DAGLI SCRITTI DI MADRE SPERANZA
 
“Il Tuo Spirito Madre”
    a cura di Padre Mario Gialletti fam

 

Madre Speranza di Gesù Alhama Valera nata il 30 settembre 1893 a Santomera morta in Collevalenza l’8 febbraio 1983. Fondatrice delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso e del Santuario di Collevalenza

È in corso il Processo canonico per la sua canonizzazione e il 23 aprile 2002 la Chiesa l'ha dichiarata venerabile. 

In questo anno riproponiamo alcuni brani del suo diario

 

 

Madre Speranza

"... Voglio, Gesù mio, che rafforzi le fondamenta della mia amata Congregazione con la mia vita consumata dal dolore …"

1303 Collevalenza 21 aprile 1952:  il mio dolore, in questo momento, è grande vedendo i figli e la Congregazione perseguitati; questa pena mi soffoca e con gli occhi pieni di lacrime e il cuore trafitto dal dolore ti supplico, Gesù mio, libera da queste sofferenze i figli e fa’ che la mia amata Congregazione si fortifichi sempre più con le mie sofferenze, come è avvenuto per quella delle Ancelle dell’Amore Misericordioso.

1304 Gesù mio, per questo ti chiedo molte sofferenze, angustie, croci e dolori, ma, se ti fa piacere, non permettere che mi veda separata dai figli, lasciami piuttosto vivere molto a lungo in mezzo a loro, per condividere con loro le grazie che, senza alcun mio merito, tu effondi su di me; ma non sia fatta la mia, ma la tua volontà, perché, fra i dolori, sono contenta e, col tuo aiuto, sono disposta a soffrire quello che vorrai donarmi, fosse anche la separazione assoluta dai miei figli, perché in me, Dio mio, nei figli e nelle figlie, sempre si compia la tua divina volontà.

1305 29 aprile 1952: padre Alfredo entra nel seminario di Viterbo, mentre sto a Collevalenza.

1306 Collevalenza 6 maggio 1952:  Oggi, Gesù mio, è un grande giorno perché un figlio con generosità si è offerto come vittima di espiazione per i sacerdoti deboli del mondo intero.

1307 Gesù mio, accetta la generosa vittima e, col tuo amore e la tua misericordia, perdona, dimentica e non considerare le offese di queste anime che, accecate dalla forza delle passioni, hanno dimenticato che sono a te consacrate. Fa’ che questa vittima, che oggi si è generosamente offerta per loro, corra sempre verso il dolore come un assetato e che la tua bellezza, la tua bontà, la tua misericordia e il tuo amore catturino il suo cuore e vi accendano il forte e ardente fuoco dell’amore.

1308 Concedi anche a me tanto amore, sofferenze, angustie e dolori, per poter riparare in qualche modo le offese dei poveri sacerdoti che, oppressi dal vizio o dalla passione, hanno avuto, e forse hanno ancora, la disgrazia di offenderti.

1309 Ti chiedo, come sempre, di non applicare quanto soffro o faccio in questo mondo, in riparazione delle offese che disgraziatamente ti ho arrecato io stessa; questa espiazione e riparazione, Gesù mio, conservamela per il purgatorio, poiché nell’eternità non potrò soffrire per i tuoi sacerdoti ed espiare in loro favore; ma ti prego, Dio mio, di avere pietà di me e di non mandarmi all’inferno che merito, perchè lì non ti potrei amare e forse, addirittura, in quel luogo bestemmierei mio Padre, dimenticando le tenerezze del suo amore e quanto gli sono costata; non permetterlo, Dio mio!

1310 Collevalenza 6 maggio 1952:  nonostante le mie angosce (…) ti dico, Gesù mio, che sono tranquilla e il mio cuore è sereno e, col tuo aiuto, accetto con gioia quanto sta avvenendo, insieme alle pene e alle croci che vorrai inviarmi.

1311 Però, se non ti dispiace, Gesù mio, fa’ che i figli e le figlie non soffrano, né si accorgano di questa lotta e che questi due figli non diminuiscano nel fervore della loro vocazione, anzi uniscili sempre più a te e infiamma i loro cuori nel tuo amore e nella tua carità; aiutali, Gesù mio, in questi momenti di prova.

1312 Collevalenza 7 maggio 1952:  Nonostante i miei propositi di fare e compiere la divina volontà, debbo confessarle, padre mio, che provo una pena profonda, poiché non accetto con gioia le sofferenze di questi giorni; sono molto triste e piango come una sciocca o, meglio, come un’anima che non conosce il buon Gesù e non lo ama. Ho dimenticato, padre mio, quanto Lui ha sofferto per me, quanto mi ama, le sue soavi carezze e che l’amore si alimenta col sacrificio e nessuno ha sofferto tanto come Lui.

1313 Ho dimenticato anche la mia offerta come vittima per il clero e così temo che la mia sofferenza, invece di essere di sollievo per queste povere anime, non sia servita ad altro che ad offendere il buon Gesù.

1314 Padre mio, preferisco morire anziché offendere il mio Dio o smettere di fare la sua divina volontà; voglio sempre farlo contento; voglio vivere solo per amarlo e, unita a Lui, vivere soffrendo e morire amando.

1315 Mi aiuti, padre mio, a togliere da me tutto ciò che dispiace al buon Gesù e preghi perché sia sempre felice nel dolore, certo che chiederò le stesse cose per lei.

1316 Le chiedo anche di pregare molto per la nostra amata Congregazione, perché si fortifichi nelle prove e, anche se combattuta dall’invidia, non sia sopraffatta da questa zizzania, ma se ne serva per fortificarsi e crescere come albero gigantesco.

1317 Non credo sia necessario chiederle di pregare per padre Alfredo e per il povero padre Giovanni che desidererei vedere morto anziché fuori dalla Congregazione, circondato da tanti pericoli.

1318 Collevalenza 8 maggio 1952:  Non posso nasconderle, padre, che sono invasa da una grande pena vedendo perseguitati i miei poveri figli, subdolamente, da chi dice e pretende far vedere che li aiuta e ama la Congregazione, mentre non la difende, né mette in atto i mezzi per fortificarla perché non sia abbattuta dall’uragano della persecuzione, ora che si trova fragile per il poco personale, giovane e tanto inesperta nella vita spirituale.

1319 Oggi, padre mio, dentro di me si è scatenata una grande bufera, vedendomi comparire davanti questa persona che si atteggia ipocritamente a padre; meno male che Gesù mi ha mostrato subito quello che fece Lui quando gli si avvicinò il figlio disgraziato che stava per tradirlo, e così, col suo aiuto, sono stata capace di controllarmi e mi sono sforzata per nascondere a questo tale quello che stavo provando.

1320  Ma a lei debbo dire che credo proprio di aver disgustato il buon Gesù, lasciandomi sopraffare da un sentimento di irritazione e non so se sono arrivata anche all’ira quando questa persona mi ha detto che era venuta per vedere se ero serena e subito dopo mi ha chiesto quali impegni avevo preso con le famiglie degli apostolini che avevo accolto in casa, nel caso si dovessero rimandare in famiglia. Che pena, padre mio!

1321 Le dico che non riesco a spiegarle il dolore di questi momenti, ma posso dire che penso di amare più di prima il buon Gesù e che ardo dal desiderio di imitarlo, di comunicare con Lui e che la mia anima esca da me per entrare in Lui. Voglio, padre, soffrire tanto, tanto per la gloria di Dio; ma vorrei soffrire da sola, senza che soffrano i miei poveri figli e figlie!

1322 Voglio, Gesù mio, che rafforzi le fondamenta della mia amata Congregazione con la mia vita consumata dal dolore.

1323 9 maggio 1952:  Oggi, 9 maggio 1952, ricevo l’ordine di sistemare le Costituzioni dei Figli dell’Amore Misericordioso inserendovi quanto si riferisce al clero secolare e di farle vedere prima ad un certo monsignore Orlando Perfetti che subito ha accettato e ha preparato una specie di Statuto per il clero secolare, i cui punti principali dovrò includere in queste Costituzioni.

1324 Tutto è stato ultimato per il 15 ottobre 1954.

1325 12 maggio 1952:  vado a Fermo, insieme a padre Gino, per far visita al Vescovo. Solo il buon Gesù ha potuto valutare il mio dolore quando, entrando da sua eccellenza, questi mi ha detto: "Madre, con rammarico le comunico che per ordine dei miei superiori non posso più aiutarla, infatti mi hanno chiesto di non immischiarmi in questa faccenda della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso, poiché la sacra Congregazione dei religiosi non è disposta a che prosegua e ben presto si scioglierà e non ci si penserà più".

1326 Soffocata dal dolore, con una prostrazione che mi impediva quasi di ragionare, ho detto al Vescovo: "D’accordo. Solo le chiedo di raccomandarmi al buon Gesù come io farò per vostra eccellenza". E per alcuni minuti siamo rimasti in silenzio, finchè gli ho detto: "Bene, eccellenza, io me ne torno a Collevalenza e se lei crede bene che porti via con me le figlie che lavorano nel collegio, sono disposta a farlo".

1327 Lui mi ha risposto: " Questo mai, poiché a Roma mi hanno molto elogiato le sue figlie; però Madre, mi dica quale è il suo ruolo con le figlie?" "quello di madre, per ognuna di esse". Ed entrambi siamo rimasti in un silenzio pesante; poi mi sono ripresa e gli ho chiesto di nuovo la benedizione e sono andata via, ma prima ancora che io uscissi dalla sala, si vede che ha chiamato ed è venuto il segretario ad accompagnarmi per scendere le scale.

1328 Padre Gino, che mi aspettava in macchina, nel vedermi si è impressionato e mi ha chiesto: "Madre, che succede?" gli ho riferito un po’ di quello che stava succedendo e lui mi ha detto: "torniamo a casa"; gli ho risposto che prima volevo passare in collegio, ma lui ha aggiunto: "a far che? Basta così!" Comunque siamo andati al collegio, perché volevo che il padre mangiasse qualche cosa e io volevo vedere le figlie.

1329 Mentre mi trovavo ancora all’ingresso dell’episcopio, dalla curia sono usciti due sacerdoti di quelli che dovevano far parte del clero secolare e con tono afflitto mi hanno detto: "Coraggio, Madre! Noi non potremo più entrare nelle sua Congregazione perchè il Vescovo ci ha informato su quanto accaduto, ma pregheremo molto il Signore perché l’aiuti e la illumini."

1330 Siamo arrivati in collegio e le figlie già erano a conoscenza di qualcosa; perchè il rettore del collegio, che era uno di quelli che dovevano entrare in Congregazione, era stato informato da sua eccellenza su quello che stava succedendo. Davanti alle figlie mi sono sforzata di apparire serena e ho chiesto loro di far mangiare il padre senza attendere l’orario del pranzo della comunità, perché dovevamo partire per Collevalenza.

1331 Mentre il padre mangiava, il rettore si è intrattenuto con me e, preso da compassione, ha cercato di sollevare il mio spirito sprofondandolo ancora di più, perchè ha detto che quanto gli aveva riferito il Vescovo, loro supponevano l’avesse appreso dal Cardinale Pizzardo.

1332 Questa notizia aumentò notevolmente la mia angoscia e il mio dolore, poiché questo Cardinale, umanamente parlando, dopo il buon Gesù, era il mio appoggio e il mio sostegno, avendomi dimostrato sempre interessamento, entusiasmo e disponibilità per aiutarmi in ogni cosa a lui possibile, riguardo alla fondazione dei Figli dell’Amore Misericordioso, che vedeva come una grande cosa per il bene della Chiesa. Ora mi veniva detto che era stato lui a dire al Vescovo queste cose. Che confusione nella mia testa e che amarezza ho provato! Il mio povero cuore ha sperimentato una sensazione così strana che mi sembrava di morire.

1333 Il padre cercava di incoraggiarmi, io invece desideravo solo che tacesse, poiché le sue parole anziché incoraggiarmi, mi scoraggiavano di più, dato che gli avevo comunicato ogni cosa perché non soffrisse.

1334 Lungo questo viaggio spesso mi è tornata in mente la preoccupazione per quello che gli altri avrebbero detto a questo proposito e della figura che avrebbero fatto i miei poveri figli. Questo tormento durò poco, perché, rivolgendomi al buon Gesù, l’ho supplicato di farmi vedere solo Lui in tutte queste situazioni, disponendo tutto per la sua gloria e per il bene della mia povera anima e di aiutarmi ad elevarmi a Lui in questi momenti, nei quali il mio amor proprio veniva ferito.

1335 Arrivati a casa, ho detto al padre che, secondo il rettore del collegio chi aveva comunicato tutte queste cose al Vescovo era stato il Cardinal Pizzardo. Questa notizia impressionò anche il padre che disse: " Madre, domani mattina stessa dovrebbe andare a parlare col Cardinale". Così si fece, e quando ho raccontato al Cardinale l’accaduto, questi mi manifestò la sua sorpresa: "non ho visto affatto questo Vescovo e nessuno potrà riferirle che io abbia detto simili cose e le ripeto di nuovo che sono disposto ad aiutarla in tutto e lei non faccia caso a ciò che quella persona le ha detto e continui a lavorare come ha fatto fino ad ora. Stia tranquilla che se avrò da dirle qualcosa, gliela dirò direttamente".

1336 Più tardi ho saputo che chi aveva comunicato tutte quelle cose al Vescovo era stato mons. Larraona, segretario della sacra Congregazione dei religiosi. Tanto io come il padre, abbiamo ringraziato il buon Gesù per il fatto che non era stata sua eminenza a comunicare tutto ciò al Vescovo.

1337 Collevalenza 13 maggio 1952:  Il giorno di ieri è trascorso in una grande angoscia fino al punto da pensare che la mia sofferenza fosse giunta al colmo; solo Gesù ha potuto valutare il dolore che ho provato quando sua eccellenza, l’Arcivescovo di Fermo, mi ha detto che non era più disposto ad aiutarmi per il momento, perché da Roma gli avevano consigliato di non immischiarsi in questa faccenda, poiché questa fondazione non sarebbe mai stata approvata e non l’avrebbero lasciata proseguire.

1338 Affranta dal dolore gli ho risposto: "va bene, eccellenza; la supplico solo di dirmi se le figlie possano continuare a restare nella sua Diocesi oppure le debbo ritirare." Lui mi ha risposto che le religiose non avevano niente a che fare con questo problema e potevano restare. L’ho ringraziato e supplicato di raccomandarmi al Signore e, profondamente addolorata, mi sono congedata da lui pregando il buon Gesù di accettare questo mio dolore in riparazione delle offese dei sacerdoti del mondo intero e per il trionfo della mia amata Congregazione.

1339 Ai due figli che mi accompagnavano, padre Gino e Giovanni, ho comunicato quello che stava succedendo, poiché eravamo andati lì con viva speranza di formarvi una comunità con i sacerdoti del clero secolare, come d’accordo col Vescovo già da alcuni mesi. I due padri hanno cercato di incoraggiarmi, ma il mio dolore era troppo grande vedendo la Congregazione sul punto di sciogliersi.

1340 Gesù mio, fa’ che questo dolore e quello di vedere i figli soli e abbattuti nella lotta, insieme alla conoscenza tua e di me stessa, favorisca sempre più l’unione intima e amorosa della mia anima col mio Dio e che in ogni momento si compia in me la divina volontà, fissando sempre te, mai quello che diranno gli uomini.

(El pan 18, hoy 1303-1340)

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ultimo aggiornamento 28 dicembre, 2007