ESPERIENZE

    Don Pasquale Corsi

 

Una curiosa somiglianza

 

 

 

 

 
Il Redentore

 

A Montevarchi, nella parrocchia della Insigne Collegiata S. Lorenzo, c’è una Chiesa del 1700 chiamata “Oratorio di Gesù Redentore”, al momento in pieno restauro, dove si trova una statua lignea del 1500 (il Redentore) che, nella sua originalità e diversità, porta curiose somiglianze, di tema e di forme con l’immagine del noto Crocifisso, sito nel piccolo Santuario di Collevalenza, e rivelato dal “buon Gesù” a Madre Speranza e che Lei stessa ha fatto realizzare.

Per fare un certo accostamento, merita descrivere qualcosa delle due “icone”.

• APPENDICE a completamento:
Dopo questo accostamento fra le due Icone con i comuni riferimenti (il Cristo “vivo” nella sua Passione, il volto sereno e glorioso, e il richiamo all’Eucarestia), considerando noto a tutti la storia e il significato del Crocifisso dell’Amore misericordioso di Collevalenza, mi permetto di dilungarmi ancora un po’ sul Redentore di Montevarchi.
I dati storici sono rilevabili soprattutto dal manoscritto “Storia dell’Oratorio del SS. Redentore”, relativo al periodo 1758-1842, che è presente nell’Archivio storico della Collegiata S. Lorenzo.
Si sa che fin dal 1300, dove sorge ora l’Oratorio del Gesù Redentore, esisteva una piazzetta detta “dell’olmo” a motivo di una grossa pianta cresciuta nel mezzo di essa, e su questa piazza si affacciava un Ospizio (“ospitale”) gestito dalla “Fraternita del Sacro Latte”, per “ospitare peregrini e miserabili, storpi e simili”. Un anonimo pellegrino realizzò col legno di quell’olmo il bellissimo simulacro (vera e propria “icona”) del Redentore nella seconda metà del 1500. Quando l’attività dell’ospizio venne a cessare, la pietà dei fedeli montevarchini volle erigere una piccola chiesa o “oratorio” per la custodia e la venerazione del simulacro.
Nel 1712 si sentì il bisogno di dar vita a una “Compagnia della notte” composta da laici che si riunivano alla vigilia delle feste, dalla sera fino al mattino, in preghiera e meditazione, per prepararsi a celebrarle devotamente. Poco tempo dopo sorse anche una “Compagnia del giorno” costituita da coloro, che si radunavano per la preghiera nelle ore diurne. Ben presto ai “fratelli” delle due Compagnie, (che in pratica ne costituivano una sola) si aggregarono anche molte “sorelle”.
Sono passati più di due secoli dopo tante avverse vicende, la Compagnia ha perso il primitivo fervore ed è pubblicamente scomparso ogni riferimento di appartenenza da parte degli aggregati. Ma la devozione al SS.mo Redentore non è scomparsa dal cuore e dalla preghiera dei fedeli.
Il simulacro di Gesù Redentore, punto centrale dell’attenzione e venerazione nell’Oratorio, consiste in una statua lignea del 1500, di elegante fattura a dimensione naturale; si presenta come una figura solenne, con volto e occhi sereni, ben composta e proporzionata, con braccia e gambe forti ed eleganti.
La statua ritrae il Cristo vivo e in piedi, con il corpo in colore naturale. Sul capo si posa, sopra la corona di spine, un’aureola che richiama la santità. Dal costato fuoriesce un flusso di sangue ben visibile che si getta in un calice sorretto da un angioletto posto su un piccolo piedistallo. Sullo stesso calice confluisce altro flusso di sangue proveniente dalla mano del braccio destro; il braccio sinistro tiene stretta, come abbracciandola, una croce di dimensioni modeste, alta quanto la figura; la parte centrale del corpo è coperta da un perizoma di panno di colore blu. Il tutto è appoggiato su una base rettangolare di legno.
Ancora più interessanti sono i riferimenti religiosi che fanno scaturire messaggi di spiritualità e invitano alla contemplazione silenziosa. I chiari segni della crocifissione subita (la croce, il sangue, le ferite, la corona di spine) e il richiamo all’Eucarestia (il calice dove confluisce il sangue sotto lo sguardo vivo e dolce del Cristo) fanno forte riferimento al generoso dono della vita da parte del Salvatore ed anche al mistero dell’Eucarestia che è “memoria” attuale del sacrificio e quindi dell’amore del Signore. Tutto spinge alla contemplazione del mistero della Pasqua in cui si è rivelato l’amore grande e misericordioso di Cristo Gesù, meravigliosamente presente in questa suggestiva “icona”. Il meraviglioso simulacro, oltre l’ammirazione per l’armonia anatomica e la sua bellezza sprigiona un mistico fascino che, nel popolare e semplice affetto dei nostri antenati di Montevarchi, ha facilitato in passato, intorno forse a qualche frammento storico, il nascere e il diffondersi di una “pia leggenda” che avvolge le origini della statua medesima.
A questo proposito, dal manoscritto sopra citato, iniziato da un certo Giovanni Antonio del fu Felice Parigi, viene trascritto questo racconto nel suo testo originale per maggiormente gustarne la semplicità e spontaneità.
“Esisteva in Montevarchi un Ospitale della piazza detta dell’olmo, (l’attuale Piazza Umberto) nel quale non si dava raccetto se non a Peregrini e miserabili storpi e simili, mantenuto detto Ospitale a spese della Fraternita di S. Maria del Latte; come tuttora vedesi dallo stemma che vi esiste di detta Fraternita, benchè se facesse acquisto il M.o Rev.do Sig Canonico Gio.Batta Peri ed ora è passato detto patrimonio ai Signori fratelli Brilli di Terra Nuova, la qual Fabbrica ad essi serve ad uso di Granaro annesso al Monte Pio di Monte Varchi.
Comparve adunque un Peregrino a detto Ospitale e vedendo in questa piazzetta un olmo cosi bello (dal quale detta piazzetta prendeva nome) il qual Peregrino favellando con gli astanti disse: “bella statua esprimente un Redentore vi sarebbe da fare in quell’olmo!” Onde che presiedeva a detto Ospitale (il quale si vuole che fosse un Soldani) l’interrogò dicendogli se egli si reputava abile a ciò seguire, e nella forma da esso Peregrino espressa, il quale costantemente rispose che ne prendeva l’impegno purché fosse a lui data una stanza libera affinché ivi veruno potesse penetrare fintantoché egli non avesse compiuta l’opera intrapresa, quale promise che sarebbe stata da lui eseguita in soli tre giorni, come infatti esegui.
Con tutta sollecitudine fu consegnata al Peregrino la stanza, con quant’altro fu da esso richiesto, come pur fu dato di mano all’olmo e trasportato ove ei richiese, entro la stanza medesima posta in detto Ospitale nella quale il medesimo ben dentro si chiuse a segno tale che dovettero somministragli il vitto giornaliero per mezzo di ruota. Venuto il termine dei tre giorni stabiliti andarono alla stanza suddetta ed avendo per più volte chiamato il Peregrino e vedendo che non rispondeva, né tampoco lo sentivano agire, diedero di leva alla porta della stanza e penetrati al di dentro della medesima trovarono con universal meraviglia dell’astanti tutti compiuta e terminata l’opera da esso prodotta in elegante struttura, come tutt’ora vedesi. Trovarono ancora il vitto tutto somministratoli nei decorsi tre giorni, ma non trovarono già il Peregrino ivi rinchiuso con tutta cautela e senza che veruno immaginar potesse il come e il quando egli fosse di li dentro sortito, senza che veruno gli appresassasse soccorso alcuno per di li dentro partirsene, onde a comun maraviglia e stupore fu reputato il Peregrino di bocca in bocca per uno Spirito Celeste e così di tradizione, ma comunque siasi non si può negare che il nostro simulacro se non è fatto da mano Angelica, almeno l’Arte in quello è arrivata al colmo della Perfezione”.

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ultimo aggionamento 14 settembre, 2003