STUDI
 

Ing. Calogero Benedetti

LA
RIVELAZIONE

 

Cosa consente di poter asserire che qualcosa è (o no) “esistente”?
La sua “osservabilità”.

L’“inesistente” non è (non è stato; non sarà mai) in alcun modo e sotto ogni riguardo “osservabile” (direttamente o tramite un suo qualche effetto), e la differenza fra il “reale” e l”immaginario” è precisamente che quest’ultimo non è obiettivamente osservabile (se non come attività mentale di colui che l’immagina).

In breve: il Nulla, il vuoto, l’Inesistente, sono caratterizzati dall’assenza in essi di alcunché “osservabile”.

Metalinguisticamente, se diciamo (E) l’Esistente ed (O) l’Osservabilità, si ha la scrittura:

E_O.jpg (4249 byte)


Ora, se si scorre la Bibbia non sfugge che i suoi Redattori caratterizzano gli Dei degli altri popoli (che non sono Israele) come “falsi” (e/o “bugiardi”), ed in breve: “inesistenti” se non come fantasia, ed illusione; in totale contrasto con la proclamazione d’esistenza di Jhwh {Io sono colui che “è” (secondo la traduzione dei Settanta), o che “ci sarò” [per assisterti, aiutarti, salvarti] (secondo la traduzione di Martin Buber basata sull’identità di coniugazione del presente e del futuro nella forma arcaica del verbo essere dell’ebraico antico)}.

Ma su che si fonda questa diversità di asserzione a riguardo dell’esistenza (falsa) degli Dei pagani e (vera) di Jhwh?

Sulla Rivelazione, che è un osservabile storico, qualcosa di storicamente vissuto e storicamente tramandato, al contrario dell’immaginario (= mito) che caratterizza la sacralità presso gli “altri” popoli (i gentili o pagani), e che non è mai osservabile.

La profonda differenza fra la Religione giudaico – cristiana e la mitologia (leggi: “il senso del sacro presso gli “altri” popoli”) è radicata nell’osservabilità che caratterizza la “Rivelazione”.

Singolare è al riguardo la locuzione di Cristo che usa ripetutamente il verbo vedere (= osservare)

“In verità chi vede me vede il Padre, perché Io ed il Padre siamo una cosa sola”.

Ed ancora “un’osservabile” ricorre in S. Paolo quando Egli parla del fine ultimo dell’essere umano:

“allora vedremo Dio faccia a faccia come Egli è, mentre oggi lo contempliamo in speculo et in enigmate”

Può sembrare strano (= sconcertante) che il fondamento della distinzione fra il Cristianesimo e la mitologia (pagana) sia un carattere “fenomenologico” (= l’osservabilità); ma è precisamente questo carattere che connota la Rivelazione, rendendola un fatto obiettivo e non solamente un “vissuto interiore” (indistinguibile da una, sia pur bellissima, fantasiosità).

La Rivelazione è anzitutto un fatto storico (= un ”osservabile”) basato sul colloquio (la Parola) di Dio, con cui Questi si manifesta all’uomo.

Identificare il “sacro” solo con un “vissuto interiore”, con un “evento essenzialmente spirituale”, depaupera il divino del carattere di esistere come “osservabile”, e quindi della connotazione di esistenza, e l’equipara al rango dell’immaginario (= costruzione della mente).

L’immane potenza della Rivelazione è invece di essere un fatto e non un “percepito”.

Naturalmente si pone la questione della fondatezza (storica) di quanto è proclamato “osservabile”, ed a ciò concorrono i caratteri confirmatari (le coincidenze, le testimonianze, le modalità, la congruenza interpretativa, gli aspetti filologici e logici delle Scritture, l’analisi linguistica, letteraria, storica, ecc.) e non ultima l’abbagliante bellezza della Parola asserita, che si fa garante, attraverso tale Bellezza, della propria Verità.

Non si dimentichi che Verità e Bellezza sono (scientificamente) due facce di una stessa medaglia.

Chiuderò questo breve scritto richiamando il carattere di “osservabile” che di continuo ricorre nei discorsi di Cristo:

osservate i gigli e le erbe dei campi…”
osservate il fico quando mette le foglie…”
osservate le nuvole che precedono la pioggia ed il sereno…”
“…perché (allora) non osservate dai segni che il Regno di Dio è ormai alle porte?”

 

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ultimo aggionamento 12 maggio, 2001