ESPERIENZE

 

Il Tarlo

 

Sono una abbonata al mensile L’AMORE MISERICORDIOSO. Leggendo alcuni vostri articoli in difesa della vita, ho riflettuto su chi rifiuta la vita nascente, senza una plausibile giustificazione, soprattutto quando chi lo fa non è indigente o sofferente o troppo giovane ma addirittura ha un’età matura, una buona cultura, una buona reputazione e anche un discreto benessere (questo è il mio caso). E il mio caso non è certo il solo se, sfogliando la rivista Gente qualche tempo fa, ho avuto modo di leggere un articolo in cui K. R., già affermata e famosa, concedendo un’intervista, rivelava di aver deciso di interrompere una gravidanza poco prima di sposarsi con P. B.
Allora all’improvviso ho composto questa poesia che, se Lei ritiene opportuno, potrebbe inserire tra le pagine del vostro mensile, con la speranza che alcune persone come me meditino su ciò che capita poi a chi prende insane decisioni che, col passare degli anni, pesano come macigni e lasciano nell’animo un dramma nascosto, un’antica colpa, accuratamente celata, una logorante sofferenza ed un interrogativo che non può trovare una risposta di fronte ad una decisione grave ed ingiustificabile.
Se ritiene il tutto banale, lo strappi e lo cestini; mi perdoni perché non firmo la presente e preferisco rimanere nell’anonimato; da questo vede che non ho superato questo dramma che è tutto mio, che non condivido con nessuno e per il quale – io penso – che non ci possa mai essere una via d’espiazione.
Vi sono grata per quanto la Rivista procura sollievo e rafforza la fede in Dio misericordioso.

12 aprile 2006

Gettato un amore ambito
il vuoto ho costruito:
ho chiuso gli occhi al cuore
mentre la vita muore.
Ho seguito l’egoismo
e non ho dato spazio all’altruismo,
così l’impulso ti travolge
e poi il pentimento ti sconvolge.
Convinta che la vita è dolore
la porta ho sbarrato all’amore.
Dell’essere non ho mai colto il bene
ed un bambino in tarda età non conviene;
da sola, travolta da questo folle appiglio,
confusa, incosciente, l’insana decisione piglio,
forse, sconvolta dal peso derivato per il figlio adottato,
alla mia angelica creatura ho rinunciato,
anche s’era un sogno tanto vagheggiato.
Sorretta da sconosciuta mano, di soppiatto,
ho compiuto il folle misfatto.
Gratis una vita si può annullare
grazie a chi per professione la morte sa dare.
Liberata dall’ingombrante peso
non mi rendo conto che un sì grande affetto è leso.
Il poi assai mi pesa
e non c’è possibilità di resa;
alla nefanda esperienza
segue perenne sofferenza.
Vano il pentimento
e requie non trovo in alcun momento:
il terribile lutto
mi annienta del tutto.
Nel caos della vita, poi, la maschera ho indossato
per coprir l’errore ingrato che non può esser giustificato.
Ma non può trovar pace
chi il delitto tace:
un tarlo mi opprime
e nulla più mi redime.
Ad anni ed anni di distanza
non trovo giustificazione
se non profonda delusione.
Oh, mio etereo simbolo di vitalità
che felice sei nell’aldilà
non puoi capire della vita l’umana irresponsabilità.

 

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ultimo aggiornamento 09 giugno, 2006