Celebrazione del 20° anniversario della morte di Madre Speranza
La giornata di Gesù

Collevalenza 9 febbraio 2003
S. E. Mons. Decio Lucio Grandoni, verscovo di Orvieto-Todi
Omelia sulla liturgia della Domenica: Gb 7, 1-7; 1Cor 9, 16-23; Mc 1, 29-39

L'Evangelista Marco nel brano del Vangelo che abbiamo ora ascoltato ci ha descritto una giornata di Gesù a Cafarnao. Aveva lasciato Nazaret e si era ritirato a Cafarnao nella casa di Pietro e Andrea. La mattina nella sinagoga, poi torna a casa e guarisce la suocera di Pietro, annuncia il Vangelo, compie miracoli a favore di gente che soffre e poi, la mattina presto, si ritira in un luogo deserto a pregare.
È questa la giornata di Gesù e possiamo dire anche che era questa la giornata di Madre Speranza.
Noi ricordiamo il famoso brano di ciò che avvenne a Betania, quando Gesù arrivato con i suoi discepoli in casa di Lazzaro, si trovò in questa situazione: Marta stava preparando il pranzo per tutti, Maria, invece, l’altra sorella di Lazzaro, era ai piedi di Gesù ad ascoltarlo. Marta protesta perché la sorella non l’aiuta, ma Gesù le dice: “Ha scelto la parte migliore, Maria, perché ha ascoltato la parola del Signore”. Quindi sembrerebbe, quasi, che il Signore fa una netta distinzione tra la vita attiva, cioè l’attività che si svolge nel proprio lavoro, nella propria casa e la vita contemplativa, di preghiera.
È chiaro che alcune persone si dedicano solo alla vita attiva: indaffaratissimi, sempre di corsa, senza pace, senza avere un momento da dedicare al Signore. Questa è una delle caratteristiche del nostro tempo. Se si domanda a delle persone come trascorrono la giornata, noi ci rendiamo conto come sono prese da mille cose importanti e stupide e non riescono ad avere un momento per il silenzio e la riflessione.
Esiste anche l’opposto, la vita contemplativa. In questo momento sto pensando alle nostre Monache di Clausura. Abbiamo cinque Monasteri in questa Diocesi. Esse si ritirano dal mondo e si dedicano alla meditazione, alla preghiera, al silenzio.
È chiaro che questi sono due estremi: l’uno negativo l’attivismo, l’altro positivo perché la vita contemplativa è la forza della Chiesa, le persone contemplative aiutano la Chiesa nella sua opera attraverso la loro unione con Dio.
Accanto a questi due, che possiamo definire estremi, esiste anche la possibilità di conciliare l’attività con la contemplazione. Del resto il grande umbro San Benedetto aveva impostato la Sua Regola sul tema “Prega e lavora”. “Ora et labora”, diceva ai suoi monaci.
Madre Speranza in questo è un esempio. Io la ricordo negli ultimi tempi della sua vita, quando meditando e pregando intrecciava i cordoncini neri con cui i Figli dell’Amore Misericordioso tengono appeso al collo il Crocifisso. Era un esempio. Il suo lavoro in cucina, il suo lavoro in tutte le attività materiali della casa che essa abitava, ma anche una grande capacità di concentrazione, di contemplazione e di preghiera. Sembra che questo sia l’esempio grande che Madre Speranza ci ha lasciato e che noi dobbiamo contemplare e possibilmente imitare nella nostra vita.
Una vita, come abbiamo ascoltato nella prima lettura dal Libro di Giobbe, che ci delude se noi ci appiattiamo soltanto su questa realtà temporale. Eppure gli uomini di oggi, cercano di escludere dalla propria vita la contemplazione di Dio, la preghiera. Noi a questo dobbiamo reagire, perché significherebbe essere dimezzati e aver scelto la parte meno importante della nostra esistenza. Se noi non ammettiamo una trascendenza, una realtà ultraterrena, un Dio che ci attende e che ci ama, noi non possiamo essere sereni e tranquilli, perché la vita delude. Giobbe era stato profondamente deluso dalla sua vita, aveva perduto tutto: i figli, le proprietà, non aveva più niente, aveva perduto anche la salute e allora dice “la vita è veramente una grande delusione, se si appiattisce sulla realtà materiale”.
Da Madre Speranza apprendiamo soprattutto questo: il saper coniugare l’attività con la preghiera, il lavoro con la meditazione, in maniera tale da essere persone complete, che pensano alle realtà materiali, che sono importanti e su cui ci dobbiamo naturalmente impegnare, ma che danno il primo posto alle realtà spirituali.
Da questa sua vita Madre Speranza ha saputo trarre una meravigliosa maternità. Veramente non saprei come chiamarla se non “Madre Speranza”. Essa ha saputo essere madre per i suoi Figli, per le sue Figlie e per tutti coloro che si sono rivolti a Lei durante la sua vita. Questa maternità essa ha voluto, e questo è un carisma particolare Suo e della Famiglia che essa ha fondato, ha voluto estendere in modo particolare ai Sacerdoti. Questo è un fatto importante.
Ed è, anche questo, un insegnamento per noi. Non dobbiamo lasciare soli i Sacerdoti, non li dobbiamo isolare. Essi vivono una situazione umanamente difficile, hanno bisogno di sostegno, hanno bisogno di amicizia, hanno bisogno di aiuto. Questo Madre Speranza lo aveva totalmente compreso e per questo essa si dedicò ai Sacerdoti e insegnò ai Suoi Figli e alle Sue Figlie di dedicare ai Sacerdoti tempo, ospitalità, pazienza e amore. Anche questa è una caratteristica in cui Madre Speranza ci può essere di esempio e di modello.
Ringraziamo il Signore perché ci ha concesso di avere tra noi questa donna straordinaria, che ha saputo realizzare cose grandiose, ma la cosa più grandiosa è stata la sua quotidiana realtà di lavoro, di contemplazione e di preghiera, in maniera tale, da diventare una donna completa, una madre capace di aiutarci e proteggerci anche dal cielo.

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ultimo aggionamento 15 marzo, 2003