ESPERIENZE

 

    Paolo Risso     

 

Questo è il libro, "Storia di un passerotto… e altre sedici storie vere" scritto da Paolo Risso, presso E. Boninsegna, Verona, 2004. Il titolo è dato dall’ultima storia della raccolta, che qui pubblichiamo.

 

 

Storia di un passerotto

 

 

Nella primavera del 1956, Paolo si preparava alla Cresima: andava al catechismo cinque volte alla settimana, dal lunedì al venerdì. Il suo parroco si prendeva il lusso di farglielo lui il catechismo, lui in persona. Erano dodici i ragazzi che, avendo il parroco come catechista, si sentivano dei privilegiati.
Paolo si impegnò a fondo, studiando e cercando di "fare il bravo" con più impegno e serietà del solito, consapevole che sarebbe diventato, come allora si diceva: "soldato di Gesù Cristo".
Finalmente venne il giorno della Cresima. Arrivò il Vescovo con l’abito rosso. Salì all’altare, e iniziò la S. Messa, nella bella chiesa, consacrata il giorno prima.

 

Il cresimato: uno che aiuta Gesù

Alla predica, parlò chiaro e forte, col cuore di chi è appassionato di Gesù. Usando il singolare, perché ogni bambino sentisse come rivolte a lui le sue parole, disse cose che Paolo non dimenticò più:
"Non vergognarti mai di Gesù. Amalo con tutto il cuore e cerca di farlo amare. Fa in modo che tutti quelli che incontri, comprendano dalla tua vita e, quando serve, anche dalle tue parole, che si può essere felici solo per mezzo di Lui, accogliendo e vivendo il suo Vangelo".
Il Vescovo scese solenne in mezzo alla chiesa e segnò con il Sacro Crisma ciascuno dei ragazzi, più di cento, vestiti a festa, mentre le campane dicevano col loro suono, che anche in cielo si faceva festa. Una grande gioia.
Sulla piazza della chiesa, il Vescovo – che si chiamava Giacomo e che Gesù avrebbe chiamato "figlio del tuono", come ha fatto con i due fratelli Apostoli Giacomo e Giovanni – volle salutare uno per uno i cresimati.

 

Come un papà

Quando fu la volta di Paolo, il Vescovo lo abbracciò con tanto calore e gli disse: "Come ti chiami, passerotto?".
Paolo diventò rosso in volto più dell’abito del Vescovo e disse piano il suo nome. E il Vescovo lo benedisse.
Cinque anni dopo, una domenica di settembre, il Vescovo tornò per amministrare la Cresima. Paolo che allora aveva 14 anni, andò a mettersi vicino al Vescovo, con la speranza di riuscire a salutarlo e a parlargli.
Il Vescovo, mostrando una memoria formidabile, lo abbracciò di nuovo, si ricordava ancora di lui e gli chiese: "Come stai, passerotto?".
Paolo fu felice di sentirsi chiamare come cinque anni prima, tanto più perché a dire quella parola, che esprimeva tanta tenerezza, era quel Vescovo abituato a parlare chiaro e a "tuonare" forte contro il peccato e contro la menzogna.
Quell’uomo di Dio, dunque, non era solo un soldato che sapeva combattere con coraggio le battaglie del suo Signore, ma sapeva essere anche un papà. La sua forza già la conosceva, ora ne sentiva anche la dolcezza.
"Passerotto" era una parola che esprimeva affetto paterno e che lo fece sentire amato dal suo pastore. Talvolta anche una sola parola o un sorriso valgono più di mille discorsi che lasciano il tempo che trovano.

 

Un incontro imprevisto

Passarono altri tre anni. Un giorno, il 14 gennaio 1964, festa di S. Ilario, patrono del Seminario della città, ormai diciassettenne, Paolo, tornando da scuola, incontrò proprio sulla piazzetta del Seminario il Vescovo che stava rientrando nel suo appartamento. Fu un incontro indimenticabile.
Il Vescovo, incredibile, ma vero, gli domandò: "Come stai, passerotto?". Paolo arrossì e gli rispose: "Bene, e lei? Ma come fa a ricordarsi ancora di me? E poi io non sono più un passerotto, ormai sono grande: frequento la terza superiore". E il Vescovo, serio: "No, tu non devi diventare grande, tu devi restare piccolo, piccolo. Anche il tuo nome significa "piccolo". Vedi, io sono Vescovo per te, ma davanti a Dio sono anch’io un bambino. Promettimi, che tu nella tua vita vorrai essere sempre un passerotto piccolo, uno scricciolo, che si muove però solo per Gesù".
Paolo si trovò con il volto sulla spalla del Vescovo, in un caldo abbraccio:
"Porta i miei saluti al tuo Parroco, e raccomandagli di pregare per me. E anche tu non dimenticarmi nelle tue preghiere, Sulle spalle di noi Vescovi pesano grandi responsabilità, per questo abbiamo tanto bisogno che molti preghino per noi".
Gli anni passarono veloci. Ormai Paolo era diventato uomo, ma non dimenticò mai quell’incontro e quello scambio di battute con il suo Pastore.
Con poche parole affettuose il suo Vescovo aveva tracciato il programma della sua vita: anche coi passare degli anni avrebbe dovuto restare un "passerotto- e vivere e volare solo per Gesù.

 

Una storia toccante

Un giorno Paolo si ricordò di una storia bellissima e toccante che la maestra aveva letto in classe, suscitando commozione in tutti i bambini, quando era in prima elementare e che ora rítrovava su un’antologia della prima media dove, diventato professore, insegnava da alcuni anni.
L’aveva narrata la scrittrice svedese Selma Lageriof.
Quando il venerdì Santo Gesù fu caricato della croce, un "passerotto’ grigio, volando, passò accanto a Lui.
Fu colpito dalla sovrumana bellezza di quell’Uomo e nei suoi occhi notò un’immensa bontà. Provò subito una grande compassione per Lui: che aveva fatto di male per meritare un trattamento così dìsumano?
Lo vide strattonato, colpito, offeso e sputacchiato e lo seguì commosso e triste fin sul Calvario, dove fu inchiodato su quella croce senza pietà. Tutto attorno la folla: chi guardava curioso, chi rideva, chi urlava e imprecava felice di vederlo soffrire e morire in quel modo.
Anche il Cielo partecipava a quel dramma, perché da mezzogiorno il sole si era oscurato e fatto triste.
Lui, povero "passerotto`, non si dava pace ... Ma non poteva far nulla per Gesù. Ebbe allora un’idea. Volando, si avvicinò al suo capo coronato di spine e, con il beccuccio, cominciò a strappargliele una a una, finché poté. Dopo un forte grido, vide Gesù reclinare il capo e spegnersi a questa vita.
Allora fuggì via impaurito con il cuore che batteva forte. Si accorse che aveva il petto macchiato di rosso: il Sangue di Gesù, sgorgato dal suo capo ferito, aveva intriso le sue piume di colore purpureo. Provò a lavarsi alla prima sorgente, ma, segnato da quel Sangue, il suo petto rimase rosso per sempre.
Ne provò una grandissima gioia e, da allora, i suoi compagni lo chiamarono "pettirosso". Lui si sentì felice di aver confortato l’agonia di Gesù. Ma più grande fu la sua gioia quando, tre giorni dopo, lo vide uscire dal sepolcro, più bello del sole.
Era felice di essere diventato un uccellino speciale, era il "passerotto" di Gesù, anzi il pettirosso di Gesù. Anche i suoi piccoli, alla prima nidiata, nacquero così, segnati per sempre dal Sangue del Signore.

"Se non diventerete come bambini…"

Paolo ormai adulto, ricordando la parola del suo Vescovo e rileggendo la bella storia del pettirosso, comprese più a fondo le parole del Signore "Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli". A questo programma di vita, tracciatogli dal suo Vescovo, quand’era ancora bambino, ha cercato di ispirarsi Paolo.
Amare Gesù e amarlo con il cuore di un bambino, senza la falsa grandezza ispirata dalla superbia, senza le complicazioni della mente di tanti adulti, senza il fango che si deposita nell’anima quando il vizio prende il posto della virtù, con la freschezza che fiorisce solo in un’anima che vive in grazia di Dio.
Gli anni sono passati, la vita è scorsa velocemente, ma, nonostante le molte infedeltà, il programma di Paolo è ancora quello: conservare il cuore di un bambino.
Un cuore che, come quel passerotto diventato pettirosso, cerca di consolare l’Amore… non amato da un mondo che cerca le proprie gioie nelle cisterne screpolate delle proprie passioni e non nel Cuore di un Dio che trabocca di amore per ognuna delle sue creature…
Un cuore, che pur non risparmiato dal dolore, è colmo di pace e di riconoscenza verso un Dio che sa colorare di giovinezza anche la nostra vecchiaia.
Quanto Paolo ci sia riuscito, nemmeno lui lo sa, lo sa solo il Signore. Ma di una cosa è certo: dopo tanti anni, non ha ancora rinunciato al suo ostinato proposito di amare Dio e i fratelli… con il cuore di un bambino.

(dal libro di P. Risso, Storia di un passerotto…
e altre sedici storie vere, E. Boninsegna
Via Polesine, 5, 37134 Verona).

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ultimo aggiornamento 18 dicembre, 2006