ESPERIENZE

Paolo Risso

“La mia vita per la Chiesa”
P. Tomás Týn

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Brne, Cecoslovacchia, 1950. I comunisti, con l’appoggio dell’armata rossa di Stalin, da circa un anno, occupano il potere. L’Arcivescovo di Praga, Mons. Giuseppe Beran, già incarcerato e deportato a Dachau dai nazisti, è allontanato dalla sua sede. Preti, suore, credenti sono perseguitati. La vita della Chiesa diventa durissima.
Il dottor Zdenek Týn, medico psichiatra, e la dottoressa Ludmila Konucipkova, neurologa, sono sposi da alcuni anni. Cattolici ferventi, esercitano il loro servizio di medici con alta competenza, come una missione in mezzo al prossimo. Desiderano un figlio. Il dottor Zdenek fa un voto: “Signore, se ci dai un figlio, vogliamo consacrarlo a Te, desideriamo che diventi sacerdote, domenicano, buon teologo. Per la tua gloria, per il bene delle anime”.
E il bambino nacque: sano, bello, biondo, forte e vivace, il 3 maggio 1950, festa dell’Invenzione della Croce, nel calendario liturgico vigente. Lo battezzarono con il nome di Tomas. Dio era stato cacciato dalla società, dalla scuola, ma il ragazzo, in casa, dai genitori, ricevette una forte educazione alla fede e alla vita cristiana. Sarebbe diventato, a costo di qualunque sacrificio, un generoso testimone di Cristo.
Intelligentissimo, superò brillantemente le scuole elementari e il ginnasio-liceo nella sua città, segnato a dito da compagni e autorità, perché praticava la Fede Cattolica senza sconti e senza paura. Conseguì diciottenne, a Brne, una borsa di studio per proseguire gli studi all’Accademia di Digione in Francia.
Nell’agosto 1968, dopo “la primavera di Praga” voluta da Dubcek con un leggero vento di libertà, i carri armati di Breznev, il dittatore dell’Unione sovietica, da Mosca invadevano la Cecoslovacchia con la più dura repressione. I dottori Zdenek e Ludmilla emigrarono nella Germania federale e si stabilirono a Neckargemund, continuando il lavoro. Tomas intanto si era recato all’Accademia di Digione, dove l’anno dopo, il I° luglio 1969, conseguì il baccellierato per l’insegnamento di filosofia e lettere.

 

Sulle orme di S. Domenico

A Digione, Tomas Týn riuscì ad avvicinare i domenicani, durante un corso speciale. Scoppiò la scintilla. Papà Zdenek non gli aveva mai parlato del voto fatto prima della sua nascita, ma Tomas sentì che Dio lo chiamava sulle orme di S. Domenico di Gusman, appassionato studioso e apostolo di Gesù Cristo-Verità, in una parola, sacerdote domenicano. Rifletté a lungo, pregò intensamente, si consigliò… Decise: “Sarò domenicano”.
Tornò a casa, lo disse ai suoi genitori – i quali non aspettavano altro: era il loro voto che si compiva – ed entrò felice nel convento di Warburg in Westfalia. Il 28 settembre 1969, vestì l’abito dei Frati Predicatori, diventando fra Tomas. Seguì il noviziato nella medesima casa: il 29 settembre 1970, fra Tomas si consacrava a Dio con i voti religiosi. Con la sua mente brillante, inclinata alla filosofia e alle lingue, iniziò gli studi filosofico-teologici, per prepararsi al sacerdozio.
Nel 1973, scese a Bologna: lì, presso la tomba di S. Domenico, nel convento da lui stesso fondato, completò gli studi, conseguì il “lettorato”, poi portò a compimento il suo “curriculum studiorum” con il dottorato in Teologia a Roma. Di lui, si poteva esprimere l’elogio che si fa di S. Tommaso d’Aquino e di altri domenicani dotti e santi: “Ardens erat in studio Verbi divini” (= “era ardente nello studio di Gesù, Verbo divino”).

 

Offerta suprema

Adesso era passato alla provincia domenicata “Utriusque Lombardiae”, in Italia, pur nutrendo sempre un grande amore per la sua patria lontana, schiacciata dal tallone dei comunisti (e dei sovietici), perseguitata nella libertà, nella fede, quasi da non poter più sperare.
Il 29 giugno dell’Anno santo 1975, solennità dei Santi Pietro e Paolo, fra Tomas veniva ordinato sacerdote in eterno in “S. Pietro” a Roma da Papa Paolo VI. Nel momento in cui il Santo Padre gli imponeva le mani sul capo e poi gli diceva: “Vivi il Mistero che celebri, imita Gesù Cristo immolato per noi”, P. Tomas Týn offrì la sua vita a Dio: “Prendi, o Gesù, la mia vita per la libertà della Chiesa nella mia patria”.
Era l’offerta suprema, l’olocausto della sua vita, il voto di vittima. Tenne segreta l’offerta e riprese, assai contento, la sua vita, là dove l’obbedienza lo chiamava; professore di Teologia Morale allo “Studium” domenicano di Bologna, fedelissimo al Magistero della Chiesa, in un tempo di arbitrii e di sbandamenti dottrinali. Giovane sacerdote e teologo tutto preghiera e insegnamento, P. Tomas si presentava in modo avvincente: tutti, anche i laici in gran numero, potevano ammirare la sua preparazione, la sua fede profonda, il suo amore ardente a Gesù Cristo, alla Madonna, la sua dedizione alle anime.
Nel 1980, era già Vice-Reggente dello “Studium” di Bologna, e nel 1984, annoverato tra i membri della Commissione per la vita intellettuale della sua Provincia. Ma l’insegnamento non gli bastava: si fece apostolo tra i giovani, gli intellettuali, senza mai trascurare i piccoli e gli umili: un apostolato molteplice, grazie a cui molti trovarono la fede, altri passarono da esperienze pericolose o negative al Cattolicesimo autentico.
Nel suo cuore, la preghiera più struggente, specialmente rivolta alla Madonna, con il Rosario, affinché il suo Cuore Immacolato avesse a trionfare anche tra i senza-Dio dell’Est Europeo. Il 16 ottobre 1978, mentre in convento assisteva, per mezzo della televisione, alla prima benedizione al mondo, da parte di Papa Giovanni Paolo II, appena eletto dalla cattedra episcopale di Cracovia, alla Cattedra suprema di Pietro, Padre Tomas, con un accento caldo, con ‘unintensità che colpì i presenti, disse: “D’ora in avanti non sarà più possibile che le cose continuino come prima”. Pensava che con il nuovo Papa, chiamato dalla “Chiesa del silenzio” qualcosa nelle nazioni oppresse dal comunismo ateo, sarebbe finalmente cambiato. Rinnovava la sua offerta a Dio.

 

Il culto per la Verità

Ma per delineare il suo profilo, è meglio cedere la parola a chi l’ha conosciuto ed è vissuto a lungo al suo fianco:
“Padre Tomas era un prodigio di attività: metodica, intensa e serena. Era un innamorato della filosofia, soprattutto della metafisica… Sorretto da una straordinaria memoria e da una conoscenza approfondita delle lingue antiche (ebraico, greco e latino) e di almeno quattro lingue moderne che parlava correntemente, poteva discutere di moltissimi autori, che spesso citava nella lingua originale.
Naturalmente si distingueva nella conoscenza della dottrina del suo Maestro, S. Tommaso d’Aquino, di cui non solo portava il nome, ma aveva anche la struttura mentale, la visione organica e sistematica del sapere e soprattutto il culto appassionato per la Verità.
Padre Tomas era riuscito a penetrare il mistero della Verità che aveva cercato incessantemente, aveva amato come l’unico Bene e aveva distribuito a piene mani senza parzialità e ipocrisie, in modo mite, pieno di buoni frutti. Anzi la sua vita era un segno visibile della Verità che egli continuava ad approfondire anche dopo averla trovata, ritenendola più preziosa della salute, della bellezza e di tutto l’oro, e che partecipava a tutti senza tregua alla mensa della Sapienza che egli sapeva imbandire con ricche vivande.
Insegnava con passione e non badava alla cattedra su cui sedeva. Spesso le sue lezioni erano informali, per persone semplici e non dotte, e non di rado accadeva che gli venissero rivolte obiezioni insipienti. Le accoglieva con un sorriso dolce e rispondeva: “Sì… sì… ma vede, c’è questo altro aspetto…”. E spiegava con pazienza” (dalla prefazione al testo di P. Tomas Týn, Metafisica della sostanza, Ed. Studio domenicano, Nologna, 1991).
In questa – che sarà l’unica sua opera pubblicata, frutto del suo studio e del suo insegnamento – nella nostra epoca che dichiara superata e vuota la “filosofia dell’essere”, cioè l’unica filosofia vera, capace di dare accesso alla Verità e non solo a delle opinioni, capace di fondare la fede come ossequio ragionevole a Dio, il P. Tomas Týn , profondamente convinto del valore indistruttibile della “prima e più alta disciplina della ragione umana”, dopo aver seguito il triste e miserabile cammino del pensiero umano fino alla distruzione della ragione, presenta nella seconda parte del suo libro una vigorosa sintesi della metafisica, della “filosofia dell’essere”, quindi il ruolo fondamentale dell’analogia e del concetto di partecipazione: davvero “lo splendore della Verità”.

 

Tutto si compie sulla Croce

Raccontano alcuni suoi amici: “Quando nel luglio 1989, egli apprende che purtroppo è stata concessa anche in Italia la possibilità di ricevere la Comunione sulla mano (pur restando “del tutto conveniente (e preferibile) riceverla sulla lingua”, facendo comunque sempre attenzione ai frammenti dell’Ostia santa, affinché non vadano mai dispersi, contenendo essi lo stesso Signore Gesù, come scrive il relativo documento del 19 luglio 1989), Padre Tomas prova un immenso dolore e commenta:
Io non daro mai la Comunione sulla mano. È un sacrilegio o porta a moltiplicare i sacrilegi contro Gesù Eucaristico”.
Rinnova la sua preghiera e offerta a Gesù:
Signore, fammi morire piuttosto che io ceda a dare la Comunione sulla mano a qualcuno”.
Innamoratissimo della Persona di Colui che è la Verità, il Signore Gesù, realmente presente nell’Eucaristia, che ripresenta il suo Sacrificio della croce ogni volta che viene celebrata la Santa Messa, P. Tomas, secondo la dottrina della Chiesa di sempre e di S. Tommaso d’Aquino, il sommo Teologo e cantore dell’Eucaristia, non sarà mai complice di sacrilegi e di profanazioni (come avvengono oggi così spesso), a costo della sua vita”.
Gesù non ha certo dimenticato la sua offerta formulata nel 1975, il giorno della sua ordinazione sacerdotale, per la libertà della Chiesa in Cecoslovacchia. Ora Gesù accetta anche questa sua nuova offerta, grido di fede eroica nella sua presenza nell’Eucaristia, suo Corpo immolato e suo Sangue sparso, e conduce a compimento la missione del suo amico e ministro Tomas Týn.
Nell’ottobre 1989 (gli stessi amici dicono, il 13 ottobre), P. Tomas accusa dolori addominali assai forti. La diagnosi è terribile: tumore maligno con pochi mesi di vita. La Cecoslovacchia inizia la sua rivolta popolare pacifica, come gli altri paesi dell’Est Europeo, contro l’oppressione comunista. Padre Tomas confida il suo “segreto” ad un giovane confratello.
Dalla Germania, viene suo padre medico a prenderlo. L’ultimo mese lo passa in famiglia, assistito dall’affetto e dalle cure mediche dei suoi genitori e di illustri medici… Padre Tomas guarda sereno alla Vita che non muore, alla Chiesa che ritrova la libertà nella sua patria.
Il 31 dicembre 1989, domenica, il novantenne Cardinale Tomasek, Arcivescovo di Praga, nella sua cattedrale gremita di popolo, intona il solenne “Te Deum” di ringraziamento. Padre Tomas, nel suo letto di dolore diventato altare, configurato ormai a Gesù Crocifisso, ne è felice. L’indomani, 1° gennaio 1990, a 40 anni non ancora compiuti, tutto si compie: Gesù riceve il suo olocausto. Può ripetere con S. Caterina da Siena sul letto di morte: “Io ho dato la vita per la Santa Chiesa”. E noi aggiungiamo: “E per l’Eucaristia”.
Al confratello venuto a fargli visita da Bologna nella sua casa di Neckargemund, una settimana prima della morte, e che gli dice con il pianto in gola: “Dobbiamo essere pronti a uniformarci alla volontà di Dio”. Padre Tomas aveva risposto con il suo sorriso mite e luminoso: “Uniformarci perfettamente alla volontà di Dio”.

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ultimo aggionamento 05 maggio, 2005