ESPERIENZE

 

    Paolo Risso

 

 

La vita come inno a Cristo:
Don Giuseppe Cagno

 

 

Lo conobbi nel 1962 quando già superava gli 80 anni. Piccolo, curvo, canuto, appoggiato al suo bastone. Entrava in "S. Secondo" di Asti, con il Rosario tra le mani. Genufletteva davanti al Tabernacolo, a fatica, ma toccando il pavimento con il ginocchio, guardava a Gesù con uno sguardo carico di fede e di amore. Gli si vedeva negli occhi il desiderio di vederlo faccia a faccia così come Egli è, ma di fatto, egli già "lo vedeva".

 

Una Messa indimenticabile

Era il Canonico Giuseppe Cagno. Qualche istante dopo, usciva dalla sacristia, con i paramenti per la Messa. Quando saliva l’altare, dopo l’"Introibo ad altare Dei" e il Confiteor, già diventava radioso. Pareva persino più snello. A chi glielo faceva notare, rispondeva: "L’altare mi ringiovanisce. Io sto bene solo all’altare con Gesù".

Mi fermavo spesso alla sua Messa, prima di andare a scuola. Io avevo allora solo 15 anni. Ogni volta che diceva il Nome di Gesù, si inchinava e gli luccicavano gli occhi. Alla consacrazione, pur tremolando, genufletteva a lungo, quindi alzava l’Ostia santa e il Calice, contemplandoli come estasiato e pregando: "Gesù, oh Gesù mio!".

Colpiva il fatto che diceva il canone della Messa, allora tutta in latino, ad alta voce. Mi piaceva sentirlo, soprattutto quando scandiva le parole consacratorie: "Hoc est enim Corpus meum… Hic est calix Sanguinis mei…". Una volta qualcuno glielo fece notare: "Perché lei dice il canone ad alta voce, quando sa bene che si deve dire submissa voce?". Lui rispose: "Io sono sordo e voglio essere sicuro che ho detto tutto, sentendomi da solo. Hai capito? Lasciami celebrare la mia Messa come sono capace, da povero vecchio".

Da parte mia, pensavo, "Come sarebbe bella la Messa se si potesse celebrare così, ad alta voce, sentendo bene le parole di Gesù e la grande offerta del Sacrificio che Lui compie!".

Dopo la Messa, sostava in un lungo ringraziamento. Sembrava trasficurato. Così ogni mattina. Una Messa che non ho mai dimenticato. Davvero era "sacerdos propter Eucaristiam", il sacerdote tutto per la Messa.

 

La gioia d’essere prete

Giuseppe Cagno era nato ad Asti il 24 luglio 1876. Una fanciullezza cristiana in una città dove erano ancora vivi sacerdoti santi quali il Vescovo Mons. Savio, i Canonici Giuseppe Marello (oggi santo sugli altari), Sardi e Gamba, futuri Vescovi. Il ragazzo respira questo ambiente di fede e dodicenne entra in Seminario: è assai studioso e, ispirandosi a loro, vuol farsi prete colto e santo. In Seminario, Gesù diventa tutto per lui e, per sempre, sarà il suo tutto, fino all’ultimo giorno.

Il 27 maggio 1899, è ordinato sacerdote dal Vescovo diocesano, Mons. Giacinto Arcangeli. Ha 23 anni e comincia il suo ministero, insegnando in Seminario: lo farà con passione per circa 50 anni – studiando e approfondendo anche lui per primo – italiano e latino, storia e geografia, e anche francese. L’insegnamento del francese lo renderà assai popolare per la sua originalità.

Si affeziona ai suoi alunni del ginnasio, contraccambiato per la sua bontà di cuore e la sua pazienza, per il suo buon umore. Quanche volta le classi, anche in seminario, sono troppo vivaci e qualcuno abusa un po’ delle sue battute tra il serio e il faceto. Allora vola qualche ceffone, nello stile del tempo. Qualcuno dei suoi alunni, oggi 80enne, riconosce: "Era tanto buono che ci soffriva più lui a darli che noi a riceverli".

Infatti è subito pentito di essere stato "di mano lesta" e chiede scusa e dice: "Non costringetemi, figlioli, a fare cose contro la mia volontà". Prega subito intensamente: "Jesu mitis et humilis corde, fac cor meum, secundum Cor tuum".

Il latino e il francese sono "il suo forte". Il medesimo ex allievo già citato scrive: "Non era infrequente che anche nella pagina di versione latina, a sottolineare con forza un erroraccio, ci fosse un perentorio "bête" (= bestia!) con un punto esclamativo che trapassava il foglio".

Ma i seminaristi erano "obbligati" a cogliere il suo amore a Gesù, in continua crescita, una vera passione, sempre più ardente, travolgente per il divino Redentore. "Vedeva – diceva – io sono immensamete felice di essere stato amato da Gesù di un amore di predilezione: Lui mi ha chiamato e mi ha voluto suo sacerdote. Io sono povero e fragile, ma sono un’"alter Christus", un altro–Gesù. Aiutatemi tutti a esserlo davvero, sempre di più". Si commuove fino alle lacrime, ogni volta che pensa a Gesù – lo pensa in continuazione – e gli ripete mille volte al giorno: "Io ti amo"; e riflette che lui è sacerdote. Davvero la sua più grande gioia.

 

"Oh, Gesù, mio amore!"

Vuole che i seminaristi amino Gesù, che siano ardenti di amore a Gesù.

Vuole che tutti amino Gesù e non si dà pace perché c’è gente che non lo ama, anzi lo odia e lo combatte. Affinché tutti amino Gesù, don Cagno prega e prega senza fine: la S. Messa, al centro di ogni sua giornata, celebrata come un serafino all’altare; il Breviario recitato davanti al Tabernacolo, piano, dolcemente, assaporando ogni parola; il Rosario alla Madonna, intero tutti i giorni, contemplato e vissuto: "Cristo nei suoi misteri".

Confessa e predica in duomo, nelle chiese di Asti e nelle parrocchie della diocesi, dove i parroci lo chiamano nelle occasioni più solenni: confessore e direttore spirituale che conduce le anime a Gesù. Spiega: "Gesù è tutto e di più, molto di più di quanto tu cerchi: è il maestro, l’amico, il fratello, lo sposo. Gesù è il medico, la medicina, Gesù è il Salvatore. Gesù è la risposta a ogni tua domanda. È il senso della vita. È l’unica Via al Cielo. È impossibile vivere senza di Lui. Non c’è salvezza senza di Lui. Lo comprendi questo? Se lo comprendi, inizia il paradiso sulla terra".

A tutti e a ciascuno rivolge l’invito che è un comando: "Ti devi convertire per Gesù, per suo amore. Devi farti santo per suo amore. Gesù ti vuole orante, forte, puro, ardente della sua preghiera, della sua fortezza, della sua purezza, della sua carità. Gesù deve vivere in te. Tu devi manifestare Gesù al mondo. Dobbiamo giungere, portati da Lui, in Paradiso".

Il bene che compie, solo Dio lo sa. Per crescere nell’amore a Gesù, che giustamente ritiene l’essenza della vita cristiana e sacerdotale, legge i testi più belli che parlano di Lui: studia e fruga a fondo le pagine di Vangeli, delle Lettere di S. Paolo e di S. Giovanni, le pagine più luminose di S. Ambrogio e di S. Agostino e di S. Tommaso d’Aquino, gli scritti di S. Bernardo e di S. Alfonso de’ Liguori, quindi autori come Adam, Fillion, Ricciotti. Non è mai sazio di sapere di Gesù. Le sue preghiere predilette sono gli stupendi inni a Gesù, delle feste del Nome di Gesù e di Cristo Re: Jesu, decus angelicum, Jesu, dulcis memoria, Te saeculorum Principem. Li gusta, li ripete a non finire, li insegna agli altri, come si porge dei gioielli: "Ma pensa che bello, solo Gesù è il nostro amore, perché non è anche il tuo amore?".

Di domenica, ha l’incarico dal Vescovo di portare la S. Messa nella chiesetta di Valmanera, un borgo di Asti, che don Cagno, abitando nel centro città, raggiunge a piedi. La sua chiesetta lui la vuole splendida e la chiama "ma petite basilique". Fa caldo che si soffoca d’estate! Nevica d’inverno e fa freddo! Nessuno lo ferma: don Cagno non manca mai all’appuntamento festivo con la sua comunità. Una mattina d’inverno, tutti pensano che non verrà a celebrare, ma lui arriva, puntuale, tutto innevato, dopo aver pestato e "squarciato" chilometri di neve.

"In lui – si ricorda ancora oggi – tutti ammiravano il cuore, la fantasia e la capacità di meravigliarsi sempre e ancora, proprie di un fanciullo; la trasparenza cristallina che si origina da una coscienza mai appannata da cattiveria e malizia: soprattutto ancora la gioia di essere prete".

Quando gli arriva la nomina a canonico del duomo, deve prepararsi la cappa per partecipare alla recita comunitaria dell’Ufficio divino e presenziare alle celebrazioni del Vescovo. Lo fa con il solito buon umore, l’ironia dolce-amara che lo anima. "Buon giorno, signor Canonico" – lo saluta un giovanissimo prete già suo allievo. Lui risponde: "Vedi. Io non avevo le doti per diventare canonico: non l’amplitudo ventris, perché sono magro stecchito: non ho, per grazia di Dio, l’hevetudo mentis, perché sono ancora sano di mente… Sì, ho soltanto il favor episcopi, bontà sua". L’altro commenta "beffardo": "Però! Gesù ha istituito il canonicato quando ha detto: ‘dormive et requiescite". Lui "Non è vero, per me almeno non è vero: insegno in seminario, svolgo il ministero, non perdo un attimo di tempo a fare il vagabondo. Adesso, ho cento motivi in più per amare Gesù e per farlo amare!".

 

Nel suo volto: Gesù

Fin dalla giovinezza, il Can. Cagno ha una facile vena poetica, in uno stile aulico e solenne. Nelle occasioni importanti del seminario e della diocesi, è sempre atteso con una poesia che lui legge e, se può pubblica su Gazzetta d’Asti. Allora si presenta in modo distinto e nobile, con i polsini bianchi e i "gemelli" d’oro che al gesto solenne della declamazione appassionata aggingono un tocco di eleganza chiericale e accademica.

Tra le sue poesie, ne scegliamo solo una, un vero inno a Cristo, scritto per il Congresso eucaristico diocesano del giugno 1952 a Asti. Si intitola "Il Nazareno": così lo contempla in tutta la bellezza:

"Alto, slanciato, dai capelli biondi,

con il sorriso sul labbro e una virtù

d’amor negli occhi ceruli, profondi:

umile e forte; eccovi Gesù.

Ecco il Messia che i giusti e i profeti

da secoli lontan vaticinar,

che i martiri, i santi e i poeti

de l’epiche lor gesta incoronar.

"Il difensor de’ deboli ed oppressi

che vista udito e sanità donò,

e i demoni cacciando da gli ossessi,

di satana furente trionfò.

Quei che tra folle, al Verbo estasiate,

udan le madri in santo gaudio ognor

ripeter agli Apostoli: Lasciate

che i pargoli sen vengano al mio cor.

Ei di Gerusalemme da le pendici

scese beneficando a larga man,

e Lazzaro ridiede a le infelici

sorelle in Betania non ploranti invan;

poi da osannante popolo seguito

stese la mano santa a benedir,

se ben presago che un dì alfin tradito

il Golgota feral dovea salir".

Lo vede, Gesù, appassionato, sul Calvario:

"Il dolce viso, ahimé, si trascolora

e tragico tramonto segna il fin

di quella vita, onde raggiante aurora

nunziava al mondo il Salvator divin.

Piagato il corpo, il fronte redimito

di spine: "Salve, cruentato Re"

cui la folla briaca segnò a dito

cui fragil canna qual scettro dié

"Martire del Calvario, Tu che pendi

sovra un legno di infamia e di dolor

l’antica all’uomo libertade rendi,

o Vittima d’amore in oggi ancor".

Lo celebra e lo prega trionfatore e Signore della storia, adorato nell’Eucaristia, gioia eterna dei santi in Cielo:

"Dopo tre giorni, la giudea coorte

risuscitato Te alfin vedrà,

trionfator de la sfidata morte,

Redentor de la schiava umanità.

Il virginale sangue tuo fecondo

né secoli vermiglio rifluì

e a l’Eterno un cantico giocondo

di sfera in sfera fino al ciel salì".

"Passa la storia e per il tempo edace

cadon l’opre titaniche quaggiù;

un vel d’oblio le copre, indi si tace

quanto ai mortali vano orgoglio fu

ma Tu rimani e a Te l’incenso sale

né templi tuoi, e da l’azzurro ciel

di Palestina, nel cammin mortale

in terra t’offri a quei che t’è fedel.

"Uom-Dio, ascoso sotto umani veli

che in Asti oggi passi trionfator,

accendi i cuori, drizza l’alme ai cieli,

mentre t’accoglie nuvola di fior;

e da quel Regno che di luce inondi

d’amore eterno, di Giustizia o Sol,

o Nazareno dai capelli biondi,

fa che un giorno a Te spicchiamo il vol".

Davvero nel volto del buon Canonico Giuseppe Cagno, anche consumato dagli anni, si vedeva il volto di Gesù. Era diventato un tutt’uno con Lui e a Lui, suo Paradiso, dopo aver stabilito il dono delle cornee a due non vedenti, spiccò il volo il 23 marzo 1963, a 87 anni. Una mirabil vita come inno a Cristo. Tutto cristocentrico, come tutti siamo chiamati a essere.

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ultimo aggiornamento 16 febbraio, 2007