équipe di pastorale giovanile vocazionale
 

 

 

 

«Amore bello»...
la fiamma di Dio!!!

 

 

 

 

 

1. “Amore bello”…

Ascoltare le note della famosa canzone, la voce leggermente tremula e appassionata di Claudio Baglioni, fa sempre venire la pelle d’oca. La musica è così dominante, che nel ritornello sposta gli accenti e i respiri della metrica testuale:

Amore bello come
il cielo, bello
come il giorno, bello
come il mare, amore,
ma non lo so dire.
Amore bello come
un bacio, bello
come il buio, bello
come Dio, amore mio,
non te ne andare!

Se si dovesse leggere il testo, la suddivisione delle parole più consona al significato potrebbe essere questa:

Amore
bello come il cielo,
bello come il giorno,
bello come il mare,
amore…
ma non lo so dire…

Lo spostamento di accento dettato dalla linea melodica e ritmica vuole forse mettere in rilievo l’aggettivo “bello”! Mi sembra che non siano tanto i termini della metafora a risvegliare l’attenzione estetica dell’Autore, quindi il cielo, il giorno, il mare…, quanto la bellezza stessa, che in sé rimane inesprimibile e che può essere comunicata solo facendo riferimento a quegli elementi della natura, dell’esperienza, che conosciamo: bello come un bacio, come il buio, come Dio
Perché questa canzone fa venire i brividi e lascia nel cuore, per diverso tempo, un pizzico pungente di malinconia?
Gli elementi sono tanti. Musica e testo sposano la nostalgia e la tenerezza, la pienezza di essere in due e l’isolamento dell’abbandono. L’arrangiamento, dagli scarni accenni iniziali del pianoforte, protagonista nel “recitativo” della strofa, si muove verso il ripieno dell’orchestra che, nella lirica dei violoncelli, ripropone uno dei temi fondamentali, per riposare ancora sui mesti accordi finali.
Quello che mi sembra di intuire è che il protagonista maschile di questa storia ormai alla fine non riesce a dire quello che sente: la bellezza di questo amore è e rimane inesprimibile. E’ un amore bello… ma non lo so dire

 

2. “Dio è amore”

Carissimi,
amiamoci gli uni gli altri,
perché l’amore è da Dio:
chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio.
Chi non ama non ha conosciuto Dio,
perché Dio è amore

(1Gv 4,7-8).

Nella canzone di Baglioni, la bellezza di un amore si trova e si perde nelle metafore del cielo, del giorno, del mare e di Dio. Per tante circostanze, però, non sempre riusciamo a dirlo, un amore così. Anche se già ci parla di Dio, perché Dio è amore.
La prima lettera di San Giovanni ci parla dell’amore e ci esorta ad amare.
Amare implica aver conosciuto Dio, mentre non-amare implica non averlo conosciuto.
Come ci fa notare un illustre martire dell’ amore sino alla fine, Dietrich Bonhoeffer, nella sua Etica, noi cristiani non sempre abbiamo interpretato questa “definizione” di Dio ponendo attenzione al vero accento supposto da Giovanni.
Bonhoeffer ci dice che siamo portati a soffermarci sul secondo termine della definizione, amore; mentre dovremmo guardare al primo termine, Dio.
Dio è amore. Non solo: Dio è amore.
Quando Madre Speranza ci presenta l’Amore Misericordioso, commenta spesso che per noi questo amore è incomprensibile, perché non siamo naturalmente capaci di provare compassione dinanzi alla miseria dell’uomo.
Solo Dio è misericordioso. Noi lo diventiamo per grazia. Possiamo amare soltanto nella misura in cui ci lasciamo travolgere e coinvolgere nell’abisso d’amore che è Dio.
Ma come avremmo potuto conoscere che Dio è amore se il Padre non ce lo avesse rivelato?
E quale modo il Padre ha scelto per farci conoscere il suo amore?
“…Se l’Antico Testamento sapeva che noi dobbiamo amare tutti gli uomini come Dio ci ama, nessuno allora poteva evidentemente immaginare fin dove sarebbe giunto l’amore di Dio per gli uomini, cioè fino a farsi uomo per poterli amare, al punto di morire per essi, non soltanto fino a diventare egli stesso il Pastore d’Israele alla ricerca della pecorella smarrita (Ez 34,11-16), ma fino a dare la sua vita per le sue pecore (Gv 10,11-16)”1.
Ecco dove Giovanni, per noi e insieme a noi, può vedere con i propri occhi, contemplare e toccare con le sue mani il Verbo di vita: guardando e toccando Gesù, Figlio di Dio2.
Questo abisso, questa sorgente sempre viva, che è l’amore del Padre per il Figlio e per noi, si concretizza nel gesto sorprendente di Gesù che, nel contesto della cena con i suoi amici, si abbassa a lavare i piedi come avrebbe fatto uno schiavo. Infatti, amare con il cuore di Cristo significa spostare la categoria di importanza da “colui che sta a tavola” a “colui che serve”3.
L’amore del Servo dei servi, Cristo Signore, è un comandamento per noi: “Amatevi...come Io…”. E’ un paragone che Gesù stesso ha creato, e l’accento è sul secondo termine: come Io vi ho amati. Se tralasciamo questo parallelismo importante, il nostro amore decade; per quanto spinti da sentimenti sinceri di filìa (amicizia), non potremmo mai giungere a vivere la sua agape (amore di Cristo).
Un amore così riguarda tutti i cristiani; un “segno unico” li distingue da tutti gli altri uomini, la bellezza di un reciproco amore4.
Quest’unico segno risplende, con la sua originaria bellezza, in coloro che Gesù chiama a una nuova e speciale consacrazione per seguire Lui, e a votare interamente la propria vita alla causa del Regno.
“Continuamente Egli chiama a sé nuovi discepoli, uomini e donne, per comunicare loro, mediante l’effusione dello Spirito (cf Rm 5,5), l’agape divina, il suo modo d’amare, e per sospingerli così a servire gli altri nell’umile dono di sé, alieno da calcoli interessati”5.
Senza il Soffio di Dio nel cuore, non potremmo amare col cuore di Cristo!
E quando noi cristiani, noi religiosi, ci riconosciamo arrugginiti nella nostra capacità di amare nell’umile dono di sé, è perché abbiamo dimenticato di attingere alla divina Sorgente dell’Amore, che è lo Spirito Santo di Dio.
Non possiamo soccombere a questa memoria affievolita, forse per la stanchezza e la paura di non fare abbastanza, perché abbiamo il compito prezioso di fare nostro “l’annuncio appassionato di Gesù Cristo a coloro che ancora non Lo conoscono, a coloro che L’hanno dimenticato e, in modo preferenziale, ai poveri”6.
Noi consacrati, “innamorati di Dio”, dobbiamo annunciare che Dio è amore.
Niente, né disincanto e né depressione, potranno fermarci. Vogliamo seguire Gesù, amarlo e correre dai nostri fratelli, vicini, lontani o perduti… per dire a tutti l’Amore.
Mi sembra così bella e incoraggiante la voce della Madre: “L’Ancella, pur nel turbamento, deve raccogliersi per ascoltare la dolce voce del Buon Pastore e convertirsi a sua volta in pastore delle sorelle; deve correre dietro alla pecorella smarrita e tentare di riportarla all’ovile. Per questo è necessario essere innamorati del Buon Pastore e che nel cuore e nella mente arda la passione per Dio”7.

 

3. “Una fiamma del Signore!”

Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio:
perché forte come la morte è l’amore
tenace come gli inferi la gelosia:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore
!”.
(Ct 8,6)

Un accenno ad un’ultima canzone, la Canzone della canzoni, la più bella di tutte.
Leggiamo un versetto del Cantico dei Cantici, l’unico in cui compare il nome impronunciabile di Jahwè.
Chi dice queste parole appassionate? Questa volta, rispettando la versione ebraica del Cantico, sembrerebbe toccare a Lei.
L’amata rivolge all’amato il suo invito a consumare l’amore, un invito che esplode nel voto: “Mettimi come sigillo!”.
“Essa aspira a che lo sposo rinchiuda tutto il suo pensiero (=il cuore) e tutta la sua attività (=il braccio) nell’orbita dell’amore che li tiene uniti […]. Come dicesse: “Non devi pensare a niente senza di me! Non devi far nulla senza la mia interiore presenza! La mia persona sia il sigillo (cf. Gn 38,18.25; Ger 22,24; Ag 2,23; Qo 49,11) che pone l’autenticazione ultima e definitiva all’intera tua esistenza intima ed esterna! Portami con te, sempre! Non vivere più senza di me!”8”. Quanto è femminile questo desiderio di essere al centro dei pensieri e delle attenzioni dell’altro!
Ci sono molti modi di leggere la canzone più bella che sia mai stata scritta: si può interpretare nel senso più immediato, quello di un amore umano; si tratta di un’allegoria di Dio e della creazione, d’Israele o della Chiesa; ci si riferisce alle nozze dell’anima con Dio Creatore9.
L’antica versione siriaca del Cantico, seguita dalla CEI, mette le parole del versetto 5b piuttosto in bocca all’amato: “Sotto il melo ti ho svegliata”10, discostandosi in tal modo dalla interpretazione dell’ebraico.
Questo ci consente di leggere il senso delle parole successive, come se fosse Dio che le dice alla sua amata, la nostra anima di consacrate nell’Amore: “”I tuoi pensieri appartengono a me, dice Dio: devi pensare sempre a me”, cioè amare. […] Pensieri e azioni per me, siano sigillate da me, siano autenticate da me. Qual è il sigillo? Lo Spirito Santo. Sfraghìs è chiamato lo Spirito Santo, il Sigillo. Cioè: i tuoi pensieri e le tue azioni portino sempre la firma dello Spirito Santo11”. Quanto è divino tutto questo!
La forza dell’Amore, il fuoco che divampa inarrestabile nel cuore di tanti, uomini e donne chiamati dal Signore, non può che venire da Dio.
Ma anche l’amore umano, che spinge l’uomo incontro alla donna e la donna incontro all’uomo, è un fuoco acceso da Dio. L’uomo è creatura di Dio. Dio stesso ha condotto all’uomo “il suo di fronte”, la donna12. Il vero modello dell’amore umano sponsale13, quello più bello e più santo, è l’amore di Dio, la sua gelosia, un fuoco divoratore e insaziabile14!
I Santi hanno sempre fatto esperienza del Fuoco di Dio. Feriti da queste fiamme divoranti, non hanno potuto far altro che plasmare la propria vita nel crogiuolo infuocato dell’amore. Hanno desiderato ardentemente soffrire con Lui, amare sino alla fine come Lui. Con Gesù crocifissi. Perché Gesù è amore.
“Sì, Gesù è amore e l’amore è come il fuoco che consuma; l’amore è attivo e come il fuoco non è tale se non riscalda e brucia, così l’amore se non agisce, se non soffre e non si sacrifica, non è amore”15.
Quest’amore ho visto anch’io bruciare “il cuore e il braccio” di tante sorelle e fratelli della mia Famiglia religiosa… A loro giunga il grazie più bello, quello di Maria che nel Magnificat canta così:

di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono
16(lo amano!)”.

Per l’équipe di pastorale
giovanile e vocazionale

Sr. Erika di Gesù


1 S. Lyonnet, La carità pienezza della legge secondo san Paolo, Roma 1969, 53.

2 Cf. 1Gv 1,1-4.

3 “Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a movi come colui che serve”. Lc 22,27.

4 “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35).

5 VC 75.

6 VC 75.

7 M. Speranza Di Gesù, Consigli pratici, Collevalenza 2004, 134.

8 V. Mannucci, Sinfonia dell’amore sponsale. Il Cantico dei cantici, Firenze 1983, 96.

9 Cf. V. Mannucci, Sinfonia dell’amore sponsale. Il Cantico dei cantici, Firenze 1983, 27-28.

10 Cf. V. Mannucci, Sinfonia dell’amore sponsale. Il Cantico dei cantici, Firenze 1983, 96.

11 C. De Ambrogio, Il Cantico dei cantici. Meditazioni alle claustrali, Assisi 2003, 179.

12 Cf. Gn 2,18. Bibbia TOB, Torino 2001, 47, nota o.

13 Cf. V. Mannucci, Sinfonia dell’amore sponsale. Il Cantico dei cantici, Firenze 1983, 97-98.

14 “Poiché il Signore tuo Dio è fuoco divoratore, un Dio geloso” (Dt 4,24).

15 M. Speranza Di Gesù, Consigli pratici, Collevalenza 2004, 135.

16 Lc 2,50.

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ultimo aggiornamento 21 aprile, 2005