LA MISERICORDIA DI DIO
RIVELATA NELL'ANTICA ALLEANZA
   
  P. Aurelio Pérez fam  

Con questa rubrica proponiamo di vedere la rivelazione della misericordia del Signore attraverso una selezione di pagine dell’Antico Testamento (NdR)

 

3. ABRAMO NOSTRO PADRE NELLA FEDE: UNA CHIAMATA E UN PATTO PER LA BENEDIZIONE MISERICORDIOSA DI TUTTI I POPOLI

Il peccato è una ferita mortale alla vita e alla bontà della creazione: "Dio non ha creato la morte, e non gode per la rovina dei viventi. Egli ha creato tutte le cose per l’esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c’ è veleno di morte" (Sap 1,12-14).

Le genealogie di Gen 1-11 presentano, man mano che il male si diffonde, una diminuzione progressiva degli anni di vita nelle persone, che dapprima vivono centinaia di anni, e poi sempre di meno: è come se la benedizione della vita (cf Gen 1,28) indietreggiasse si fronte all’avanzare della maledizione della morte. A questo punto Dio inventa Abramo e la sua discendenza per sempre (Lc 1,55) per far ripartire la benedizione e la vita per tutti i popoli dall’obbedienza della sua fede.

Il punto di partenza in cui Dio chiama Abramo è una famiglia di nomadi idolatri, espressione dell’inquinamento del peccato.

Se il primo peccato è stato una disobbedienza resa possibile da un venir meno della fede e del timore del Signore e ha prodotto la maledizione, la prima cosa che Dio chiede ad Abramo è l’obbedienza della fede che produce la benedizione. Nel giardino di Eden Dio chiedeva un’obbedienza-adorazione a Lui, che sia accompagnava alla comunione tra uomo e donna e al possesso del giardino-terra. Dopo l’inquinamento di queste tre dimensioni, ad Abramo Dio chiede la fede pura, quando ancora la terra e la discendenza non ci sono1 (cf Eb 11,8-14).

È importante sottolineare alcune dimensioni della chiamata di Abramo:

1. La chiamata di Dio è assolutamente libera, non segue le logiche umane. Non appare nessun titolo particolare per cui Dio chiami Abramo e non un altro. Questo si vedrà anche nella storia degli altri patriarchi, dei giudici, dei profeti. Dio sceglierà Giacobbe, il fratello minore e non Esaù il maggiore; Giuseppe, il fratello rigettato dagli altri fratelli; Gedeone, il più piccolo della tribù; Sansone da una coppia di sterili; Samuele figlio di Anna la sterile; Davide, l’ultimo dei fratelli… fino a Gesù il Cristo, pietra scartata dai costruttori, fatta da Dio pietra angolare per la salvezza di tutti.

2. La chiamata di Dio colloca Abramo in una situazione di "estraneità", cioè "lo rende straniero per sempre e questo è il cuore della fede"2.

"Per la fede Abramo, chiamato, obbedì, per andare verso un paese che egli stava per ricevere in proprietà, e uscì senza sapere dove andava. Per la fede trasmigrò verso la terra della promessa, come verso una terra d’altri, e abitò in tende" (Eb 11,8-9)

Abramo è chiamato ad essere padre nella fede per tutti i popoli, per questo non appartiene per così dire a nessun popolo. È chiamato a diventare l’uomo dell’essere e non dell’avere, per questo una certa povertà-spogliamento dalle sicurezze umane diventerà il segno della ricostruzione dell’umanità secondo il cuore di Dio.

3. La risposta di fede è un cammino, cioè la fede di Abramo non immediatamente perfetta. Egli crede in Dio e nella sua promessa ma, di fronte al ritardo nell’adempimento, tenta di introdurre una propria via umana nelle cose di Dio. Per avere una discendenza, Abramo con metodi legali genera un figlio dalla schiava Agar, mettendo Dio davanti al fatto compiuto. Può succedere anche a noi di voler far passare figli, progetti e opere che noi generiamo con la nostra sola intraprendenza umana, per "figli della promessa", per volontà di Dio.

Ancor meno esemplare è il comportamento morale di Abramo nei confronti di Sara, nelle vicende del faraone egiziano e di Abimelech (Gen 12,10-20; 20,1-18). Questo ci fa capire che Dio prende l’uomo così come lo trova, con i suoi costumi, con il suo grado di civilizzazione e di relativa moralità, non gli chiede subito una vita morale perfetta – che gli risulterebbe impossibile -, mentre fin dal principio gli chiede una fede totale, che si giochi interamente sulla parola del Signore (Gen 17,1)

3. La fiducia-amicizia con Dio fa entrare nella intercessione misericordiosa di fronte al male. Ad Abramo Dio insegna la misericordia proprio attraverso l’esperienza dell’intercessione misericordiosa che mette in atto riguardo ai terribili peccati di Sodoma e Gomorra.

"Quando Abramo chiede a Dio di salvare Sodoma non sta facendo un discorso a cui Dio non aveva mai pensato. Dio si è fermato per aspettare Abramo e quando Abramo parla non sta cercando di convincere Dio di una cosa di cui Dio non è convinto, ma sta semplicemente dicendo ciò che Dio vuole che Gli si dica per manifestare la Sua volontà di salvezza. Per questo Dio si è fermato"3.

Il discorso qui non è che il male sia relativo, tanto "alla fine Dio salva tutti". Il problema è che il male distrugge la città, perché il male è autodistruttivo, a meno che qualche innocente sia , dentro la città.

Ci chiediamo perché l’intercessione di Abramo si fermi a dieci. Il testo rimane misterioso, non dà nessuna spiegazione, dice solo che c’è un momento in cui Abramo si ferma e i due si separano.

Questo lascia aperto il testo a rivelazioni ulteriori. Andando avanti nella trama della storia della salvezza ci si accorge che ne può bastare anche uno solo. In Ger 5,1 si dice:

"Percorrete le vie di Gerusalemme, osservate bene e informatevi, cercate nelle sue piazze se trovate un uomo, uno solo che agisca giustamente e cerchi di mantenersi fedele, e allora io perdonerò a Gerusalemme, dice il Signore".

Quando poi la rivelazione arriva a dipingere il servo di Dio, colui che è il vero mediatore della salvezza, il servo sofferente (Is 52-53), si dice che lui, un giusto, uno solo basta a salvare tutto il popolo. Non dieci per una città, neppure uno per una città, ma addirittura uno per il popolo intero!

Quando poi questo servo sofferente troverà la sua realizzazione definitiva nel Signore Gesù, sarà l’UNO PER TUTTI.

La discesa iniziata da Abramo ha raggiunto la sua dimensione definitiva: basta un giusto perché tutti siano salvi. Ma un giusto che sia "là", che entri nella realtà di male e rimanga lì innocente, prendendo su di sé le conseguenze distruttive del male e trasformandolo in benedizione.

4. La fede è messa alla prova. La fede è prova perché è fede. Se non fosse prova, non sarebbe fede, perché vorrebbe dire che non serve fidarsi, che non è rapporto con l’invisibile, che Dio è perfettamente alla nostra portata. Questo Abramo lo impara soprattutto nella drammatica richiesta di sacrificare il figlio della promessa e del sorriso, colui che ama, Isacco. E’ l’estrema partenza di Abramo, il "salto della fede"4 che in lui vince la "tenerezza per il figlio" (Sap 10,5).

"Abramo è un uomo che per la fede entra nella morte e la trasforma in vita, per la fede assume il mistero della morte, il mistero dell’apparente maledizione, e nell’obbedienza della fede trasforma la morte in vita e la maledizione in benedizione, diventando in questo modo figura e anticipazione evidentissima del Signore Gesù"5.


1 Cf F.R. DE GASPERIS, Sentieri di vita I, Paoline 2005, p. 375ss.

2 B. COSTACURTA, Spiritualità dell’Antico testamento - appunti degli studenti – PUG 1994-1995.

3 B. COSTACURTA, o.c.

4 Cf S. KIERKEGAARD, Briciole di filosofia; Postilla conclusiva non scientifica; Timore e tremore. Kierkegaard definisce Abramo "il cavaliere della fede".

5 B. COSTACURTA, o.c.

 

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 29 aprile, 2007