Celebrazioni del 21° anniversario della morte di Madre Speranza

La missione di Madre Speranza:

rimettere a fuoco l’immagine evangelica della misericordia divina

Sua Em.za il Cardinal Ennio Antonelli
Omelia nella Messa del XXI Anniversario
della morte di Madre Speranza
Collevalenza, 7 febbraio 2004, ore 17

Celebriamo la liturgia della quinta domenica del tempo ordinario e il ventunesimo anniversario della santa morte di Madre Speranza.

[1] Le tre letture che abbiamo ascoltato fanno riferimento a tre vocazioni:
quella del profeta Isaia, quella dell’apostolo Pietro, quella dell’apostolo Paolo.
Davanti a Dio, infinitamente santo, che viene loro incontro tutti e tre prendono coscienza della propria piccolezza e indegnità. Isaia esclama: “Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti”. Simon Pietro si getta a terra davanti a Gesù e dice: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore”. Paolo, ricordando l’apparizione di Gesù sulla via di Damasco, riconosce: “Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono l’infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio”.
Tutti e tre fanno esperienza dell’amore misericordioso di Dio che, malgrado la loro piccolezza e indegnità, li sceglie come confidenti e come messaggeri, come amici e collaboratori per la salvezza degli uomini. Isaia sente dirsi: “È scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato […] Chi manderò e chi andrà per noi?”; e risponde: “Eccomi, manda me!”. Simon Pietro riceve una parola di incoraggiamento e di missione: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. Paolo ha l’animo traboccante di commossa meraviglia: “Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me”.
Esperienza della propria debolezza, del proprio peccato, del proprio nulla e esperienza dell’amore gratuito e misericordioso di Dio sono a fondamento di ogni vocazione alla santità e alla missione, in modo che tutto il cammino della persona sia scandito dall’umiltà piena di fiducia. Dice Sant’Agostino: “Il primo passo è l’umiltà; il secondo passo è ancora l’umiltà; il terzo ancora l’umiltà; e per quanto tu chieda, io darò sempre la stessa risposta: l’umiltà” (Lett. 118,22).

[2] L’umiltà piena di fiducia è l’atteggiamento che deriva dalla verità dell’uomo, radicalmente povero e incapace di salvarsi da solo, e dalla verità di Dio che è salvatore infinitamente misericordioso.
Di tale atteggiamento troviamo una testimonianza davvero straordinaria nella vita e nella missione di Madre Speranza. Ecco alcuni suoi testi che voi ben conoscete, ma che è salutare richiamare spesso alla nostra attenzione.
“Il Signore voleva che la devozione al suo amore misericordioso si estendesse nel mondo intero per mezzo di alcune religiose senza cultura. […] Il Signore scelse come strumento della sua opera una povera religiosa poco intelligente e incapace di portare a termine una missione così grande e difficile com’è la fondazione di religiose, e più tardi di religiosi, che hanno come missione speciale far conoscere alla gente di tutto il mondo l’Amore e la Misericordia del Signore con il povero bisognoso e peccatore”.
Il Signore ha scelto dunque uno strumento povero per far conoscere a tutti che egli è Amore Misericordioso, l’unica speranza, l’unico salvatore dell’uomo, “povero bisognoso e peccatore”.
Il primato assoluto della grazia e della misericordia divina viene effettivamente riconosciuto da noi quando siamo fedeli e perseveranti nella preghiera. Perciò la preghiera non deve essere trascurata neppure per fare apostolato e opere di carità. Ai sacerdoti Madre Speranza raccomanda: “Tengano ben presente che i loro sforzi saranno vani se ne affidano l’esito alla scienza, al carattere, alle doti di governo ecc…, poiché facilmente cadranno nella superbia e, con questa, nell’errore di credere che si toglie alle opere di carità e di zelo il tempo impiegato nella preghiera. Questo equivarrebbe a pensare che le loro proprie opere sono molto più necessarie delle grazie del nostro Dio, ottenute sempre nella preghiera”.
È la grazia di Dio che illumina, converte, santifica e salva. Noi con le nostre attività siamo solo cooperatori di cui Dio vuole avere bisogno. Dobbiamo innanzitutto riconoscere con la preghiera il primato della grazia; quindi fare tutta la nostra parte, ma sempre con la consapevolezza di essere “servi inutili”.
Gesù è l’incarnazione della misericordia di Dio; è l’Amore misericordioso. Madre Speranza parla di lui con accenti nuovi e sorprendenti.
“Quanto più una persona è debole, povera e miserabile, tanto più Gesù prova tenerezza per lei; la sua misericordia, cioè, è più grande; la sua bontà è straordinaria; lo vedo attendere o chiamare alla porta di un’anima colpevole e tiepida”.
“Da dove scaturisce questa tenera compassione, che non trova spiegazione, verso i peccatori? Quale ne è la causa? La causa è che il suo amore lo raddoppia nella misura in cui l’uomo diventa più miserabile”.
Più l’uomo è peccatore e più è grande l’amore misericordioso. Occorre però riconoscere di essere peccatori e desiderare seriamente di essere liberati dal peccato.
“Il Signore ama tutti con la stessa intensità; se fa qualche differenza è solo quella di amare di più coloro che, pur pieni di difetti, si sforzano e lottano per essere come lui li desidera”.

[3] L’insegnamento di Madre Speranza concorda in modo sorprendente con quello di un’altra grande mistica e apostola della Divina Misericordia nel nostro tempo, Santa Faustina Kowalska. A lei il Signore stesso insegna che i peccatori che riconoscono i propri peccati e ricorrono con fiducia alla divina misericordia saranno salvati. “Queste anime hanno la precedenza nel mio cuore compassionevole, esse hanno la precedenza nella mia misericordia. Proclama che nessun’anima, che ha invocato la mia misericordia, è rimasta delusa né confusa”.
“Anche se qualcuno è stato il più grande peccatore, non lo posso punire se egli si appella alla mia pietà, ma lo giustifico nella mia insondabile e impenetrabile misericordia”. “Seppur nell’agonia, Dio misericordioso, dà all’anima un lucido momento interiore, in cui, se l’anima vuole, ha la possibilità di tornare a Dio”.
“[Quando l’uomo] mostra un piccolo cenno di buona volontà, perfino il più piccolo, la misericordia di Dio farà il resto”. Però un cenno di umile e fiduciosa apertura è necessario.
“Chi non vuole passare attraverso la porta della misericordia, deve passare attraverso la porta della giustizia”.

[4] L’insegnamento di Madre Speranza e di Santa Faustina rimette a fuoco l’immagine della Misericordia divina che Gesù rivela nel Vangelo e che si è un po’ appannata nella esperienza vissuta, nella pastorale e nella stessa teologia.
Gesù nel Vangelo manifesta una misericordia inaudita, scandalosa. Ama non solo i malati e i sofferenti, i discriminati dalla società, gli emarginati e gli oppressi, ma anche i peccatori, gli oppressori e perfino i propri crocifissori. Così rende visibile nella storia l’amore misericordioso del Padre e rivela un’immagine nuova di Dio: un Dio che da parte sua non ha nemici, ama incondizionatamente tutti e fa piovere e fa sorgere il suole sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5,43-48).
Gesù si mostra severo solo verso coloro che vivono in un atteggiamento di illusoria autosufficienza: verso i ricchi che ripongono tutta la loro fiducia nei beni materiali e verso coloro che si considerano giusti e si gloriano delle loro opere buone. “Guai a voi ricchi […] Guai a voi che ora siete sazi” (Lc 6,24-25). “Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mc 2,17). La falsa autosufficienza dei ricchi e dei giusti è il peccato più pericoloso, perché non fa più avvertire il bisogno di essere salvati e impedisce di fare ricorso alla Misericordia di Dio.

[5] Possiamo dunque renderci conto che la missione della Venerabile Madre Speranza, come quella di Santa Faustina, è stata quella di rimettere a fuoco questa immagine evangelica della misericordia divina. I carismi e le rivelazioni particolari durante la storia della Chiesa sono finalizzati a richiamare all’attenzione e a far vivere la verità salvifica già consegnata alla Chiesa fin dalle origini e contenuta nella Sacra Scrittura. Carismi e rivelazioni particolari rispondono di solito a necessità particolarmente sentite in un certo tempo.
Non è difficile vedere come il nostro tempo abbia bisogno urgente di riscoprire l’immagine di Dio infinitamente misericordioso. La nostra società è ricca di beni materiali e povera di verità, di speranza e di valori morali. La nostra cultura esalta la libertà, come individualismo e soggettivismo e produce divisioni, solitudine e angoscia. Intuiamo allora come i carismi di Madre Speranza e di Santa Faustina siano una grande grazia per il nostro tempo. Chi è angosciato perché si è cacciato in una situazione moralmente disordinata e non riesce a venirne fuori (pensiamo ad es. ai divorziati risposati), anche se non può ricevere l’assoluzione sacramentale ed essere ammesso all’Eucaristia, deve sentirsi comunque amato e accolto dalla Chiesa e quindi invitato a confidare nella misericordia di Dio e a invocarla con perseveranza. Chi invece vive nella falsa autosufficienza materiale o morale (e oggi sono molti i ricchi e coloro che si autogiustificano) che genera indifferenza e insensibilità verso Dio e verso gli altri deve essere evangelizzato mediante la gioia cristiana, che nasce dall’aver creduto e sperimentato la Misericordia di Dio in Cristo.
La venerabile Madre Speranza, che nel nome stesso compendia il significato della sua vocazione e missione, costituisce per tutti un forte richiamo all’umiltà piena di fiducia nell’Amore Misericordioso, il solo che può salvare gli uomini, buoni o malvagi che siano.

Sua Em.za Cardinale Ennio Antonelli Sua Em.za Cardinale Ennio Antonelli Sua Em.za Cardinale Ennio Antonelli

 

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ultimo aggionamento 08 marzo, 2004