DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE
 

SULLE ORME DI MADRE SPERANZA

Madre Speranza

A cura di:
P.Mario Gialletti fam

 

Maria Pilar De Arratia Durañona
(1892 - 1944)

 

 

 

 

 

Maria Pilar De Arratia Durañona

 

Seguito

Il suo personale impegno ascetico

Vorrei ribadire una cosa che, a mio avviso, non va persa di vista, e cioè l’ideale che realmente guidò la Sig.na Pilar in tutta la sua vita: l’anelito alla santità. Le opere, dunque, per lei erano il modo per esprimere il suo incondizionato amore a Cristo e alla sua Chiesa. Questo è mirabilmente confermato dall’austerità della sua vita.

La Sig.na Pilar ritenne una grazia essersi incontrata con la Madre ed ella stessa, nel desiderio di un reale cammino di santità, ripetute volte, le chiese di “trattarla forte”:

“[...] Si vede che Pilar stava al mio lato quando “mi sono distratta” ed era tale la sua emozione che, abbracciandomi, mi diceva: “Quanto è buono il Signore, Madre mia, e quanto ama la Congregazione! e a me che grande beneficio mi ha fatto concedendomi la grazia di poter vivere e morire lavorando con lei: Mi tratti fortemente, Madre mia, como lo ha fatto fino ad oggi! non guardi se piace o no alla mia natura! non faccia caso alle prove o fatiche che a suo lato io dovessi soffrire, perché non mi turbano per niente”. Va bene, figlia, però io credo che con l’aiuto del Buon Gesù, non credo che mi sia mai preoccupata se quello che devi fare o soffrire, per potermi aiutare in tutto quello che Lui mi chiede, è o no di tuo gradimento; mi è bastato sapere solo che tu puoi farti dei meriti [...]” (36).

La stessa testimone, di cui sopra, afferma che la Sig.na Pilar, quando temeva che la Madre avesse qualche riguardo per lei, diceva: “Madre mi strapazzi, mi sgridi, mi rimproveri”.

Condivise anche la vita di preghiera, di sacrificio, di lavoro

“La Madre non si limitava all’assistenza materiale dei poveri, ma li educava alla preghiera. Nella casa di Roma, durante la guerra, so che fu esposta l’immagine del crocifisso, davanti al quale si alternavano in preghiera sia le suore che la gente. La comunità si impegnò ad un mese di totale silenzio, tanto che, dovendo per necessità comunicare qualche cosa, si scriveva su un pezzo di carta. Così facevano anche la Madre e la signorina Pilar de Arratia”.

“Sia Madre Speranza che la signorina Pilar giravano tra la gente rifugiata, facendo coraggio e invitando a pregare. Il 17 luglio, quando ci fu il primo bombardamento di Roma, noi eravamo nel rifugio delle suore; più di una bomba cadde nelle vicinanze. Nel rifugio Madre Speranza ci faceva pregare e ci dava coraggio. Le bambine più piccole le teneva in braccio.
In un successivo bombardamento, credo nel mese di agosto 1943, qualche bomba cadde anche nel terreno delle suore. Fu colpita la madre della signora Marcella Giampaolo, che morì sul colpo. Nell’intervallo tra un bombardamento e l’altro, Madre Speranza e la signorina Pilar uscivano per vedere cosa era accaduto ed assistere qualche eventuale ferito. Dato che la nostra permanenza si prolungava, Madre Speranza e qualche altra suora rientravano in casa per preparare dei panini con dentro erba cotta o altro per la comunità e per le bambine. Il pane era tesserato ma ricevevamo anche qualche cosa dal Vaticano. Anche noi avevamo dalle suore un po’ di pasta e qualche sfilatino di pane”.
“Il terreno era stato comprato da una ricca signorina spagnola, Pilar de Arratia, che poi è morta nel 1944. Era una bella signorina alta, bruna, con un vestito lungo, nero e un mantellone nero. Faceva la stessa vita delle suore. Era molto pia, umile e riservata. Si diceva che fosse morta per intossicazione da carne avariata”.

La Sig.na Pilar non fu, infatti, solo una benefattrice distaccata, ma una donna che seppe condividere con le Ancelle dell’Amore Misericordioso la vita di ogni giorno, anche nei lavori più umili(37).

“Al contatto con la serva di Dio anche la Signorina Pilar, abituata agli agi della vita ed in grado di soddisfare qualunque sua esigenza, era divenuta parsimoniosa e amante della povertà. Ricordo un esempio: se una sbucciava una mela portando via troppa polpa, la Madre la rimproverava dicendo: “Questo è contro la povertà”. Nel tagliare le camicie per i militari la Signorina Pilar, d’accordo con la serva di Dio, usava una diligenza tale che facendo avanzare qualche centimetro di stoffa per ogni camicia alla fine della pezza ne rimaneva una notevole quantità. La sua povertà rifulgeva anche nel suo modo di organizzare il lavoro. Dovevamo fare 10000 camicie al mese. Lavorando a catena con 14 macchine da cucire si riusciva a confezionare ogni giorno più di 300 camicie. Per essere sicura che quanto comandava alle suore fosse possibile a realizzarsi provava lei stessa in precedenza a fare lo stesso lavoro”.

“A proposito della Pilar, debbo dire che era di esempio a tutte noi e di una grande umiltà. Molte volte l’ho veduta lavorare nell’orto e l’ho sentita dire alla Madre Speranza: Se qualche cosa non va mi raccomando di dirlo”.

“Erano una quindicina di suore e in più c’era una donna, modestamente vestita, che io ritenni fosse una donna di servizio. Solo più tardi ho saputo che si trattava di una ricca signorina, grande benefattrice delle suore e delle opere cattoliche. Era la signorina Pilar de Arratia”.
“Ricordo che insieme alle suore, c’era la signorina Pilar, molto buona, umile, affabile con tutti che lavorava insieme alle suore e non si dava affatto arie, benché fosse ricca. Ricordo che le suore erano tanto laboriose, non si fermavano mai”.

Chi non ricorda l’impegnativo lavoro con le camicie militari, e tutto per poter mantenere il colleggio in cui le bambine erano accolte gratuitamente:

“Con l’inizio della guerra, la Madre ottenne la fornitura delle camicie per i militari. In una grande sala, le suore e noi bambine più grandi, facevamo il lavoro a catena, riuscendo a confezionare due o trecento camicie al giorno. Eravamo entusiaste e tanto gioiose. Durante il lavoro si cantava e si pregava e regnava un clima di famiglia. Io collaboravo con la signorina Pilar de Arratia che era addetta a tagliare la stoffa. Ricordo che spesso la signorina mi diceva: “Ricordati che questi anni sono i migliori della tua vita”.
Arrivavano i militari a portare i rotoli di stoffa e a ritirare le camicie. La signorina Pilar era molto precisa nel prendere le misure, tanto che per ogni camicia riusciva a risparmiare più di 5-6 centimetri. Con il denaro ricavato, si guadagnava da vivere per le suore e per una trentina di bambine”.

Aveva molta cura che le bambine assistite andassero ben vestite. Divideva con i poveri anche quello che riceveva come interesse dal Vaticano per l’offerta che aveva fatto nel 1928(38).

“La signorina Pilar faceva la stessa vita delle suore. Stava molto con noi bambine, ci faceva cantare, ci insegnava catechismo, ci regalava vestitini, scarpette, dolci. Sapevamo che era molto ricca e si voleva far suora, ma la Madre la sconsigliava perché diceva che era meglio che avesse pensato con il suo denaro a soccorrere tanti poveri. L’ho veduta con l’abito religioso solo dopo morta. Pilar fu mia madrina di cresima e mi regalò un anellino e una catenina d’oro che poi mi furono rubate da una compagna più grande. Il fatto si scoprì perché, oltre ai miei gioielli, erano stati rubati anche dei soldi ed altri oggetti. Qualche cosa fu ritrovata sotto il materasso di una ragazza, ma i miei gioielli li aveva già dati a suo padre. Madre Speranza rimproverò molto questa ragazza, la separò dalle altre, ma la perdonò e non la mandò via dal collegio. Per recuperarla, la Madre le mise una suora a disposizione”.

“Fin dal primo giorno, mi sono innamorata della Madre per la sua bontà estrema e l’amorevolezza che aveva, non soltanto con noi bambine, ma anche con le famiglie. Nella mia famiglia, ogni tanto nasceva un fratellino, fino ad arrivare a 11. Mia madre, quando era incinta, si confidava con la serva di Dio, la quale, la incoraggiava e le prometteva che l’avrebbe aiutata. Infatti, provvedeva sempre al corredino per i neonati, ed inoltre regalava pasta e altri viveri per la famiglia. Quando venivano a trovarmi i fratellini, la Madre metteva loro dei vestitini nuovi e delle scarpe nuove. Questi indumenti erano offerti dalla signorina Pilar de Arratia.
La signorina Pilar ci aveva fatto la divisa da Figlie di Maria ed inoltre, tanti altri vestitini, di tre colori: celeste, bianco e nero. Avevamo anche un cappellino, tanto da suscitare l’ammirazione della gente. Madre Speranza e soprattutto la signorina Pilar, ci tenevano tanto che fossimo vestite come figlie di signori.
La Madre ci diceva che lei e la signorina Pilar erano venute a Roma per far del bene alle bambine più povere della città, e per questo avevano scelto questa zona, che allora era abitata da tutta povera gente”.
“Sono stata con la signorina Pilar dal 1936 al 1944. Era di bell’aspetto ed assai distinta. Parlava in italiano assai meglio di Madre Speranza, sapeva anche il francese, l’inglese e il tedesco. Domandai una volta, non ricordo se alla Madre o a qualche altro, chi fosse realmente la signorina Pilar e mi fu risposto che lei e la famiglia De Arratia erano come i Torlonia a Roma. Amava molto stare con noi bambine e ci diceva anche delle buone parole. Ricordo ora queste: “Dovete essere educate perché l’educazione è l’anticamera della virtù perché, se sei educata e lo fai per amor di Dio, è virtù”. E portava questo esempio: “Se la tua vicina ti dà fastidio e tu sopporti per educazione, se lo fai por amor di Dio è virtù”. Ci insegnava a cucire e tagliare. Aveva una discreta voce e cantava con noi. Molto più bella era la voce della Madre. Era una voce armoniosa, sia quando parlava che quando cantava.
Benché fosse stata educata con tutte le comodità, la signorina Pilar era molto semplice. Era sempre vestita di nero, con un abito che le arrivava alla caviglia e ne aveva solo un ricambio; solo quando andava al Vaticano si metteva un piccolo cappellino. Qualche volta l’ho accompagnata io quando andava in Vaticano con il tranvetto. Durante il percorso parlavamo del lavoro e la signorina mi insegnava come dovevo fare per tagliare la stoffa e risparmiare. Poiché io avevo in custodia il filo per il ricamo, la signorina mi diceva che dovevo consegnare una matassina nuova quando mi consegnavano la fascetta con il numero della matassa utilizzata. Ma, specialmente, mi diceva di essere buona, ordinata, di amare il Signore e di volerci sempre bene tra noi bambine ed anche con le suore.
La signorina non mi ha mai detto se, e in quale proporzione, avesse aiutato la Congregazione. Non si è mai vantata di essere ricca. Solo una volta, avendole io domandato dove avesse trovato i modelli così belli di certe tovaglie, lei si lasciò sfuggire che li aveva trovati in casa sua.
Diceva che aveva un’unica sorella, che però era morta e anche i suoi genitori erano morti. Senza specificare altro, diceva: “Io lascerò tutto alla Congregazione”. Come ripeto, lei non mi ha mai parlato dei soldi, ma da qualche suora ho saputo che aveva un deposito di danaro in Vaticano e che aveva beneficato le opere della Santa Sede”.

Sarebbero numerosissimi i piccoli e grandi i gesti da raccontare, ma credo che quanto detto abbiamo cercato di dire fino ad ora illumini abbastanza lo stile con cui la Sig.na Pilar ha vissuto la sua vita accanto alla Madre. Non credo di esagerare nel dire che lei è progressivamente e pienamente entrata in quello stile di vita che è lo spirito di famiglia. Nulla era pesante, nulla disdegnava, a tutto era disposta, a tutto era pronta.

Insieme per compiere la volontà di Dio

Certamente portare a compimento un progetto tanto grande ha esigito sia per la Madre che per la Sig.na Pilar una dedizione totale e soprattutto un abbandono incondizionato alla volontà di Dio, anche quando questo passava per la via della croce. Ma questo non fa meraviglia.
Per la Madre, infatti, il cammino della santità aveva un sentiero obbligato e privilegiato: conformarsi in tutto alla volontà del Signore, non avere altra volontà che la Sua. Il modello, la sorgente era sempre “el Buen Jesús”, il cui cibo è stato sempre fare il volere del Padre.
Come la vita del Cristo si può riassumere nell’abbandono filiale al Padre che lo portò a vivere e a morire per dargli gloria, così anche per la Madre e la Sig.na Pilar fare la volontà di Dio, fidarsi di Lui, ha rappresentato l’unica realtà che veniva prima di ogni altra cosa e fondava tutto il resto.
La convinzione di poter contare su un Dio che è Padre, le ha aiutate a conformarsi a questa volontà di bene, anche quando il passaggio obbligato è stato quello della croce.
In una lettera della Madre alla Sig.na Pilar, dell’ottobre 1939, a pochi giorni dalla separazione della casa di Colloto, leggiamo:

“Molto cara Pilar: ho ricevuto le tue lettere, dalle quali vedo che non riposi un minuto. Stai certa che non ne avevo dubbio.
Riguardo a quanto mi dici di venire, io lo lascio alla tua discrezione. Quando credi che realmente lì non c’è più bisogno di te, puoi venire, però, per carità, figlia mia, non essere precipitata e non venire prima del tempo per i problemi che abbiamo qui. Io posso dirti che qui tutto è più leggero e soprattutto in questi momenti nei quali la mia anima non ha altra preoccupazione che quella di compiere la volontà di Gesù. Da lì la sofferenza sembra più grande, però non ci fare caso, figlia mia, perché ti ripeto che non è poi tanto grande e ti posso assicurare che Gesù, non solo non mi ha dato quello che non potrei sopportare, ma neppure quello che con semplicità potrei sopportare, proprio perché Lui, come buon padre, misura bene tutte le cose. Il nemico non riposa un minuto, nè si tira indietro neanche difronte al sacrificio, e non sarà che proprio noi finiamo per perderci di animo”.

Sì, il Signore sembra averle provvidenzialmente messe l’una accanto all’altra per essere aiuto, coraggio e sostegno reciproco, ciascuna con la sua specifica vocazione.

Si potrebbe, per esempio sottolineare, con quale semplicità la Sig.na Pilar si rimise alla volontà del Signore manifestatale dalla Madre quando si trattò di affittare la prima casa a Roma. Ma sentiamo come lo racconta la stessa Madre:

“[...] Questa sera, 23 maggio, siamo andati Pilar ed io alla parrocchia di San Barnaba; il parroco ci ha ricevuto paternamente; è un religioso; lui stesso ci ha accompagnato da certe religiose che hanno una casa da affittare; abbiamo parlato con loro e sono disponibili: A Pilar non le è piaciuto per niente e tanto meno che dovremo vivere noi e loro tanto vicino, dovendo condividere il giardino dove sono edificate le due case.Così pure le è sembrata a Pilar troppo alta la somma che hanno chiesto di affitto mensile; non le son piaciute neanche le prescrizioni che hanno fatto per l’uso del giardino perché - di fatto - permettono solo che le suore e le bambine possano stare sedute in una piazzuola che c’è davanti alla casa e da un lato; il motivo è che tutto il resto è un grande prato che serve a loro per il pascolo delle mucche; tutto questo a Pilar le è sembrato troppo duro e anche al parroco, però in questa parrocchia non ci sono altre case. Pilar non si rassegna a passare per tutto questo, tanto che, quando siamo uscite dalla casa del parroco, mi ha detto: “Madre, lei sopporta che le suore e le bambine vivano in questa schiavitù?” - “Io, figlia mia, se non troviamo una casa migliore, direi di accettare questa fino a quando non potremo costruirne una nostra”. Essa mi ha risposto: “No, Madre! andiamo a vedere in quest’altra parrocchia che c’è poco più avanti e che mi pare si chiami di San Marcellino”. Siamo andati e il parroco ci ha ricevuto molto bene e contento per il fatto che noi ci potessimo stabilire nella sua parrocchia; ci ha detto anche che Monsignor Mingoli già gli aveva parlato di noi, raccomandandogli di attenderci bene; il parroco ci ha accompagnato a vedere un palazzo che sta difronte alla parrocchia, è grande, con un buon giardino recintato; a Pilar le è piaciuto molto e anche a me; difatti qui le figlie e le bambine potrebbero usufruire di tutto il giardino e vivere sole; le è sembrato onesto anche il prezzo che hanno chiesto. Abbiamo salutato il parroco quasi con la certezza di tornare il giorno dopo per completare l’accordo; siamo ripartite contente, ringraziando il Signore per averci fatto incontrare quel posto dove le figlie e le bambine potessero vivere indipendenti.
Ma questa notte mi sono “distratta” e il buon Gesù mi ha detto: “Che non dobbiamo più pensare in questa casa perché il mio posto per lavorare, soffrire, essere di conforto e di luce per gli altri è la parrocchia di san Barnaba, la prima casa che abbiamo visto e lì,vicino a delle religiose ricche e di abitudini distinte dalle nostre, lì è dove deve risplendere l’umiltà e il sacrificio delle Ancelle dell’Amore Misericordioso; e tu inculca alle figlie la carità e che abbiano molte attenzioni alle religiose proprietarie. Lì, vicino a loro, si accorgeranno di cose che loro fanno ma che esse non dovranno copiare e delle quali non si dovranno scandalizzare, ma che le serviranno per essere umili e per chiederMi continuamente aiuto per non arrivare anche loro a fare quello che vedono male negli altri e perché imparino a non criticare mai nessuna cosa né davanti alle bambine né tra di loro”. Si vede che Pilar stava ascoltando mentre io ero “distratta”, tanto che, appena rientrata in me, mi ha detto: «Ecce Ancilla Domini e tutte e due, contente, ci metteremo a compiere la Volontà del Buon Gesù, Madre»”(39).

Insieme in un cammino di misericordia

Un atro aspetto fondamentale che non possiamo disattendere perché credo sia quello che segna l’identità di entrambe è il personale cammino di misericordia per il quale lo stesso Signore ha condotto sia la Madre che la Sig.na Pilar, permettendo che passassero attraverso numerose prove ed avversità di cui, per molti anni, sono state oggetto loro e la stessa Opera.
Nella Sig.na Pilar, così come nella Madre, non si trova ombra di risentimento, aggressività, mancanza di carità ma solamente il pressante anelito ed il forte amore per la verità. Sono numerosissime le relazioni che nel 1939 e agli inizi degli anni ‘40 la Sig.na Pilar stende ed invia al Santo Padre, a Cardinali e Vescovi, ed in tutte si scorge l’unica preoccupazione di esporre con sincerità e semplicità i fatti solo perché trionfi il progetto del Signore, la Sua volontà.
Alla fine di una relazione del 18.12.1939, inviata alla Santa Sede, scrive:

“Tutto ciò che ho manifestato fino ad oggi l’ho fatto nel desiderio di cooperare in una Opera che - son convinta - è di Dio, poiché la Congregazione fondata dalla Madre non ha altro fine che la carità di Cristo, più urgente che mai in questi tempi di ambizione, di odio e di guerre”(40).
Scrivendo un “resumen” per la Santa Sede afferma: “So che i nemici con i quali lotto sono giganti e che io non ho nelle mie mani altro che la pietra della verità. Con questa ho procurato, per quanto ho potuto, difendere la Opera dei poveri e la sua Fondatrice”(41).

La Madre e la Sig.na Pilar, si esortano quindi a vicenda per un vero cammino di santità che le porti a spogliarsi di se stesse, per piacere solamente al Signore, che le renda sempre più capaci di accogliere quanti sono causa di sofferenza, arrivando a considerare ciascuno di loro un “benefattore”. Ma sentiamo come la Madre esorta la Sig.na Pilar:

“ che amarezza prova il mio cuore al vedere le stoltezze che commettono le mie povere figlie accecate! Chiediamo al buon Gesù che le voglia perdonare e che ci conceda la grazia di portarle tutte con Sè prima che arrivino a darGli un nuovo dispiacere! Io spero che anche tu vorrai perdonare di cuore a chi pensava di fare un grande male e dal quale ne è venuto un grande bene; pensa, figlia mia, che se il buon Gesù non ci aiutasse, anche noi, mosse come loro dal turbinio delle nostre passioni, saremmo capaci di fare altrettanto e forse più. (...) Che tutte preghino molto per le persone che di fatto ci aiutano ad accumulare meriti, specialmente per quelle accecate dalle passioni; pregate per questa vostra Madre perché il buon Gesù mi conceda la grazia che io arrivi ad amare tutte le mie figlie e il mio prossimo come Lui li ha amati e che mi trovi sempre pronta a sacrificarmi per tutti, perdonando di cuore. E tu, figlia mia, fa la stessa preghiera per me che sul serio ti amo e che chiedo questo per te”(42).

E realmente la Sig.na Pilar seguì la Madre con generosità in questo atteggiamento di supplica e di intercessione per i nemici. Ma, allo stesso tempo seppe mettere in pratica quella frase evangelica che esorta i figli della luce ad essere più scaltri dei figli delle tenebre. Per questo afferma:

“Ieri 15 ho ricevuto la tua lettera del giorno 9, insieme ai documenti che mi hai fatto pervenire. Vedo - come qui dicono - che ne fanno una dietro l’altra. Mi dispiace molto per la sofferenza che con questo Le procurano; a me danno solo materiale per lavorare; senza questi mi dovrei fermare, invece tutte le stramberie che fanno per me sono pietre che raccolgo per costruire la difesa, mentre essi le tirano per demolire. Se sapessero quanto mi vien bene tutto il male che fanno, non lo farebbero. E allora Madre offra al Signore la soffernza enorme che ricade sopra di lei; le ripeto: quante più stramberie fanno e quanto prima le fanno, tanto meglio. Lei me le faccia conoscere subito e con tutti i particolari, piccoli e grandi; non mi nasconda nulla per non darmi pena, perché a me tutto questo è molto utile, sia la rena che le pietre. Se mi può mandare, come questa volta, delle prove, tante meglio In questo momento mi chiama D. Carmelo per darmi una notificazione di M. Ercole riguardo a questa casa; noi seguitiamo avanti. Il Signor Parroco è venuto questa sera e dice che potranno fare danno fino a quando il Signore lo permetterà, come lo fecero con Giobbe; ma poi il Signore gli restituì il doppio di tutto. E allora, Madre, si metta contenta perché sarà così tanto quello che il Signore ci restituirà che non potremo con tutto. Io, solo con il fatto che le nostre case si riempiano di bambini, sono contenta.”(43).

(Continua)


36 (Diario della Madre, 21.5.1936, Proc.-Documenta, p. 1530).

37 [...] lavoravamo [l’orto] tutte quelle che lo potevano compresa la Madre [...]; a volte e quando impegni più urgenti glielo permettevano, anche Pilar ci faceva compagnia; anche lei ci edificava con la dedizione e disponibilità con cui si adoperava nell’aiutarci, sempre che le era possibile.[...] era per noi come la sorella maggiore, ci edificava il suo non comune spirito di laboriosità; non la si vedeva nemmeno per un minuto in ozio; per lo spirito di povertà che la portava ad adattarsi alla nostra vita di Comunità con semplicità ed allegria, ed alla quale partecipava volentieri, sempre che le era possibile, insomma, sembrava una Suora anche lei, dico di più, pareva la serva delle serve di Cristo, per i servizi che ci faceva con molta gioia. Era sempre disponibile per qualunque favore che le veniva chiesto anzi, sembrava a volte che facessimo piuttosto noi favore a lei chiedendole qualcosa per piccola che fosse [...]” (Suor Agnese Marcelli, Diaro, ACAM C201 103, pp. 68-69.
Cf anche le numerose dichiarazioni dei testi negli atti del Processo: teste 8, p. 401, 53; teste 10, p. 494; teste 42, pp. 1534-1535, 53; ecc.

38 Cf. Summ. teste 52, p. 515; teste 54, p. 519; teste 59, p. 529, 3; teste 25, p. 331, 3.

39 Diario della Madre, 23 maggio 1936.

40 Relazione, 18.12.1939.

41 Relazione, 18.12.1939.

42 Lettera della Madre alla Sig.na Pilar, 12.12.1939.

43 La Sig.na Pilar alla Madre, 16.11.1939.

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ultimo aggionamento 02 febbraio, 2002