"OFFRÌ SE STESSO" (Eb 9,14)
P. Domenico Cancian fam

 

VITTIMA DEL SUO AMORE

"Gesù celebrò la cena legale mangiando l’agnello pasquale arrostito (asado), steso sulla mensa, nel quale vedeva se stesso, steso sulla croce, arso (asado) dal fuoco dell’amore per suo Padre e per gli uomini" (El pan 7, n. 115).

Introduzione

"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!" (Lc 12,49).

Gesù è venuto a portare il fuoco dello Spirito, come aveva preannunciato il Battista. "Egli (il Messia) vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco" (Mt 3,11). Ciò avviene a Pentecoste. "Apparvero loro (agli apostoli) lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo" (At 2,3).

Ma questo fuoco si accende sulla croce. E’ lì che Gesù riceve il battesimo di sangue. E’ il fuoco dello Spirito che consuma Gesù, lo rende, secondo il linguaggio della Madre, "agnello pasquale arrostito", ossia olocausto perfetto, nostra Pasqua, Nuova Alleanza. E’ l’Agnello che, lasciandosi condurre al macello, cancella il peccato del mondo.

Tutta la vita di Gesù si protende verso la Pasqua, che lui stesso chiama "la mia Ora" (cf Gv 13,1). L’Ora nella quale Gesù sarà innalzato e attirerà tutti a sé. La Pasqua di Gesù costituisce la nuova ed eterna Alleanza, il mistero centrale della fede cristiana, la rivelazione massima dell’Amore e della Misericordia di Dio. Madre Speranza vede Gesù nella croce come "vittima del suo Amore", offerta vittimale.

Vogliamo approfondire il significato di questa espressione secondo la Parola di Dio..

1. I sacrifici e il loro significato nell’AT

Il Dio della Bibbia non ha bisogno dei nostri sacrifici, né tanto meno devono essere offerti per cercare di "placarlo". Dio è Uno in tre Persone, è trascendente, è pienezza di esistenza e di amore, di ogni perfezione.

I vari sacrifici dell’AT, che Dio stesso aveva accuratamente ordinato, hanno lo scopo di rendere visibili alcuni atteggiamenti religiosi di base, per educare al vero rapporto con Dio.

L’olocausto

"Il più solenne dei sacrifici israelitici era l’olocausto, nel quale la vittima veniva completamete bruciata, come indica holocáuston, il termine usato nei LXX. Il termine tecnico ebraico ‘olah, deriva dalla radice verbale «salire», probabilmente perché le fiamme e il fumo salivano al cielo (così Gdc 13,20). E’ chiamato anche kalil, una parola che significa «completo» (Dt 33,10; 1 Sam 7,9; Sal 51,21)". Un sacrificio che sale a Dio tutto intero, per completo.

Secondo il Levitico la vittima doveva essere un animale maschio, senza difetto. Chi faceva l’offerta poneva la mano sulla testa della vittima per significare che veniva sacrificata in suo nome. Il sacerdote versava il sangue attorno all’altare, simbolo di Jahvé.

L’olocausto metteva in evidenza sopratutto la dimensione dell’adorazione: Dio merita l’offerta totale, il dono completo di sé (vedi il sacrificio di Isacco: Gen 22). La vittima significava il sacrificio totale del donante stesso.

L’offerta "va su", "sale" completamente verso Dio. Spiritualizzata attraverso il fuoco, saliva al cielo sotto forma di fumo (cf Sal 140,12).

Il sacrificio di comunione e di lode

Un altro tipo di sacrificio era chiamato "sacrificio di comunione" o "offerta di pace" perché voleva esprimere l’unione tra Dio e il donatore attraverso un’offerta di ringraziamento (zebah selamin). Era una sorta di offerta votiva o sacrificio di lode.

La vittima veniva spartita tra Dio, il sacerdote e l’offerente. La parte destinata a Dio veniva bruciata sull’altare. Il fedele mangiava dinanzi a Jahvé, quasi in sua compagnia. Era il pasto sacrificale, nel quale si stabiliva una comunione spirituale, un’alleanza tra Jahvé e l’offerente.

E’ chiara qui l’idea di "mangiare alla mensa del Signore", assieme a Lui, quasi come suoi commensali.

Ciò si compie nel gesto di Gesù che mangia con i peccatori e sopratutto nell’Eucaristia.

Il sacrificio di lode (tôdâ = grazie) descritto in Lv 7,11-17, ricorre spesso nei Salmi (cf Sal 22; 116; 107 ...). Lo schema è semplice: una persona si trova in un pericolo, invoca il Signore promettendo un sacrificio di rendimento di grazie, arriva l’aiuto desiderato, la persona va al tempio per offrire il sacrificio promesso.

Nell’istituzione eucaristica il rendimento di grazie è l’aspetto più significativo e sorprendentemente si trova fin dall’inizio. Notiamo che Gesù, anche prima di risuscitare Lazzaro, alza gli occhi e dice: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato" (Gv 11,41). Ringrazia prima di compiere il miracolo, sicuro che il Padre lo compirà.

Trasformando la propria morte in sacrificio di ringraziamento, Gesù ci fa capire che per lui la passione è un dono del Padre, è la sua glorificazione (cf Gv 12,28-33; 13,31-32). La morte stessa viene trasformata in vittoria; Gesù vince la morte con la morte; la morte sua diventa sacrificio di ringraziamento.

L’eucaristia quotidiana dovrebbe avere l’effetto di trasformare tutta la vita in perenne sacrificio di ringraziamento per mezzo di Cristo, e farci vivere ogni evento come un dono.

Il sacrificio di espiazione e di riparazione

E’ il sacrificio per liberare o purificare dal peccato (cf Lev 4,1-5,13). Era centrale in questo sacrificio spruzzare il sangue sull’altare (cf Eb 9,22).

Lev 16 descrive la grande festa dello Yom Kippur (il giorno dell’Espiazione). Era giorno di completo riposo, preghiera e digiuno. Il sacerdote offriva un toro in sacrificio per i peccati propri e dei sacerdoti, quindi entrava nel santo dei santi (unica volta nell’anno) e lo aspergeva col sangue.

Il rito più noto era il seguente. La comunità presentava due capri e si gettava la sorte per decidere il loro destino: uno era scelto per Jahvé, l’altro per Azazel (forse il nome di un demonio, o il principe dei demoni, che viveva nel deserto: cf Mt 12,43). Il capro scelto per Jahvé veniva sacrificato per i peccati del popolo. Poi il Sommo Sacerdote imponeva le mani sul capro per Azazel: un gesto simbolico con cui si trasferivano sul capro tutti i peccati della comunità. Quindi il capro veniva accompagnato nel deserto e con lui "partivano i peccati" (cf Lev 16,8-10. 20-22).

Scrive S. Paolo: "Dio ha prestabilito [Gesù Cristo] a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati, nel tempo della divina pazienza" (Rom 3,25). Il sangue degli animali è sostituito dal sangue di Cristo che lava i peccati degli uomini.

La festa di Pasqua

In origine, tra gli antichi nomadi, veniva sacrificato un giovane animale per assicurare fertilità al gregge e il sangue era spruzzato nei paletti della tenda per scacciare le potenze malefiche (cf Es 12,23). In quell’occasione si partiva per i freschi pascoli di primavera.

La pasqua ebraica è "il passare oltre" dell’angelo distruttore (cf Es 12,13-23. 27), risparmiando le case degli ebrei. E’ il passaggio del Signore che libera, con braccio potente, il suo popolo.

La Pasqua cristiana è il passaggio di Gesù, e di tutti quelli che credono in Lui, dalla morte alla vita. "Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare di questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13,1). "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,34). Gesù porta con sé tutti gli uomini che lo seguono. I cristiani sono morti e risuscitati con Cristo, anzi già siedono con Lui alla destra del Padre.

I profeti avevano insistito nel non attaccarsi al rito in quanto tale. Dio non ha bisogno di sacrifici di animali. Dio gradisce "l’amore più del sacrificio" (Os 6,6). "L’obbedire è meglio del sacrificio" (1 Sam 15,22), come fece Abramo. Senza le disposizioni del cuore e una vita santa, il sacrificio non serve (cf Am 4,4; Is 1,11-16). E’ la circoncisione del cuore che conta.

Il vertice del culto e del sacrificio nell’AT lo si trova in una persona, nel Servo di Jahvé che secondo Is 53 offrirà se stesso in sacrificio di espiazione.

Il capro espiatorio non poteva portar via i peccati del popolo. Il Servo invece sì; egli si sostituisce liberamente ai peccatori e si offre per loro, si sacrifica come agnello che accetta di essere condotto al macello (cf Ger 11,19), che "non apre bocca di fronte ai suoi tosatori" (Is 53,7).

2. "Adorare il Padre in Spirito e Verità" (Gv 4,23).

Gesù afferma in modo chiaro che il culto cristiano consiste nell’adorare il Padre (Abbá) con la confidenza del figlio che si lascia rigenerare dallo Spirito, secondo la Verità della Rivelazione di Gesù. Lo Spirito, che grida nei nostri cuori "Abbá!" (cf Gal 4,6), ci partecipa la stessa esperienza di Gesù. Un’esperienza che trova il suo vertice nell’offerta totale all’Abbá (cf Mc 14,36; Lc 23,46).

"Nei sacrifici delle vittime materiali, che la stessa santissima Trinità, solo vero Dio del Nuovo e Vecchio Testamento, comandava venissero offerti dai nostri padri, veniva prefigurato il graditissimo dono di quel sacrificio con cui l’unico Figlio di Dio avrebbe offerto misericordiosamente se stesso per noi... Questi è dunque colui che in sé solo offrì tutto quello che sapeva essere necessario per il compimento della nostra redenzione, egli che è al tempo stesso sacerdote, sacrificio, Dio e tempio: sacerdote, per mezzo del quale siamo riconciliati, sacrificio che ci riconcilia, Dio a cui siamo riconciliati, tempio in cui siamo riconciliati".

L’offerta vittimale di Gesù

Gesù con la sua morte porta a compimento in modo straordinario il culto dell’AT, anzi introduce un grande superamento, una novità: lui stesso è la vittima, lui è la Pasqua, lui la Nuova Alleanza.

Gesù annunzia la sua passione servendosi dei termini che caratterizzavano il sacrificio espiatorio del Servo di Jahvé: viene per servire, dare la vita in riscatto per molti (Mc 10,45; Lc 22,37; Is 53,10ss).

Nella Cena del Signore si celebra la Pasqua della Nuova Alleanza, sigillata nel suo sangue (cf Es 24,8 e Mc 14,24; 1Cor 11,25).

L’offerta sacrificale di Gesù, nella sua realtà concreta e nella sua espressione sacramentale, ricapitola e compie l’economia del VT: è a un tempo olocausto, sacrificio di comunione (alleanza) e di lode, offerta espiatrice. C’è continuità tra i due Testamenti, ma anche superamento perché Gesù è il Figlio di Dio, e quindi l’offerta è perfetta, l’efficacia universale.

"Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!" (1 Cor 5,7). Il Padre per amore degli uomini non risparmia il suo proprio Figlio (Rom 8,32; Gv 3,16) e Gesù diventa il vero Isacco, il cui sangue salva (cf Rom 5,9; Col 1,20; 1 Pt 1,2.18s).

Di conseguenza la vita cristiana in quanto tale dovrebbe diventare sempre più offerta a Dio gradita (Rom 12,1; 15,16; Eb 13,15). Il popolo della Nuova Alleanza è popolo sacerdotale chiamato ad "offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1 Pt 2,5). Anche i semplici gesti quotidiani dovrebbero diventare "profumo di soave odore" e disporci a "versare in libagione" anche il nostro sangue (cf Fil 2,17 e 4,18; 2Cor 9,12).

Gesù, l’Agnello immolato, secondo la teologia giovannea

Secondo l’evangelista Giovanni la morte di Gesù in croce corrisponde all’uccisione dell’Agnello pasquale, portandone a compimento il significato.

In Gesù, Agnello di Dio immolato sulla croce, si concentra tutto il mistero cristiano: morte – risurrezione – ascensione – pentecoste – chiesa. Sulla croce Gesù è innalzato e glorificato.

C. M. Martini ritiene che l’Apostolo Giovanni abbia scritto il suo Vangelo "tenendo davanti agli occhi proprio il Signore Gesù crocifisso, da cui escono acqua e sangue. E’ una visione riassuntiva, conclusiva, sintetica e ogni pagina del IV Vangelo può essere riletta contemplandola".

Nel fiotto di sangue che esce dal costato trafitto si vedono quei "fiumi di acqua viva" promessi da Gesù (cf Gv 7,37s). E’ il torrente del suo Amore Misericordioso che purifica, disseta e santifica l’umanità. Il sangue e l’acqua usciti dal costato di Cristo sono simbolo del battesimo e dell’eucaristia che generano la chiesa.

"Non gli sarà spezzato alcun osso" (Gv 19,36). Senza saperlo, i soldati hanno rispettato la prescrizione di non spezzare le ossa all’agnello pasquale (cf Es 12,46), forse per significare che doveva essere offerto e consumato "intero" (olocausto). Viene richiamato anche il Sal 34,21: "Il Signore preserva tutte le sue ossa, neppure uno sarà spezzato". E’ la certezza che Dio preserva il giusto, lo protegge, gli garantisce vittoria. Il giusto sofferente vive in questa fiducia (cf anche Sap 2,18-20).

In ogni caso Gesù è il vero Agnello pasquale che toglie i peccati del mondo (Gv 1,29.36). Il suo sangue libera e salva dalla schiavitù (cf Es 12,13). Gesù è la Pasqua dell’umanità, l’Alleanza di Dio con l’uomo. Nella croce, l’uomo ha la certezza che l’Amore di Dio vince, che Dio è dalla parte dell’uomo in modo indubitabile.

"Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Gv 19,37). Alla luce di Zac 12,10, Cristo Crocifisso si rivela il Signore della storia, il Re che attrae a sé tutta l’umanità e l’accompagna al Padre. Qui nasce la Chiesa, il popolo di coloro che guardando a Gesù Crocifisso e seguendo le sue orme, cominciano a costituire "la sposa dell’Agnello" (cf Apc 19,7; 21,2). I cristiani sono coloro che seguono l’Agnello, accolgono e fanno propria la sua testimonianza di Amore, pronti a versare il proprio sangue.

La Liturgia che secondo l’Apocalisse (cf 5,6-14) si svolge intorno all’Agnello–Pastore (cf 7,17; 14,4), ci fa comprendere che questo culto è eterno.

Gesù, Sommo sacerdote, secondo la lettera agli Ebrei

La lettera agli Ebrei esplicita che questa Alleanza nel sangue di Gesù è perfetta e definitiva.

"Cristo con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio" (Eb 9,14). Letteralmente si dovrebbe tradurre così: "Mediante uno Spirito eterno, egli portò se stesso, immacolato, presso Dio". In un contesto in cui si parla di culto, la lettera agli Ebrei dichiara che il sacrificio di Gesù, il suo sangue versato, ha un’efficacia straordinaria di purificazione e di salvezza, senza confronti coi sacrifici antichi.

Nella passione di Gesù interviene tutta la Trinità: Cristo offre se stesso come vittima immacolata, lo Spirito ispira e rende possibile l’offerta sacrificale, il Padre manda il Figlio nel mondo e lo glorifica come Redentore.

L’offerta sacrificale porta Cristo verso il Padre, ottenendo la purificazione dei peccati. Mentre i Vangeli parlano di Gesù che dona la sua vita (cf Gv 10), e Paolo presenta Gesù che "ha consegnato se stesso" (Ef 5,2), la lettera agli Ebrei usa il verbo sacrificale "offrì se stesso" (9,14).

Tale offerta si è attuata "mediante lo Spirito eterno". E’ lo Spirito Santo che rende possibile la redenzione eterna. Lo Spirito è il fuoco che brucia, consuma e fa salire la vittima a Dio.

"Allora brucerai in soave odore sull’altare tutto l’ariete. E’ un olocausto in onore del Signore, un profumo gradito, un’offerta consumata dal fuoco per il Signore" (Es 29,18). Così Dio ne può odorare "la soave fragranza" (Gen 8,21). Il fuoco viene dal cielo (cf Lev 9,24; 1 Re 18,38). Solo Dio infatti può rendere sacra una cosa, comunicando la sua santità. Dio la trasforma. Il fuoco di Dio è lo Spirito Santo che santifica e trasforma l’offerta, la brucia e la fa salire a Dio in soave profumo. Lo Spirito ha trasformato Gesù nell’offerta-sacrificio che compie per sempre tutto il culto.

Cristo nel momento del suo sacrificio sperimenta paura e angoscia, versa lacrime e alza forti grida (cf Eb 5,7-8). Questa drammatica preghiera è esaudita, non nel senso che il Padre gli toglie il calice o la croce, ma nel senso che gli comunica la forza trasformante dello Spirito. Il frutto della sua preghiera terribilmente sofferta (nell’orto suda sangue) è il dono dello Spirito Santo che lo sostiene nell’obbedire al Padre fino alla morte di croce (cf Fil 2,8) e nell’amare gli uomini "sino alla fine" (Gv 13,1).

Lo Spirito Santo è il fuoco della carità totale per Dio (obbedienza) e per gli altri (dono di sé). "Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore" (Ef 5,2).

Gesù ha offerto sé stesso una volta per sempre (cf Eb 7,27). "Col proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. Infatti se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì sé stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente? Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza" (Eb 9,12-15).

E’ chiaramente impossibile eliminare i peccati col sangue degli animali. "Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato... Allora ho detto: Ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà... Con ciò stesso abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo. Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre" (Eb 10,4-10).

Gesù crocifisso e risorto entra nel santuario del cielo e si presenta al cospetto di Dio in nostro favore, "per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso".

"Gesù Cristo è il nostro pontefice, il suo prezioso corpo è il nostro sacrificio, che egli ha immolato sull’altare della croce per la salvezza di tutti gli uomini... Questo sacrificio è così gradito e accetto a Dio, che egli non può fare a meno – non appena lo guarda – di avere pietà di noi e di donare la sua misericordia a tutti quelli che veramente si pentono".

S. Giovanni Crisostomo, commentando l’ordine di Mosé di segnare col sangue dell’agnello le porte delle case, scrive: "Cosa dici, Mosé? Quando mai il sangue di un agnello ha salvato l’uomo? Certamente, sembra rispondere, non perché è sangue, ma perché è immagine del sangue del Signore. Molto più di allora il nemico passerà senza nuocere se vedrà sui battenti non il sangue dell’antico simbolo, ma quello della nuova realtà, vivo e splendente sulle labbra dei fedeli, sulla porta del tempio di Cristo... Come la donna nutre il figlio col proprio latte, così il Cristo nutre costantemente col suo sangue coloro che ha rigenerato".

Di conseguenza la Nuova Alleanza porterà il dono del cuore nuovo, ricreato dalla Spirito, a somiglianza del cuore di Gesù. L’uomo nuovo è Cristo che offre se stesso come olocausto, espressione altissima di obbedienza e carità senza limiti. Questo Amore di Cristo è donato ad ogni uomo.

3. "Tutto è compiuto" (Gv 19,30)

Per Madre Speranza Gesù Crocifisso è il vertice della rivelazione dell’A. M. di Dio. Il Padre ama il mondo fino a "consentire" la crocifissione del Figlio. Gesù per amore si carica la sofferenza e il peccato dell’umanità. Lo Spirito è il fuoco dell’Amore divino che trasforma Gesù nell’olocausto più gradito a Dio. L’Amore divino vince alla radice ogni male.

Per questo è messo in evidenza, al centro della croce, il cuore di Gesù in cui è scritto: charitas. E’ il fuoco dello Spirito, che è Amore divino, a bruciare e consumare Gesù sull’altare della croce. Un’amore che lo porta ad obbedire al Padre e a donarsi agli uomini fino all’ultima goccia di sangue.

Gesù, vittima del suo amore, è l’Olocausto perfetto della nuova alleanza. E’ perfetto nella dimensione verticale della totale obbedienza al Padre. "Non sia fatta la mia, ma la tua volontà" (Lc 22,42).

E’ perfetto nella dimensione orizzontale per cui Gesù, abbracciando tutti gli uomini, invoca il perdono. "Gesù diceva: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34). Il verbo "diceva", all’imperfetto significa: "Gesù continuava a dire, ripeteva". La preghiera continua sulle labbra del Cristo glorioso che, seduto alla destra di Dio, agisce come "nostro avvocato presso il Padre" (1Gv 2,1). Egli infatti è "sempre vivo per intercedere a nostro favore" (Eb 7,25; cf 9,24; Rom 8,34). E mentre prega il Padre per noi, non cessa di rimanere con noi: l’ostia che è dietro la croce richiama l’Eucaristia. Egli è nostro cibo. Ricevendo il suo Amore, possiamo cambiare il mondo.

Il grido di Gesù: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mc 15,34), è interpretato dalla Madre Speranza come il grido di Colui che ha avuto compassione di noi, si è caricato tutti i nostri peccati e le nostre sofferenze, arrivando a soffrire perfino il tormento dei condannati all’inferno. In questo modo ci ha assicurato la reale possibilità della salvezza, anche nel caso cadessimo nei peccati più gravi. Basta che ricorriamo a Lui, sia pure con uno sguardo sincero. L’Amore Misericordioso ha portato Gesù a "cacciarsi" fino all’inferno, dove l’umanità peccatrice era finita. Come buon Pastore va in cerca della pecora perduta, se la carica sulle spalle e la riporta al Padre. Cristo "diventa lui stesso maledizione per noi" perché "la benedizione di Abramo passi alle genti" (Gal 3,13s).

E’ esattamente quel che significa l’episodio del buon ladrone al quale Gesù offre subito il Paradiso (cf Lc 23,42-43). "Sembra che Gesù schiodi un braccio dalla croce per liberare la povera pecora impigliata fra le spine di un roveto e stringersela al cuore". In quel ladro è rappresentata tutta l’umanità che Gesù, nel suo Amore, prende per mano e porta con sé in Paradiso, dopo aver pagato tutto il nostro debito col suo sangue. Il buon Pastore è allo stesso tempo l’Agnello immolato.

Gesù Crocifisso è quindi anche il Risorto, è l’Orante, è Colui che ci ottiene lo Spirito e il Pane di vita per ogni giorno. E’ colui che muore dicendo: "Tutto è compiuto" (Gv 19,30), ossia: "Ho portato a pieno compimento la volontà del Padre". L’olocausto è perfetto. Tutto è stato offerto. Il colpo di lancia che fa uscire le ultime gocce di acqua e sangue è l’ultimo segno della sua totale offerta sacrificale. L’Agnello è interamente sacrificato. Egli è il nostro Re. "Ecco il Salvatore del mondo, Re del cielo e della terra, intimamente congiunto alla croce, per nostro amore, con vincoli indissolubili di mistiche nozze... Morendo fra i tormenti della croce, ha vinto la stessa morte, ha redento il dolore, ha trionfato sull’inferno, ha soggiogato il mondo e attirato a sé l’umanità. In quel momento ha avuto inizio la regalità di Cristo; ha cominciato a regnare sul mondo dal legno della croce che da patibolo è diventato trono; da simbolo di maledizione, segno di benedizione; da strumento di morte, albero di vita".

"Prendi il tuo crocifisso, bacialo molte volte al giorno con grande amore e fervore, e dal profondo del cuore digli: «Gesù mio, solo per te voglio vivere, per te voglio morire; tuo voglio essere in vita e in morte»".

Maria unisce la sua offerta vittimale a quella di Gesù. La spada che trafigge il suo cuore, la rende anche Madre nostra. Gesù ci consegna a Lei perché ci insegni a diventare anche noi offerta a Dio gradita. "Fuggito dall’orto, Giovanni andò a cercare la Santissima Madre e lei gli infuse coraggio e lo portò con sé al Calvario".