Celebrazione del 20° anniversario della morte di Madre Speranza
 

La testimonianza di Madre Speranza nella Chiesa e per la Chiesa

 

Sua Em.za José Card. Saraiva Martins
Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi
Conferenza presso l’Auditorium in Collevalenza

 

Vorrei incominciare con le parole di Giovanni Paolo II rivolte a tutta la famiglia dell’Amore Misericordioso in occasione della sua memorabile visita a Collevalenza il 22 novembre1981:
“Per liberare l’uomo dai propri timori esistenziali, da quelle paure e minacce che sente incombenti da parte di individui e nazioni, per rimarginare le tante lacerazioni personali e sociali, è necessario che alla presente generazione - alla quale pure si estende la Misericordia del Signore cantata dalla Vergine Santissima (cfr. Lc 1,50) - sia rivelato “il mistero del Padre e del suo amore”. L’uomo ha intimamente bisogno di aprirsi alla misericordia divina, per sentirsi radicalmente compreso nella debolezza della sua natura ferita; egli necessita di essere fermamente convinto di quelle parole a voi care e che formano spesso l’oggetto della vostra riflessione, cioè che Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro. L’uomo, il più perverso, il più miserabile ed infine il più perduto, è più amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un padre ed una tenera madre. Da questi brevi cenni risulta che la vostra vocazione sembra rivestire un carattere di viva attualità. È vero che la Chiesa, durante i secoli, mediante anche l’opera dei vari Ordini e Congregazioni Religiose, ha sempre proclamato e professato la misericordia divina, essendone amministratrice sollecita in campo sacramentale ed in quello dei rapporti fraterni, ma vorrei rilevare soltanto che la vostra speciale professione attinge direttamente il nucleo di una tale missione, e vi abilita istituzionalmente ad esercitarla” (L’Oss. Rom. 23 nov. 1981, p.3).
Queste autorevoli parole del Santo Padre confermano l’attualità dell’opera di Madre Speranza.
A distanza di venti anni dalla sua morte, guardando indietro, si vede chiaramente come il Signore sia stato al centro della sua vita. Anche perché possiamo riscontrarne conferme ecclesiali di notevole interesse.
Lei ha offerto alla Chiesa una molteplice testimonianza.

 

1. Un richiamo sull’amore misericordioso di Dio

Anzitutto, Madre Speranza ha richiamato l’attenzione della Chiesa e dell’uomo sull’Amore Misericordioso di Dio. Un tema che è al centro del Vangelo, ma che negli ultimi secoli sembrava dimenticato.
Già nel novembre 1927 lei scrive nel suo Diario di aver ricevuto la missione di “far sì che gli uomini conoscano il buon Gesù non come un padre sdegnato per le ingratitudini dei figli, ma come un Padre pieno di bontà che cerca con ogni mezzo di farli felici”.
È il Signore stesso che le si rivela con i tratti paterni e materni. La Madre impara a conoscere questo Gesù straordinariamente misericordioso. Dinanzi a un Gesù così diverso da come era normalmente presentato (un “giudice” che vede e condanna chi sbaglia), lei resta sempre stupita e commossa.
Questo Gesù era una novità per lei. Di lui s’innamora e tutta la sua vita sarà una coerente testimonianza di lui, perché ogni uomo lo possa conoscere così come l’ha conosciuto lei.
Tutta la sua teologia dell’Amore Misericordioso si concentra nell’immagine del Crocifisso, dinanzi al quale ha tanto pregato, condividendo non poche volte quella terribile sofferenza, espressione suprema dell’Amore sconfinato di Cristo. Davanti a quell’immagine “ha capito” che Gesù volentieri aveva accettato di prendere su di sé le miserie umane, invocando misericordia: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34). Gesù è proprio l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, offrendo se stesso, portando a compimento le profezie del Servo di Jahvè, celebrando la pasqua della Nuova ed Eterna Alleanza. È il Buon Pastore che porta sulle sue spalle la pecora perduta, ossia tutta l’umanità peccatrice che era ed è allo sbando come un gregge senza pastore (cfr. Mt 9,36).
Questo Gesù Buon Pastore continua ancora a intercedere per noi presso il Padre (cfr. Eb 7,25) e continua a offrirsi a noi come Pane di vita nell’Eucarestia. Per questo dietro la Croce di Gesù è richiamata l’ostia.
L’Amore Misericordioso crocif¦sso ed eucaristico riassume le inf¦nite manifestazioni della divina benevolenza e fonda l’indubitabile certezza che nessuno e nulla ci potrà mai separare dal Suo Amore, se non la nostra mancanza di fede, la nostra indifferenza, o la nostra superbia (cfr. Rom 8).
Giovanni Paolo II° ha magistralmente riproposto a tutta la Chiesa questa teologia dell’Amore Misericordioso, nella stupenda enciclica Dives in Misericordia.
Il pensiero del S. Padre può essere riassunto nelle seguenti tre affermazioni che in qualche modo erano state anticipate profeticamente da Madre Speranza.
1) Il Dio della Rivelazione cristiana è il Dio Amore Misericordioso. Questa espressione ricorre alcune decine di volte nei suoi documenti.
2) L’uomo di oggi, anche se non lo dice espressamente, ha un particolare bisogno di misericordia, oltre che di giustizia: questa, da sola, non basta.
3) La Chiesa “vive una vita autentica, quando professa e proclama la misericordia e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore” (n. 12).
Qualche mese dopo l’attentato, avvenuto il 13 maggio 1981, arrivando come pellegrino a questo Santuario, il Papa disse:
“Un anno fa ho pubblicato l’enciclica “Dives in misericordia”. Questa circostanza mi ha fatto venire oggi al santuario dell’Amore Misericordioso. Con questa presenza desidero riconfermare, in qualche modo, il messaggio di quella enciclica. Desidero leggerlo di nuovo e di nuovo pronunciarlo. Fin dall’inizio del mio ministero nella sede di San Pietro a Roma, ritenevo questo messaggio come mio particolare compito. La Provvidenza me l’ha assegnato nella situazione contemporanea dell’uomo, della Chiesa e del mondo. Si potrebbe anche dire che appunto questa situazione mi ha assegnato come compito quel messaggio dinanzi a Dio, che è Provvidenza, che è mistero imperscrutabile, mistero dell’Amore e della Verità, della Verità e dell’Amore. E le mie esperienze personali di quest’anno, collegate con gli avvenimenti del 13 maggio, da parte loro mi ordinano di gridare: “Misericordiae Domini, quia non sumus consumpti” (Lam 3,22).
Perciò oggi prego qui insieme con voi, cari Fratelli e Sorelle. Prego per proclamare che l’Amore Misericordioso è più potente di ogni male, che si accavalla sull’uomo e sul mondo. Prego insieme con voi per implorare quell’Amore Misericordioso per l’uomo e per il mondo della nostra difficile epoca”.
Il Santo Padre, accompagnando con molta cura pastorale il mondo e la Chiesa nel passaggio dal 2° al 3° millennio, ha fatto sempre riferimento all’urgenza della Nuova Evangelizzazione che lui stesso sintetizza in un semplice annuncio rivolto ad ogni uomo: “Dio ti ama. Cristo è venuto per te, per te Cristo è via, verità e vita” (Ch L, n.34).
Nel Decreto sulle virtù eroiche di Madre Speranza, emanato dalla Congregazione delle Cause dei Santi, si legge:
“Tra i figli della Chiesa che, nel nostro tempo, hanno maggiormente professato e proclamato con la santità della vita e delle opere la divina Misericordia va certamente annoverata la Serva di Dio, Speranza di Gesù, la quale ebbe la sua vera scuola di vita nella Croce, e in Gesù Amore Misericordioso, il suo personale maestro. Questa umile e ardente testimone della carità di Dio visse con lo sguardo inchiodato al Crocefisso e, bevendo alla fonte di acqua viva di quel Cuore trafitto, ne assimilò i sentimenti: “Qui - come ella confessò - ho imparato ad amare”.
E l’arcivescovo di Perugia, S. Ecc. Mons. Giuseppe Chiaretti, il 30 settembre 2001, presiedendo la celebrazione eucaristica nella Festa di Cristo Re Amore Misericordioso, ha detto:
«Lo svelamento di questo messaggio antico, che corre lungo tutte le arterie del progetto divino di salvezza a noi rivelato nella Bibbia, è stato di recente affidato dalla misericordia di Dio ad un trittico di donne che la Chiesa ha riconosciuto come carismatiche portatrici di questa specifica missione per gli uomini del terzo millennio: Teresa di Gesù Bambino o del Volto Santo, dottore della Chiesa, che ha svelato a noi tutti la gioia di “amare, essere amata e tornare sulla terra per fare amare l’Amore”; la Serva di Dio Madre Speranza di Gesù che ha continuato la missione di Teresa in questa terra francescana di Collevalenza, così cara al Papa vittima dell’aggressione terroristica che tutti ricordiamo; e l’umile suora polacca Santa Faustina Kowalska, canonizzata nell’anno del Grande Giubileo e definita da Giovanni Paolo II “portavoce della divina misericordia”…
L’attuale pontefice, che è venuto ad imparare la lezione della misericordia anche presso questa cattedra umbra di sapienza divina qual è il santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza, non ha mancato e non manca di ricordare al mondo intero che occorre deporre nel cuore dell’attuale società il seme della misericordia».
La Famiglia religiosa dell’Amore Misericordioso, come pure il Santuario, hanno come missione particolare questa nuova evangelizzazione, quanto mai urgente e necessaria. Una missione che si colloca profeticamente nel cuore della Chiesa e risponde alla domanda più seria dell’uomo.
Ciò si sta realizzando in modo particolare in questo stupendo Santuario, dove accorrono numerosi pellegrini da tutte le parti del mondo per ricevere perdono, conforto, guarigione fisica e spirituale. Tanta gente qui ha ritrovato la fede.
Si sta compiendo un disegno divino che è passato anche attraverso Madre Speranza.
Tale disegno appare ancora più significativo se lo colleghiamo alla testimonianza di Santa Faustina Kowalska sulla Divina Misericordia e al fatto che il Santo Padre abbia riconosciuto il carisma di queste due donne, traendone una indicazione programmatica per tutta la Chiesa.

 

2. La testimonianza di Madre Speranza e la vita consacrata

La testimonianza di Madre Speranza nella Chiesa si colloca nell’ambito della vita consacrata Lei “ha generato” la Famiglia religiosa dell’Amore Misericordioso.
Rispondendo alla chiamata del Signore con molto sacrificio e molta gioia, “ha generato” le Ancelle ed i Figli dell’Amore Misericordioso, facendosi lei stessa esempio di vita consacrata, per certi versi innovativa.
Madre Speranza ha testimoniato una vita consacrata semplice, essenziale, ispirata all’Amore, attenta al Signore e alle sofferenze umane, pronta al sacrificio e al dono di sé, senza calcoli.
In quest’opera lei ha rivelato tutta la ricchezza del suo cuore materno, per cui sentiva profondamente suoi figli quelli che il Signore chiamava a far parte della Famiglia. Spesso, nelle lettere a loro rivolte, concludeva: “Vi saluta la vostra Madre che vi ama sul serio”. Infatti seguiva con molta attenzione e preghiera, e con tanti suggerimenti, il cammino di crescita spirituale ed anche umana di questi suoi figli, per i quali si prodigava in ogni modo. Li voleva santi. Chiedeva a Gesù di aiutarli, perdonarli, di tenerli vicini a sé.
Numerose le conferenze, le lettere circolari, gli insegnamenti offerti nelle ricorrenze dei tempi forti della liturgia (Avvento - Quaresima) e in mille altre circostanze. Seguiva personalmente ognuno dei suoi figli e l’intera Famiglia religiosa.
Emerge in tutto questo una sapienza che proveniva direttamente dal Signore e dalla sua personale esperienza; non è erudizione la sua, bensì l’esortazione materna in cui trasmetteva qualcosa di sé, come ben esprime l’immagine a lei cara del pellicano che nutre i suoi piccoli col suo stesso sangue.
Ma più che maestra, lei ha dato esempio. Fin dalla nascita, Madre Speranza, sperimentò la povertà di Gesù, essendo nata in una famiglia che non aveva neanche una casa propria ed il padre era un operaio avventizio. La nascita della Congregazione delle Ancelle, nella notte di Natale del 1930, ebbe luogo in una grande povertà materiale, senza aiuti e sicurezze umane. Ha voluto vivere povera, accontentandosi dello strettissimo necessario, come si può riscontrare nel suo modo di vestire. Mai si è attaccata al denaro. Ha dato esempio di grande povertà interiore, ossia di semplicità ed umiltà.
Ha voluto con tutte le sue forze, che le comunità fossero povere, affermando che preferiva vedere la Congregazione distrutta, anziché vedere in essa il lusso, il superfluo e l’ostentazione (cfr Circ. 23.6. 1957).
Si distinse per la sua obbedienza alla Chiesa, ai Superiori, al padre Spirituale. Testimoniò il Card. Ugo Poletti: “Mai uscì dalle sue labbra un lamento, ha dimostrato sempre un assoluto amore f¦liale per la Santa Chiesa” (Positio, p. 470). Obbedì in circostanze molto difficili, come quando tenne chiuse le Piscine per ben 10 anni, aspettando il consenso dei Vescovi (Positio, p. 472,s).
Fu esempio di amore casto che le consentì di sviluppare una profonda sponsalità con Gesù e una meravigliosa maternità spirituale. I suoi colloqui con Gesù erano carichi di amore, di desiderio d’intimità. “Fa, Gesù mio, che l’anima mia esca da me ed entri in Te; che nella fornace del Tuo amore divino si purifichi da tutte le scorie, brilli, diventi capace di infiammare a sua volta” (Castigami, n. 53)
È stata modello di modestia, pudore, sobrietà, purezza e trasparenza.
S. Ecc. Mons Decio Lucio Grandoni, allora Vescovo di Todi, nell’omelia tenuta durante la S. Messa esequiale di Madre Speranza sottolineò proprio la sua esemplarità religiosa. “Ubbidienza, povertà e castità: tre doni che la Madre Speranza di Gesù ha sperimentato in pieno nella sua vita e che ha saputo trasfondere nella vita delle sue Figlie e dei suoi Figli”.
La Chiesa e il mondo hanno bisogno di religiosi come lei: obbedienti, casti e poveri per amore al buon Gesù, coniugando bene vita attiva e contemplativa, vivendo la gioia della comunione fraterna, lavorando molto senza perdere tempo per servire i poveri, aprendo le comunità ai sacerdoti e mettendo in atto le opere di misericordia.

 

3. Una particolare testimonianza di amore ai sacerdoti

La Madre ha dato una particolare testimonianza di amore ai sacerdoti.
Forse fu l’attività che più la coinvolse e più le costò. Basti pensare al suo ripetuto offrirsi vittima per loro: 24 dic.1927, 24 dic. 1941, giovedì santo 2 apr. 1942. In quest’ultima circostanza, scrisse: “Oggi, giovedì santo, ti prego, Gesù mio, non dimenticare i Sacerdoti del mondo intero per i quali desidero vivere come vittima: illuminali, Gesù mio, con la tua verità”
Rinnova l’offerta il 15 agosto 1951, giorno della Fondazione dei F.A.M. (Figli dell’Amore Misericordioso), e il 12 aprile 1952 prega così: “Voglio amarti con tutte le mie forze... Concedimi, Gesù mio, una sola cosa: che io viva amandoti nel continuo dolore per riparare le offese delle anime consacrate e dei sacerdoti, ... a me lasciami il purgatorio”. Ricordiamo anche quanto ebbe a soffrire da parte di alcuni sacerdoti ai quali la Madre perdonò di cuore dando, in proposito, una sublime testimonianza di amore misericordioso.
Ha voluto che la sua Famiglia religiosa, in particolare i Figli dell’Amore Misericordioso, si dedicasse in maniera prioritaria ai sacerdoti, accogliendoli gratuitamente nelle comunità, offrendo esercizi e ritiri spirituali, assistendo sacerdoti anziani e malati, animandoli alla vita in comune. Tutto questo allo scopo di favorire la loro santità di vita, in un momento storico molto delicato per questi “ministri della misericordia”.
Anche in questo la testimonianza della Madre è stata profetica, di molto aiuto per la Chiesa. In verità, a venti anni dalla sua morte, se volessimo fare un bilancio, avremmo un numero straordinariamente grande di sacerdoti passati per le comunità della Famiglia religiosa che hanno potuto beneficiare del carisma della Serva di Dio, che si è rivelata nei loro confronti madre capace di infondere speranza.
Una riflessione particolare merita la fondazione dei Sacerdoti Diocesani con Voti. In un momento di grande sofferenza, il 29 febbraio 1952, quando temeva il fallimento della neonata Congregazione maschile, sentì una voce interiore che le diceva essere arrivato il momento di scrivere ciò che riguardava il Clero in comunità: avrebbe arrecato tanto bene spirituale ai sacerdoti. Ma non doveva farsi nessuna illusione, doveva semplicemente preoccuparsi del risultato e disporsi a soffrire. “Mentre ascoltavo, racconta lei stessa, il mio cuore s’incendiava sempre più nell’amore del nostro Dio e, sembrandomi di non riuscire a sopportare la violenza di questo fuoco, mi vidi obbligata a dirGli. «Basta Gesù mio, guarda che il mio povero cuore non resiste più alla forza dell’amore del mio Dio e Padre, che è per me tutto»”.

 

4. Madre Speranza testimone dell’amore misericordioso per i poveri

La Madre Speranza ha testimoniato con la sua vita l’Amore Misericordioso di Gesù per i poveri, malati, bambini bisognosi, pellegrini, uomini disperati, persone in cerca di aiuto, amore, conforto.
Le tappe della sua vita sono marcate dalla più intensa carità:
“I poveri sono stati sempre la mia passione”, afferma con entusiasmo la Madre, raccontando alle sue figlie con vivace freschezza gli episodi nei quali la fantasia del suo amore materno aveva potuto esprimersi nell’accogliere e soddisfare gratuitamente e abbondantemente le necessità dei poveri che non avevano nulla.
Una carità attenta e creativa, cioè profetica. Questa carità trovò espressioni davvero originali nelle Costituzioni delle E.A.M. (Ancelle dell’Amore Misericordioso), scritte da lei e approvate nel 1935 dal Vescovo di Victoria.
Ecco qualche passaggio:
“Si apriranno asili o case per accogliere ogni tipo di bisognosi... dando la preferenza ai figli di famiglie numerose. Si visiteranno con frequenza i malati, si attenderà alle loro pulizie e alle loro cure, saranno seguiti con generosa sollecitudine, da vere madri, trattandoli con rispettoso affetto e delicatezza.
Se giunte alla casa di un malato, si constata la mancanza di aiuti necessari, procureranno di offrirgli ciò che è più conveniente, portandolo dalla casa religiosa o anche chiedendo la carità.
Si devolverà l’equivalente della frutta e del dolce di cui si priveranno, per contribuire al mantenimento degli infermi.
Le religiose avranno vivo interesse in far sì che gli infermi conoscano Dio, considerandolo e amandolo come un vero Padre, e così insegneranno loro a ricorrere a Lui nelle sofferenze”.
Nella sua intensa attività emerge, in particolare, una notevole attenzione educativa rivolta all’infanzia abbandonata, (migliaia di bambini), emerge soprattutto una novità profetica circa la qualità dell’azione educativa proveniente dalla sua grande fede e dal suo talento.
Le testimonianze parlano di un fascino educativo: aveva “grinta” e notevole leadership, molta rettitudine nel tratto, dolcezza e fortezza, pazienza, pronta sempre a chiedere scusa quando sbagliava.
Alle sue figlie chiedeva: “Siate madri di questi bambini... prendetevi cura di essi, trattateli come membra della nostra stessa famiglia”.
Facendosi guidare dal suo genio organizzativo e soprattutto dalla fantasia della carità, ha messo in funzione delle mense per dar da mangiare alle persone che durante la seconda guerra mondiale avevano perso tutto. E il Signore l’ha assistita con la sua grazia, moltiplicando gli alimenti. Ecco una sua testimonianza: “Oggi 24 dicembre (1944) il Buon Gesù mi ha concesso la grazia di avere qui molti uomini venuti a mangiare in questa casa dove abbiamo preparato loro una buona cena, torrone e una buona tazza di caffè per ognuno, tutto gratuitamente, e dopo sono andati in Parrocchia per confessarsi e ricevere il Buon Gesù, e oggi 24, la mia gioia è stata grande nel vedermi circondata da 127 uomini che sono venuti a cercarmi perché li accompagnassi io stessa in Parrocchia…
In questo giorno 25 dicembre ho avuto il grande piacere di poter dare gratuitamente a tutti i poveri un buon pranzo, e così ho detto al parroco di avvisare in Parrocchia tutte le famiglie povere, affinché vengano a prendere il pranzo per festeggiare nelle loro case la festa di Natale. Il Buon Gesù mi ha ascoltato ed è stato molto generoso, e così ad ogni persona è stato dato un buon piatto di pasta…”. A questa mensa si sfamarono diverse migliaia di persone. È stata la mensa dell’Amore Misericordioso che richiamava in modo evidente la carità di Gesù che aveva provveduto a moltiplicare il cibo per coloro che l’ascoltavano.
La Madre ha accolto con premura materna i pellegrini dell’anno santo 1950, per i quali ha costruito in pochissimo tempo la casa di Via Casilina, e poi per i pellegrini al Santuario di Collevalenza.
Riceveva qualsiasi categoria di persone: uomini e donne, giovani e anziani, suore e sacerdoti, vescovi, politici, massoni..., per tutti aveva un intenso momento d’ascolto e una parola. Si coinvolgeva in prima persona, talvolta chiedendo a Gesù di mettere sulle proprie spalle le sofferenze altrui.
In questi incontri infondeva nei suoi interlocutori f¦ducia nell’Amore Misericordioso, e li invitava a fare la novena assicurando che l’avrebbe fatta anche lei. In questo modo diventava mediatrice, madre, portinaia, flauto: ascoltava, come Mosè, la gente, e andava a intercedere per essi davanti all’Amore Misericordioso.

 

5. La spiritualità di Madre Speranza

La Madre Speranza ha testimoniato una spiritualità che offre un notevole contributo alla nuova evangelizzazione e alla Costruzione della civiltà dell’amore.
Lei stessa nel testamento parla di una “preziosa eredità” che intende lasciare ai suoi figli. Essa consiste nella “fede viva, nella ferma speranza, nella carità ardente”.

1) Una “fede viva” nell’Amore Misericordioso di Gesù che ci ama personalmente fin nel dettaglio.
Il primo bene che la Madre lascia in eredità ai suoi figli e figlie è “una fede viva nell’Eterno Padre, nel suo Divin Figlio, nello Spirito Santo, nel Santo Vangelo, nella Santa Eucaristia, nel trionfo della Risurrezione e Gloria del Buon Gesù, e in tutto quanto insegna la nostra Santa Madre, la Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana” (Testamento).
Colpisce in questo testo la descrizione completa del contenuto della sua fede: la Trinità, il Vangelo, l’Eucaristia, la Risurrezione, la Chiesa. Sono qui richiamati gli articoli fondamentali del credo, premettendo l’aggettivo “Santo”. La Madre si sente figlia della Chiesa e accoglie tutta la verità della fede.
Colpisce l’espressione “fede viva” che impiega anche nella preghiera: “Dammi, Gesù mio, una fede viva, fa’ che io osservi fedelmente i tuoi divini comandamenti e che, col cuore pieno del tuo amore e della tua carità, corra sulla via dei tuoi precetti” (Novena, giorno 5°).
Colpisce la finale del suo testamento: “Fa’, Gesù mio, che nell’ora della morte tutti i tuoi figli e le figlie possano dire pieni di amore e di fiducia ciò che io ti dico in questi istanti, affidandomi alla tua carità, al tuo amore e alla tua misericordia: “Padre mio, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Si tratta del più alto atto di fede: l’affidamento all’Amore Misericordioso nell’ora della morte, ripetendo le parole del Salmo 31, dette da Gesù prima di morire (cf Lc 23,45).
Viene subito in mente la Parola di Dio: “Il giusto vive di fede”. Una Parola del profeta Abacuc, ripresa almeno tre volte nel Nuovo testamento: Gal 3,11;Rom 1,17; Eb 10,38.
Con l’espressione “fede viva” la Madre Speranza intende dire che la fede “è il principio fecondo della santificazione, senza la quale è impossibile piacere a Gesù (Come un Padre, p. 22).
La sua fede ha un centro -preciso: Gesù Amore Misericordioso.
È questo il suo atto di fede, di speranza e di carità. È la tenerezza e la misericordia, la pazienza e il perdono, la gratuità e la fedeltà di Gesù che l’affascinano.
L’espressione più alta della sua fede è l’abbandono fiducioso nella mani del buon Gesú. Sulla scorta del Sal 131 (“Io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre”), la Madre scrive:
“Per quanto piccoli, siamo sufficientemente grandi perché il nostro buon Padre si occupi di noi con la stessa sollecitudine che se fossimo soli al mondo. Pertanto, dobbiamo abbandonarci tra le sue braccia come bambini, cercando di nutrire il nostro spirito con la seguente considerazione, o meglio, verità: “Gesù mi ama; ha pensato a me da tutta l’eternità e mi ha amato con amore unico”. Egli stesso mi ha chiamato ad essere Figlio o Ancella del suo Amore Misericordioso, cioè mi ha assegnato un glorioso destino nel cielo e, per meritarlo, un compito che devo realizzare in questa vita: esercitare con i miei fratelli la bella virtù della carità.
Per descrivere la fede viva, la Madre usa due immagini: la linfa e la torcia.
“Quando per i rami di un albero circola con abbondanza, la linfa, l’albero è fresco e rigoglioso e da ottimi frutti. Quando la linfa non circola più, le foglie diventano gialle, i frutti cadono, i rami si seccano e l’albero muore.
La linfa divina, che trasmette a noi la fecondità di Dio e la sua vita, è lo spirito di fede. Quando ci anima la fede, tutte le nostre opere sono altrettanti frutti, che al sole della carità maturano per il Cielo” (Come un padre, p. 21).
Gesù aveva detto: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa’ molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). La fede è esattamente il permanere del tralcio nella vite.
“Ricordiamo, tuttavia, che la fede senza buone opere è come un torcia spenta” (Come un padre, p. 21), perché appunto viene a mancare l’olio della carità (cf vergini stolte). “La fede è il fondamento indispensabile della carità e di ogni altra opera buona” (Come un padre, p. 21) e quindi una fede che non porta alle opere di carità, muore. Lo dice con chiarezza la lettera di Giacomo: “Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (2,26).
In Maria rifulge in modo particolare la fede.
“Nella Vergine Maria, ai piedi della croce, risplendono la fedeltà e la fortezza, due qualità del suo nobile affetto materno. (...)
Sta in piedi mentre tutto vacilla. (...) Ella è là in piedi e tutto vede, tutto soffre.
Là in piedi, anche se tutto appare un fallimento definitivo, disperato.
Non importa se gli altri vacillano, dubitano, si scoraggiano. La Madre resta con fede incrollabile, con invincibile speranza, con il suo amore più forte della morte (…).
Non si lamenta, non geme come una debole donna. Non mormora, non invoca maledizioni dal cielo, né reclama vendetta contro chi le ha procurato tanto dolore.
Perdona tutti, come il Figlio suo.
In quest’ora, la più tenebrosa della sua vita, abbandona tutto nelle mani di Dio, per quanto duro e inconcepibile le possa sembrare, e ripete con animo virile anche qui: “ecce ancilla Domini”.
Attraverso l’obbedienza della fede ci abbandoniamo alla volontà di Dio che si manifesta nelle mille circostanze della vita ordinaria ed anche in occasioni straordinarie (una malattia, un cambio di servizio, una crisi...). “Tutto passa per le mani del Padre buono ed è da lui preordinato per il nostro bene” (cf Cammino, n. 30). Gesù è nel nostro cuore, specialmente nella comunione eucaristica e, con Lui, ogni obbedienza è possibile.
Padre Gino, il confessore della Madre, ha testimoniato che, per la fede, lei era “immersa in Dio, nella sua volontà, nella sua Presenza”. Lei stessa ebbe a dire: “Senza rendermi conto, lo sguardo, la mente e il cuore si fissano nel Buon Gesù, rimanendo come immersa in Lui, senza preoccuparmi di quello che succede intorno a me” (Diario 30.01.1954).

2) La fede viva porta alla “carità ardente”.

a)

Il suo amore per Gesù era appassionato, come quello di una persona innamorata.
“Fa che io viva sempre unita a Te e infondi il tuo amore nel mio cuore, perché mai mi separi da Te. (..) che il tuo amore mi faccia tutta tua e dei miei fratelli e mi aiuti a perdonare e a farmi tutta a tutti (...) che da oggi in poi, io viva solo per Te”.
“Voglio amarvi, Dio mio, perché voi mi amate, così insieme ci ameremo tanto, tanto...
Voglio, Gesù mio, che Tu solo sia il movente dei miei affetti, della mia vita, che Tu sia il mio tutto”.
“Questa notte il Buon Gesù mi ha invitato a soffrire per un po’ i dolori e le angosce della sua passione, dicendomi che da questa dovrò imparare ad unirmi di più a Lui”.
Sull’esempio di Cristo, il suo cuore ardeva d’amore. È stato questo amore che la portò a desiderare di consumarsi per Lui, fino all’immolazione totale. A questo invitava anche le sue f¦glie e i suoi figli:
“Gesù è amore, e l’amore è fuoco che consuma; è operoso, e così come il fuoco se non arde, se non brucia, non è fuoco, anche l’amore se non opera, se non soffre, se non si sacrifica, non è amore.
Il Signore ha provato l’amore della Serva di Dio con la sofferenza, con le persecuzioni, le calunnie, e l’abbandono da parte delle autorità. Ella tutto sopportò., tutto accettò, e tutto offrì per i sacerdoti del mondo intero.

b)

Altrettanto appassionato fu il suo amore al prossimo. Il comandamento dell’amore lasciatoci da Gesù come suo testamento, e riportato ai piedi del Crocefisso, era proprio scolpito nel suo cuore.
In ogni sua azione, anche nella più piccola, la Serva di Dio era mossa dalla certezza che alleviare le sofferenze dei poveri, dei suoi f¦gli, di quanti a lei ricorrevano, era come servire lo stesso Signore. Questo spirito animava ogni suo gesto. Ecco una testimonianza:
“Tutte le sue azioni erano fatte in maniera che, pur servendo il suo prossimo, lo facesse come se stesse servendo lo stesso Signore. Ad esempio, quando stava in cucina, diceva che se fosse venuto il Signore a chiederle un piatto di minestra, glielo avrebbe dato senza aggiungere nulla, perché ciò che aveva fatto per il prossimo lo aveva fatto con il massimo impegno e amore di Dio”.
Il suo amore è un amore concreto, che si fa presente nei poveri, negli emarginati, nei peccatori, nei sacerdoti, nella gente semplice, e verso alte personalità ecclesiastiche e civili. È un amore che non fa distinzioni, che si fa attento ai suoi f¦gli e alle sue f¦glie così come accoglie il forestiero o il pellegrino di passaggio.
Non voleva che il suo cuore si indurisse dinanzi alla sofferenza e alla povertà. Era tempestiva e generosa nell’intervenire, come quando, avendo saputo dell’alluvione di Firenze, immediatamente inviò tutto quello che aveva nella dispensa.
Lei stessa si “faceva prossimo” dei fratelli. Quante le testimonianze che la ricordano in casa di famiglie bisognose, pronta a donare tempo, lavoro e persino biancheria: “Ricordo che nel 1934 andava a visitare alcune baracche vicine al nostro collegio e portava panni e alimenti. In una di queste baracche trovò una povera vedova moribonda che le raccomandò i suoi f¦gli, e la Serva di Dio li accolse e li tenne in collegio fino a quando furono in grado di pensare a se stessi”

c) La Madre ha testimoniato con forza anche il perdono. Nei primi tempi della fondazione della Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, Madre Speranza incontrò molti ostacoli sia all’interno delle Claretiane che nel rapporto con le autorità ecclesiastiche. Ma mai parlò male di quanti erano stati per lei causa di sofferenza, né permetteva alle sue figlie di dire qualcosa contro di loro. Anzi, lei era solita dire che erano stati mandati da Dio per purificarla, e per questo motivo li considerava benefattori della Congregazione.
Attraverso questa prova poteva crescere nell’amore.
Una preghiera, che la Serva di Dio annota nel suo diario nel tempo della prima persecuzione, ci dà la misura di quale fosse la profondità dei suoi sentimenti e del suo amore.
“Mi dici, Gesù mio, che sarai il nemico dei miei nemici e tormenterai quanti mi affliggono. Padre di amore e di misericordia, Ti prego, dimentica, non considerare e perdona perché sono accecati. Gesù mio, dimentica tutto il male che vorrebbero farmi, valuta invece il bene che arrecano alla mia povera anima: con le loro trame e calunnie mi hanno unito di più a Te e mi hanno procurato moltissime sofferenze che ho sopportato con gioia per Te e per la Tua gloria. Nella loro cecità avranno preteso o pretenderanno farmi del male, ma Tu sai che mi hanno procurato tanto bene, perciò Ti prego, Gesù mio, perdonali e abbi pietà di loro. Me lo concederai, Gesù mio? Non desidero che sentirti che perdoni i miei nemici, poiché il mio cuore, colmo del tuo amore, altro non vuole che il perdono per tutti coloro che ti hanno offeso con questa persecuzione.”

3) “Una speranza ferma”
Padre Valentino Macca, ocd, uomo versato nella teologia spirituale e grande ammiratore della Serva di Dio, immediatamente dopo la morte di lei, scrisse:
“L’ho conosciuta così: donna di speranza. Incarnava meravigliosamente il nome “profetico” che le era stato dato nella sua giovinezza religiosa. La “teologia” della Madre è la teologia della speranza che sboccia in fiducia piena nell’amore che vuole salvare tutti, anche i peccatori più induriti. L’Amore Misericordioso è il fondamento della speranza nell’Amore Regale, crocefisso e risorto, per la salvezza di tutti gli uomini”.
Nel 1952 Madre Speranza riporta questa preghiera nel suo Diario: “Fa, Gesù mio che cresca in me la speranza, virtù teologale, che mi porti a desiderare solo Te, come unico Bene Supremo. Che io speri sempre nel mio Dio e desideri possederlo in eterno, vedendolo ed amandolo infinitamente”.
Nella sua profonda esperienza mistica con Gesù, la Madre apprese che l’atteggiamento della f¦ducia era decisivo. Per questo raccomandava a tutti di non perdere mai la speranza.
“Quello che più dispiace a Gesù è la mancanza di confidenza e di fiducia in Lui... La confidenza in Gesù, nonostante le nostre miserie, è un conforto per l’Amore Misericordioso”.
Padre Elio Bastiani ricorda di aver visto piangere la Serva di Dio che, oltre a lottare con la sua natura di creatura umana, si trovava a fare i conti anche con il demonio, che la minacciava e tentava di insinuare in lei la sfiducia nel Signore:
“L’ho vista piangere molte volte perché il Signore provava la sua speranza ritardando il suo intervento provvidenziale o scombinando i piani che lei andava facendo, sia nelle opere che andava realizzando e sia nelle vocazioni che a volte entravano in crisi o addirittura lasciavano la Congregazione. Normalmente in questi periodi si inseriva il diavolo minacciandola e assicurandole che ormai il Signore l’aveva abbandonata e le cose sarebbero precipitate, che tutto sarebbe finito nel nulla. Lei doveva fare sforzi enormi per riaffermare la sua fiducia nel Signore, continuare la sua opera ed allontanare le menzogne diaboliche che non la lasciavano indifferente e la facevano soffrire pensando che il Signore avrebbe potuto anche permettere, se non il fallimento del suo progetto, degli insuccessi parziali”.
Un figlio, spirituale, Padre Mario Tosi, in una familiare conversazione con la Serva di Dio, scopre il segreto di tanta maternità capace di infondere nuova fiducia e coraggio:
“Ricordo, una sera, che la Madre era seduta all’entrata del tunnel che porta alla cucina della casa dei padri, dopo una giornata di intenso lavoro, mi avvicinai (...) e quasi scherzando, le dissi: “Ma lei Madre che conforta tanta gente (era il tempo in cui venivano molti pellegrini a parlare con lei) e- infonde a tutti coraggio, non ha avuto mai momenti di sconforto, di scoraggiamento, di abbattimento?”. Mi guardò con quegli occhi che ti trafiggevano e mi disse: “Se non fosse per la “grazia” che Dio mi dà, direi a Lui: “Io non ne posso più, me ne vado”. Però la grazia di Dio e la sua fortezza d’animo la sostenevano nella certezza che prima o poi l’aiuto del Signore sarebbe arrivato”.
Chi l’avvicinava, ed io ho avuto la fortuna di farlo una volta, da giovane prete, coglieva, inoltre, di essere di fronte ad una creatura che Dio era andato plasmando, per renderla trasparente della sua misericordia e per renderla “messaggera di speranza”. La sua stessa persona trasmetteva qualcosa, tanto che qualsiasi anima sensibile alla grazia non poteva rimanere indifferente.
Tra questi anche il Card. Edoardo Pironio, che ebbe modo di frequentarla, la ricorda come:
“Una donna, che solo ad avvicinarla, trasmetteva coraggio e speranza. (...) Mi ha lasciato questo senso di preghiera contemplativa e di coraggio, fondato sull’Amore Misericordioso. Penso che su questo sia basato il mistero del suo stesso nome: Madre Speranza, e della sua opera dell’amore Misericordioso”.

 

6. La Madre Speranza espressione del “genio femminile”

La Madre Speranza è un’espressione stupenda di quel “genio della donna”, di cui ha parlato il Santo Padre (cfr MD n. 30). Lei, insieme ad altre donne, è stata chiamata a rivelare agli uomini del nostro tempo la misericordia divina, un attributo che richiama in maniera particolare “le viscere materne” (rahamim).
La sua spiccata femminilità si è espressa nelle caratteristiche della figlia che ha un’immensa fiducia nel Padre, della sposa fortemente innamorata di Gesù, della madre di tantissime persone che lei con verità poteva chiamare “figlio mio”.
Tutto questo nella dimensione di una mistica cristiana in cui i sentimenti umani vengono fortemente valorizzati.
“Ne risultano rigenerate persino le sfumature più autentiche del genio femminile: l’amore che diventa grembo e viscere di misericordia; l’accoglienza che si fa attenzione persino ai bisogni più nascosti e segreti degli altri, ma anche generosità sconfinata, disponibilità a pagare per loro; la praticità che si fa concretezza e sapiente capacità organizzatrice e di governo; la tenacia che diventa fermezza e perseveranza (Alici L., M. Speranza, testimone dell’Amore Misericordioso: una profezia per il nostro tempo, Collevalenza 1993, p. 16).
Chiudo con un’immagine, o meglio, con una foto: la Madre che a braccia aperte accoglie coloro che arrivano al Santuario. Sullo sfondo troneggia il Crocifisso dell’Amore Misericordioso, anch’Egli a braccia aperte: sta implorando misericordia per noi. Gli occhi della Madre sono raggianti. Il suo cuore materno palpita di gioia. Incoraggia le persone a varcare la porta del Santuario per presentarle a Gesù. Sembra ripetere quello che tante volte aveva detto: “ Figlio mio, ti stavo aspettando per farti conoscere quanto è buono il Signore e per dirti che io prego per te. Sono pronta a prendere su di me le tue sofferenze. Ti auguro la salute e la pace. Coraggio!”.

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ultimo aggionamento 15 marzo, 2003