Maria Pia Giudici

la donna nuova a immagine di maria, madre della misericordia

  

       Nella Istruzione: “Libertà cristiana e liberazione” leggiamo: «Sulla soglia del Nuovo Testamento “i poveri di Jahvè” costituiscono le primizie di un “popolo umile e povero” che vive nella speranza della liberazione d’Israele. Impersonando questa speranza, Maria oltrepassa la soglia dell’Antico Testamento. Ella annuncia con gioia l’avvenire messianico e loda il Signore che si prepara a liberare il suo Popolo. Nel suo cantico di lode alla divina misericordia l’umile Vergine (...) canta il mistero della salvezza e la sua forza di trasformazione» (48). E ancora: «Totalmente dipendente da Dio e tutta orientata verso di Lui per lo slancio della sua fede. Maria accanto a suo Figlio, è l’icona più perfetta della libertà e della liberazione dell’umanità e del cosmo. E’ lei che la Chiesa deve guardare per comprendere il senso della propria missione nella sua pienezza» (97).

       Ecco, penso che a lei si debba guardare anche come all’icona più profonda della libertà e della liberazione della donna.

       Maria Sfondrini, un’attenta studiosa del neo femminismo, ne puntualizza alcune svolte interessanti.

       A partire dall’americana Friedan - dice la Sfondrini - «la famiglia diventa la nuova frontiera del femminismo, l’ambito in cui operare per garantire successo alla rivoluzione. La violenta separazione dall’uomo è rinnegata: sono invece preconizzate ampie alleanze fra tutte le forze disponibili per una ricerca di parità che non distrugga la diversità»[1].

       Si sta facendo strada, secondo la Sfondrini, un femminismo a cui possono dare il loro sano apporto anche le donne cristiane che ricerchino una volontà politica «dove la creatività non cancelli la razionalità dove il desiderio di separazione (morte al maschio dominatore!) lasci al posto alla collaborazione fra uomo e donna»[2].

       Si tratta, sempre secondo la stessa studiosa, di riprendere in considerazione la vera identità della donna, ripensando in termini nuovi il rapporto donna-famiglia-società, dove la famiglia non sia più riguardata come un chiuso «nido protettivo» per aprirsi alla visione comunitaria (insieme di famiglie? comunità allargata, ripristino del vecchio cortile?) «E’ tutto da studiare e da definire» sostiene la Sfondrini.

 

Società della paura e disagio della donna

       Ora, quel che, sia pure a volo d’uccello va qui evidenziato, se si vuol tentare il profilo della «donna vera», è il tipo di società in cui viviamo.

       Mi trovo in una piccola casa di preghiera e accoglienza: un luogo appartato ma che diventa, per ovvie ragioni, un «osservatorio» del contesto socioculturale in cui viviamo.

       Le persone che vengono quassù, giovani in massima parte, ma anche adulti di varia estrazione, risentono tutte chi per un verso chi per l’altro, di questa società violenta, alienata dai beni di consumo, stordita dai mass-media e sospinta dal binario di forti allarmi (vedi «nube» di Chernoby) a quello di stordimenti calcistici o simili.

       Avverto che i giovani, anche i migliori, stentano a uscire da angosce e paure. Pur sentendo a volte la forza della chiamata di Dio, pur intravedendo la bellezza e l’opportunità della «Sequela» sono asserragliati da timori. A volte sono timori ben precisi, a volte vaghi: un paralizzante senso d’impotenza che tenderebbe a precludere loro il meraviglioso «rischio» di abbandonarsi a Dio, di voler discernere il suo progetto e poi di fare il passo (sia per una vita consacrata che matrimoniale) su strade di totale fiducia. Non è da tutti, si capisce, ma certamente di molti.

       A me sembra di vedere un rapporto stretto tra queste ansie, paure e l’immagine della donna che domina questo nostro oggi così precario e minacciato. La «donna-oggetto», la «donna-sesso», ancora segna pesantemente questa società di consumi. Basta dare un rapido sguardo alla pubblicità e a un certo tipo di spettacolo televisivo per averne la piena conferma. Da un resoconto dell’onu emergono questi dati: cinquanta milioni di aborti ogni anno; per l’uso della contraccezione nel corso di questa generazione il numero dei bambini si è abbassato da 6 a 4. Ciò dice qualcosa del malessere fisiopsichicosociale ed etico a cui la donna paga uno scotto pesante, in prima persona. Alla recente conferenza internazionale di Nairobi l’ONU, nel documento finale, ha preso posizione perché vengano eliminati sia l’eccessivo potere dell’uomo sia l’eccessiva responsabilità della donna in una società che dovrebbe insegnare anche agli uomini ad assumere le stesse responsabilità della donna in confronto dei bambini e della casa[3].

       Ma circa novanta governi (tra cui gli usa) su 159 non hanno ancora ratificato la «Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne» messa a punto dall’ONU.

       E questo malessere della donna fa parte (e per qualche verso è la causa) del più vasto malessere del mondo attuale dove un quarto dell’umanità soccombe nel «troppo avere» e i «tre quarti» per una penuria di avere che impedisce l’espandersi dell’essere.

 

Il rinnovamento della donna comincia dalla preghiera

       D’altro canto avviene proprio come dice il Papa nell’enciclica «Dominum et Vivificantem»: «In molti individui e in molte comunità matura la consapevolezza che, pure con tutto il vertiginoso progresso della civiltà tecnologico-scientifica, nonostante le reali conquiste e le mete raggiunte, l’uomo è minacciato, l’umanità è minacciata. Dinanzi a questo pericolo (...) molti cercano la forza di risollevare l’uomo, di salvarlo da se stesso, dai propri sbagli e abbagli che spesso rendono nocive le sue stesse conquiste. E così scoprono la preghiera»[4].

       Il Papa poi precisa che «La Chiesa persevera nella preghiera con Maria». E aggiunge: «Questa unione della Chiesa orante con la Madre di Cristo fa parte del mistero della Chiesa fin dall’inizio»[5].

       Ecco, sono profondamente convinta che come Maria è Madre della Misericordia perché da colui che è il «Dives in Misericordia»per eccellenza si è lasciata interamente possedere e plasmare, così la donna nuova deve e può essere a immagine sua solo se, come lei, si lascia «plasmare» «misericordiosa» da Dio.

       Non sarà solo la preghiera a renderla tale. Però sono certa che tutto comincia dalla preghiera e che, senza un rinnovamento a partire da essa, invano si può sperare che s’imponga un nuovo tipo di donna capace, a sua volta, di plasmare una nuova società.

       Che la società e la Chiesa stessa debbono impegnarsi a maggior giustizia nei confronti della donna, eliminando tante discriminazioni, che debbono prendere atto delle sue capacità specifiche e di tutte le sue reali possibilità su diversi fronti, è verissimo. Ma alla fine non tornerebbero i conti se si battesse solo questa strada.

       Importa invece che la donna, lei in prima persona, prenda consapevolezza del suo Mistero per poter poi abbracciare, con gioia, sempre più ampi specifici ministeri.

       E il suo mistero è quello di essere «a immagine e somiglianza di Dio», ma alla maniera di Maria, la creatura-vertice della creazione: quella che, esente dal peccato, è piena di grazia perché posseduta e fecondata dallo Spirito Santo. Il suo mistero è quello di essere MADRE. Coi membri dell’UISG (Unione Internazionale Superiore Generali) il Papa nel luglio 1983 espresse la sua preoccupazione riguardo alla crisi della maternità nel mondo occidentale, affermando che egli considera la maternità fisica e spirituale in intima relazione con l’identità della donna[6].

 

Come Maria la donna nuova è plasmata dallo Spirito Santo

       Se Maria è Madre della Misericordia lo è perché lo Spirito Santo «la Persona-Amore» «la Persona - DONO» per esprimerci come Giovanni Paolo II[7], ha plasmato in lei «viscere di misericordia» che la rendono tanto sollecita verso le necessità degli altri.

       Guardiamola accorrere per un soggiorno di misericordioso servizio presso Elisabetta. Ma non basta. Eccola attenta ai guai degli sposi a Cana in un momento in cui difficilmente altri si sarebbero accorti del loro disagio. Soprattutto qui Maria esprime la misericordia come un fatto di quotidianità e la esprime come un possibile tipico atteggiamento della donna continuamente rinnovata in Cristo. Lo Spirito Santo aveva formato in lei la natura umana del Cristo, legandola al Figlio coi più intimi legami del sangue, dell’anima e, appunto di Se stesso: Spirito Vivificante.

       Da Lui Maria ricevette la forza di «conservare tutto nel suo cuore» orante; da Lui, a Cana, fu ispirata a dire ai servi quelle parole programmatiche per un’intera esistenza: «Fate tutto quello che Egli (Gesù) vi dirà»[8].

       Così la donna potrà essere nuova se assumerà con piena consapevolezza questo suo essere unita onticamente allo Spirito Santo, come dice Pavel Evdokimov[9].

       E sarà «nuova» nella misura in cui, lasciandosi plasmare e guidare da Lui, indicherà all’uomo che la via della pace e della salvezza passa attraverso le indicazioni date da Gesù nel Suo Vangelo: «Fate quello che Egli vi dirà», farà eco la donna nuova alla donna di Nazareth.

       Come Maria pronunciò quelle parole dopo essersi messa dalla parte degli sposi e averne sposato in certo senso il disagio, così la donna potrà esortare l’uomo a fare quel che dice Gesù, ad accogliere in pieno il Vangelo, se prima esplicherà il suo carisma essenzialmente materno (dico carisma che è ben più della semplice «funzione»).

       Per poco che si rifletta, appare evidente come sia tipico di questo carisma materno avere «antenne» per tutto quello che è richiamo d’un dolore, d’una fame e sete, d’una incompiutezza, d’un anelito spesso anche soffocato; di avere antenne per ogni grido anche represso di paura, di angoscia, di frustrazione, di profondo disagio esistenziale. E questo avere «antenne» comporterà sempre una capacità di «simpatia» profonda nel senso etimologico del termine (patire con).

       E anche qui la Vergine di Cana rimanda a quella del Calvario ed è un’unica entità di Mistero Materno, di Mistero di Misericordia.

       In questa società d’un materialismo sempre più invadente dove la persona perde la sua identità insieme al senso dei valori soffocata nella spirale del più avere, la misericordia dev’essere esercitata su ogni piano, ma specialmente su quello spirituale.

       Mi diceva un giovane, dopo una giornata di ritiro a contatto con la Parola di Dio e una natura ancora preservata e in pace: «Ecco, in questa pace è come se avessi sperimentato che cosa significa essere fatto a immagine e somiglianza di Dio. Ho fame di momenti come questi».

 

Donna nuova: donna di misericordia nell’oggi

       E’ a questo tipo di «fame» che la donna deve prestare attenzione. E lo potrà solamente se lei, per la prima coltiverà la sua vita nello Spirito Santo, lasciando «germogliare» Maria, la sua mentalità, il suo stile di amore nel quotidiano.

       Nella sua prima lettera Pietro ha un’esortazione alle donne che mi pare attualissima: «Non preoccupatevi di essere belle al di fuori (...) Cercate invece la bellezza nascosta e durevole: quella del cuore»[10].

       Teniamo presente che sulla scorta di S. Agostino, dei padri (soprattutto orientali) e dei mistici, oggi si tende a riscoprire il cuore in senso biblico come la scaturigine profonda della persona non solo per la capacità affettiva, ma decisionale, nel suo immediato contatto col Dio della vita.

       Le vie della spiritualità cercano dunque di «disinnescare» l’eccessiva importanza della ragione che, in una cultura di tipo cartesiano, com’è la nostra, ha fatto e fa da despota, oggi più che mai, nel predominio invadente della scienza e della tecnologia sempre più avanzate.

       D’altro canto si avverte che non si può rimandare questo rimpatrio dell’uomo nel fondo del suo essere, alle sorgenti del suo riconoscersi «a immagine e somiglianza di Dio» e nel recupero di un’unità che è andata perdendosi e disintegrandosi nella fuga verso i miti dell’avere, del prestigio, dell’abuso del sesso, della droga e di tante altre alienazioni di cui stratega è lo stesso maligno.

       Sviluppo e liberazione dei popoli, inquietudini dei giovani, abbandono degli anziani, problemi del lavoro e della disoccupazione, problemi ecologici, istanze di solidarietà e comunione in un mondo di anonimato, aspirazione alla pace nonostante la spirale di violenza e la corsa agli armamenti: tutto questo si salda profondamente alla promozione e al rinnovamento della donna.

       Non a caso proprio alla donna è rivolta la parola di Pietro circa il ritorno a cuore.

       Fa eco alla sapienza scritturistica quella di un autore moderno: Saint Exupéry che afferma: «Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi»[11].

       Sulla linea dunque del ritorno al cuore che è quella dell’interiorità e della misericordia deve muoversi un autentico rinnovamento della donna. E, si badi, non l’intimismo ma la profondità aiuterà la donna a realizzare, in modo creativo, una nuova e vigile e misericordiosa attenzione ai fratelli.

       Dal cuore, nel senso detto sopra, quindi da un’approfondita vita spirituale e materna, (pure nell’ampio senso accennato) potrà la donna, anche all’interno della Chiesa, riqualificare il discorso sull’amore «come dimensione della relazionalità, del fuoriuscire da sé, della gratuità, del convivere, e come possibilità di sostituzione dei rapporti di dominio e di prevaricazione con una trama capillare di solidarietà dove l’utopia diventa storia e la speranza si fa esperienza visibile»[12].

       Chiaramente solo se il cuore della donna tende a diventare l’eco del cuore di Maria, madre della misericordia, questa meta diventa possibile.


[1]        M. SFONDRINI, Il fuoco sotto la cenere. Neofemminismo. In «Dimensioni Nuove» L.D.C.Marzo 1986, pag. 13.

[2]        M. SFONDRINI, ibidem.

[3]        Cf. il paragrafo 173 del documento finale di Nairobi

[4]        Lettera enciclica di GIOVANNI PAOLO II «Dominum et Vivificantem», 65.

[5]        Ibidem.

[6]        In «Consacrazione e Servizio» Roma, Giugno 1986, p.29.

[7]        Lettera enciclica di GIOVANNI PAOLO II «Dominum et Vivificantem», 9.

[8]        Gv 2,5.

[9]        P. EVDOKIMOV, La donna e la salvezza del mondo, jaka Book, Milano 1989, p. 220.

[10]      1 Pt. 3,3-4.

[11]      SAINT - EXUPERY, Il piccolo principe, Milano Bompiani 13, 1986, pag 98.

[12]      Contributo del gruppo promozione donna «al tema delle vocazioni religiose femminili»in «CONSACRAZIONE E SERVIZIO», Giugno 86, pag. 33.