ESPERIENZE

Paolo Risso

Giuseppe Siri:
come Atanasio

 

Nulla avviene a caso in questo mondo, perché c’è Dio che tutto guida e dispone. Non è stato sicuramente un caso che Dio abbia chiamato a sé il Card. Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova, per 41 anni, proprio il 2 maggio 1989, dieci anni or sono, nel giorno in cui la Chiesa festeggia Sant’Anastasio, il grande Vescovo di Alessandria d’Egitto, che nel IV secolo, dopo il Concilio di Nicea (325), difese la vera Fede in Gesù Cristo, Uomo-Dio, consustanziale al Padre, in mezzo alla dilagante eresia di Ario che riduceva Gesù a un uomo eccezionale e non più il Figlio di Dio.

 

La vita per la Verità

Anche Giuseppe Siri, dalla sua Genova, nel nostro tempo difficile e confuso, fu “un Atanasio” per la Chiesa e per il mondo, nella fedeltà assoluta al Papa e alla Tradizione Cattolica. In breve, la sua vita: nato a Genova il 20 maggio 1906, sacerdote a 22 anni, il 22 settembre 1928, Vescovo Ausiliare di Genova l’11 marzo 1944, Arcivescovo della medesima città per volontà di Pio XII il 14 maggio 1946, a 40 anni, Cardinale nel 1953, ricco di dottrina teologica sicurissima, appare una figura straordinariamente autorevole e luminosa, prima, durante e dopo il Concilio Vaticano II: dottissimo e concreto, austero e solenne e pure semplice come un bambino. Chi gli chiedeva udienza, soprattutto per aver luce sui grandi “perché” della vita e sui problemi della Chiesa e del mondo, era accolto, ascoltato, illuminato. Nei momenti più difficili, durante la 2ª guerra mondiale e nelle lotte sociali, Genova (e non solo Genova) ricorreva a lui: maestro, pastore, padre e uomo di governo.
Amava Gesù-Verità, La Verità da studiare e da diffondere a piene mani: dopo la Sacra Scrittura, il suo testo prediletto, sempre a portata di mano, era la Summa Theologiae di S. Tommaso. La Verità da difendere, e l’errore (l’eresia) da confutare, alla luce del Magistero della Chiesa, andando contro-corrente, senza paura alcuna, tutte le volte che era necessario, anticoformista e ribelle al mondo per amore a Cristo, per piacere a Dio solo e a nessun altro. E amava la Madonna, la invocava con il Rosario ogni giorno. I suoi discorsi, le sue lettere pastorali, i suoi interventi costituiscono una sintesi del Cattolicesimo, di un “Cattolicesimo non facile, ma vero e felice” (per usare le parole di S.S. Paolo VI), forte, militante, in prima linea, come non siamo più abituati a vivere.
C’è un libro del Card. Siri, che s’intitola Getsemani (Ed. Fraternità della SS. Vergine, Roma, 1980, tradotto in diverse lingue e diffuso in Europa e nel mondo), come a voler esprimere il tormento di Gesù nell’orto dell’agonia, tormento che continua nella Chiesa che soffre per il peccato del mondo, fuori di sé e in mezzo ai suoi stessi uomini, per la negazione della Verità e più ancora per la confusione della verità con l’errore.

 

“A difesa della fede”

In questo libro, come un nuovo Atanasio, il Card. Siri denuncia (citiamo le sue testuali parole, ché non sapremo dir meglio) “una rottura, una volontà di affrancamento totale sia tra i teologi protestanti sia in seno alla Chiesa Cattolica”. “Quali possono essere le cause – si domanda il Cardinale – di questa singolare tendenza del movimento teologico?”. Risponde:
“Prima di ogni altra manifestazione, si delinea una mentalità che esprime un ritorno all’eresia palegiana. Circa 15 secoli fa, Pelagio, con il suo Papa Innocenzo I, detto “il Grande”, non si era accorto del pericolo. I Vescovi orientali si avvidero della pericolosa eresia, e riunendosi in Concilio , lo condannarono; e solo allora Roma se ne rese conto, e Pelagio fu di nuovo condannato (…). Dopo 15 secoli, assistiamo ad un’apparizione, sottile e evidente insieme, della dottrina secondo cui non esiste peccato originale, secondo cui l’uomo può vivere senza peccato con le proprie forze e senza l’aiuto della grazia “.
“Accanto a questa eresia di esaltazione dell’uomo, appare anche l’errore, ancora più vecchio, secondo cui il Figlio di Dio era una creatura, errore che colpiva profondamente la concezione della SS. Trinità e la realtà del Redentore. Ario ha avuto una grande influenza, ma la verità è stata sempre preservata e l’errore smascherato; così la Chiesa proclama durante la S. Messa nel Credo, l’eterna verità del Figlio di Dio.
Un terzo carattere della tendenza che, come ultima conseguenza, conduce all’affrancamento totale di cui abbiamo parlato, è quell’insieme di pensiero costituente il modernismo che San Pio X ha condannato fermamente e voluto estirpare dalla vita della Chiesa. Ma questo non fu pienamente realizzato, perché le tendenze moderniste sono sopravvissute più o meno apertamente e in uno stato latente. Il modernismo, ora come all’inizio del secolo, con parole o sfumature nuove, all’inizio implicitamente ed esplicitamente dopo, offende il principio della Rivelazione che è sostituito dalle elaborazioni del ‘senso religioso’ nel subcosciente. Oggi, forse più che all’origine, il modernismo spinge verso un agnosticismo quasi ‘trascendentale’ e verso un ‘evoluzionismo dogmatico’ in modo da distruggere ogni nozione di oggettività nella Rivelazione e nella conoscenza acquisita” (G. Siri, op. cit., pp. 45-47).
A conferma di quanto ha affermato, il Cardinale cita sul medesimo argomento il discorso del Santo Padre Paolo VI (19 gennaio 1974) che così “vede la rinascita del modernismo”:
“La Rivelazione è un fatto, un avvenimento, e nello stesso tempo un mistero, che non nasce dallo spirito umano, ma è venuto da un’iniziativa divina… ed è culminata in Cristo. La Parola di Dio è così finalmente per noi il Verbo incarnato, il Cristo storico e poi vivente nella Comunità a Lui congiunta mediante la fede e lo Spirito Santo, nella Chiesa, cioè il Corpo mistico. Così affermando, la nostra dottrina si stacca da errori che hanno circolato e tuttora affiorano nella cultura del nostro tempo e che potrebbero rovinare totalmente la nostra concezione della vita e della storia. Il modernismo rappresenta l’espressione caratteristica di questi errori e sotto altri nomi è ancora d’attualità (Decr. ‘Lamentabili’ e enciclica ‘Pascendi’ di S. Pio X, 1907). Noi possiamo allora comprendere perché la Chiesa Cattolica, ieri e oggi, dia tanta importanza alla rigorosa conservazione della Rivelazione autentica e la consideri come tesoro inviolabile, e abbia una coscienza così severa del suo fondamentale dovere di difendere e di trasmettere in termini inequivocabili la dottrina della fede” (ivi, pp. 47/48).
Su questa linea, da S. Pietro il primo Papa al Concilio di Trento, fino a Pio X, a Pio XII e a Paolo VI, il Card. Giuseppe Siri, nel libro citato, sviluppa a fondo il discorso con estrema lucidità:
“Questi tre orientamenti caratteristici, pelagiano, ariano e modernista, si trovano combinati più o meno coscientemente, con più o meno sottigliezza e anche a volte con astuzia, in un amalgama speculativo senza contorno preciso e senza riferimenti fondamentali, che serve di base per una precipitazione verso l’umanizzazione integrale di tutta la religione. Questo amalgama costituisce una specie di “iniziazione” nuova di origine protestante che si fa sentire in tutti i campi e in tutti gli ambienti”.
In una parola, è l’antico errore, la ribellione dell’uomo che si pone al posto di Dio, contro la quale ribellione continuamente insorge la Chiesa con il suo Magistero intramontabile sempre identico a se stesso (“semper idem” – “firmiter stat”!), con il Credo proclamato, spiegato e diffuso, con i suoi Padri come Atanasio e Agostino, con i suoi dottori come Tommaso d’Aquino, con Vescovi come il Card. Siri, in primo luogo con il papa, come ha fatto il 18 maggio 1998, Giovanni Paolo II, nella sua Lettera Apostolica Ad tuendam fidem (quanti la conoscono?), in cui “per difendere la fede della Chiesa Cattolica contro gli errori che insorgono da parte di alcuni fedeli specialmente di quelli che si dedicano di proposito alle discipline della Sacra Teologia”, richiama tutti, dotti e semplici, alla vera Fede e definisce eretici, scismatici e apostati coloro che negano la Verità che Essa afferma.
Come il grande Atanasio, il Card. Giuseppe Siri ha compiuto con amore e fortezza questa grande missione: la più grande carità è la Verità.

 

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ultimo aggionamento 05 maggio, 2005