ESPERIENZE
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Don Cesare Fini   

 

Mons.
Domenico Bartolomei

 

 

 

 


“Sento di aver ottenuto da Maria la grazia di un amore più tenero e costante verso di Lei e di Gesù

Non vi è al mondo altra cosa che meriti le nostre cure e sollecitudini, che servire Dio in ogni istante della nostra vita e attendere alla salute e santificazione dell’anima propria e degli altri

Don Cesare Fini, della diocesi di Macerata, vive a Recanati, ha steso questo profilo del Servo di Dio Mons. Domenico Bartolomei, per il quale è introdotta la Causa di Beatificazione e la cui biografia ha già esaurito la terza edizione

 

Se tu segui la tua stella

“Dio ha creato il mondo e lo sconvolge all’unico scopo di fare i santi”. “Siate santi, perchè io, il Signore Dio vostro, sono santo” (Lv 19, 1). Con il trascorso anno giubilare Dio ha proprio sconvolto il mondo attraverso i pellegrini dei diversi continenti, all’unico scopo di avere nuovi volti di santità, oggi e sempre con l’indulgenza giubilare.
La domenica 8 ottobre dell’anno santo Giovanni Paolo II ha rinnovato il suo “Atto di affidamento a Maria” in comunione con tutti i vescovi del mondo. Affidarsi a Maria! È la via sicura di santità. Non vi è santo che non si sia affidato a Lei, raggiungendo un grado di santità tanto più alto, quanto più sentito e totale è stato questo affidamento, e anche negli ultimi tempi questa è stata la via seguita da tanti nel cammino verso la santità.
Mons. Domenico Bartolomei è il Servo di Dio che si è affidato completamente a Maria per tutta la vita, “sempre orientato verso Maria”. Il 21 marzo 1878 nacque da ottimi genitori a Sassocorvato (Pesaro), terzo di dodici figli. Cedette di buon grado all’invito di approfondire la sua cultura e si recò a Roma per frequentarvi il corso di diritto all’Apolinare e fu alunno del Collegio Leoniano. Il 25 settembre 1900 ha celebrato la prima Messa nella Cappella Borghese di S. Maria Maggiore, così sotto lo sguardo della Vergine, in quell’anno giubilare, egli diede inizio alla sua vita sacerdotale. Condotto per mano da questa Madre, ogni giorno ascese il monte faticoso della virtù, certo di raggiungere la meta agnota della santità cristiana e sacerdotale. Essa è stata la stella che ha guidato la sua vita, l’astro che ha illuminato il suo cammino.
Giovane sacerdote può già scrivere: “Sento di aver ottenuto da Maria la grazia di un amore più tenero e costante verso di Lei e di Gesù, una più intima persuasione che non vi è al mondo altra cosa che meriti le nostre cure e sollecitudini indefesse, che servire Dio in ogni istante della nostra vita e attendere alla salute e santificazione dell’anima propria e degli altri. Questo è l’unico scopo che mi propongo per tutta la mia vita. Maria, Voi mantenetemi sempre fedele al mio proponimento”. (31 maggio 1903).
Egli inizia il suo ministero con una sola aspirazione: “Tutto per Gesù, tutto per Maria, tutto per tutti” e fu la perla della diocesi di Urbania, esempio di cristiane e sacerdotali virtù. Fornito d’intelligenza non comune e versato in ogni ramo delle scienze sacre e profane, ebbe delicate mansioni, rettore e professore nel seminario diocesano, Vicario Generale e Capitolare, Delegato Vescovile, Assistente Ecclesiastico, Prelato Domestico di sua Santità. Nell’esplicare queste attività ed altre ancora, come in tutta la sua vita di sacerdote, fu un vero apostolo, esemplare, umile, pieno di carità, in continuo anelito alla santità.
La missione e l’impegno sacerdotale erano sempre sopra a tutti gli incarichi che ebbe e impegni. Fu maestro d’anime nel quotidiano apostolato del confessionale, nel dirigere le anime alla vera conversione e perfezione nella carità di Cristo. Quanti ricorrevano a Lui per una parola di consiglio, di conforto, d’insegnamento e a tutti additava sereno la via della santità con l’esempio. La missione che ha portato Don Domenico al bene delle anime, alla santificazione, è la stessa di Gesù, che si fece ultimo tra gli ultimi: “Io sono in mezzo a voi come uno che serve” (Lc 22, 27).
Fu un’anima veramente apostolica, uno strenuo pioniere di tutte le opere e direttive diocesane, pontificie, missionarie, caritative o comunque religiose. Dal suo ministero fece scaturire una fiamma, che operò meraviglie per la gloria di Dio e il bene delle anime. Profuse i migliori tesori del suo grande cuore, della sua profonda intelligenza e soprattutto della sua alta spiritualità per il seminario, le vocazioni sacerdotali e religiose, la formazione dei giovani e dell’Azione Cattolica come promotore e quasi fondatore. Ebbe particolare cura dei due monasteri di clausura, delle Suore e del Terzo Ordine Francescano, di cui era professo a 22 anni.
Conservò fino alla morte la professione con lo spirito di povertà, penitenza e carità, dando un grande esempio.
L’apostolato di questo sacerdote, di Mons. Domenico Bartolomei, non può facilmente immaginarsi e tanto meno, descriversi come si vorrebbe a degna sua lode e a stimolo efficace per quanti sono chiamati da Dio al grave compito e alla sublime missione di evangelizzare, guidare, santificare le anime. Fin dall’alba del suo sacerdozio aveva formato l’intenzione “di domandare al Signore in ogni orazione un vero spirito apostolico con le doti ad un apostolo necessarie”. Aveva ben impresse nell’animo le direttive rivolte fin dall’ora ai Vescovi dal santo pontefice Pio X: “Non è affatto nostro pensiero che, nell’epoca ardua della rinnovazione dei popoli in Cristo, voi e il vostro clero restiate senza ausiliari.
Noi sappiamo che Dio ha raccomandato a ciascuno la cura del suo prossimo. Non sono soltanto i sacerdoti, ma tutti i fedeli senza eccezione devono donarsi agli interessi di Dio e delle anime, ma sempre sotto la direzione e la volontà dei Vescovi”. Egli lavorò, secondo queste direttive, a formare i nuovi apostoli.
Un prete santo, quale era Don Domenico, sente il culto della povertà, egli vede nel povero la persona di Gesù e per conseguenza al povero e non al benestante concede le sue preferenze; al povero il suo pensiero, il suo cuore, il boccone che si toglie dalla bocca, le scarpe che si leva dai piedi. I santi hanno sempre pensato ai poveri e il loro spirito fosse stato fedelmente da tutti eseguito.
La carità di Don Domenico era proverbiale, amava e accoglieva con simpatia tutti, soccorreva, consolava, confortava, era disponibile soprattutto verso i suoi confratelli. Una sera d’inverno, mentre tornava a piedi da Sassocorvaro a Urbania, gli si presentò un uomo lacero e scalzo in atto di chiedergli l’elemosina. Egli mise subito la mano in tasca, trasse dal borsellino una moneta che diede al povero. Quegli fece vedere i piedi nudi e gli domandò se per caso aveva un paio di scarpe smesse per ripararsi dal freddo. Don Domenico si sedette sopra una pietra, si tolse le scarpe e le diede al povero.
Egli continuò a piedi nudi il cammino per tre ore fino all’episcopio di Urbania, dove abitava con il Vescovo. Il mattino seguente egli si rese conto che il suo Vicario non poteva uscire dalla sua camera, perchè privo dell’unico paio di scarpe che possedeva. Una famiglia di nove figli rimasta priva dei padri fu provveduta da don Domenico e tre figli di essa hanno avuto la grande grazia di divenire sacerdoti per merito di questo santo “uomo di carità”. Nel 1932 aveva costituito un “magazzino” per raccogliere viveri per poi distribuirli ai bisognosi. Egli concepiva il cristianesimo come un insediamento, che mette al centro di tutto l’amore del prossimo. Era convinto che non si trattasse solo di fare elemosina, ma dare agli altri l’amore e perfino la propria vita.
Mons. Domenico Bartolomei da giovane levita già scriveva: “Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorioso porto”. “Orientato sempre verso Maria”, “schiavo fedele di amore”, “sacerdote di Maria”, come egli stesso si è definito, ha costituito la sua vita interiore, ha svolto l’apostolato, è stato confortato e sostenuto nei momenti più difficili e confortato maternamente negli ultimi istanti della vita. Aveva appreso la devozione alla Madonna nel santo ambiente della famiglia. La preghiera, un affetto e una fiducia senza limiti verso la Madre celeste avevano inculcato i genitori nel suo cuore, come in quelli degli altri numerosi figli.
Mons. Bartolomei amò come nessun’altra cosa il rosario e la sua recita fu la pratica da lui preferita. Viveva il rosario, lo diceva di giorno e di notte con le tre imposte, meditando tutto il poema di gioia, di dolore e di gloria. Lo raccomandava e inculcava a tutti e per ogni occorrenza diceva sempre “La Madonnina ci penserà”, presentando il rosario, che egli aveva in mano anche per le strade.
“L’annunciazione dell’angelo a Maria Vergine è il mistero che debbo vivere. Ne traggo lo spirito che mi animerà al principio della giornata, al mezzogiorno e alla sera”, è scritto nel Diario di Mons. Bartolomei e aveva una grande gioia quando poteva andare a Loreto. Nel 1925 partecipò a Loreto ad un grande convegno di sacerdoti in merito alla devozione del Sacro Cuore, di cui era devotissimo. Si incontrò per la prima volta con il Padre Matheo Grawley, l’apostolo del Sacro Cuore, che appena lo vide, subito l’abbracciò e salutò con le parole: “Ecco un vero amico del Sacro Cuore”.
L’instancabile sacerdote a coronamento di una vita spesa in opere di bene, è vissuto cinque anni con l’apostolata del dolore. Mons. Domenico Bartolomei nella sua diletta Sassocorvaro, senza una casa e ricoverato in ospedale, il 13 giugno 1938, con la calma del giusto e tutto assorto in Dio, rese lo spirito al Signore tanto amato e fedelmente servito. La salma del Servo di Dio è posta in venerazione nella cattedrale di Urbania cappella della Madonna.

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ultimo aggionamento 25 aprile, 2002