ESPERIENZE

Paolo Risso  

 

Controcorrente per Gesù

P. Felice Prinetti

 

 

 

 

 
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Chi non è capace a muoversi su un fiume seguendo la corrente dall’alto verso il basso? Il difficile, il bello sta nel risalire, remando controcorrente, verso l’alto. Chi non riesce facilmente a comportarsi come tutti, fanno, secondo le mode del tempo tra il plauso generale? È bravo, spesso un eroe chi sa andare controcorrente al mondo, per un ideale, per un grande Amore.
Fece così Felice Prinetti, nato a Voghera (Pavia), il 14 maggio 1842, terzo di sei figli di buona famiglia, che lo avvia agli studi superiori. Dai suoi cari, riceve un’ottima educazione cattolica. A 18 anni, entrato nella Regia Accademia Militare di Torino e arruolatosi come volontario nell’esercito piemontese, frequenta così il Politecnico.
Ne esce con la laurea in ingegneria assai congeniale all’arma dell’Artiglieria in cui milita con onore.

 

Il duello mancato

La sua carriera è rapida e brillante. Prima sotto-tenente, poi tenente, infine promosso capitano sul campo di battaglia il 19 giugno 1866, durante le operazioni della “3ª guerra d’indipendenza”. Nel 1871, diventa direttore del Regio Polverificio di Fossano, addetto allo Stato maggiore generale e al Ministero della difesa dell’appena costituito regno d’Italia.
Ma dentro di sé il capitano Prinetti è disgustato perché si è voluto “fare l’Italia” contro la Chiesa e contro il Papa, contro la stessa Tradizione cattolica del popolo italiano. Non sopporta che uomini come Garibaldi e altri, iscritti alla massoneria, possano, in nome dell’Italia, insultare il Papa, Gesù Cristo, Dio stesso, e nel medesimo tempo siano considerati eroi.
Lui, in caserma, come in licenza, con i commilitoni e con i familiari, dovunque e con chiunque si trovi è cattolico tutto d’un pezzo, con il nome di Gesù sulla fronte e sulle labbra, e a fronte alta”. Lo vedono stare in preghiera in ginocchio davanti al SS.mo Sacramento, con il Rosario tra le mani dinanzi all’immagine della Madonna, vestito della sua bella divisa da ufficiale. Prima di tutto, egli è “miles Christi”: milite, cavaliere di Cristo!
Gli altri sorridano di scherno o approvino, a lui poco importa: sa che dovrà rendere conto a Dio solo.
Un giorno a Torino, si unisce in preghiera a un piccolo corteo che, secondo l’usanza del tempo, accompagna il sacerdote a portare il Santo Viatico a un morente. Lo vede un collega ufficiale, il quale, al suo rientro in caserma, gli rimprovera di aver disonorato la loro divisa con il suo atteggiamento di credente. Il capitano Prinetti reagisce con fierezza.
L’altro lo sfida a duello. È una beffa atroce, perché da cattolico obbediente al 5° comandamento di Dio “Non ammazzare”, non deve e non può raccogliere la sfida, mentre le tristi consuetudini glielo impongono.
Da qualche tempo però, proprio per non aver più nulla a che fare, neppure da lontano, con l’orientamento anticlericale e massonico del suo ambiente, sente un’attrattiva singolare di “arruolarsi nella milizia di Gesù Cristo”.
Nell’ottobre 1873, giunge al Polverificio di Fossano, il P. Paolo Abbona, degli Oblati di Maria Vergine (fondati dal Ven. Pio Bruno Lanteri) con un gruppo di paggi birmani, mandati dall’imperatore di Birmania a studiare i vari eserciti europei. Il P. Abbona propone al capitano Prinetti di recarsi in Birmania a dirigere il Polverificio di Magdallé. Ne riceve una risposta impensata: “Vi andrò volentieri, ma per seguirvi Nostro Signore”.

 

Alla sequela di Cristo

Il 27 novembre 1873, si dimette dall’esercito e il 15 dicembre entra tra gli Oblati di Maria Vergine per consacrarsi a Dio per sempre. Ha 31 anni e si trova a condividere, con molto sacrificio, il noviziato, con dei ragazzi al di sotto dei 20 anni. Seguono la professione religiosa e gli studi teologici.
Il 23 dicembre 1876, è ordinato sacerdote. Per cinque anni, è professore di materie scientifiche allo studentato degli Oblati di Nizza Marittima. Nel 1881, per breve tempo, è a Pinerolo nell’Ospizio S. Giuseppe dove l’obbedienza lo ha voluto. Il suo confratello, P. Vincenzo Berchialla è consacrato Arcivescovo di Cagliari e si sceglie come segretario P. Felice. Per la solennità dell’Immacolata 1881, entrambi sono a Cagliari.
Non si limita a fare il curiale tra le scartoffie, il P. Prinetti, ma prendendo coscienza dei gravi problemi della diocesi e della Sardegna, da uomo d’azione e da vero innamorato di Gesù Cristo, si mette all’opera in obbedienza al suo Arcivescovo. Gli affari più impegnativi sono per lui: rettore del Seminario (un vero padre per i suoi chierici!), direttore dell’ufficio amministrativo, direttore del giornale diocesano “Il Risveglio”, sempre confessore e direttore spirituale ricercatissimo… Lavora 18 ore su 24, fino allo stremo delle forze. Commenta: “Come è buono Gesù che ci concede perfino di lavorare e di soffrire per Lui! Non è questa l’intimità di amore?”.
Quando in Seminario vengono a mancare le Suore Cottolonghine, P. Felice riunisce attorno alla signora Eugenia Montixi, rimasta vedova appena dopo il matrimonio, un gruppo di giovani donne, che abbiano a cuore il servizio della chiesa e ai sacerdoti, che compiano in umiltà e nascondimento gli interessi di Gesù.
Nascono così le Figlie di S. Giuseppe, che egli pone sotto la protezione del Padre putativo di Gesù, patrono universale della Chiesa, certo di ottenere da lui ogni grazia. È il 20 settembre 1888.
Un anno dopo il Gesuita P. Porqueddu propone al suo amico P. Prinetti l’acquisto dei suoi beni di famiglia a Genoni, nella diocesi di Oristano. Accetta dopo aver molto pregato e chiesto consiglio e in settembre 1889 vi accompagna una piccola comunità di Figlie di S. Giuseppe. Dice loro:
“Voi dovete ottenere grazie abbondanti per la conversione dei peccatori e per la salvezza delle anime. È tanta l’infelicità di un’anima in peccato che Dio, per salvarla, mandò il Figlio suo a patire e morire su una croce per salvare i peccatori: per questo Gesù si offre ancora vittima sull’altare; per questo ha istituito la Chiesa e suscita i suoi sacerdoti. Per salvare i peccatori, Dio chiama alcune anime elette per consacrarsi con una vita più perfetta a Gesù Cristo, per entrare con la preghiera e con le buone opere nelle Sante Piaghe del Salvatore e farne piovere in abbondanza sulle anime il suo Preziosissimo Sangue per la loro conversione e salvezza”.
Mirabili parole, che contengono il fine della Chiesa, del sacerdozio, della vita consacrata: salvare le anime con Gesù Redentore. Di un’attualità sconcertante e folle, oggi, proprio oggi, quando di questo – l’essenziale – quasi non si parla più!

 

Il fascino del Crocifisso

Nel 1892, muore Mons. Berchialla e il nuovo Arcivescovo Mons. Serci trattiene per qualche tempo a Cagliari il P. Prinetti. Ma presto si alzo contro di lui, come capita spesso ai santi, un’ondata di avversione così aspra che viene richiamato a Torino.
Il 19 dicembre 1894, è a Giaveno (Torino) come rettore degli Aspiranti Oblati. Guida la sua Congregazione di Suore con le lettere e con le visite annuali, ma non trascura gli incarichi che ora gli vengono assegnati. Il 24 ottobre 1895, Mons. Zunnui, Vescovo di Oristano, conferma l’erezione canonica delle Figlie di S. Giuseppe. La casa di Genoni diventa la loro Casa-Madre.
Nel collegio di Giaveno fino al 1903, nella chiesa di S. Francesco d’Assisi a Torino, fino al 1906, P. Prinetti è un educatore forte e dolce, uomo di scienza e di fede, di intima vita a due con Gesù, confessore e guida delle anime. È ricercatissimo per bontà e dottrina. Legge nelle anime e compie azioni che sanno di miracoloso: “Gesù è infinitamente buono. C’è tanto da fare per Lui, per salvargli le anime. Le forze mancano ma siamo beati perché crediamo e soffriamo per Lui”.
Nel settembre 1906, il Card. Pietro Maffi, Arcivescovo di Pisa, lo chiama ad aprire una casa nella sua città, presso la chiesa di S. Jacopo all’Orticaia. Gli chiedono: “Ma che cosa viene a fare? Sono tutti anticlericali, rossi, anarchici, mangiapreti!”. Eppure, andando contro-corrente, come al solito, con la Verità e con la carità di Cristo, P. Felice inizia la rigenerazione del borgo.
È armato solo di umiltà e di carità, ma annuncia senza sconto tutta la Verità di Gesù Cristo. Anche i più lontani e più malintenzionati scoprono in lui Gesù – Gesù Crocifisso – e di Gesù sentono il fascino segreto (“Attirerò tutti a me”, Gv 12,32), la sua singolare pedagogia che avvince e conquista.
A S. Jacopo, P. Prinetti, in quegli anni fonda l’Associazione Maestri Cattolici, la Federazione Universitaria Cattolici, l’Associazione della Dottrina Cristiana, l’Opera della Comunione quotidiana per l’affermazione del Regno sociale di Gesù, la Lega Cattolica de lavoro per i ceramisti, diversi Circoli di Azione Cattolica per giovani, ragazze, uomini.
Promuove la Cassa Malati, la Cassa Operaia depositi e prestiti, l’Unione Agricola dei Mezzadri, la Conferenza di S. Vincenzo, la Scuola di Lavoro per ragazze… Fa sorgere, prima in Italia, la Scuola di Sociologia di cui è numero uno il Prof. Giuseppe Toniolo. Nel medesimo tempo, è sacerdote di intensa preghiera, un vero mistico, dalla dottrina sana e sicura, dalla pietà austera e dolcissima.

 

Il duello vinto

Quando il Card. Maffi viene per la prima volta a S. Jacopo, fatica a credere ai suoi occhi, per quanto il P. Prinetti (che è pure il suo confessore e il confessore di tante anime consacrate e non) ha compiuto con la grazia di Dio. Il 24 maggio 1915, l’Italia entra in guerra: lui moltiplica la carità e l’azione per i fratelli, per amore a Gesù solo.
Il 5 maggio 1816, colpito da infarto, cade come soldato sul campo. Il “duello” cui trentenne era stato sfidato da un “bullo” dell’esercito, l’aveva vinto lui, il capitano fiero della sua fede, oltre ogni aspettativa, andando controcorrente al mondo, alla luce dell’unica Verità che salva, il Credo Cattolico, insieme a Gesù Crocifisso.

(dal libro: Paolo Risso, Controcorrente per Gesù. P. Felice Prinetti, Ed. Figlie di S. Giuseppe, Oristano, 2003).

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ultimo aggionamento 02 agosto, 2003