò mai» (Is 49,14) «Dire dunque che Maria è la Madre della Misericordia significa dire che Maria conosce come nessun altro, umanamente, visceralmente, il mistero della “filialità di Dio”, e quindi della “divinità” di ogni altro figlio, che il Padre ha conosciuto e amato da sempre, avendoli creati e predestinati in Cristo» (Cf saggio di SICARI, p. 19).

 

3.    Da questi dati la significazione teologica:

       1°-   Dapprima c’è quella dello stesso Magistero al n. 9 della Dives in Misericordia.

              Maria è la Madre della Misericordia perché (cito testualmente, evidenziando i passaggi).

1     in modo particolare ed eccezionale ha sperimentato lei stessa la misericordia di Dio.

2     in modo eccezionale, ha partecipato «con il sacrificio del cuore» alla rivelazione della misericordia divina, e cioè della fedeltà assoluta di Dio all’alleanza, culminata sul Calvario. «Nessuno ha sperimentato, al pari della Madre del Crocifisso, lo sconvolgente incontro della trascendente giustizia divina con l’amore», e cioè (il mistero della croce).

3     in modo speciale Maria che ha partecipato segretamente, ma incomparabilmente alla missione messianica di Gesù, è stata chiamata ad avvicinare agli uomini l’amore che Gesù era venuto a rivelare;

4     in modo singolare ed eccezionale Maria partecipava all’amore misericordioso di Gesù, che trovava la più concreta espressione nei riguardi dei sofferenti, e si manifestava soprattutto a contatto con il male morale e fisico.
Questa singolare esperienza di Maria: da questa esperienza si diparte il nostro oggi;

5     In lei per mezzo di lei l’amore misericordioso di Gesù non cessò di rivelarsi nella storia della Chiesa e dell’umanità.

6     L’amore misericordioso di Maria si fonda «sul singolare tatto del suo cuore materno, sulla sua particolare sensibilità, sulla sua particolare idoneità a raggiungere tutti coloro che accettano più facilmente l’amore misericordioso da parte di una».

       Come si vede, qui entrano in campo decisamente categorie antropologiche e culturali della femminilità e della sensibilità di Maria, donna e madre.

       L’enciclica le ufficializza dicendo: «Questo è uno dei grandi e vivificanti misteri del cristianesimo, strettamente connesso con il mistero dell’incarnazione». La radice di tutto, cioè, è ancora una volta la maternità divina di Maria che fu la prima Ancella dell’amore misericordioso di Dio rivelatosi in Gesù.

       Sulla linea della Dives in misericordia abbiamo parlato di Maria come «segno» d’una misericordia «al femminile» e ci siamo sforzati di delinearla usando categorie umane, provvisorie ma non meno vere, quali la tenerezza, la reciprocità, la concretezza.

       Rientrano in gioco, con dignità teologica, proprio quelle espressioni religiose, di cui è ricca la liturgia e la pietà popolare, nella variegata molteplicità dei linguaggi, tutti da evangelizzare in continuazione, ma anche da rispettare ed accogliere come espressione legittima, di gusto sapienziale ed esperienziale, della dignità teologica e storica del titolo Madre della misericordia attribuito a Maria.

       A questo punto non ci meravigliano più di tanto la molteplicità di titoli e l’effervescenza culturale che il buon popolo cristiano abituato a ragionare più con il cuore che con la mente, usa per parlare di Maria, madre di Dio e madre della Chiesa.

       Questo, tuttavia, non giustifica le degenerazioni empatiche ed emotive, che vanno sempre e comunque corrette, in obbedienza vera e sincera alla Chiesa, ai Vescovi, posti dallo Spirito Santo a guidare nei diversi luoghi il popolo di Dio. Si tratta di impedire, soprattutto, uno scandimento della fede ortodossa, cioè della fede vera e retta in devozionalismo emotivo e sterile.

       Rispettiamo sempre la gioiosa sobrietà della Chiesa così come si manifesta nella sua liturgia e anche nell’esperienza autentica dei santi.

 

II.   Implicazioni pratiche

1.    L’appellativo Madre della Misericordia non è, come s’è detto un titolo esortativo, gratulatorio, estetizzante, affettivo, ma un titolo produttivo, causativo, efficiente, effettivo (cf. AMATO).

       La Vergine Maria, cioè, Madre di Cristo che è la concreta misericordia di Dio, è profeticamente impegnata a fare della comunità cristiana una comunità di misericordiosi. E lo fa compiendo essa stessa atti di misericordia e mostrando orizzonti di umanissima misericordia da raggiungere.

       «Atti» non significano gesti episodici, isolati ma «esemplificazioni» di un’attitudine permanente all’amore misericordioso.

 

2.    Non dimentichiamo che non c’è misericordia senza l’esercizio concreto della misericordia, né possiamo dire d’avere autentica esperienza personale di misericordia (= abbiamo conosciuto l’amore di Dio) se di fatto non usiamo misericordia. La misericordia, come attualizzazione della tipica carità cristiana, non è un fatto ascetico e volontaristico, ma è l’espressione concreta, incarnata «hic et nuc» dell’amore che Dio vuole alla persona (cf la preghiera: è lo Spirito che prega per noi).

 

3.    Raccogliendoli dal dibattito, vogliamo far cenno ad alcuni di questi concreti ambiti dove inserire la misericordia al femminile, quella propria della Madre di Misericordia (col corso delle relazioni sono stati più accennati che sviluppati):

       a)    misericordia al femminile: l’abbiamo riassunto in alcuni termini: tenerezza, reciprocità, concretezza.

              Rispondendo ad un intervento, un relatore ha descritto un itinerario di misericordia al femminile in questo modo:

              ―    comprensione (del cuore dell’uomo e della sua miseria a causa del peccato).

              ―    accoglienza (dell’altro come di Dio).

              ―    servizio, soprattutto ai più piccoli, con realismo nella donazione (la concretezza) e gioia (Magnificat).

              E’ una costellazione di atteggiamenti che determinano uno stile spirituale, dono dello Spirito ma anche acquisizione come tutte le virtù morali.

       b)    La Mater Misericordiae e la donna nuova: in virtù della reciprocità dobbiamo parlare di «persona nuova» (uomo e donna).

              C’è da aiutare ognuno a vivere in autenticità (autocoscienza) accettandosi e accettando con onestà la storia, assumendone virilmente tutte le contraddizioni. Si può rinviare all’espressione di Gesù: «prendi la tua croce e seguimi». Si prende la propria croce come Maria, che accettò con coraggio il tremendo mistero della incarnazione del Figlio di Dio nel suo grembo, e lo credette mentre prestava i servizi più umili, fino quando la volontà del Padre, che gliel’aveva dato, glielo tolse in maniera così drammatica facendolo peccato. E per questo crebbe nella fede, ma anche nella personalità umana.

       c)    La Mater misericordiae e la famiglia nuova:

              solo alcuni cenni:

              ―    Accogliere nei figli propri o altrui il mistero di Dio che si rivela(«i figli sono di Dio»: accoglienza della vita);

              ―    trasferire nella famiglia il perdono sperimentato (se Dio ha perdonato i miei peccati, perché io non devo perdonare a te? Dal mio perdono conoscerai il perdono e l’amore di Dio...)

       d)    La Mater misericordiae e la Chiesa:

              Alcuni interrogativi: la Chiesa in cui concretamente vivi è una famiglia? C’è una reciprocità tra gruppi, tra gerarchia e laici, tra uomini e donne, tra vicini e lontani? C’è riconoscimento dei carismi di tutti e diffusa ministerialità? Le persone sono accolte come dono, sono servite come Cristo, sono fatte crescere sino alla statura di Cristo? O perdurano le esclusioni, le durezze di giudizio, il cuore chiuso del fratello maggiore mai partito da casa, ma mai servitore amoroso del Padre?

              E potremmo continuare.

 

       e)     La Mater misericordiae e la politica

              La prima misericordia da usare su questa difficile frontiera è quella di esserci, e di esserci con spirito di servizio bene convinti che la politica è una forma esigente di carità.

              L’esserci, l’operare nel rispetto dell’uomo e della sua innata dignità, il ricercare con coerenza non tanto il male minore quanto tutto il bene possibile nella situazione concreta, il confortare chi c’è ed è stanco di tante lotte poco gratificanti..., è una forma di misericordia urgente.

              Le prospettive politiche sono quelle stesse del Magnificat, al fine di realizzare il celeberrimo abbraccio e bacio tra giustizia e pace di cui parla il salmo.

              «In questo ambito politico si può collocare la domanda, qua e là affiorata su la «Mater Misericordiae»e la pace: laddove la pace, come la gioia, è frutto della misericordia politica o dell’agire politico d’un amore misericordioso.

 

       f)     La Mater Misericordiae e l’ecumenismo

              L’esperienza ecumenica fatta in questi giorni, pur nel suo piccolo, ha convinto tutti dell’urgenza di pregare e operare «ut unum sint», perché la tunica lacerata di Cristo sia ricostruita. Maria, come mater ecclesiae oltre che mater misericordiae, è presente nel luogo delle divisioni, per ricomporre l’unità della chiesa dispersa: - sotto la croce, con alcuni pochi discepoli; nel cenacolo, con gli undici. Tutta la Chiesa è casa sua, non semplicemente questo o quell’altro appartamento.

 

4.    Evidentemente il discorso continua... Qui sono stati accennati alcuni pochi stimoli emersi dal Convegno.

       La «Mater Misericordiae» è modello ma anche «concausa» al femminile del non facile cammino di riconciliazione degli uomini e della Chiesa: icona dell’umanità rinconciliata.