STUDI
 

a cura di: Il Papa Benedetto XVI    
Card. López Trujillo    
Mons. Gianfranco Ravasi    
Ludica Bellaspiga    

 

ATTACCO ALLA VITA

Nel mondo un aborto ogni 4 minuti

 

 

 

 

Il cardinale López Trujillo
afferma che l’aborto è diventato un massacro di dimensioni enormi

L’aborto è diventato un «massacro di dimensioni enormi».
Le «vittime innocenti» ormai hanno superato i cinquanta milioni all’anno. Forte denuncia del cardinale Alfonso López Trujillo secondo il quale «tante donne oggi» dopo un aborto «non hanno neanche un senso di colpa».
Il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, in una lunga intervista all’agenzia vaticana «Fides», che dedica un approfondito dossier al tema della difesa dell’embrione ripreso il giorno 28 dicembre scorso con vigore da papa Ratzinger, afferma: «Sebbene la storia abbia da sempre conosciuto il crimine dell’aborto e dell’infanticidio, questa è un’epoca nella quale il massacro acquista dimensioni enormi, provocando un numero immenso di vittime innocenti, che forse va già al di là dei 50 milioni annui, poiché si devono considerare aborti anche quelli procurati dalla Ru 486».
Secondo il porporato «Le cosiddette pillole del giorno dopo, quando non impediscono che lo spermatozoo si unisca all’ovulo, agiscono successivamente, dopo l’unione dei gameti, e impediscono l’annidamento, cosa che a volte accade anche con le pillolecontraccettive».
Malgrado l’allarme per la situazione, il cardinale registra come «fortunatamente in alcune nazioni che, in tempi diversi, hanno promulgato leggi abortiste e permissive, oggi si riflette di più, come nel caso dell’Italia».
Il 41 per cento della popolazione mondiale vive in Paesi dove la pratica è stata legalizzata e può essere fatta su richiesta della donna. In Europa i cambiamenti recenti più marcati.
Ogni anno nel mondo si praticano 46 milioni di aborti, 367 al giorno, uno ogni 4 minuti. Sono queste le cifre della nuova «strage degli innocenti» secondo le cifre ufficiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, rilanciate da un dossier sull’aborto nel mondo di cui l’agenzia Fides ha pubblicato ieri la prima parte.
Il dato messo in evidenza dal rapporto dell’agenzia è la «tendenza mondiale alla liberalizzazione dell’aborto», ciò che prosegue un trend già evidente nella seconda metà del XX secolo, che ha visto «l’interruzione volontaria della gravidanza legalizzata in molti Paesi». Attualmente - afferma ancora Fides - circa il 41% della popolazione mondiale vive in Paesi dove l’aborto è legale a richiesta della donna (entro un certo termine o senza restrizioni temporali) e un altro 39% - principalmente nel Terzo Mondo - in Paesi «dove l’interruzione della gravidanza è autorizzata solo nel caso in cui la vita o la salute della donna si trova minacciata».
Particolare attenzione è dedicata all’America Latina, il Continente al centro di una vera e propria battaglia per la liberalizzazione dell’aborto, che peraltro rappresenta la prima causa di morte materna, secondo un’indagine effettuata nel 2004 dall’Organizzazione Panamericana della Salute (Ops) e riportata da Fides. In Cile, ad esempio, più del 40% di tutte le morti materne avvengono in seguito ad un aborto.
Proprio in queste settimane il Parlamento brasiliano sta discutendo una proposta di legge che intende legalizzare l’aborto su richiesta fino al nono mese, mentre due settimane fa la Corte Suprema della Colombia ha respinto un primo ricorso contro la legge che vieta l’interruzione volontaria della gravidanza in ogni caso. Attualmente in tutti i Paesi dell’America Latina l’aborto è limitato o vietato del tutto. Unica eccezione significativa è Cuba, dove l’aborto è legale dal 1965 ed è vietato solo quando è praticato a scopo di lucro o quando non c’è l’assenso della madre.
Ma seppure le leggi non lo permettano, la punibilità dell’aborto nei Paesi latino-americani è vanificata - spiega Fides - dal prerequisito ritenuto indispensabile alla prosecuzione penale, ovvero la «prova legale di gravidanza», cosa molto difficile da dimostrare.
Il rapporto di Fides prende poi in esame l’Europa dove negli ultimi decenni si sono registrati i più significativi cambiamenti legislativi nel senso della liberalizzazione dell’aborto: è il caso della Francia, dove la depenalizzazione è avvenuta già nel 1975 e progressivamente le maglie si sono allargate fino all’approvazione della legge 588 del 2001 che fissa la libertà di aborto fino a 12 settimane, con la possibilità di praticare quello terapeutico fino alla fine della gravidanza.
La storia più antica di legalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza spetta comunque alla Danimarca, dove dal 1937 è ammessa in caso di malformazione del feto o per gravidanza susseguente a violenza carnale, ma dove già in precedenza era permessa per motivi terapeutici. Dal 1956 al 1970, tuttavia, «sono stati contemplati altri tipi di motivi, come ad esempio avere più di 4 figli o un’età superiore ai 38 anni».
Caso particolare, parzialmente in controtendenza, è quello della Polonia, dove l’aborto era legale durante l’era comunista. Il crollo del regime filo-sovietico ha coinciso con il tentativo di limitare le possibilità di ricorrere all’aborto: nel 1990 un primo decreto del governo spostava ai medici e allo psicologo la valutazione sui rischi della salute per la madre, mentre una legge del 1993 eliminava le ragioni socio-economiche dai motivi che consentivano l’accesso all’interruzione della gravidanza. Un nuovo cambiamento di governo portava però nel 1995 a riaprire di nuovo le maglie, consentendo la pratica dell’aborto fino a 12 settimane «in caso di precarie condizioni di vita».
(Av nr 305/XXXVIII - 29/12/2005)

«Nell’embrione informe Dio vede già l’uomo»

Così ha ribadito il papa Benedetto XVI° nell’Udienza generale del 28 dicembre 2005, commentando il Salmo 138, 13-24 -: O Dio, tu mi scruti e mi conosci:

13 Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
14
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio, sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in fondo.
15
Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra.
16
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro, i miei giorni erano fissati, quando ancora non ne esisteva uno.
17
Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio;
18
se li conto sono più della sabbia, se li credo finiti, con te sono ancora.
19
Se Dio sopprimesse i peccatori! Allontanatevi da me, uomini sanguinari.
20
Essi parlano contro di te con inganno, contro di te insorgono con frode.
21
Non odio, forse, Signore, quelli che ti odiano e non detesto i tuoi nemici?
22
Li detesto con odio implacabile come se fossero i miei nemici.
23
Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri.
24
vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita.

La riflessione sul Salmo 138 ha offerto al Papa lo spunto per ribadire che fin dall’inizio, quando l’essere umano è ancora informe nell’utero della mamma, "gli occhi amorevoli di Dio" si posano su di lui e già vedono "tutto il suo futuro".

1. In questa Udienza generale del mercoledì dell’Ottava di Natale, festa liturgica dei Santi Innocenti, riprendiamo la nostra meditazione sul Salmo 138, la cui lettura orante è proposta dalla Liturgia dei Vespri in due tappe distinte. Dopo aver contemplato nella prima parte (cfr vv. 1-12) il Dio onnisciente e onnipotente, Signore dell’essere e della storia, ora questo inno sapienziale di intensa bellezza e passione punta verso la realtà più alta e mirabile dell’intero universo, l’uomo, definito come il «prodigio» di Dio (cfr v. 14). Si tratta, in realtà, di un tema profondamente in sintonia con il clima natalizio che stiamo vivendo in questi giorni, nei quali celebriamo il grande mistero del Figlio di Dio fattosi uomo per la nostra salvezza.
Dopo aver considerato lo sguardo e la presenza del Creatore che spaziano in tutto l’orizzonte cosmico, nella seconda parte del Salmo che meditiamo oggi, gli occhi amorevoli di Dio si rivolgono all’essere umano, considerato nel suo inizio pieno e completo. Egli è ancora «informe» nell’utero materno: il vocabolo ebraico usato è stato inteso da qualche studioso della Bibbia come rimando all’«embrione», descritto in quel termine come una piccola realtà ovale, arrotolata, ma sulla quale si pone già lo sguardo benevolo e amoroso degli occhi di Dio (cfr v. 16).

2. Il Salmista per definire l’azione divina all’interno del grembo materno ricorre alle classiche immagini bibliche, mentre la cavità generatrice della madre è comparata alle «profondità della terra», ossia alla costante vitalità della grande madre terra (cfr v. 15).
C’è innanzitutto il simbolo del vasaio e dello scultore che «forma», plasma la sua creazione artistica, il suo capolavoro, proprio come si diceva nel libro della Genesi per la creazione dell’uomo: «Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo» (Gn 2,7). C’è, poi, il simbolo «tessile», che evoca la delicatezza della pelle, della carne, dei nervi «intessuti» sullo scheletro osseo. Anche Giobbe rievocava con forza queste e altre immagini per esaltare quel capolavoro che è la persona umana, pur percossa e ferita dalla sofferenza: «Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni parte… Ricordati che come argilla mi hai plasmato… Non mi hai colato forse come latte e fatto accagliare come cacio? Di pelle e di carne mi hai rivestito, d’ossa e di nervi mi hai intessuto» (Gb 10,8-11).

3. Estremamente potente è, nel nostro Salmo, l’idea che Dio di quell’embrione ancora «informe» veda già tutto il futuro: nel libro della vita del Signore già sono scritti i giorni che quella creatura vivrà e colmerà di opere durante la sua esistenza terrena. Torna così ad emergere la grandezza trascendente della conoscenza divina, che non abbraccia solo il passato e il presente dell’umanità, ma anche l’arco ancora nascosto del futuro.
Noi ora vorremmo affidarci alla riflessione che san Gregorio Magno, nelle sue Omelie su Ezechiele, ha intessuto sulla frase del Salmo da noi prima commentata: «Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro» (v. 16). Su quelle parole il Pontefice e Padre della Chiesa ha costruito un’originale e delicata meditazione riguardante quanti nella Comunità cristiana sono più deboli nel loro cammino spirituale.
Costoro, pur non costituendo la parte più perfetta, dell’edificio spirituale della Chiesa, vi «vengono tuttavia annoverati... in virtù del buon desiderio. È vero, sono imperfetti e piccoli, tuttavia per quanto riescono a comprendere, amano Dio e il prossimo e non trascurano di compiere il bene che possono. Anche se non arrivano ancora ai doni spirituali, tanto da aprire l’anima all’azione perfetta e all’ardente contemplazione, tuttavia non si tirano indietro dall’amore di Dio e del prossimo, nella misura in cui sono in grado di capirlo. Per cui avviene che anch’essi contribuiscono, pur collocati in posto meno importante, all’edificazione della Chiesa, poiché, sebbene inferiori per dottrina, profezia, grazia dei miracoli e completo disprezzo del mondo, tuttavia poggiano sul fondamento del timore e dell’amore, nel quale trovano la loro solidità» (2,3,12-13, Opere di Gregorio Magno, III/2, Roma 1993, pp. 79.81).
Il messaggio di san Gregorio diventa, allora, un invito alla speranza rivolto a tutti, anche a coloro che procedono con fatica nel cammino della vita spirituale ed ecclesiale.

 

Quell’«informe» è il prodigio di Dio

Il biblista Mons. Gianfranco Ravasi spiega il salmo 138: «L’unico in cui è esplicitamente nominato l’embrione umano». Un testo in cui «Dio palesa tutta la sua maternità»

Di Lucia Bellaspiga ha così raccolto una intervista a Mons. Gianfranco Ravasi.

Un salmo «straordinario», dove - unico esempio in tutta la Bibbia - viene esplicitamente nominato l’embrione umano; dove Dio, anziché nelle altezze, viene cercato nella profondità, nell’intimità, persino nel buio; dove l’utero è la galleria sotterranea che la donna offre come spazio all’azione fecondatrice di Dio; e dove il Creatore è madre, più che padre. «Un testo assolutamente unico, affascinante per i suoi frequenti contatti con le antiche culture dell’Oriente», dice monsignor Gianfranco Ravasi, biblista e prefetto della Biblioteca Ambriosiana.

«Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto... ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi...»: è chiaro il riferimento all’embrione, nonostante la traduzione poco letteraria.

Il termine che è stato tradotto con "informe", cioè la parola ebraica "golmì", in realtà significa "qualcosa di arrotolato su se stesso", ripiegato in posizione fetale. In questa immagine c’è l’idea primordiale dell’essere umano nel suo costituirsi e dello sguardo di Dio che lo vede nell’intimità assoluta del grembo, nella vita al suo minimo.

Il salmo va avanti dicendo che, quando l’essere umano è ancora soltanto un «golmì», un embrione, la sua intera esistenza è però già scritta nel libro di Dio, il suo futuro è stabilito... La Bibbia qui sottolinea che embrione e adulto non sono che «fasi» di una sola persona, dunque. "Tutto era scritto nel tuo libro: i miei giorni erano fissati quando ancora non ne esisteva uno...". È la seconda grande intuizione del salmo 138: Dio conosce già nell’interno di questa creatura minima tutta la storia dell’uomo che nascerà, guarda già tutto il suo destino, glorioso o infame. L’attenzione qui è posta sul fatto che una vita all’origine è già l’intero arco della sua esistenza.

Contrariamente a quanto si vorrebbe sostenere quando si nega all’embrione il fatto di essere già la persona che verrà al mondo.
Oggi spesso è visto come un brandello di esistenza a compartimenti stagni, invece tutta la realtà è un progetto d’insieme: in questa luce si esalta nell’inizio già la totalità, il seme ha già tutte le potenzialità successive. La creatura è un progetto finalizzato e unitario, non una mera tappa biologica. E il "golmì", l’essere arrotolato su se stesso, è una sequenza che poi si srotolerà.

Come un Dna spirituale... Il commento del Papa, poi, insiste sul simbolismo utilizzato per definire la formazione dell’essere umano nel grembo della madre: l’opera del vasaio, del tessitore... Immagini già diffuse in altri luoghi biblici e non solo.
È proprio questo il terzo motivo che rende suggestivo il salmo in questione. Innanzitutto si dice che l’embrione è "intessuto" nelle profondità della terra, ma la traduzione letterale sarebbe "ricamato", perché la trama della pelle umana ha mille configurazioni, proprio come un pizzo stupefacente. Qui c’è l’idea del corpo come di un abito regale che Dio confeziona...
Nessuna connotazione negativa, dunque? Visto così il corpo sembrerebbe anzi qualcosa di mirabile ed elevato, possibile?
È proprio così: la concezione piuttosto ascetica e ostile al corpo nasce in tarda epoca cristiana e per influsso greco, ma per la Bibbia noi non abbiamo un corpo, noi siamo un corpo, non distinto dall’anima. Non si assegna importanza alla materialità, dunque, ma alla persona intera, la cui spiritualità è custodita nel corpo.

L’altra metafora ricordata dal Papa è quella del vasaio.
Il salmo è stato tradotto "non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto", dove in ebraico si diceva "plasmato". Un concetto presente in molte culture e religioni orientali. Ad esempio in Egitto nella cella sacrale del tempio di Luxor è rappresentata la moglie del faraone con il ventre incinto e dentro, come ai raggi X, si vede un tornio: è il simbolo del dio Khnum, il dio artigiano, il dio creatore, che plasma corpo e anima del faraone. È interessante vedere come il grembo sia della madre ma in esso è in azione il dio... Lo stesso avviene nel salmo 138, che inizia con la vicenda di un uomo che cerca di scappare da Dio ("Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza?"), ma non riesce perché Dio è onnipresente e onnisciente ("se salgo in cielo là tu sei, se scendo negli inferi eccoti... nemmeno le tenebre per te sono oscure e la notte è chiara come il giorno..."). È come se l’autore ci dicesse che Dio perlustra anche il grembo della madre, che lì il Creatore opera e ci conosce. Anche nel Libro di Geremia, Dio dice al profeta "prima di formarti nel grembo io ti conoscevo". E in Isaia dice al suo popolo "voi, portati da me fin dal grembo materno": qui c’è Dio rappresentato come una donna incinta.

Una sorta di «Dio madre» così lontana dalla nostra concezione «maschile» di Dio...
Si dovrebbe cambiare molto dell’antropologia "maschilista" corrente. Noi usiamo solo metafore maschili, parliamo di "paternità di Dio", invece almeno 60 aggettivi di Dio nella Bibbia sono al femminile: esiste chiara una maternità di Dio e più di 260 volte si parla di "viscere materne" del Signore. Anche nel Corano tutte le sure iniziano con lo stesso attributo, erroneamente tradotto con "il misericordioso": in realtà Allah è "il viscerale", colui che ama i propri figli come una madre. Cito ancora Isaia: "Può una madre dimenticare un figlio nelle sue viscere? - chiede Dio -. Io non ti dimenticherò mai, Israele".

Il Papa ha scelto il salmo che nell’«informe» esalta lo sguardo attento di Dio.
È l’esaltazione della fisicità della nascita, dell’architettura complessa all’origine dell’essere umano, visto non solo come fatto biologico ma anche nel suo aspetto estetico. La visione è delicata, poetica: e l’essere in formazione è chiamato "prodigio". (Av nr 305/XXXVIII - 29/12/2005)

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ultimo aggiornamento 23 gennaio, 2006