Zenon Grocholewski

 L’AMORE CONIUGALE CON RIFERIMENTO ALLA SUA COMPONENTE ESSENZIALE

 

Introduzione

       E’ molto significativo che Gesù, all’inizio della propria attività pubblica si recò alle nozze di Cana, proprio alle nozze. Anzi, durante queste nozze, per soccorrere gli sposi novelli, compì il suo primo miracolo[1] Questo fatto davvero significativo costituisce un certo preludio al grande insegnamento di Gesù circa il matrimonio. Gesù, infine, farà del matrimonio un sacramento[2] e cioè un mezzo di santificazione degli sposi ed un elemento essenziale della vita, della crescita e della santificazione della Chiesa.

       Così San Paolo, basandosi sull’insegnamento di Gesù, poteva paragonare l’amore fra i coniugi all’amore fra Cristo e la sua Chiesa, all’amore di Cristo che ha dato la vita per la Chiesa[3].

       Di conseguenza la Chiesa ha sempre parlato ai coniugi e ai figli dell’amore. Ai nostri tempi basta ricordare il magistero del Concilio vaticano II sulla famiglia quale comunità di vita e di amore[4] e l’insegnamento di Paolo VI al riguardo[5] nonché quello, tanto vasto e profondo in materia, di Giovanni Paolo II[6].

       Nessuno mai in tutta la storia dell’umanità ha così altamente valorizzato l’amore tra un uomo e una donna come Cristo e il cristianesimo.

       Oggi si riscontrano diversi concetti dell’amore coniugale.

Dipende da chi parla e quale visione ha del matrimonio. Anzi, sembra esistere una grande confusione in materia. Con la parola «amore» - come noterò più avanti - viene indicato talvolta perfino ciò che é in netta contraddizione con l’amore.

       Mi sembra perciò opportuno dedicare in questo studio - che vuol mettere in luce il matrimonio come «comunione di amore e di vita» - qualche parola al riguardo. Desidero enucleare ed illustrare gli aspetti fondamentali che compongono l’amore coniugale. Si tratta degli elementi dei quali si sono accorti già gli autori scolastici e che, del resto, si presentano con una certa evidenza in una riflessione realistica. Sono convinto che la chiara consapevolezza di tali elementi, e del ruolo che ciascuno di essi svolge nella dinamica dell’amore, può aiutare molto sia le coppie a realizzare in modo fruttuoso la propria vocazione, sia gli operatori pastorali a prestare un valido aiuto nella formazione dell’intima comunità di vita e di amore[7], che sia veramente tale e che sia fortemente tale.

       Per essere più chiaro, parlerò dell’amore in genere (I) e poi specificamente dell’amore coniugale (II)[8] per concludere con alcune considerazioni pastorali (III).

  

I.     Amore in genere

1.    Due aspetti dell’amore

       Riflettendo sull’amore in genere, su qualsiasi amore, facilmente ci accorgiamo di due aspetti, o di due elementi dell’amore.

-      Il primo elemento é una certa compiacenza e concupiscenza e cioè una certa attrattiva che esercita in qualcuno la cosa che gli piace, con il conseguente desiderio di averla, di possederla. Così ad es. un quadro bello che mi piace, che mi affascina, lo voglio guardare sempre; esso mi arricchisce, mi diletta, sto bene con questo quadro (compiacenza), e di conseguenza lo vorrei avere per godere di esso (concupiscenza).

       Oggetto di una tale compiacenza può essere anche un’altra persona, con la quale - a causa di un bene ravvisato in lei - ci sentiamo piacevolmente, vorremmo avere questa persona sempre con noi.

       E’ importante scorgere che questo primo elemento o aspetto dell’amore, e cioè di compiacenza con le conseguenti implicazioni, é diretto verso di noi, per arricchire noi stessi, per soddisfare le nostre esigenze: vogliamo la cosa o la persona perché ci piace, ci diletta, ci arricchisce, perché abbiamo scoperto in essa un bene per noi stessi.

-      L’altro elemento dell’amore é la benevolenza che consiste nell’atteggiamento e negli atti che si rivolgono nella direzione contraria rispetto al primo elemento. La benevolenza infatti si dirige non ad arricchire me stesso ma ad arricchire l’altra persona, l’oggetto dell’amore; non a prendere, a soddisfare i propri bisogni, ma a dare[9].

 

2.    Tali aspetti considerati separatamente

       Si tratta, dunque, di due aspetti rivolti in direzioni opposte, aspetti quasi contrad­dittori. Normalmente però essi non soltanto coesistono, ma anche si compenetrano e si rafforzano a vicenda. Così ad es. avviene nell’amicizia: l’amico ci piace, stiamo bene con lui, ma d’altra parte gli vogliamo bene.

       Detti aspetti però possono esistere anche separatamente, oppure si verificano i casi nei quali uno di essi prevale in tal modo che l’altro appare irrilevante.

a)    Che succede se esiste soltanto il primo aspetto senza il secondo?

       Quando esiste il primo aspetto senza l’altro, e cioè se esso non è intimamente connesso con l’altro, non possiamo neppure parlare dell’amore. Abbiamo a che fare con un semplice egoismo, con una netta contraddizione dell’amore. Così per es. (scusate l’esempio), se un uomo va con una prostituta, questo non ha nulla a che vedere con l’amore; egli infatti, non vuole bene a quella persona, essa é per lui soltanto uno strumento per appagare se stesso, per soddisfare la propria concupiscenza. Anche se nella lingua italiana si una per tali casi l’espressione «fare l’amore», nella realtà si tratta di «appagare il proprio egoismo».

Diventa dunque un semplice egoismo».

       Diventa dunque un semplice egoismo, una contraddizione dell’amore, qualora il primo elemento rimanga da solo.

b)    Che cosa succede, invece, se esiste soltanto il secondo aspetto senza il primo?

       In tal caso, senza dubbio, dobbiamo parlare di amore, di amore vero, pieno, completo, anzi dobbiamo parlare della forma più alta e più pura dell’amore.

       Mi viene in mente il famoso Padre Damiano che ha sacrificato la vita per i lebbrosi a Molokai, lebbrosi che certamente non lo affascinavano né lo attraevano: egli, però, li ha curati, li ha baciati, ha fatto tutto per loro. Mi viene in mente il Santo Massimiliano Kolbe che durante l’ultima guerra mondiale, nel campo di concentramento di Oswiecim (Auschwitz), ha dato volontariamente la propria vita per uno sconosciuto padre di famiglia: neppure lo conosceva. Mi vengono in mente schiere innumerevoli di santi che sono caratterizzati proprio da questo secondo aspetto dell’amore, non congiunto con il primo.

       Mi viene in mente soprattutto Cristo stesso che ha dato l’esempio più sublime di questo amore puramente altruistico.

       Mi viene in mente qui il comandamento dell’amore - il più importante fra tutti! - che consiste proprio unicamente in questo secondo aspetto: fare del bene ad un altro. La forma e la realizzazione più alta di questo comandamento é l’amore per i nemici. Può essere attraente il nemico? Ma Cristo esorta, con le parole e il proprio esempio: «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano»[10].

       Chi può negare che qui parliamo dell’amore vero, alto, puro, eroico?

       Anzi, quando più questo secondo aspetto dell’amore esiste da solo, tanto più si avvicina all’amore misericordioso di Dio verso gli uomini. Infatti, come ci insegna San Paolo, Dio ha dimostrato il proprio amore per noi nel fatto che «mentre eravamo ancora peccatori» - può Dio avere compiacenza del peccato? - «Gesù é morto per noi»[11], «giusto per gli ingiusti»[12]. Del resto, siccome Dio é perfezione, e perciò non ammette alcuna integrazione né può essere arricchito, il suo amore per gli uomini non può essere che quello di benevolenza.

       Ma «Dio é amore»[13], unico vero amore senza macchia, fonte ed esempio di qualsiasi vero amore.

 

3)    Nucleo essenziale dell’amore

       Da quanto qui detto, risulta chiaro che il nucleo essenziale dell’amore in genere, e cioè di qualsiasi amore, è la benevolenza, ossia il voler e il far bene ad un altro.

       Infatti - come abbiamo visto - il secondo elemento o aspetto dell’amore é proprio quello senza il quale non si può neppure parlare di amore, e che da solo basta per avere l’amore vero e completo; anzi quanto più questo nucleo essenziale é solo, tanto più alto e puro é l’amore e tanto più esso si avvicina all’amore misericordioso di Dio verso gli uomini.

       Vorrei soltanto aggiungere che questo secondo aspetto dell’amore - che é sotto il dominio della volontà - costituisce una grande virtù, è fonte di meriti per la vita eterna ed é oggetto del massimo comandamento divino.

 

II.   Amore coniugale

       Ho parlato finora dell’amore in generale, perché sono convinto che questo ci aiuterà a comprendere anche gli elementi essenziali dell’amore coniugale e il loro ruolo nella dinamica costruttiva del matrimonio. Infatti l’amore coniugale non é che una specifica forma dell’amore come tale; specifica in quanto si tratta dell’amore connesso con la sessualità umana ed ordinato a formare una peculiare ed intima comunione di vita, nonché a conseguire le finalità rilevanti per il genere umano.

 

1.    Due aspetti dell’amore coniugale

       In realtà i descritti due aspetti dell’amore in genere, li ritroviamo anche nell’amore coniugale, anche se avvolti in diversi elementi - affettivo, sessuale, procreativo, di convivenza, ecc. - che rendono l’amore «coniugale».

       Talvolta questi due aspetti li osserviamo nelle loro estreme manifestazioni.

       Tale manifestazione del primo aspetto possiamo scorgerla in no che si presenta talmente innamorato della sua ragazza che quasi diventa pazzo per lei, afferma di non poter vivere senza di lei, vuole averla sempre con sé.

       La estrema manifestazione dell’altro aspetto la posso trarre anche dalla mia conoscenza diretta quando ero cappellano in una casa di riposo: un marito veniva in quella casa ogni giorno per assistere sua moglie, ancora relativamente giovane, ma sclerotica e paralizzata e che certamente non era niente attraente; lui, però, con tanto affetto, con tanta cura la assisteva, la aiutava, faceva tutti per lei, non risparmiando alcun sacrificio per farle piacere.

       Normalmente anche nell’amore coniugale questi due aspetti coesistono e si rafforzano a vicenda e ciascuno ha la propria importanza.

 

2.    La specificità di ciascuno di essi

       se noi cerchiamo di analizzare questi due elementi e il ruolo di ciascuno di essi nella dinamica della formazione e della realizzazione del matrimonio, facilmente ci accorgiamo che:

a)    Il primo aspetto, quello di compiacenza, di attrazione, ha in sé un sapore egoistico; quello di benevolenza, ha un sapore decisamente altruistico.

b)    Il primo aspetto come tale é radicato nella sensibilità ed é connesso con l’affetto, e di conseguenza, sfugge al controllo della volontà: non possiamo imporci che qualcuno ci piaccia. L’altro aspetto, invece, consiste essenzialmente nella volontà di fare il bene all’altra persona e questo ce lo possiamo imporre.

c)    Il primo aspetto nell’amore coniugale é più appariscente (persone che fanno manife­stazioni affettuose), ma l’altro é più costruttivo di una vera comunione di vita.

d)   Il primo aspetto conduce a contrarre il matrimonio con una determinata persona: si contrae il matrimonio ovviamente con  la persona che piace; ma dall’altro aspetto dipende se questo matrimonio sarà forte, duraturo, stabile, se il matrimonio sarà veramen­te felice.

e)    Il primo spetto talvolta nasce spontaneamente e subito perfetto (l’amore a prima vista); l’altro invece deve essere costruito giorno per giorno - anche con sforzi e sacrifici - per renderlo forte e maturo.

       Già in questi semplici accenni si può cogliere il ruolo e l’importanza di ciascuno degli aspetti in questione. Soffermiamoci su quelli essenziali.

 

3.    Importanza e ruolo del primo aspetto dell’amore coniugale

a)    Come ho notato, il primo aspetto, e cioè la compiacenza (attrazione) e la conseguente concupiscenza (il desiderio di soddisfare se stesso), non é un elemento essenziale di qualsiasi amore; si può infatti, avere il vero amore senza tale elemento.

       Per l’amore coniugale, però, esso ha una particolare rilevanza in quanto proprio questo aspetto spinge a contrarre il matrimonio con una determinata persona, e cioè costituisce l’elemento che conduce alla volontà di sposare tale e non altra persona. Tizio sposa Caia, e non un’altra, perché Caia gli piace, sta bene con lei, essa lo arricchisce spiritualmente.

       Se l’amore coniugale dovesse essere fondato soltanto sul secondo elemento, e cioè sulla benevolenza, allora dovrebbe essere indifferente quale persona sposare: il bene lo possiamo fare a qualsiasi persona.

       Al riguardo vorrei osservare che la compiacenza determina la volontà di sposare anche qualora il matrimonio viene contratto non per affetto, ma per motivi di opportunità e prudenza, come avviene spesso quando si tratta delle persone già in età avanzata. La compiacenza, infatti, trova il proprio fondamento in qualche bene percepito in un’altra persona (bellezza, saggezza, bontà, ecc.) Se uno vuole sposare una determinata persona, ciò significa che ha percepito in essa qualche bene, qualche utilità per se stesso. Altrimenti non la vorrebbe sposare. La volontà di contrarre il matrimonio con una determinata persona dimostra sufficientemente l’esistenza della compiacenza, anche se talvolta in forma meno vistosa.

b)    La compiacenza reciproca, maturata in volontà di contrarre il matrimonio, favorirà poi, senza dubbio, la formazione di una vera comunità di vita e di amore nella sua integrità. Perciò favorirà anche la mutua benevolenza: infatti, più facilmente vogliamo bene facciamo bene alla persona che ci piace, che a quella che non è attraente per noi.

c)    A motivo della delineata importanza e ruolo del primo aspetto dell’amore coniugale, esso viene protetto dal diritto della Chiesa. Viene protetto, però, non direttamente, e cioè in se stesso come compiacenza o concupiscenza, ma indirettamente in quanto sfociato nella volontà di contrarre matrimonio con una determinata persona.

       Il diritto canonico non soltanto ribadisce che il matrimonio non può essere contratto che con l’atto della volontà[14], ma afferma pure che dal fidanzamento, ossia dalla promessa del matrimonio, non consegue l’azione per esigerne la celebrazione[15]: nessuno infatti può essere costretto al matrimonio contro la sua volontà, anche se avesse prima promesso il matrimonio. Per di più, il diritto canonico considera nullo il matrimonio qualora si trattasse della volontà coatta per violenza o timore grave[16], o raggirata con dolo[17] inesistente (nel caso di simulazione)[18] oppure diretta in un’altra persona (l’errore di persona)[19].

 

4.    Importanza e ruolo del secondo aspetto dell’amore coniugale

a)    Da quanto finora detto risulta già chiaramente la fondamentale importanza e ruolo dell’altro aspetto dell’amore coniugale, che abbiamo designato con la parola «bene­volenza», (voler bene).

       Infatti, ho notato sopra che:

       ―    tale aspetto costituisce il nucleo essenziale di qualsiasi vero amore, unico aspetto senza il quale non si può, in nessun caso, parlare dell’amore e che, per sé, da solo basta per avere l’amore completo; anzi, quanto esso é più solo, tanto più alto e più puro é l’amore, e tanto più esso si avvicina all’amore di Dio verso gli uomini.

       ―    l’amore, in questo aspetto, cade sotto l’impero della volontà ed é oggetto del principale comandamento divino; quindi siamo obbligati e responsabili davanti a Dio per la realizzazione di tale aspetto;

       ―    dall’aspetto in questione dipende principalmente la forza, la stabilità, la felicità del matrimonio e l’attuazione di una vera comunione di vita.

b)    Di conseguenza, non é difficile scorgere - anche se non abbiamo tempo per spiegare dettagliatamente la questione - che il diritto della Chiesa ancorato nel Magistero e la teologia, presuppone il secondo aspetto dell’amore coniugale come costitutivo dello stesso concetto del matrimonio[20] e attribuisce perciò ad esso una particolare importanza nella preparazione alle nozze[21]. sarebbe quindi da considerare nullo il matrimonio qualora le parti, od una di esse, escludessero nel consenso matrimoniale tale aspetto dell’amore coniugale[22].

       Del resto senza tale aspetto fondamentale non si potrebbe neppure parlare di una «comunità» e tanto meno di una «comunione di vita e di amore», ma al contrario si dovrebbe piuttosto constatare una convivenza, nella quale ciascuna delle parti vuole sfruttare al massimo l’altra per il proprio godimento.

       senza l’aspetto dell’amore di cui sto parlando mancherebbe anche il fondamento o presupposto necessario per l’unità e l’indissolubilità del matrimonio[23], nonché per la sua ordinazione al bene dei coniugi e alla generazione e educazione della prole[24], come pure per il ruolo che il matrimonio ha da svolgere per il bene della società[25]. Non si potrebbe neanche capire come il matrimonio ha potuto diventare sacramento[26], se fosse privo del suddetto aspetto.

c)    Quando la Sacra Scrittura oppure il Magistero della Chiesa esorta all’amore o lo comanda, si tratta sempre di questo secondo aspetto, ossia della benevolenza. Ciò riguarda anche l’amore coniugale.

       Evidentemente non posso qui analizzare tutti i testi, ma necessariamente mi devo limitare a qualche esempio fra i più significativi.

       Per quanto concerne la Sacra Scrittura, vorrei ricordare il brano bellissimo di San Paolo dalla lettera agli Efesini, dove l’Apostolo paragona l’amore coniugale con quello di Cristo verso la sua Chiesa, esortando: «E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa»[27]. Dal contesto appare evidente che qui non può trattarsi che dell’amore oblativo, consistente negli atti di bontà, di misericordia per la Chiesa, determinati dalla volontà.

       Infatti:

       ―    l’amore di Cristo verso la Chiesa si é manifestato nel fatto che Cristo é volonta­riamente morto sulla croce per lei. Prosegue infatti S. Paolo: «come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola... al fine di comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa ed immacolata»[28];

       ―    come ho già notato, Cristo ha dato la sua vita per la Chiesa «mentre eravamo ancora peccatori»[29] (e cioè non attraenti), ciò che nel testo appena citato viene espresso tramite il concetto di santificazione e purificazione; nel contesto San Paolo dice inoltre che Cristo capo della Chiesa «é il salvatore del suo corpo»[30];

       ―    l’amore coniugale, simile a quello di Cristo verso la sua Chiesa, é oggetto del positivo precetto da parte dell’Apostolo: «E voi mariti, amate...». L’oggetto di un precetto può essere soltanto ciò che cade sotto l’impero della nostra volontà (e cioè il secondo aspetto).

d)   Quando nel Magistero della Chiesa si parla dell’amore coniugale si tratta specialmente del secondo aspetto, ossia della realizzazione della volontà di far bene al coniuge. In realtà il donare é ciò che più arricchisce il donatore stesso.

       Così riguardo alla Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes - tanto citato in materia dell’amore coniugale - non c’é dubbio che in tale Costituzione si tratta dell’amore sostanzialmente radicato nella volontà e diretto verso la comparte. Detto documento conciliare, infatti, enumera fra le defor­mazioni del matrimonio il fatto che l’amore coniugale «é molto profanato dall’egoismo, dall’edonismo»[31]; positivamente lo presenta come «atto eminentemente umano...diretto da persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà» e che «abbraccia il bene di tutta la persona»[32]; afferma che l’intima comunità di amore coniugale si instaura coll’atto «col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono»[33]; parla dell’amore coniugale «generoso e cosciente, del «mutuo aiuto e servizio»[34]; osserva che si tratta dell’amore «sgorgato dalla divina carità e strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa», anzi, insegna che, attraverso il sacramento del matrimonio, Cristo rimane con i coniugi proprio «perché come Egli stesso ha amato la Chiesa e si é dato per lei, così anche i coniugi possano amarsi l’un l’altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione»[35]; nota che ciò richiede «virtù» e che la fermezza dell’amore deve essere coltivata assiduamente[36], ecc. Tutto ciò indica senza equivoco che si tratta sostanzialmente del secondo aspetto dell’amore coniugale.

       Non diverso appare il nucleo fondamentale dell’amore coniugale nella famosa enci­clica di Paolo VI Humanae vitae del 25 luglio 1968[37]. In essa il Pontefice afferma con chiarezza: «L’amore coniugale rivela massimamente la sua vera natura e nobiltà quando é considerato nella sua sorgente suprema, Dio che é Amore (cf. 1Gv 4,8), che é il Padre da cui ogni paternità, in cielo e in terra, trae il suo nome (Ef 3,15)»[38].

Il testo é molto chiaro ed espressivo, soprattutto se consideriamo anche i brani biblici in esso citati[39]. Anzi nota Paolo VI, che «il matrimonio... é stato sapientemente e prov­videnzialmente istituito da Dio creatore per realizzare nell’umanità il suo disegno di amore»[40]. Indicando poi le note caratteristiche dell’amore coniugale, asserisce che esso «non è quindi semplice trasporto di istinto e di sentimenti, ma anche e principalmente é atto della volontà libera... E poi amore totale... in cui gli sposi generosamente condividono ogni cosa, senza indebite riserve o calcoli egoistici»[41].

       Tale genuina immagine di amore coniugale - la cui essenza si manifesta nella volontà e non nel sentimento, diretta al bene della persona amata più che a soddisfare se stesso - viene confermata fortemente nella esortazione apostolica di Giovanni Paolo II Familiaris consortio del 22 novembre 1981[42]. Pure qui, e in modo molto espressivo, l’amore coniugale, richiesto dai coniugi, viene presentato come «riflesso vivo e reale partecipazione dell’a­more di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa»[43]. La rivelazione della verità originaria del matrimonio - afferma la Familiaris consortio - «raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d’amore che il Verbo di Dio fa all’umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la su sposa, la Chiesa».

Proprio «in questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell’umanità dell’uomo e della donna, fin dalla loro creazione»[44]. Proseguendo il discorso, Giovanni Paolo II considera l’amore espressamente come «comandamento di vita per gli sposi»[45].

 

III.  Considerazioni pastorali

       Il discorso sull’amore coniugale, ha una grandissima importanza vitale, che scaturisce dai tre seguenti fatti, rilevati nella Famiriaris consortio:

―    «L’essenza e i compiti della famiglia sono ultimamente definiti dall’amore».

―    «Per questo la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore...».

―    «Ogni compito particolare della famiglia é l’espressione e l’attuazione concreta di tale missione fondamentale»[46].

       Giustamente quindi Paolo Vi nella Humanae vitae nota che «é di somma importanza avere un’idea esatta» dell’amore coniugale[47].

       Non ho trattato qui dell’amore coniugale in tutta la sua ricchezza, che da una parte comprende vari livelli «dei corpi, dei caratteri, dei cuori, delle intelligenze e delle volontà, delle anime»[48], nonché richiede l’unità e l’indissolubilità dell’unione coniugale[49], e d’altra parte si estende oltre i coniugi, svolgendo il proprio specifico ruolo nella formazione della comunione familiare, nel servizio alla vita, nella partecipazione allo sviluppo della società nonché alla vita e alla missione della Chiesa[50].

       Non ho parlato di tutto questo; ho ristretto la questione ai soli coniugi ed anzi in tale prospettiva mi sono limitato a rilevare principalmente:

―    che l’essenza dell’amore coniugale, come del resto di qualsiasi altro amore, è la volontà (e non l’attrazione o il sentimento che possono accompagnare e coadiuvare la volontà),

―    la volontà cioè diretta al bene del coniuge (e non principalmente a soddisfare se stesso),

―    la quale è oggetto del positivo comandamento per gli sposi, e perciò un compito, una missione, una vocazione per la quale i coniugi sono responsabili.

―    e di conseguenza essa deve essere coltivata e sviluppata giorno per giorno, affinché si abbia una vera comunità di amore coniugale.

       La chiara consapevolezza di questa interna natura dell’amore coniugale - che eviden­temente si riferisce anche alle appena indicate implicazioni: familiare, procreativo, sociale e ecclesiologico di tale amore - é di fondamentale importanza per i coniugi e per chi é impegnato nell’attività pastorale.

       Infatti alla radice di ogni deformazione e patologia dell’amore coniugale sta la con­fusione e mancato impegno al riguardo.

       La confusione in materia la incontriamo oggi molto diffusa.

Perfino, nella ampia discussione postconciliare sulla rilevanza giuridica dell’amore coniu­gale nel diritto della Chiesa, la grande parte degli autori sembra vedere nell’affetto l’es­senza dell’amore coniugale.

       Quanti poi in nome di una «legge d’amore», credono ed esprimono, più o meno chia­ramente, che il matrimonio dovrebbe dipendere nella sua durata o anche nella sua unità dall’«amore», oppure non vogliono figli per godere di più dell’«amore» o per essere più liberi, manifestano in tal modo palesemente di non aver capito nulla della natura dell’a­more coniugale che ho delineato sopra, di non aver capito l’alto e realistico insegnamento della Chiesa in materia. Non si rendono conto che, ad es., l’atteggiamento espresso nelle parole «il mio matrimonio durerà finché durerà l’amore» significa semplicemente cancel­lare la possibilità di gustare un vero amore; significa rinunciare a costruire un amore maturo; significa aspettare la morte di questa scintilla di amore che per la sua natura esige di essere coltivata, approfondita, maturata e difesa dai diversi pericoli.

       In realtà nei tribunali ecclesiastici in Italia la grande maggioranza delle cause matri­moniali riguarda una tale patologia dell’amore nel suo nucleo essenziale: infatti al primo posto vengono addotti come capo di nullità, l’esclusione dell’indissolubilità e l’esclusione della prole (che indicano l’amore deformato fin dall’inizio nel suo nucleo essenziale).

       Da quanto ho detto, ed osservandola vita, possiamo facilmente constatare che - per quanto concerne i due sopra descritti elementi dell’amore coniugale - la regolare e genuina evoluzione di tale amore é la seguente:

―    all’inizio si accende la fiamma del primo aspetto, ossia della compiacenza, dell’at­trazione e della conseguente concupiscenza, avvolte nelle nuvole del grande affetto e vivo sentimento;

―    ciò, da una parte, conduce a contrarre il matrimonio con una determinata persona e, dall’altra parte, favorisce e sostiene il secondo aspetto, la benevolenza (il voler bene alla comparte): é questo il tempo propizio per coltivare e sviluppare tale secondo aspetto;

―    col passare del tempo diminuisce la vitalità del primo aspetto, mentre si rafforza e purifica il secondo;

―    diminuita vistosamente o apparsa quasi spenta la fiamma del primo aspetto (che in realtà ha forse piuttosto cambiato soltanto l’oggetto, in quanto i fattori che attraggono non sono più tanto quelli esterni e di natura sessuale come il bene ricevuto dalla comparte) e disperse le sue nuvole, compare l’amore nella sua globalità più sereno, ma forte nella sua componente essenziale (benevolenza), che dimostra tutto il dinamismo costruttivo della vera ed instancabile comunione di vita e di amore, con la ricchezza dei suoi benefici riflessi familiari, procreativi, sociali ed ecclesiologici.

       C’é però pericolo, per un tale sviluppo, se gli sposi non hanno capito l’essenza volitivo-altruistica dell’amore e non coltivano né fanno progredire questo secondo aspetto, preoccupati soltanto di conservare il primo.

       Infatti, quanta meno attenzione si dà a coltivare e maturare il secondo aspetto, tanto meno anche potrà crescere e svilupparsi nel giardino della Chiesa (e dell’umanità) il delineato albero dell’amore coniugale, e tanto meno potrà esso produrre i frutti desiderati.

       Ma c’é di più: il mancato sviluppo e la mancata fruttuosità di tale albero non é una semplice mancanza, ma un positivo inquinamento dell’aria a livello dell’amore e una potente fonte di danni.

 

Conclusione

       Il reciproco amore - in quanto vero - é il tesoro più grande della copia e il fattore più costruttivo dell’unione coniugale.

       Perciò é importante che gli sposi si rendano conto dell’elemento da cui dipende la forza e la vigorosità del loro amore, da  cui dipende la stabilità, la felicità e la fruttuosità della loro comunità di vita e di amore.

       Come pure importante che non dimentichiamo che le cose preziose non si acquistano a poco prezzo. Per costruire una vera comunione d’amore ci vuole sforzo continuo e generoso.


[1]        Gv.2,111

[2]        Al riguardo cfr. ad es. Reaaltà e valori del sacramento del matrimonio (a cura di A.M. Triacca e G. Pianazzi), LAS - Roma 1976, soprattutto pp.65-172; P.Barbieri, La celebrazione del matrimonio cristiano. Il tema negli ultimi decenni della teologia cattolica. Edizioni Liturgiche, Roma 1982, soprattutto pp.15-124 e la bibliografia al riguardo pp. specialmente XIV-XX.

[3]        Ef 5,22-32

[4]        Cfr. Costit. pastorale sulla Chiesa nel mondoi contemporaneo Gaudium et Spes, nn.47-51

[5]        Cfr. soprattutto l’enciclica Humanae vitae del 25 luglio 1968: AAS 60 (1968) 481-503 nn.7-10; il testo italiano in Echiridion Vaticanum, vol 3, Edizioni Dehoniane, Bologna 1977, pp.281-319.

[6]        Sia nell’esortazione apostolica sui compiti della famiglia cristiana Familiaris consortio, in AAS 73 (1981) 81-191 (il testo italiano fra l’altro in Enchiridion Vaticanum, vol. 7, Edizioni Edhoniane, Bologna 1982, pp.1389-1603); sia nei numerosi discorsi: cfr. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Discorsi, Messaggi, Omelie, diversi volumi, Libreria Editrice Vaticana 1978-, passim; L’amore umano nel piano divino. Catechesi di Giovanni Paolo II nelle Udienze Generali, Libreria Editrice Vaticana, 1980.

[7]        Gaudium et Spes, n.48

[8]        In questa riflessione seguo in gran parte il mio studio De«communione vitae», in novo schemate «de matrimonio» et de momento iuridico amoris coniugalis, in Periodica de re morali, canonico, liturgica 68 (1979), pp.455-465.

[9]        Circa i suddetti due aspetti cfr. ad es. K. WOYTYLA, Amore e responsabilità, Ed. 2a, Marietti, Torino 1978, pp.64-74.

[10]      Lc 6,27-28. Vedi tutto il testo Lc 6,27-35 nonché Mt 5,43-48.

[11]      Rm 5,6-10. Cfr. anche 2Cor 8,9; Ef 2,1-4; 1Pt 3,18-20; 1 Gv 4,9-10.

[12]      1 Pt 3,18.

[13]      1 Gv 4,8 e 4,16.

[14]      Codice di Diritto Canonico, can. 1057.

[15]      Ivi, can.1062, §2

[16]      Ivi, can. 1103.

[17]      Ivi, can. 1098.

[18]      Ivi, can. 1101, § 2.

[19]      Ivi, can. 1097.

[20]      Cf ivi, specialmente cann. 1055-1057.

[21]      Cf ivi, cann. 1063-1065.

[22]      Cf al riguardo Z. GROCHOLEWSKI, Art. cit., pp. 465-477.

[23]      Codice di Diritto Canonico, can. 1056.

[24]      Ivi, can. 1055, § 1.

[25]      CONCILIO VATICANO II, Costit. Gaudium et spes 47; GIOVANNI PAOLO II; Familiaris consortio, cit. sopra (nt.6), nn. 17, 42-48.

[26]      Codice di Diritto Canonico, can. 1055.

[27]      Ef 5,25.

[28]      Ef 5,25-27.

[29]      Vedi citazione indicata sopra, nt. 11.

[30]      Ef 5,23.

[31]      Gaudium et spes, n. 47b.

[32]      Ivi, 49a.

[33]      Ivi, 48a,c; 49b.

[34]      Ivi, 48b.

[35]      Ivi, 48b.

[36]      Ivi, 49d.

[37]      Humanae vitae:: cfr. sopra, nt. 5.

[38]      Ivi, n. 8a.

[39]      Nella 1 Gv dopo la citata espressione Dio é amore il testo prosegue: «In questo si é manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi as amare Dio, maé lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazioneper i nostri peccati» (Gv 4,8-10). Anche Ef 3,5 si tratta di una volontaria diffusione del bene.

[40]      Humanae vitae, (cfr. sopra nt. 5) n.8b.

[41]      Ivi, n. 9b-c.

[42]      Familiaris consortio: cfr sopra, nt. 6.

[43]      Ivi, n. 17b. Cfr. anche ivi nn. 12,13, 18-20.

[44]      Ivi, n. 13c.

[45]      Ivi, n. 19c.

[46]      Ivi, n. 17b-c.

[47]      Humanae vitae, n. 9a.

[48]      Familiaris consortio, n. 19.

[49]      Cf Gaudium et spes, n. 49c; Humanae vitae, n. 9; Familiaris consortio, nn. 19-20.

[50]      Familiaris consortio, n. 17 e ss.