«PORRO’ LA MIA LEGGE NEL LORO ANIMO E LA SCRIVERO’ SUL LORO CUORE" (Gr 31, 33).
GEREMIA E LA NUOVA ALLEANZA

Roberto Lanza

Geremia è tra i profeti biblici quello di cui si hanno maggiori notizie biografiche. Secondo quanto dice la Bibbia è un uomo che deve eseguire una difficile missione: quella di sradicare e demolire, di distruggere e abbattere, per poi costruire ed edificare(1). Deve predicare il ritorno a Dio e l'abbandono di tutti i sogni e le speranze vane. Deve essere colui che spezza le illusioni umane su mandato di Dio. Una missione tremenda, disumana.

Questo è il messaggio profetico di Geremia: non c'è futuro in un presente in cui è assente la misericordia di Dio. Non ha fondamento una speranza che ignori la verità e i disegni di Dio. Non c'è salvezza nei sogni rassicuranti di libertà creati secondo la convenienza dell'uomo. Dio si serve di Babilonia per fare piazza pulita. Senza pietà. Senza misericordia delle vanità, dei sogni e dei desideri umani lontani dal suo volere.

Geremia è un giovanotto quando, nell’anno 627 a.C., il Signore irrompe nella sua vita. "Non so parlare, sono un ragazzo!", risponde Geremia. "Non dire che sei un ragazzo: dove ti manderò, tu andrai…!".

La missione di Geremia implica sacrifici. Deve rinunciare all'amore di Giuditta per fare il volere di Dio. Il suo compito conosce allora un secondo momento: edificare e piantare. Bisogna cioè cercare di sostituire le proprie attese umane con quelle che si basano sul volere di Dio. Questa capacità si chiama Fede. Dio prepara all'uomo un futuro di pace e salvezza. Ma per comprenderlo l'uomo deve essere capace di rinunciare ad una pace e ad una salvezza ingannatrici.

Gli interventi di Geremia sono generalmente un ammonimento al popolo, per il loro comportamento scorretto, soprattutto su due temi fondamentali: la pratica di culti idolatrici e l’ingiustizia sociale. Il profeta ammonisce senza ritegno, invita al pentimento e annuncia - in questo prevedendo il futuro -, quali saranno le tristi conseguenze per coloro che non si allontaneranno dalla strada del male.

Solo una condotta retta è la garanzia e la speranza di salvezza, davanti alle minacce imminenti di distruzione: "giustizia tra l’uno e l’altro, non opprimere orfani e vedove, non versare sangue innocente in questo luogo, non andare appresso altri dei" (7,5-6).

Il problema religioso del rifiuto di Dio e della sua misericordia è, nella grande intuizione di Geremia, un problema importante da affrontare: "Maledetto l’uomo che pone fiducia negli esseri umani, e che ritiene che la carne possa essere la sua forza, allontanando il cuore da Dio... Benedetto invece l’uomo che ha fiducia in Dio, perché Dio sarà la sua sicurezza; egli sarà come un albero piantato sull’acqua, che estende le radici sul torrente, che non teme l’arrivo del caldo, con le foglie sempre fresche, che non dovrà temere in anni di carestia, e non smetterà mai di fare frutti" (16,5-8). Vivissimo presupposto di questa idea è la coscienza della fragilità dell’uomo rispetto a Dio "come la creta in mano al vasaio" (18,6) che la plasma a suo piacimento. La condanna del peccato e le sue profezie di sventura, sono però sempre legate a un messaggio di speranza, alla prospettiva di una rinascita, del ritorno dall’esilio babilonese: anche Cristo, d’altronde, per affermare la vittoria sulla morte, dovrà prima passare attraverso la Croce.

Ma soprattutto Geremia è l’annunciatore della speranza, della ricostruzione, del futuro luminoso di Israele, della nuova alleanza che deve essere scritta nel cuore del popolo di Israele. Vi sarà una distruzione, ma non sarà mai totale, e dal resto sopravvissuto la nazione verrà ricostituita, e le dispersioni verranno raccolte; e il nuovo miracolo sarà maggiore di quello antico dell’uscita dall’Egitto.

Il discorso diventa più articolato e ricco nei capitoli dal 30 al 33, che insistono sul ritorno degli esuli e la ripresa della vita, sotto il segno della fedeltà irrevocabile di Dio al suo popolo.

Geremia, l’uomo del lamento e del tormento, è stato anche capace di esprimere la tenera visione di un Padre che pensa al suo popolo come a un figlio piccolo: "Efraim è per me assai caro, un bambino di cui mi delizio. Appena ne parlo, lo ricordo con affetto. Per questo le vie viscere fremono per lui; ne avrò misericordia, dice il Signore!" (31,19).

Nella misericordia di YHWH (Ger 31,3) quindi il popolo sperimenterà l'alleanza nuova, mediante una legge scritta nel cuore (Ger 31,31-34).

C’era già una alleanza: sul Sinai Dio consegnò a Mosè le tavole della Legge. L’alleanza esigeva l'adesione esclusiva al Signore, e questo si realizzava nel compimento della legge e dei comandamenti. Per questo la legge era formulata con chiarezza e coronata da una duplice serie di benedizioni e maledizioni. La legge era una realtà esterna, che l’uomo riceveva da Dio, scolpita su una pietra, tramite un mediatore, Mosè. Essa era una serie di comandamenti e di proibizioni, ma l’uomo, nella storia non fu capace di essere fedele a questa legge. Ora Dio ne dona una nuova. Guardiamo cosa fa Dio. Quattro sono le caratteristiche della nuova alleanza:

  1. Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore.
  2. Io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo.
  3. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande
  4. Io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato.

E’ l’esperienza dell’alleanza definitiva, promessa di misericordia e perdono. Geremia preannuncia una conoscenza di Dio non più attraverso la mediazione della Legge, ma attraverso l’esperienza interiore: la conoscenza di Dio entra nel cuore dell’uomo. Questo non esclude l’importanza di seguire le indicazioni di una disciplina, ma ci ricorda che innanzitutto c’è il nostro rapporto personale con Dio. Questa è la grande soluzione di Dio: entrare nel cuore dell’uomo, nell’interno della sua vita, di tutto il suo essere, affinché l’uomo non possa più rifiutarlo, respingerlo, abbandonarlo, allontanarlo. Dio entra nel cuore dell’uomo perché questi si apra a Lui suscitando nell’uomo il desiderio di adesione e della fede.

Non più dunque su tavole di pietra, ma sui cuori; non più una legge esterna, ma una legge interiore. La nuova legge è lo "spirito nuovo", lo Spirito Santo. S. Paolo allude chiaramente alla realizzazione di queste profezie, quando chiama la comunità della nuova alleanza una "lettera di Cristo, composta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei cuori" (2 Cor 3,3).

Essa coincide, infatti, con il passaggio dalla vecchia alla nuova alleanza, dalla legge alla grazia. Il peccato, a cominciare da quello di Adamo, è consistito nell'aver voluto essere come Dio, nell'aver desiderato e pensato di poter esistere senza di lui. Il peccato originale si situa prima della stessa trasgressione del precetto divino: consiste nell'essersi disamorati di Dio e nell'essersi messi interiormente in contrasto con lui. La disobbedienza alla legge di non mangiare dall'albero è la manifestazione e l'effetto di questo contrasto interiore, come, fino a quel momento, l'osservanza della stessa legge era stata l'effetto, non la causa, dell'interiore amicizia con Dio. Ecco perché il peccato di fondo che è l'egoismo, l'amore di sé contro Dio, non può essere tolto dalla legge, ma solo dal ristabilimento in quello stato di amicizia che c'era all'origine e che il serpente, per invidia, ha indotto l'uomo a distruggere.

Finché l'uomo vuole essere come Dio e vive in regime di peccato, Dio gli appare inevitabilmente come l'avversario, come l'ostacolo. C'è tra lui e Dio una sorda inimicizia che la "legge" non fa che mettere in evidenza. L'uomo egoista "concupisce", vuole determinate cose e Dio è colui che, attraverso i suoi comandamenti, gli sbarra la strada, opponendosi a tali desideri con i suoi "Tu devi... Tu non devi!".

"I desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge" (Rm 8,7). Nella grazia, nella nuova alleanza, Dio cessa di essere l'altro, l'ostacolo. Non perché l'uomo cambia la sua tendenza innata, ma perché Dio viene verso di lui e annulla, di sua iniziativa, l'inimicizia. Ecco allora la novità della nuova alleanza annunciata dal Profeta Geremia: mentre prima l'uomo portava conficcato nel fondo del cuore un sordo rancore contro Dio, ora viene in lui una parte di Dio, suscita in lui un altro uomo che ama Dio e fa volentieri le cose che egli gli comanda. Dio gli è favorevole, è suo alleato, non nemico; gli mette sotto gli occhi tutto ciò che Dio Padre è stato capace di fare per lui, conquista, insomma, il suo cuore, sicché faccia volentieri ciò che egli gli comanda.

La legge nuova è la vita nuova. Per questo molto più spesso che legge nuova è detta semplicemente grazia: "Non siete più sotto la legge, ma sotto la grazia" (Rm 6,14; Gv 1, 17). Dall'uomo vecchio all'uomo nuovo: ecco quello che Dio ha voluto dire attraverso Geremia, un passaggio necessario da compiere.


[1] Cf VIRGILI ROSANNA, Geremia: la figura ed il messaggio, Ed. EDB