Gino Capponi

l’amore misericordioso: la casa di tutti

 

       E’ un progetto che il buon Dio e il buon Gesù hanno consegnato alla Madre Speranza. L’impostazione è data dalla struttura delle due Congregazioni dell’Amore Misericordioso: due congregazioni distinte che formano una sola famiglia. Lo afferma la Madre stessa: «Formando una sola famiglia, si aiuteranno reciprocamente, si ameranno come veri fratelli, si tratteranno sempre con il massimo rispetto, sempre disposti a sacrificarsi gli uni per gli altri e a lavorare insieme nell’esercizio della carità, occupandosi ciascuno delle proprie mansioni»[1].

       La partenza è decisamente cristiana e soprannaturale in quanto non ci sono vincoli di sangue che legano i membri di questa famiglia, ma l’origine è chiaramente trinitaria. Una partenza ed una origine non ambiziose, ma impegnative. E’ lo Spirito del Padre e del Cristo che forma ed informa ogni membro che con coscienza sente di voler vivere in un clima di stima e di attenzione all’altro.

       Famiglia fittizia o famiglia vera? Quanto mai vera, se famiglia è il luogo dove si nasce, si cresce e si matura e dove uno vive per l’altro. Come in ogni famiglia umana non si sceglie, ma ci si trova così, allo stesso modo ci si trova nell’ambiente dell’Amore Misericordioso. L’attenzione all’altro è il vero e proprio movente in ogni membro. Attenzione all’altro che viene assunta nel progetto cristiano e diventa non solo amore, ma carità con le tonalità del capitolo 13 della prima lettera ai Corinti.

       E’ bene approfondire il testo citato dal libro delle Usanze: ci si trova come veri fratelli, che si amano come tali, si aiutano e si trattano con rispetto, con piena apertura ad una disponibilità scambievole fino al sacrificio, come operatori di carità singolarmente e collettivamente presi. La precisazione di doversi occupare ciascuno delle proprie mansioni troverà autorevole riscontro nella raccomandazione che la Madre fa a figlie e figli nel suo testamento spirituale: «Siate umili, amatevi mutuamente, allontanate da voi giudizi temerari, non ambite mai ad incarichi o a posti elevati, abbandonatevi nelle mani dell’obbedienza come bambini piccoli, non discutete né altercate, non preoccupatevi di cose di cui non siete stati incaricati»[2]. Creata su basi umane e soprannaturali la famiglia dell’Amore Misericordioso, la stessa Madre Speranza nel prologo delle Costituzioni dei Figli assegna compiti e ambiti di lavoro.

       La Madre non ignora che i tempi sono difficili e di lotta per la chiesa, ma sottolinea la benignissima elargizione divina di misericordia, dalla quale nascono e crescono due Congregazioni che si articolano in famiglia, pur rimanendo ognuna se stessa; l’individualità di ciascuna congregazione è basilare, la fusione in famiglia è originale e simpatica.

       Raccolgo il grido di Paolo VI e di Giovanni Paolo II e li sento stimolarci ad essere così fautori della civiltà dell’amore e testimoni della cultura della carità. «Siate i cooperatori solleciti del Redentore che ci manifesta la misericordia del Padre»[3].

       Famiglia rivolta alle famiglie bisognose ed afflitte: porteranno conforto e si organizzeranno in famiglia per gli orfani e per chi ne abbia necessità; in essa c’è posto per i giovani, per i deboli, per i caduti. Su questa pista i religiosi e le religiose dell’Amore Misericordioso troveranno la maniera di concretare la propria santificazione, che ha come campo la perfezione della carità.

       La convinzione e l’entusiasmo della Madre faranno fare cose grandi anche alle figlie e ai figli. Fede, fiducia e amore tenace e fedele stanno portando la famiglia della Madre Speranza verso nuove mete.

       Per i religiosi in particolare la meta primaria sono i sacerdoti diocesani: hanno bisogno di amore e di sostegno. Ad essi ha riservato il primo posto nel lavoro dei suoi figli, convinta che se i sacerdoti si rivestono di giustizia, i fedeli cantano la gioia[4].

       Casa di tutti i preti è la casa dei figli della Madre Speranza; accoglienza fraterna nell’umile disponibilità. L’impostazione è quella di veri fratelli, che aiuteranno i sacerdoti più coi fatti che con le parole; li accoglieranno nelle loro case perché si rimettano, si riposino, e ritemprino così lo spirito nella pace della casa religiosa. Il motto TUTTO PER AMORE si incarna in questa opera di carità senza limiti, fatta unicamente ed esclu­sivamente per amore del Signore e per la santificazione dell’intera famiglia dell’Amore Misericordioso.

       Delicatezze paterne e materne per i giovani sacerdoti, affinché gradualmente siano immessi nel campo apostolico e non subiscano traumi o crisi eccessive, disimpegnandosi nel proprio ministero e difendendosi dai numerosi pericoli che incontreranno una volta fuori del seminario. La descrizione del trattamento che essi debbono riservare ai sacerdoti giovani è delicata e precisa: «Tratteranno questi giovani con vero amore di fratelli, con molta carità e prudenza, senza dimostrare stupore e timore esagerato quando li vedessero angustiati e deboli davanti a qualche miseria umana. Con i caduti si comportino come padri affettuosi e comprensivi della loro debolezza, senza scoraggiarli, ma animandoli perché sappiano difendersi con più facilità, infondendo in essi amore e confidenza nell’Amore Misericordioso che tanto ha fatto e fa per gli uomini, avendo compassione per le loro miserie»[5].

       L’unione con il clero diocesano da parte dei Figli della Madre sarà sempre l’originale della loro fondazione. Per ben due volte fa la raccomandazione a non svolgere questo lavoro per i sacerdoti con il gesto offensivo di chi «fa la carità». In un crescendo di raccomandazioni la Fondatrice raccomanda di essere per essi luce. Spirito interiore, scienza di vivere uniti a Dio; solida base per incidere sugli altri, soprattutto sui sacerdoti.

       Di originalità in originalità? Forse. Eccoci davanti alla vocazione vera e propria che alcuni sacerdoti diocesani, che vogliano inserirsi addirittura nella Congregazione e nella Famiglia. Voti e vita comune: l’ideale religioso per poter più facilmente progredire nella propria santificazione e potersi dare completamente al proprio ministero, LIBERI dalle preoccupazioni materiali e dai pericoli. Una proposta che la Madre e la Congregazione fanno ai preti che, pur rimanendo definitivamente diocesani, e pur restando nel loro PRESBITERIO, intendono far parte effettiva anche di questa famiglia allo scopo di immergersi più facilmente in un Dio-Amore e di lavorare con spirito fraterno e così tessere una fitta rete di amicizia sacerdotale con i religiosi dell’Amore Misericordioso.

       Con essi lavorare alla realizzazione di un presbiterio diocesano-famiglia. Sentendosi figli di un Padre-Vescovo e fratelli di sacerdoti in senso pieno, si mette al primo posto la comunione fra sacerdoti in maniera concreta e, acquistata una passione per i sacerdoti, si trova il tempo per incontrarli. Ci si adopera perché sorgano punti d’incontro che avviino i preti ad un dialogo che sia vera comunicazione fraterna ed amichevole, e li spingono poi ad una esigenza di comunione effettiva con la prospettiva di arrivare a far comunità tra sacerdoti diocesani e religiosi.

       La realizzazione di una famiglia sacerdotale con vita comunitaria arriva ad essere di sostegno alla persona di ogni singolo prete e crea le premesse per una pastorale d’insieme.

       E’ l’Amore Misericordioso che, casa di tutti, moltiplica le proprie case-famiglia per i sacerdoti.

       Approfondendo queste idee ci troviamo davanti a progetti meravigliosi che l’Amore Misericordioso ha affidato prima alla Madre e poi ai suoi figli. Pensiamo al moltiplicarsi di tali entità familiari ed al grosso sostegno alle chiese particolari. Non sarà più giusto che i quattro preti di una zona pastorale giochino a quattro cantoni come fanno ora. Si uniranno e godranno di un clima di fraternità sacerdotale che l’Amore Misericordioso li ha stimolati a creare, usufruendo di vantaggi spirituali e pastorali.

       Tutto qui sul tema? No.

       Ci sono utili i rilievi che Papa Giovanni XXIII fa nell’Enciclica Mater et magistra commentando la Rerum novarum di Leone XIII. E’ necessario assicurare al padre di famiglia la sana libertà per promuovere il benessere fisico, spirituale e religioso della famiglia. Su questa pista si è mossa la Madre ed ora deve muoversi la Congregazione. Accoglienza serena, non priva di problemi, allo scopo di dare in un clima di famiglia benessere fisico con l’avviamento anche al lavoro, tensione a creare presupposti sereni per un armonico sviluppo psichico-spirituale per gente di tutte le età, affiancamento alla crescita in un cammino di fede.

       Deformato dall’argomento sacerdotale, sento l’eco di quanto la Madre ha sempre fatto e voluto: «I sacerdoti del clero diocesano potranno essere accolti nelle varie case della Congregazione sempre che desiderino trascorrere un periodo più o meno lungo tra i Figli dell’Amore Misericordioso, o per rimettersi, o per riposare e ritemprare lo spirito nella pace della casa religiosa»(Usanze fam, p.5).

Vedete, si tende al benessere fisico e spirituale.

       I bisognosi eventualmente hanno diritto di precedenza assoluta per chi opera nella famiglia dell’Amore Misericordioso. Questi troveranno qui la propria famiglia. L’elenco che la Madre fa è interessante e non esclude nessuno. Dice che ci si deve interessare delle famiglie afflitte, dei malati, degli orfani, dei giovani in genere, dei deboli, dei caduti, in una parola di tutti.

       Tutto si faccia per amore di Gesù e per la santificazione dei membri della famiglia religiosa, sempre in piena consonanza con la chiesa che non sempre naviga in acque facili.

       Vivere di amore e visibilizzare l’amore con le opere.

       Credo che ci si debba misurare con la parabole del buon samaritano. Su questo argomento facemmo anche un convegno intonato all’Amore Misericordioso. Essere amore misericordioso per l’altro. Chi è l’altro. Ognuno. Figli di Dio, viviamo tenendo conto di avere negli altri tanti fratelli: la casa mia, o di mio uso, è anche dei miei fratelli. Questo il motivo per cui la Madre ha voluto che la famiglia dell’Amore Misericordioso sia casa, cioè luogo d’incontro, di sostegno, di fraterna crescita, di serena maturazione di tutti. E questo non per degnazione, ma per solidarietà fraterna e quindi per cristiana carità. Ce n’è per tutti.

       La Madre vuole intanto che ciascuno di noi inviti il buon Gesù a rimanere dentro di noi, certi che egli vi resterà. Ci troviamo davanti al fondamento della spiritualità della Madre Speranza. Vivere da stabile dimora, da casa di Gesù, sotto la protezione e particolarmente alla sua presenza, in sua compagnia. Lo ospiti e (bello!) ti ospita.

       Trasformato in preghiera il tema rientra nell’orazione finale della novena: «Entra, Signore nella mia povera stanza e riposa con me: accompagnami nel pericoloso cammino che percorro affinché non mi perda». Convinti che «non ci lascerà un solo momento e che sarà sempre con noi»[6] (Novena dell’Amore Misericordioso).

       Io sono casa per Lui, e Lui è casa per me.


[1]     MADRE SPERANZA, Usanze dei Figli dell’Amore Misericordioso, Todi (PG)

[2]     MADRE SPERANZA, «Il testamento di Madre Speranza», in Madre Speranza di Gesù, Ed. L’Amore Misericordioso, Collevalenza (PG), 1983, p.80

[3]     Discorso di Giovanni Paolo II al «Convegno delle Misericordie», 14 giugno 1986.

[4]     Cfr. Sal 132,9.16.

[5]     MADRE SPERANZA, Usanze dei Figli dell’Amore Misericordioso, Todi (PG), 1971, p.6.

[6]     MADRE SPERANZA, Novena dell’Amore Misericordioso, Poliglotta Vaticana, 1986, p.31.