La lettera

 

L'orrore e l'altare

Caro Gesù,

siamo qui, all’altare, ma non siamo sereni.
  Non possiamo essere sereni, come nascondertelo?
  Non siamo sereni:
  - per noi stessi, le nostre paure, le nostre cadute, le nostre sconfitte;
  - per le nostre famiglie, le preoccupazioni, il dolore, talvolta la disperazione;
  - per le nostre città, dove si lotta, dove si spera, ma dove la disoccupazione uccide, la malattia non trova ospedali di umanità, i bambini sono rapiti, i giovani non credono più nel futuro, gli anziani sono soli, abbandonati.
  - No, non siamo sereni:
  - per questo nostro tempo, un tempo pagano, dove droga, sesso, satanismo, fanno la morte;
  - per il mondo che viviamo, maledetto dalla guerra, dalla fame, ed oggi dal terrorismo, dall’orrore, dalle stragi, dalle barbarie di ogni giorno.
  No, non possiamo essere sereni se si sventrano i bus, se gli aerei sono distrutti in volo, se dodici nepalesi – orribile! – sono giustiziati, colpevoli di guadagnarsi il pane;
  - se nelle mani dei terroristi, a Beslan, si scatena l’inferno in una scuola di bambini. Scaraventati come scudi umani alle finestre, uccisi, in un massacro di sangue. Ultimo quadro del delirio dei vivi, della pietà dei morti. Senza scampo.
  Come non morire, assieme alle mamme che gemono sui cadaveri dei propri figli, agnelli innocenti, sgozzati dal furore della follia? Ed è, talvolta, una follia di religione!
  Siamo qui, all’altare, o Signore.
  Per ascoltare la tua parola: “Passerò dalla valle del pianto e la trasformerò in una sorgente”.
  Tu puoi salvarci, Tu puoi guarirci, Tu puoi liberarci.
  Siamo qui, o Signore, per giurare in Te: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”.
  Di che cosa parli, o Gesù, quando dici questo? Di quale corpo parli? Quando lo capiremo?
  Quando capiremo che chi uccide l’uomo, uccide Dio in ogni uomo?

Nino Barraco

 

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ultimo aggionamento 31 ottobre, 2004