STUDI
 

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Mass Media,
ateismo e secolarizzazione
Prof. sa Annamaria Sancricca

Il Giubileo, appello alla conversione

“Testimoniare Dio Padre è la risposta cristiana all’ateismo” ha detto il Papa Giovanni Paolo II nell’Udienza generale del 14 aprile scorso. E invitava a riflettere come “L’epoca contemporanea ha conosciuto forme particolarmente devastanti di ateismo “teorico” e “pratico”. Soprattutto si rivela rovinoso il secolarismo con la sua indifferenza nei confronti delle questioni ultime e della fede: esso, di fatto, esprime un modello di uomo totalmente sganciato dal riferimento al Trascendente”
Anche la Redazione della nostra Rivista, a cominciare da questo numero, vuole offrire una serie di riflessioni sul tema (N.d.R.).

L’Amore di Dio riconcilia l’uomo

Il Giubileo è una delle grandi occasioni che l’Amore misericordioso di Dio ha voluto offrire all’umanità per liberarla dalla schiavitù del peccato, ma ci vogliono le condizioni perché avvenga la liberazione dal male e, prima di tutto, la consapevolezza che una mentalità secolarizzata è il vero grande ostacolo da superare per conseguire la conversione del cuore. In questo anno giubilare, tempo speciale di grazia, l’uomo è chiamato a riconciliarsi con Dio, attraverso un cammino di riconciliazione con la natura e con i fratelli.

 

Lasciarsi riconciliare da Dio

Riconciliarsi con Dio, in realtà, vuol dire lasciarsi riconciliare da Lui. La Bibbia mostra come è Dio che cerca l’uomo e il Regno dei cieli è per tutti coloro che, chiamati, si aprono all’accoglienza del Cristo, orientando, nell’atto radicale della coscienza, il proprio essere nella verità della libertà, che è apertura all’amore. “Il contenuto della libertà è decisivo a tal punto per la libertà, che la verità della libertà di scelta è appunto di ammettere che qui non ci deve essere scelta, benché sia una scelta” (Cfr. S. Kierkegaard, Diario, 1850). Essere liberi dunque vuol dire scegliere di esserlo per credere all’amore di Dio.
Nella volontà di comunicare la propria vita, Dio prende l’iniziativa e si svela all’uomo nel quale ha impresso la sua immagine all’atto della creazione. Ogni creatura, pervasa dalla presenza di Dio, è un vestigio di Dio, è partecipe della Sua vita e di quel senso del “sacro” che la mentalità secolarizzata, ignorandolo, ha finito per cancellarlo dall’immaginario collettivo.
Yahvè si pone come riferimento esistenziale ed ontologico rispetto a Israele, popolo che comincia ad esistere, passando dal “non-essere” all’“essere” nel momento in cui Dio lo assume e lo sceglie come suo patner nel dialogo che intende allacciare con l’uomo. Nel libro dei Giudici leggiamo la dialettica (storica) tra Yahvè e Israele. Il popolo eletto, scelto da Dio dimentica Dio, perché vuole camminare da solo e Dio lo abbandona. Ma, nella sventura, Israele ripensa la propria situazione, si ricorda dell’alleanza, si converte e grida, prega perché Dio lo salvi e Dio risponde dicendo: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido […] sono sceso per liberarlo […] Ora va, Io ti mando […] Io sarò con te” (Es. 3,7-12).
Nel dialogo con Mosè Dio si manifesta come il più potente della terra che vuole liberare l’uomo da ogni forma di schiavitù, per renderlo libero, responsabile, autonomo e capace di dire il suo “sì” nella libertà di figlio.
Oggi, come ieri, Dio-Padre continua ad offrire all’uomo infinite opportunità di dialogo e reciprocità di amore. Lasciarsi riconciliare da Dio vuol dire accettare il dialogo con Lui, riconoscerne l’alleanza, accogliere la vita cristiana come vocazione alla salvezza.

 

Riconciliarsi con la Natura

La riconciliazione con Dio passa attraverso la riconciliazione con la natura, perché il cosmo è creatura di Dio-Creatore, il quale vi ha infuso delle leggi che lo regolano e l’armonia della natura ne è la prova tangibile. L’uomo, però, sovvertendo l’ordine della natura, ne ha scompaginato l’armonia che le conferisce il senso del sacro.
Il regista giapponese Akira Kurosawa, denunciando questa civiltà che non riconosce la sacralità della natura, nel film Dersu’ Uzala – il piccolo uomo delle grandi pianure – dice che: gli autentici genuini valori umani, che nascono da un atteggiamento di rispetto e di partecipazione nei confronti della natura, vengono inevitabilmente annientati da una “civiltà” che, violentando la natura, ha perso quell’intimo vitale contatto con essa, diventando disumana.
Dio ha posto l’unità a base del cosmo; la stessa scienza lo dice quando scopre la stretta analogia di struttura biologica e genetica che c’è tra un moscerino e l’uomo. L’armonia del cosmo è l’unità nella molteplicità di generi, di specie e di tipi; l’unità nell’infinita molteplicità degli esseri e dei modi di essere che ci si presentano nella natura. L’Unità dunque è il segno della presenza di Dio nella natura e l’uomo deve imparare a recuperare l’intimo vitale contatto con la natura se vuole riconciliarsi con Dio.

 

Riconciliarsi con i fratelli

Il terzo passaggio, che chiude l’anello, è l’amore fraterno che dobbiamo apprendere da Dio: saper mettere insieme la giustizia e la misericordia; bisogna andare a scuola da Amos e Osea per apprendere i comportamenti di Dio che sanno coniugare il perdono e la misericordia con il male e il peccato.
Apparire, imporsi con il potere, la fama, la ricchezza è lotta di sempre per emergere e primeggiare sugli altri. E così la volontà di potenza ha guastato il progetto di Dio sull’uomo. L’“egoismo” è il vero ostacolo che ciascuno di noi deve imparare a superare per realizzarsi nella sua identità più vera e profonda: vivere come figlio di Dio.
“Io ho sempre ritenuto che il problema numero uno della nostra vita e di tutti i drammi e le difficoltà che ci propone è il nostro egoismo. Questa idolatria che noi abbiamo di noi stessi è la causa della solitudine, dell’incomunicabilità, dell’alienazione, della pace, della guerra, della giustizia e dell’ingiustizia sociale. Ho naturalmente cercato di vedere questo cancro dell’umanità addosso a me stesso” (Blasetti, commento al suo film “Io, Io, Io… e gli altri”).
“Quando il testimone della verità arriva alla morte, dice a Dio: “Grazie per tutte le sofferenze che mi hai dato. Grazie a te, infinito Amore!” E Dio gli risponde “Grazie, amico mio, per l’uso che ho potuto fare di te”. Questa pagina del Diario di Kierkegaard ci rammenta il progetto originario di Dio, il senso della figliolanza e il nostro dipendere da Lui.
Dio non obbliga nessuno, vuole solo che i suoi figli rispondano al suo amore liberamente, per scelta, non già perché costretti da chicchessia. Ma l’adesione a Dio impone moralmente di uscire dal proprio egoismo personale e collettivo per vivere il Vangelo che si caratterizza per il comandamento dell’amore: “amatevi come Io vi ho amato”.

A
s
c
o
l
t
a

!

“Aiutami, Gesù mio, a fare di Te il centro
della mia vita perché non viva più io, ma tu
viva in me...

“Voglio, Gesù Mio, che Tu solo sia il movente
principale dei miei affetti, di tutta la mia vita
e che Tu sia per me tutto e ogni mio bene”.

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ultimo aggionamento 13 giugno, 2009