di P. Domenico Cancian fam

 

Scrivo volentieri questa breve memoria di Padre Gino perché ho un grande debito di riconoscenza nei suoi confronti. In alcuni momenti cruciali della mia vita, P. Gino mi ha offerto, con cuore paterno, aiuti decisivi specialmente negli anni 1958-1973.

Sono stato uno dei suoi consiglieri nel sessennio in cui ha svolto l’incarico di Padre Generale (1980-1986) e poi sono stato anche suo Superiore nella Comunità di Collevalenza (1986-1993).

 

1.   Breve scheda biografica

Nato a Montecchio (TR) il 17.07.1922, compie gli studi ginnasiali nel Seminario di Todi. Consegue la maturità classica e al Pontificio Seminario Regionale di Assisi completa i corsi filosofici e teologici. É ordinato sacerdote il 30 maggio 1946.

Nei primi 5 anni di sacerdozio svolge il servizio di vicerettore del Seminario, Parroco di Pesciano e Montenero, assistente degli Scout e dell'Azione Cattolica femminile. Nel '50 fu nominato prima direttore del Comitato per l'Anno Santo e poi canonico della Cattedrale.

Il 15 sett. 1951, dopo neanche un mese dalla venuta della Madre a Collevalenza, entra nella Congregazione. Il Signore stesso aveva detto alla Madre che desiderava Don Gino come FAM. E lui, subito accetta. Dopo appena 15 giorni, il 30 settembre 1951, emette la sua Professione religiosa a Roma (4° FAM), nelle mani del Vescovo di Todi. Gli venne affidata la cura degli Apostolini e nell'aprile '52 fu nominato superiore della prima comunità FAM e parroco di Collevalenza.

 

Dall'ottobre del 1951 è stato confessore ordinario della Madre fino alla sua morte. E’ lui che l’aiuta nella costruzione del Santuario e delle varie opere, diventando il suo più stretto collaboratore.

Il 3 settembre 1956 è eletto Vicario Generale della Congregazione.

Nel '65 muore la mamma dopo 30 anni di malattia, mentre il papà muore nel '75 all'ospedale, in modo simile a come morirà Padre Gino nel '95.

Il 15 agosto 1968 emette la Professione Perpetua.

 

Nel 4° Capitolo Generale del 1980 è eletto Superiore Generale della Congregazione.

Proprio in questi 6 anni del suo servizio come primo responsabile della Congregazione avvengono dei fatti storici per noi:

—   il 30 novembre 1980 è pubblicata la Dives in misericordia, a seguito della quale Padre Gino ha promosso la celebrazione di ben 6 Convegni Internazionali dall'81 (“Prima lettura della DM”) all'86 (“La Madre della Misericordia”);

—   il 22 novembre 1981 il Papa visita Collevalenza ed è Padre Gino ad accoglierlo;

—   l'approvazione pontificia della Congregazione FAM arriva il 18 agosto 1982;

—   l'8 febbraio 1983 muore Madre Speranza.

 

Ha promosso la Pastorale Familiare e il Consultorio a Collevalenza. Ha ideato e messo in funzione la Casa-Famiglia per 40 anziani in Montecchio, nella casa paterna. É stato rettore del Santuario per molti anni fino alla morte avvenuta il 10 novembre 1995, all'età di 73 anni.

Una morte improvvisa, anche se poco dopo il ricovero al Gemelli il giorno dei santi (1 nov. 1995), gli venne diagnosticato il tumore che già sospettava. Un infarto fulmineo produce un embolo che ferma il suo “grande” cuore.

Più volte aveva confidato ad alcuni di noi come desiderava morire: "Chiedo al Signore che la mia morte sia un colpo e via".

Un particolare per me indimenticabile. La sera prima di entrare al Gemelli, il 30 ottobre 1995, mi chiama nel suo studio e mi fa leggere la bozza della sua ultima “Voce del Santuario”. Mi chiede un parere. Resto commosso nel leggere le prime righe, lo guardo e mi conferma: “Sì, è un episodio che mi ha particolarmente colpito. Lo riporto.

«Questa mattina di fronte allo studio del rettore del santuario ho visto una gentile signora attempata pregare a lungo davanti alla statua di San Giuseppe (con tutto rispetto e tanta venerazione da me considerato mio dirimpettaio). Passo e ripasso ed osservo la signora sempre più attenta alla preghiera a San Giuseppe. Da ultimo mi ferma e mi dice che ha portato un grande cero a San Giuseppe per ottenere una grazia alla quale tiene tantissimo; come chi ti rivela un gran segreto mi ha detto sotto voce che sta invocando il Santo della buona morte dal quale vuole assistenza in modo che quando verrà la sua ultima ora non abbia bisogno di infastidire nessuno, ma venga Lui direttamente a portarsela via. Ho promesso che mi sarei unito alla sua preghiera e l'ho vista serena; vi dico la verità non l'avrei abbracciata, ma l'avrei mangiata come dicono le mamme ai figli».

 

2.   Carattere e personalità

Aveva un carattere piuttosto impulsivo; metteva un po' soggezione a prima vista. Il Prof. Pietro Iacopini, per lunghi anni assistente di noi “apostolini” (così venivano chiamati i piccoli seminaristi), quando non riusciva a tenerci buoni ricorreva alla famosa frase: "Stai attento che ti mando da P. Gino". Il che voleva dire ricevere una punizione. Ma generalmente, dopo la strillata, tutto si risolveva presto e bene.

In positivo abbiamo molti ricordi di attenzioni affettuose, d’interessamento cordiale alle situazioni personali e familiari. Dietro il suo modo a volte irruento, espresso anche con caratteristiche “impennate” nel suo modo di parlare, vi era una persona molto capace di amare, disponibile a dare tutto e subito. Conservo specifici episodi che confermano questo.

Cercava rapporti autentici e diretti, anche se talvolta faceva fatica ad accettare osservazioni critiche. Dava fiducia, incoraggiava. Il suo atteggiamento un po' forte, nascondeva in verità una personalità semplice, perfino timida, capace di commuoversi fino alle lacrime dinanzi a situazioni di sofferenze, ricca di sentimenti profondi.

La Madre, che lo conosceva bene, aveva capito subito che la sua principale caratteristica era quella di avere “un corazón como una plaza de toros”, un cuore grande, pronto ad accogliere ogni persona bisognosa, specialmente, confratelli, consorelle, sacerdoti, ammalati, anziani… Tenendo fisso il suo sguardo su Gesù e sulla Madre, ha via via modellato il suo cuore sullo stile dell’Amore Misericordioso, di cui è diventato sempre più “Figlio”, lasciandoci una bella testimonianza di vita religiosa.

Era una persona molto attiva e dinamica, piena d’iniziative, quasi incapace di stare fermo. Notevoli le sue capacità organizzative. Forse per questo il Signore gli ha risparmiato di finire i suoi giorni in una lunga degenza a letto o sulla sedia, affetto da una brutta malattia come il tumore (era la previsione dei medici).

 

3.   La sua testimonianza

Leggendo e rileggendo il suo ultimo articolo "Voce del Santuario”, ottobre 1995 (che allego come prezioso documento), ho avuto la sensazione di trovarmi davanti al suo testamento spirituale.

Il testamento vero e proprio è datato 5 aprile 1982, Lunedì santo. Era il periodo in cui ricopriva l'incarico di Padre Generale. É un testo esemplare per brevità, umiltà, fede nel Signore Gesù, amore alla Madre e alla Famiglia religiosa. Usa parole precise, vere, dense, vicine a quelle del Vangelo. Eccolo:

Testamento di Gino Capponi. Non ho testamento spirituale da fare in quanto nella mia povertà spirituale non ho altro da fare che ringraziare e chiedere perdono a Dio e ai fratelli.

In conformità alle nostre amate Costituzioni lascio quanto fosse a me intestato e mi appartenesse alla mia amata Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso, fondata dalla mia carissima Madre, Madre Speranza di Gesù Alhama Valera.

L'Amore Misericordioso mi conceda la salvezza eterna nella visione di Lui stesso, di Maria SS.ma Mediatrice e in compagnia della mia venerata Madre, dalle impagabili mie Consorelle e dei misericordiosi Confratelli e parenti e amici. Gino Capponi per bontà divina Sacerdote e Figlio dell'Amore Misericordioso.

Collevalenza, 5 aprile 1982, Lunedì santo”.

Notiamo il senso di gratitudine, la totale dedizione alla sua vocazione e il chiamarsi semplicemente Gino Capponi.

Padre Gino ha mostrato una grandissima attenzione all'Amore Misericordioso di Gesù così come lo intendeva dalle parole e dalla vita della Madre. Ciò gli consentiva di “ritornare al Vangelo” con una nuova modalità.

Gesù e la Madre erano strettamente uniti nella sua esperienza: l'una richiamava l'altro. Era innamorato di Gesù Eucarestia e della Madonna. Non ricordo omelie senza un accenno alla Vergine.

Parlando del suo primo incontro con la Madre, scrive:

"I miei ricordi personali iniziano il 18 agosto 1951 il giorno in cui i primi tre Figli dell'Amore Misericordioso, Padre Alfredo Di Penta ancora non sacerdote, Padre Giovanni Barbagli proveniente dalla Diocesi di Arezzo e Sanzio Supini che aspirava ad essere fratello, si stabilirono nella casa parrocchiale di Collevalenza, formando la prima Comunità dei FAM. Contemporaneamente Madre Speranza e alcune Suore furono ospiti della casa Valentini all'interno del paese di Collevalenza.

Il Vescovo Mons. De Sanctis mi invitò ad accompagnarlo alla presentazione che lui avrebbe fatto a sera, nella parrocchia, del nuovo Istituto. A un cenno della Madre la seguii in una saletta della casa parrocchiale e avvenne un brevissimo colloquio, in piedi tra l'altro, dove mi disse che il Signore voleva che io facessi parte della nuova Congregazione anche perché le risultava, non perché glielo avessi detto io, della mia aspirazione alla vita religiosa che coltivavo dal II liceo e che conosceva soltanto il mio direttore spirituale di allora Mons. Carlo Isotti, del Seminario regionale di Assisi. Mi disse anche, in questo brevissimo colloquio, di essere a conoscenza di alcune preoccupazioni che mi assillavano ed io ne rimasi sorpreso perché non le avevo confidate a nessuno. Il colloquio fu interrotto perché dovetti ritornare in fretta a Todi richiamato dal Vescovo.

Tornato la sera in seminario non riuscii a dormire ripensando al colloquio con la Madre. Il mattino successivo, desiderando incontrarla, telefonai al posto pubblico di Collevalenza e chiamai P. Alfredo perché mi facilitasse l'incontro… Seppi dopo, direttamente dalla Madre, che lei quel mattino era venuta a Todi con il Sig. Lino di Penta, per cercare me, ma aveva trovato il seminario chiuso mentre io all'interno stavo telefonando a lei.

Dopo qualche giorno andai a Roma ed incontrai la Madre in Via Casilina. Conversai a lungo con lei che mi chiarì le motivazioni della fondazione dei FAM e mi introdusse nello spirito della vita religiosa. In questo colloquio dissi chiaramente alla Madre che avrei fatto del tutto per avere dal Vescovo il necessario permesso per lasciare la Diocesi ed inserirmi nella Congregazione. Quando parlai col Vescovo lo trovai piuttosto reticente e desideroso di prendere tempo…

Il giorno 14 settembre, dopo aver strappato la sera precedente il permesso del Vescovo, venni a Collevalenza alle 6 del mattino mentre la Madre e le suore si recavano in chiesa provenienti dalla casa Valentini. Mi misi all'ultimo banco mentre i figli e le suore facevano le loro preghiere. Ad un certo punto il Padre Alfredo mi si è avvicinato per invitarmi a farmi avanti perché la Madre a suo dire era in estasi. Io rimasi al mio posto per cui dopo un po' Padre Alfredo è tornato dicendomi che era bene che mi avvicinassi poiché la Madre parlava di me nella preghiera. Ho aderito a questo invito, evidentemente emozionato.

Fin dalle prime settimane che mi trovavo a Collevalenza la Madre volle che io fossi il suo confessore. Ricordo un fatto avvenuto un Venerdì di quaresima del 1952. Verso le 3 di notte una suora venne a chiamarmi dicendomi di correre subito dalla Madre perché stava soffrendo. Entrai nella stanza e assieme alle suore constatai che la Madre era a letto con le braccia allargate in forma di croce e gemeva dicendo in spagnolo: "Más, más...!", chiedendo con ciò al Signore di soffrire ancora di più. Il volto era sofferente ma raggiante in atteggiamento di amore e di offerta. Notai insieme alle suore che la testa della Madre non poggiava sul cuscino, tanto che abbiamo messo la mano sotto la testa e sotto le spalle e la mano passava comodamente a dimostrare che il corpo era sollevato. Al termine di questo momento di sofferenza quando la Madre ha raccolto le braccia si è sentito uno scricchiolio formidabile che abbiamo interpretato come il rumore della flagellazione. In questo lasso di tempo ho avuto l'impressione che la Madre stesse vivendo la crocifissione del Signore...

La formazione che la Madre dava ai suoi figli sacerdoti era intonata a quell'Amore e a quel sacrificio che prendono le mosse da Gesù Crocifisso”.

 

P. Gino è stato l'unico FAM, dopo P. Alfredo, a vivere sempre accanto alla Madre, a Collevalenza nei suoi ultimi 32 anni. La gran parte delle note del suo diario la Madre le indirizzava a P. Gino, come confidenze al P. Spirituale. A lui ha indirizzato circa nove lettere. In questi scritti si coglie la grande fiducia che la Madre aveva in lui e allo stesso tempo il desiderio materno di educare alla sua forte spiritualità non solo il figlio Gino, ma in lui tutti noi. Un rapporto Madre-figlio in cui l'uno educa l'altro, sempre con grande rispetto dei ruoli. Un reciproco rapporto educativo che ha favorito la crescita spirituale di entrambi.

Per questo è quanto mai utile rileggere quei testi per evidenziarne l'itinerario pedagogico che introduce all'esperienza dell'Amore Misericordioso.

Lo si coglie subito da una lettera del 25.09.1952.

"Avrei un grande desiderio di vederla, se Lei potesse venire; ma ho anche un grande timore che questo mio desiderio non piaccia proprio al buon Gesù, per due motivi. Prima di tutto perché mi sento mossa dal desiderio di confidarmi con qualcuno e questo non è giusto; dove va a finire in questo modo il merito? Ma perché mi riduco a cercare il conforto delle creature ogni volta che mi trovo in qualche preoccupazione? Certamente perché mi manca l'amore al sacrificio e perché mi dimentico con troppa frequenza che Gesù sta sempre con me.

In secondo luogo non è giusto che io faccia soffrire anche Lei con i miei sfoghi. Chiudo pregandola di non soffrire e di non preoccuparsi poi tanto delle cose che le ho comunicato; ormai mi conosce e sa che sono sempre tentata di fare anche di una cosa piccola una montagna…

Io le posso dire, padre mio, per sua tranquillità, che, con l'aiuto del buon Gesù, io mi sono sentita tante volte molto tranquilla quanto più mi sono abbracciata alla croce. La supplico di pregare per me perché l'amore e la sofferenza mi uniscano fortemente al buon Gesù al punto che io possa dire con verità che ormai non ho più una volontà mia. Abbia per certo che anch'io prego tanto perché anche lei viva e pensi così".

 

Ecco alcune raccomandazioni che valgono anche per noi:

"Ti vedo piuttosto preoccupato per il comportamento di alcuni apostolini e questo mi dispiace; ma sta attento a non voler ottenere dagli altri quello che tu vorresti; è giusto aiutarli a tirar fuori solo quello che ognuno è in grado di dare" (9.04.1954).

 

"Mio amato figlio, io ti chiedo di avere sempre tanto presente che, se vuoi progredire nella santità e rendere efficiente il tuo apostolato, la prima cosa in cui devi impegnarti è quella di stare molto unito al Nostro Dio, per mezzo della preghiera e per mezzo del sacrificio; tu sai che la orazione è il legame che assicura tutte le nostre facoltà al Nostro Dio.

Tieni presente, figlio mio, che se mi sono permessa di darti questi consigli e se mi permetto di supplicarti e una e mille volte, è perché tu faccia un fermo proposito di sforzarti sempre di più per vivificare le tue azioni esteriori per mezzo dello spirito di orazione.

Prega perché io compia in ogni momento la volontà del buon Gesù e che, con la luce della fede, io senta nel mio interiore sempre un vuoto grande che possa essere riempito con la presenza del mio Dio. Anch'io chiedo questo per te" (29.10.1952).

 

Un santino scritto dalla Madre a P. Gino forse riassume tutto il cammino spirituale dell'uno e dell'altro.

"Tutto per amore. Fa’, Gesù mio, che la mia anima si unisca a Te fino a formare un’unica volontà, un unico respiro, un unico amore e un unico affetto; fino a conseguire che la mia anima, le mie forze e tutto il mio essere brucino sempre e si consumino come autentica scintilla nel fuoco della tua divina volontà".

 

Mi sembra che ciò in qualche modo si sia realizzato. P. Aurelio nel suo articolo “Un corazón como una plaza de toros", scrive: "Ricordo che nella casetta di Montecchio che aveva costruito tra gli ulivi di suo padre, ove quest'estate ho passato alcuni giorni di ritiro insieme ai nostri seminaristi Franco e Paolo, una mattina lui ci parlò dell'unione con Dio nell'esperienza della Madre Speranza. Mi colpì la sua accalorata insistenza su una frase della novena all'Amore Misericordioso: "fammi ardere nel fuoco della tua carità".

 

Due cose balzano con evidenza. Anzitutto la sua decisione di entrare nella Congregazione e di emettere i Voti dopo appena 15 giorni, senza calcoli e tentennamenti. Una scelta rischiosa perché conosceva ancora poco la Madre, mentre come sacerdote diocesano era molto stimato. In secondo luogo la sua costanza: mai ha dubitato della sua vocazione, del Signore e della Madre. Una fiducia, se vogliamo misurarla, profonda non poco: 90 metri! E' lui stesso che riporta il simpatico episodio, accaduto all’epoca della perforazione del pozzo, nel 1961.

"Famosa la battuta che feci un giorno a mia confusione: «Madre, ha visto che stiamo già a novanta metri di profondità e non abbiamo trovato niente. Vede a che spesa siamo arrivati? Che cerchiamo?». Parole testuali le mie e le sue. «Cerchiamo l'acqua». Poi, puntando il dito verso di me, proseguì: «Tu?» Dopo due metri di lavorazione cioè a 92 metri, si trovò acqua e si disse che a P. Gino erano mancati due metri di fede".

 

Una fiducia nel Signore e nella Madre che l'ha sostenuto nelle sue molteplici attività. Una fiducia reciproca fino all'ultimo sguardo della Madre rivolto a lui e a M. Teofila, fino al pianto accorato che è seguito alla morte e al grido quanto mai indovinato: "Madre, lasciaci il tuo Spirito!".

 

E ancora lui che racconta questo doloroso momento: “Nel febbraio del 1983 e precisamente il 3 febbraio sera, quando io andai a darle la buona notte, stavo per dirle che il giorno seguente sarei andato a Roma ma lei mi precedette dicendo: «Hijo, yo me voy». Io intervenni subito dicendo che ero io che il giorno seguente sarei andato a Roma, ma la Madre non rispose… A mezza mattinata del 4 febbraio  la Madre ebbe un enfisema polmonare… Il lunedì 7 il Prof. Sandro Ventura, chiamato per un consulto, ci disse, assieme al Dott. Baccarelli, che era sopraggiunto un infarto e che da quel momento «potevamo aspettarci di tutto». La notte vegliai accanto alla Madre; ad un certo momento si aggiunse anche la Madre Teofila… Il 7 febbraio alla Messa, da me celebrata, la Comunione della Madre fu fatta con alcune gocce di Vino consacrato offertole con un cucchiaino. In quegli ultimi giorni più di una volta le ho impartito l’assoluzione sacramentale… Pochi istanti prima della morte ho notato che la Madre mi ha fissato lungamente ed eloquentemente e dopo di me ha fissato la Madre Teofila che era dall’altra parte del letto. Io ero il Superiore Generale e lei la Superiora Generale. Abbiamo compreso da quello sguardo che la Madre confidava in noi per la prosecuzione della sua opera che ci lasciava in preziosa eredità”.

 

P. Gino si è dato con molta convinzione al servizio del Santuario. Ci credeva molto e ricordava con passione a noi e ai pellegrini l'importanza di questo luogo sacro, voluto dal Signore e realizzato con tanto sacrificio dalla Madre anche con la sua fattiva collaborazione. Non ha mai avuto dubbi sul grande futuro di Collevalenza (a volte con una certa enfasi) e ha superato molte difficoltà che provenivano da varie parti.

 

Tutto sprizzante il suo articolo nel primo numero della rivista dal titolo "Inaugurazione e vita del Santuario" (anche questo mi piace allegarlo). Racconta il grande evento del 30 settembre 1959: il Vescovo che benedice il Crocifisso (nel giorno in cui la Madre compie i 66 anni). Il giorno dopo 1° ottobre lo stesso Vescovo dichiara la piccola chiesa: Santuario dell'Amore Misericordioso (è la festa di S. Teresa di Liseux, morta il 30 settembre 1897).

 

L'ultimo articolo, dopo 36 anni, racconta la vita di un Santuario ormai meta di molti pellegrini che arrivano alla spicciolata e in gruppo.

Padre Gino lascia il Santuario proprio allo scadere del 30° anniversario della sua Dedicazione. E' ancora lui che scrive:

"Il mese di ottobre non poteva chiudersi meglio: il 30 sera in basilica sono stati celebrati i Vespri solenni; tanta devozione e tanta gioia nel 30° anniversario della dedicazione del tempio. Il 31 poi liturgicamente abbiamo celebrato liturgia delle ore e l'Eucarestia come solennità. Ma alla solennità liturgica è corrisposta quella dei nostri cuori al ricordo della gioia della Madre, che vedeva realizzato il suo più ardito sogno di dar gloria all'Amore Misericordioso alla presenza di 62 Padri conciliari e del Cardinal Alfredo Ottaviani. Si apriva un nuovo panorama nella chiesa conciliare con la sottolineatura della bontà misericordiosa del nostro Dio. A quel 1965 aveva fatto da anno vigiliare il 1964 in cui la Festa dell'Amore Misericordioso era stata presieduta dall'Arcivescovo di Cracovia Mons. Karol Woitila. In quella circostanza il futuro Papa aveva concesso un lungo colloquio alla Madre Fondatrice. Sapete di che parlarono il futuro Giovanni Paolo II e la Madre Speranza? Dell'Amore Misericordioso".

 

Un servizio molto atteso da P. Gino è stato il ministero della riconciliazione. Volentieri si rinchiudeva "nell'armadio", come soleva dire, per confessare e poco prima di morire aveva assolto il medico-paziente compagno di camera.

Scrive ancora nel suo ultimo articolo: "Ci sembra con molta umiltà di stare alla raccomandazione che ci fece il Papa Giovanni Paolo II quando venne il 22 novembre 1981. Lo sapeva che da noi è molto in onore il sacramento della penitenza e ci raccomandò tanto di portarlo sempre avanti con competenza, con un tratto di amore misericordioso".

 

Negli anni '70 P. Gino aveva dedicato tanta attenzione alla pastorale familiare. In collaborazione con Valeria aveva promosso il Consultorio e aveva organizzato molte iniziative chiamate "Incontro coniugale". Aveva capito bene che la Famiglia dell'Amore Misericordioso era stata suscitata per portare speranza anche alla famiglia umana, particolarmente bisognosa d'aiuto. Tra l'altro si era molto "battuto" contro il divorzio e l'aborto. Come Padre Generale ha voluto che i FAM si impegnassero molto su questo fronte.

Molte famiglie l’hanno apprezzato ed hanno richiesto il suo consiglio, la sua amicizia.

 

Padre Gino ha testimoniato un grande amore ai poveri, alle persone sofferenti. Col suo cuore sensibile sapeva ascoltare e fare suo il dolore altrui. Stabiliva relazioni affettive, offrendo immediatamente tutto ciò che poteva: preghiera, consiglio, aiuto materiale... Aveva anche qui imparato dalla Madre. Basti ricordare la Casa-Famiglia di Montecchio, l'attenzione ai malati, ai disoccupati, ai poveri.

 

Padre Gino ha amato la Famiglia dell'Amore Misericordioso, la sentiva sua. Traspare in quei due aggettivi del testamento "impagabili consorelle" e "misericordiosi confratelli". Alla Congregazione lascia tutti i suoi beni.

 

Ma soprattutto Padre Gino ci lascia una luminosa testimonianza di amore appassionato ai sacerdoti, non tanto per il libretto "La mia passione sono i sacerdoti", quanto per quello che ha fatto.

Ricordo un'espressione: "Non mi passa un giorno che non faccia qualcosa per loro, fosse solo un'Ave Maria". Anche qui aveva preso dalla Madre, una donna che si è ripetutamente offerta per i sacerdoti e per loro ha messo a disposizione sofferenze, preghiere, attività e servizi d'ogni genere.

Le ultime righe di P. Gino sono per loro. Ascoltiamole.

 

"Comunque non vorrei passare sotto silenzio i 30 anni anche del decreto conciliare Presbiterorum Ordinis che ha dato sostegno ed idee alla realtà sacerdotale in tutto il mondo. Ho seguito per televisione la sera del 27 ottobre il discorso meraviglioso del Santo Padre che commemorava il decreto conciliare di cui sopra e mi è venuta tanta malinconia al pensare a quattro preti di una certa età che operano in una certa zona del mondo e che ognuno deve fare tutto da sé: lavare, stirare, cucinare, accudire alla chiesa e fare pastorale. La malinconia mi viene perché mi domando se c'è qualcuno che pensa a loro. Figli della Madre Speranza, fatevi avanti; questi sono i preti bisognosi ai quali vi manda la Madre".

Quest'ultima battuta mi ha profondamente commosso. L'ho sentita come una consegna rivolta in maniera accorata a noi FAM, suoi confratelli. Non è il piglio dell'uomo dal carattere impulsivo, non è il tono dell'ex Padre Generale, è l'indicazione chiara e lucida dello specifico della nostra vocazione nello Spirito della Madre. "Figli della Madre Speranza, fatevi avanti; questi sono i preti bisognosi ai quali vi manda la Madre".

Raccogliendo la sua consegna, gridiamo anche noi: "Il tuo Spirito Madre, donaci"!.

 

“Accogli, Padre e fratello, il nostro grazie per quanto ci hai donato e prega per noi. Tu che non amavi recitare il «Requiem aeternam» perché eri sicuro che in Paradiso non si dorme eternamente, ma si è più attivi che da vivi, ‘datti da fare’ presso l’Amore Misericordioso e la Madre.

Contiamo nella tua accorata intercessione!”.