STUDI

L. S.

È serenamente gioiosa la vita governata dalla saggezza

 


“Chi vuole una vita serena deve disciplinare la propria istintività”

Noi, popolo pellegrinante nel tempo, con la divina grazia giubilare vorremmo pregustare dentro di noi un senso di pienezza dinamica, e poi condurre una vita serena e idealizzata. Purtroppo a questa pienezza interiore arrivano solo quanti in precedenza hanno unificato la propria vita, armonizzando e dirigendo tutte le loro forze vitali. Quando il corpo è reso solidale con l’anima, la persona è libera da tensioni che opprimono e avvelenano, e può avvalersi di ogni sua facoltà per orientarla verso il fine propostosi.
La nostra componente animale o istintiva – vogliosa di straripare – va canalizzata dalla ragione ad occupare nella vita il posto che le spetta: se si lascia che diventi invadente, intralcerà tutto il comportamento di vita fino al momento in cui sarà rimessa al suo posto. E allora bisogna prendere l’atteggiamento risolutivo di escludere ogni cedimento, per non subire l’umiliazione di diventare un affamato psico-dipendente.
Chi vuole una vita serena – cioè possedere la pace con se stesso, con gli altri e con Dio - deve disciplinare la sua istintività. Questa ricerca di autodominio fa evitare squilibri infernali dentro di sé, dà la beatitudine di abbracciare castamente le cose, e al cristiano apporta valori più grandi della vita stessa: la grazia di Dio, la presenza di Dio, il contatto con lo Spirito Santo.
Inoltre questa persona che ha scelto di idealizzare la sua vita – facendone un progetto di servizio agli altri – deve impegnarsi a passare dalla tendenza del prendere al gesto di offrire. L’istintività porta a “usare” e non a servire l’altro, senza alcun ordine morale. Perciò chi si è proposto di amare autenticamente, ogni giorno è tenuto a conquistarsi, a far diventare la sua volontà di donare più forte della voglia di prendere. E in funzione del suo ideale deve pure decidersi a spegnere il fuoco della sua sensitività con il maggior fuoco dell’amore a Dio.
In tal modo la definizione dell’uomo come “animale ragionevole” trova la sua attuazione quando la ragione controlla il suo puledro corporale. Allora la pratica del dominio di sé apporta una vita piena, serena, idealizzata, cioè aperta a rapporti personalizzanti, che esaltano valori spirituali sublimanti ogni vita.
Per cui decisamente va detto a se stesso: la virtù, la purezza, l’autocontrollo sono cose tanto belle e preziose, che non vanno esposte al rischio di perderle con delle miserevoli emozioni passionali. E sarebbe da sciocco “voler provare” ancora una volta quante amarezze apporta l’appagamento della piacevole trasgressione, e poi dimenticare quanta carica di entusiasmo e di pace profonda donano la comunione con Dio e il rapporto pienamente umano, che rispetta nell’altro quella dignità di cui Dio lo ha rivestito.
A tal proposito c’è da rilevare che “l’interessante’ dell’altro va al di là della sua corporeità: solo se prestiamo attenzione al valore profondo della persona, siamo adatti a intravedere dietro il velo corporeo il mistero dell’essere altrui, e non riduciamo l’incontro interpersonale a un guardarsi semplicemente in senso fisico.
E allora, per evitare che la propria istintività passionale diventi veicolo di una perdita di orientamento esistenziale, da noi va ricercato il rigore dell’autodisciplina e il sostegno della preghiera. Per cui alla Vergine Madre rivolgiamo il confidente trasporto dell’anima: “Mamma celeste, riportaci spesso al pensiero del tuo immacolato candore, per essere aiutati a sublimare le sensazioni e a trasfigurare ogni creatura al di là del visibile.

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ultimo aggionamento 05 maggio, 2005