ESPERIENZE

L. S.

L’amore misericordioso di Dio è al centro dell’anno giubilare

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Nel cammino della vita il più umiliante dei dolori è perdere di statura di fronte a se stesso: nel contrasto fra ciò che si è e ciò che si dovrebbe essere, l’uomo scopre la propria limitatezza e fragilità morale, e sperimenta quella povertà d’anima che è la più grande tra le umane miserie. Questa insofferenza di sé angustia tanti nostri vicini, ognuno amareggiato nel costatarsi un minuscolo io impastato di miserie e viltà quotidiane, e non quell’io maiuscolo così abile ed efficiente come lui si idealizzava.
Ma, se “conoscersi” debole e difettoso dà fastidio, il “riconoscersi” tale dà al credente la spinta a proiettarsi fuori di sé, a trovare la propria consistenza nel Signore della vita. Lui è venuto ad allagare il mondo del gioioso messaggio che esiste la remissione dei peccati, e che non ci sono insuccessi definitivi né mali senza rimedio. Per cui chi arriva a sentirsi povero interiormente, è stimolato dalle sue stesse limitatezze a marciare verso il Salvatore.
In tal modo Dio fa diventare felice colpa ogni cantonata che prendiamo: perché questa ci svuota di noi stessi e ci permette di ricercare – come fanciulli – la mano del Padre, per riprendere sicuri la strada della vita. E da tale abbandono in Lui Dio misura l’alto valore di un uomo, e non dal numero delle sue cadute, né dall’assenza di colpe.
Eccoci quindi – nel corrente anno giubilare – disponibili a considerare l’amore misericordioso di Dio, che con tenerezza infinta si affretta ad andare incontro ad ogni figliol prodigo, per fare “nuova” la vita nella meraviglia di un mondo migliore.
Sappiamo che già nell’Antico Testamento era ritmato – su un gran numero di Salmi – il dolce invito a lodare il Signore “perché è buono, perché le sue epistole le immense liberalità di Dio “ricco di misericordia” e pronto a “convivificare tutti in Cristo” (Ef. 2,4). A lui fa eco l’evangelista Luca, il quale nelle parabole del perdono ci fa leggere le pagine più sublimi di Gesù per i peccatori e la pienezza della sua gioia anche “per un solo peccatore che si converte”. Infine nelle pagine sfolgoranti di san Giovanni ci viene lumeggiato che, se è grande il nostro peccato, ancora più grande è il cuore di Dio.
Ma la cosa davvero confortante per noi è che tale luce di misericordia evangelica viene proiettata sulle generazioni di ogni tempo attraverso il sublime incarico affidato agli apostoli e ai loro successori: “Andate e predicate il Vangelo ad ogni creatura: i peccati saranno rimessi!”. Così noi cristiani di oggi, oltre alla possibilità di svegliare nel cuore ineffabili intensità emotive con la lettura delle meravigliose parabole di Gesù, possiamo pure risentire dentro di noi la letizie del perdono divino.
Ciò avviene ogniqualvolta “confessiamo” la fede personale nella misericordia del Redentore mediane l’accusa delle nostre colpe: riconoscendo di essere peccatori, Dio accoglie il nostro pentimento e mediante il confessore ci dona la grazia di essere dentro di noi chiari e innocenti come creature nuove. Anzi, nel corrente anno giubilare, c’è “la cuccagna” di ottenere l’amnistia divina delle colpe e delle pene dovute alle nostre miserie spirituali, con la facile osservanza di alcune condizioni.
Purtroppo noi ci ritroviamo sempre difettosi, e con più chiara avvertenza a misura che ci avviciniamo a Dio. Ma è proprio attraverso il nostro frequente bisogno di perdono che arriviamo a conoscere il fondo del cuore di Dio e abbiamo la meraviglia di “scoprire Lui” tanto migliore di noi: è dopo una carriera di peccati e di perdoni che giungiamo a capire quanto è grande l’amore misericordioso di Dio verso di noi. Scoprendo fino a che punto siamo deboli e ribelli, scopriamo fino a che punto arriva l’amore e la misericordia del Signore. E un giorno arriveremo in Cielo solo perché, come peccatori stupiti del perdono di Dio, saremo contenti di Lui.
Però molti cristiani, non potendo farsi una buona idea di sé, hanno una idea poco alta di Dio, cioè ritengono che la misericordia divina verso di loro sia proporzionata al loro comportamento. E invece Dio è sempre ugualmente amorevole, sia prima che dopo la colpa: è il papà più buono che ci sia, felice di perdonare le nostre debolezze, e desideroso che noi le dimentichiamo come Lui le dimentica.
Difatti nell’abissale parabola-racconta da Gesù-del padre che va incontro al figliol prodigo con le braccia aperte (senza lasciar cadere rimproveri e con la sollecitudine di far festa) appare evidente che la misericordia paterna trabocca in gioia, rendendola così la più sicura delle misericordie. Perché chi prorompe di gioia nell’atto di usare misericordia è ancora più magnanimo di uno travolto dalla sua misericordia.
Proprio questo è lo stile di Dio Padre: dalla bocca stessa del Figlio Egli ci fa sapere che la sua contentezza è maggiore per un peccatore pentito che per 99 giusti perseveranti nel ben (Lc. 15,7). Inoltre Dio sa perdonare così teneramente da toglierci l’umiliazione delle nostre colpe, e da indurci a perdonare a noi stessi di averle commesse, oltre al fatto di farci guardare con occhi nuovi il mondo circostante.
Per cui la più grande gioia che esista – in Cielo e in terra – è la gioia del perdono: sia per Chi dà e sia per quanti ricevono il perdono. Costoro, beneficati senza una pesante espiazione delle loro colpe, finiscono col riamare Chi per primo ha mostrato di amarli con tanta tenerezza, e si sentono sensibilizzati a valutare la colpa non più quale semplice violazione ad una legge superiore, ma come ingratitudine ed offesa verso Dio Padre. In tal modo, con il prodigio della sua misericordia, il Signore eleva l’uomo nei suoi sentimenti: lo fa “trasumanar”, direbbe Dante. Vistosi colmato di attenzioni divine, quel cuore contrito ed umiliato si dispietra, si schiude all’amore, abilitandosi ad una vita nuova: continuamente temprata nel confronto tra la bontà di Dio e la sua antica ingratitudine.
Così questo paradosso della divina misericordia provoca il dinamismo della trasformazione e delle elevazione umana, che un sistema di giustizia riparatrice avrebbe eternamente soffocato. Come pure, è lo stesso Amore misericordioso a rivelarci la sua mirabolante strategia: di portare alla liberazione interiore e all’amore nel rispetto della umana libertà.

 


Una stretta di mano

Nella stretta di mano
una persona comunica quello che è più suo.

Una stretta di mano dice tante cose:
dice l’inizio di un’amicizia,
ratifica una lunga storia di comunione.

Il linguaggio delle parole
soffre di molti limiti.
La mano formula
il misterioso alfabeto del mondo interiore.

(Martin Gutf)

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ultimo aggionamento 13 giugno, 2009