La lettera

 

Anno Domini 2004

Carissimo,

    e Dio decise di decadere dalla sua situazione di Dio.
    Decise di incominciare a contare i giorni, di nascere dal grembo di una ragazza, di diventare uomo tra gli uomini.
    Povero tra i poveri, i deboli, gli esclusi, i non amati, i condannati dalla storia di ogni tempo.
    Così parlava Isaia: "Camminiamo a tastoni, ciechi, rasentando un muro. Come morti abbandonati, tra le tenebre. Urliamo come orsi e gemiamo come colombi in attesa della salvezza".
    Poi fu illuminata la Notte. Le sentinelle alzarono la voce. Gridarono insieme di gioia. Proruppero in canti le rovine di Gerusalemme.
    È l'evento del Signore, venuto a consolare il suo popolo, l'incontro, nel dolore della strada, con l'uomo lebbroso, che è ciascuno di noi.
    Vicenda strepitosa, allucinante. Una coperta di pazzia, di spavento. Gli occhi pieni di pensiero, di pianto. Il corpo lacerato, deturpato, orrendo.
    Il lebbroso, il grande escluso degli uomini, l'offesa alla luce.
    Andrà gridando a se stesso: "Immondo, immondo"!
    Eppure la luce di Dio scatena la più grande verità. La verità dei poveri, estranei, soli, respinti.
    Separati dalla terra ma adesso ricostituiti padroni della terra.
    Dio sceglie la lebbra come la carne più pura dell'uomo. Appende tutto il suo cielo a quanto era stato posto fuori dalla città, nei sotterranei dell'abbandono, dell'ingiustizia, della morte.
    È il giorno nuovo, il giorno in cui vorrei ritrovarmi anch'io, bisognoso di perdono.
    Cantare questo Dio che è sulla strada, danzare con i salmi, ritrovarmi nella colonna di fuoco, nel vento della profezia, con il popolo che ha conosciuto la misericordia. Acclamare “osanna” a questo Dio venuto per riscattare” lo schiavo.
    E, lungo la strada, raccontare anch'io la mia storia di paura, di egoismo, di stanchezza, liberata dal suo amore, dalla sua infinita accondiscendenza.

Nino Barraco

 

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ultimo aggionamento 01 maggio, 2004