DAGLI SCRITTI DI MADRE SPERANZA
 
“Il Tuo Spirito Madre”
a cura di Madre Gemma eam

Mercoledì Santo
Roma 21 aprile 1943

 

 

 

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Madre Speranza di Gesù Alhama Valera nata il 30 settembre 1893 a Santomera morta in Collevalenza l’8 febbraio 1983
Fondatrice delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso
Fondatrice del Santuario di Collevalenza
È in corso il Processo canonico per la sua canonizzazione.
Riproponiamo in questo e nei prossimi numeri della Rivista delle Riflessioni sulla Passione di Nostro Signore, scritte dalla Madre Speranza per la Settimana Santa del 1943. (N.d.R.)

Care figlie, meditiamo oggi la passione di Gesù dal Pretorio alla crocifissione.
Gesù viene posposto a Barabba. Questa, figlie mie, è una umiliazione infinita a motivo della infinita differenza tra le due persone. Barabba infatti è omicida, ladrone e perturbatore, mentre Gesù è l’Autore stesso della vita, datore di ogni bene, la mansuetudine personificata. E’ immensa l’umiliazione anche a causa delle urla della folla e dell’odio contro Gesù condiviso da tutti, per cui non viene fatta una scelta pacifica, ma tumultuosa; è il ruggito di fiere assetate di sangue. Non è scelta spontanea, ma istigata dai Principi dei Sacerdoti. Umilianti pure le cause che spingono a fare la scelta, cioè l’odio dei Principi dei Sacerdoti che sobillano il popolo a chiedere la liberazione di Barabba, non per compassione verso di lui, ma per odio contro Gesù, e la volubilità del popolo, che anteriormente aveva proclamato Gesù re e ora chiede con rabbia e insistenza che sia crocifisso.
Si aggiunge la codardìa del giudice indegno, che chiede al popolo cosa deve fare e inverte così l’ordine del giudizio e della sentenza, ponendo il popolo come giudice e se stesso come testimone della causa.
Gesù è flagellato. Consideriamo, figlie mie, la durezza di questo supplizio. Legano Gesù, con le braccia in alto, per i polsi e i piedi ad una colonna dell’atrio. E’ questo un luogo infame dove vengono frustati i condannati alla crocifissione. Consideriamo la nudità di Gesù che è privato anche della tunica inconsutile; la crudeltà degli aguzzini istigati contro di Lui dall’odio di satana e dei giudei, che li corrompono con denaro affinché finiscano il Salvatore. I numerosissimi colpi inflitti (c’è chi dice che furono cinquemila) e la prolungata tortura, senza interruzione, dato che i carnefici si sostituiscono quando sono stanchi di infliggere colpi su quel Padre buono, il quale non si stanca di riceverli; la durezza degli strumenti usati, cioè verghe verdi ricoperte di spine e terribili fasci di nervi di bue con punte di ferro che penetrano nelle delicate ossa di Gesù, per cui il suo corpo santissimo al termine del supplizio rimane completamente piagato e dissanguato.
Gesù, bagnandosi nel proprio sangue si trascina dove stanno i suoi vestiti per ricoprirsi. Quale dolore soffre il nostro Redentore nel vedersi così crudelmente torturato dall’uomo che Egli ama, per la salvezza del quale si è incarnato e dà la sua vita!
Vediamo, figlie mie, i motivi che spingono Gesù a soffrire tanto, mentre avrebbe potuto redimerci con una sola sua lacrima. Egli vuole mostrarci l’immensità del suo amore e ispirarci l’orrore al peccato e la fiducia che dobbiamo avere in Lui; mostrarci il bene immenso che è il Paradiso; animarci a sopportare le nostre fatiche; far scaturire da esse la gioia dei martiri, la mortificazione dei penitenti, e la tribolazione dei fedeli, che per essa ringraziano il Signore; per vincere la nostra concupiscenza, cioè i peccati della carne, specialmente la lussuria e la gola.
Le Ancelle dell’Amore Misericordioso devono mortificarsi spiritualmente nella volontà e corporalmente con il digiuno.
Gesù è coronato di spine. I tormenti di Gesù in questa stazione sono causati dalla denudazione; i suoi vestiti, nel venire strappati con violenza, essendosi appiccicati al corpo a causa del sangue, portano via brandelli di pelle; dal vecchio manto di porpora che gli pongono addosso per beffeggiarlo come re da burla e da teatro; dalla corona di spine che trafiggendogli il cervello gli procura un’abbondante perdita di sangue e dolori atroci; dalla canna vuota postagli nella mano al posto dello scettro per indicare che è un re di bastoni, senza giudizio né cervello; dagli atti ingiuriosi, dagli sputi sul viso e dai colpi alla testa con la canna per far penetrare di più le spine; dalle parole ingiuriose dei soldati che, passandogli davanti e burlandosi di Lui, dicono “Dio ti salvi, re dei giudei”; dalle beffe degli altri presenti e del popolo accorso a divertirsi.
La dignità regale di Gesù è confermata. Re delle anime provate dal dolore, possiede infatti una corona di spine; uno scettro di canna, Egli che con la sua divinità sottomette l’universo; un vestito di porpora, Colui che estende il suo regno inondandolo con il suo sangue. Figlie mie, Gesù coronato di spine ci insegna le virtù dell’umiltà e della carità, ossia l’abnegazione di sé che va contro i peccati dello spirito, specialmente la superbia e l’invidia, e contro una vita che si alimenta di onori. Per amore a Dio dobbiamo, infatti, calpestare anche una dignità regale.
Pilato, impressionato nel vedere Gesù così malridotto, esclama rivolto al popolo: “Ecco l’uomo!”, presentando Gesù come oggetto di compassione, quasi dicesse: Guardate colui che si dichiara re, Figlio di Dio, castigato e sfigurato a tal punto che appena sembra un uomo. Abbiate compassione di lui.
“Ecco l’uomo!” dice di se stesso il nostro divino Maestro, che chiede oggi alle Ancelle del suo Amore Misericordioso due cose: fiducia, perché attendano tutto da Lui, e imitazione, perché lo prendano come modello.
Questo gesto di Pilato causa sofferenza a Gesù per il fatto di essere presentato al popolo come re falso, oggetto di burla e degno di compassione non per misericordia, ma perché non è re come essi pensano dovrebbe essere, cioè capace di ispirare timore di usurpazione e di autorità; per le grida del popolino spinto dai nemici di Gesù a urlare “Crocifiggilo”; per la nuova accusa di bestemmiatore perché si proclama Figlio di Dio, mentre i bestemmiatori sono loro che lo negano; per le passioni di Pilato, il quale da una parte teme di sentire che è Figlio di Dio, e dall’altra, per superbia, teme il silenzio di Gesù come disprezzo della sua autorità, e per la paura che egli prova, mosso dal rispetto umano, nel sentir dire dal popolo che, se non lo crocifigge, è nemico di Cesare.
Nella seconda presentazione che Pilato fa di Gesù al popolo dice: “Guardate il vostro Re”. Le grida infernali della turba che vocifera “Toglilo di là, crocifiggilo, crocifiggilo, perché noi non abbiamo altro re che Cesare”, vogliono significare: I nostri occhi non lo vedano più, scompaia anche il suo ricordo; condannalo alla morte di croce, la più ingiuriosa. Essi negano il vero Re d’Israele e, in odio a Gesù, proclamano re il tiranno che opprime la libertà della loro Patria, rimanendo così schiavi di Roma.
Gesù posposto a Barabba, che è l’immagine degli uomini perversi e del mondo nemico dell’anima, deve essere seguito da tutti perché non possiamo servire a due padroni.
Figlie mie, inculchiamo nel cuore del bambino e di tutti coloro che ci avvicinano le seguenti verità:
-    Gesù è la salvezza e la vita, perché fuori di Lui non c’è salvezza per l’uomo, né per i popoli e le nazioni.
-    Noi ci salveremo seguendo Gesù nella via della sua dolorosa Passione, non anteponendogli Barabba, cioè, non lasciando che il nostro appetito disordinato segua il male, e calpestando gli onori del mondo e la superbia della vita con l’umiltà della corona di spine.
Noi, Ancelle dell’Amore Misericordioso, mettiamo a morte la concupiscenza della nostra carne con mortificazioni e penitenze corporali e teniamo presente che per essere vere Ancelle dell’Amore Misericordioso ci sono necessarie queste quattro virtù: amore, carità, umiltà e mortificazione.

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ultimo aggionamento 05 maggio, 2005