25° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI MADRE SPERANZA

Mons. Domenico Cancian fam

Omelia di
S.E. Mons. Domenico Cancian,
vescovo di Città di Castello
8 febbraio 2008

 

Madre Speranza:
un grande dono di Dio all’umanità

 

 

Introduzione

A distanza di 25 anni la nostra Ven. Madre Speranza ci appare sempre più come un grande Dono di Dio all’umanità, alla Chiesa e alla Famiglia dell’Amore Misericordioso. Il Signore ha voluto donarci attraverso di Lei un faro di speranza fondata nella certezza di Dio, Amore Misericordioso "che nel Signore Gesù si è manifestato meravigliosamente ricco di misericordia nei confronti di ogni uomo" (Cost. art 1). Ancelle e Figli dell’Amore Misericordioso, sacerdoti, Laici dell’A.M., pellegrini, commossi benediciamo il Signore.

Anche i due santi che la Chiesa oggi ricorda, Santa Giuseppina Bakhita e S. Girolamo Emiliani, mettono in risalto la Bontà misericordiosa di Dio che si prende cura particolare di persone maltrattate. Bakhita scoprendo l’Amore del Signore trova la via della santità, Girolamo Emiliani muore nel servizio agli appestati.

Invochiamo la loro intercessione, assieme a quella della nostra Venerabile Madre, per la quale chiediamo la grazia della beatificazione, affinché noi pure possiamo avvertire sempre più lo stupore e la gratitudine per "l’eccessivo" Amore di Gesù che ora celebriamo nell’Eucaristia, invocando il perdono dei nostri peccati.

 

Omelia

La Parola di Dio ascoltata intende chiarire il significato particolare del digiuno cristiano. Sottolineo tre affermazioni.

 

Gesù è lo sposo. Quando è presente, è festa.

Così risponde Gesù a quelli che lo criticano perché i suoi discepoli non digiunano.

Poco prima Gesù si trovava a tavola con "molti pubblicani e peccatori", con tutta probabilità amici di Matteo, disonesto esattore delle tasse, chiamato a diventare discepolo di Gesù. I Vangeli evidenziano questo tratto di Gesù Amore Misericordioso, amico dei pubblicani e dei peccatori, un Gesù che ama la compagnia delle persone che solitamente vengono giudicate male e non frequentate… per non contaminarsi, come pensavano i giudei osservanti. Ai farisei che mormorano, il Maestro risponde: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori" (Mt 9, 12-13).

Gesù è il Medico, è lo Sposo e noi tutti, compresi quelli che noi chiamiamo peccatori pubblici, siamo invitati alla festa come amici suoi, anzi, come sua sposa!

È proprio questo che ha testimoniato la nostra Madre. Nella sua profonda, prolungata e singolare esperienza mistica ha capito che Gesù è Amore Misericordioso, che Gesù ha un debole: un cuore infinitamente paziente e accogliente. Per questo ripeteva stupìta dopo ogni incontro con Lui: "Quanto è buono il Signore! Quanto ci ama! Se gli uomini lo sapessero diventerebbero tutti buoni!". Come a dirci che solo conoscendo la bontà di Gesù, noi possiamo imparare ad amare.

La Madre si è sentita amata appassionatamente da Gesù: si è sentita compresa, perdonata, valorizzata in modo straordinario. Forse è questo il fondamento della sua esperienza religiosa. Ne era consapevole e diceva sempre: "È tutta opera sua. Lui si serve dei piccoli per fare cose grandi. A Lui la lode!".

Nella famosa estasi del 24 febbraio 1951 in cui Gesù le chiede la cosa più difficile, quella di fondare la Congregazione dei FAM e di accogliere come primo il giovane Alfredo di Penta che mai aveva pensato a questo, la Madre dice no. Nel suo diario annota: "Il buon Gesù mi ascoltava sereno e tranquillo tollerando, nella sua infinita umiltà, la mia sconsiderata superbia, finché trafitta nell’anima dal suo sguardo amoroso, ho detto al mio Dio: «Perdonami…». Egli mi ha perdonato e con sguardo amoroso e voce paterna mi ha detto: «Figlia mia, io non tengo conto, dimentico, perdono e ti amo tanto, tanto…». Al che ho aggiunto: «Ecce ancilla Domini»" (Diario, pp. 240-241).

L’intimità sponsale con Gesù arriva ad un’esperienza mistica davvero straordinaria riferibile al Cantico dei Cantici. Il 31 gennaio 1954, dopo aver raccontato la sofferenza grandissima di essere stata un mese senza vedere Gesù (fu questo un sacrificio offerto volontariamente da lei stessa: cf. 5 gennaio 1954), scrive nel suo Diario che era andata di notte in cappella "per conversare con più facilità con l’Amato dell’anima sua". Ad un certo punto, continua la Madre, "senza sapere come, alle quattro e mezzo mi sono ritrovata abbracciata al tabernacolo, o meglio a Lui che maestosamente mi si è presentato facendomi vedere come sta nel tabernacolo, notte e giorno, mostrando al Padre le piaghe aperte per amore degli uomini e intercedendo continuamente con queste dall’eterno Padre perdono e misericordia per tutta l’umanità … quasi sospesa in aria, Lui ed io abbracciati, mi ha fatto bere una specie di liquore che usciva dal suo costato, lasciandomi mezzo ubriaca".

Altre volte parla delle carezze che il buon Gesù le faceva (ha chiesto e ottenuto di scambiare il suo cuore con quello di Gesù!), ma allo stesso tempo delle prove, delle sofferenze atroci, delle molestie del maligno. Il Signore ha via via purificato e abbellito la sua sposa con la gioia e il dolore, tipici dell’intimità sponsale.

La Madre si è coinvolta sempre di più in quest’unico Amore della sua vita ("unico Bien de mi vida"). Basti pensare quante volte ritornano le espressioni: "Costi quel che costi voglio fare quel che piace a Gesù, voglio essere tutta sua perché – scrive nella formula di professione – unirsi a Lui e fare quel che Lui vuole è la cosa più amabile" (Diario, p.182, p.268).

L’unione con Gesù si approfondisce con la reciproca conoscenza e con la conformità della volontà della Madre a quella dello Sposo, facendo con Lui una cosa sola come Gesù era una cosa sola col Padre. "Dalle quattro alle sei (della notte del 13 marzo 1952) mi sono distratta e il buon Gesù mi ha mostrato la necessità che ho di conoscere bene sia me stessa che Lui. Dice che la conoscenza di me stessa con la conoscenza di Lui, favoriranno l’unione intima e affettuosa della mia anima con Lui … Tra la sua santità e la mia povertà vi è una connaturalità: trovo in Lui tutto quello che mi manca. Lui si abbassa fino a me per darmi il suo amore e riempirmi dei suoi doni; io vado verso di Lui come verso l’unico Signore che può perdonarmi e rimediare la mia irrimediabile debolezza assetata di felicità e di amore" (13 marzo 1952). Queste espressioni ci parlano dell’unione complementare tipica del rapporto sponsale.

 

"Quando lo sposo sarà tolto, allora digiuneranno" (Mt 9, 15)

Gesù chiarisce il digiuno cristiano principalmente come obbedire al Padre fino alla morte di croce, attraverso la quale sarà tolto brutalmente da questo mondo. La Passione-Morte di Gesù è l’obbedienza più alta a Dio e l’apice irraggiungibile del dono di sé all’altro. Tutta la vita di Gesù è da leggersi dall’angolatura del mistero pasquale.

La Madre ha sempre visto nel Crocifisso che si offre al Padre invocando perdono, l’icona della regalità di Cristo, Amore Misericordioso.

In mille modi Gesù l’ha conformata a sè, le ha fatto rivivere la passione ardente di un amore sempre più bruciante: le stimmate, le tantissime esperienze della Passione, le innumerevoli e svariate sofferenze le hanno fatto sperimentare nella sua carne e nel suo cuore quel fuoco che Gesù è venuto a portare sulla terra… Le molteplici penitenze che lei s’è cercata per far crescere quest’Amore l’hanno resa ancora più disponibile.

 

"Misericordia io voglio e non sacrificio" (Mt 9, 13)

Potremmo tradurre così: il vero sacrificio, quello che più piace a Dio, è la Misericordia, l’Amore Misericordioso.

La comunione con Gesù crocifisso è finalizzata alla carità. Gesù è salito in croce per amore nostro, per donarci il suo Spirito, per ottenerci il perdono, per portarci con sé in Paradiso.

"Grida a squarciagola, non avere riguardo … dichiara al mio popolo i suoi delitti" - dice il Signore attraverso il profeta Isaia. E poi elenca i peccati di ipocrisia, le gravi ingiustizie, le violenze, il culto esteriore come maschera e come tentativo di ingannare Dio e gli altri. Il vero digiuno cristiano consiste nella giustizia e nella carità, consiste nelle opere di misericordia, come sollevare e consolare chi è oppresso o depresso, dare da mangiare a chi non ne ha, vestire chi è nudo, "introdurre in casa i miseri, senza tetto". Allora sorgerà la luce, le ferite saranno rimarginate e soprattutto si vedrà la gloria del Signore.

È quello a cui il Papa Benedetto ci richiama con il suo messaggio per la Quaresima: imparare a vivere la misericordia negli infiniti e concreti atti di elemosina. Occorre un continuo esercizio di attenzione e di generoso aiuto fattivo agli altri per superare l’egoismo, quel far da padroni piuttosto che da fratelli, quell’imparare giorno per giorno a intendere e a vivere la vita come un dono e non come un possesso. Gesù ha fatto della sua vita un servizio e un dono totale d’Amore. Todo por amor! È qui il valore più alto dell’esistenza. (Pensiamo quanto questo principio potrebbe cambiare la storia, la cultura, la politica, le relazioni).

Lo Spirito di Gesù ispira infinite modalità di dono. La Madre ha testimoniato con creatività tipicamente femminile l’amore misericordioso: il chiedere e dare perdono, il non criticare e giudicare, l’aiuto immediato e generoso ai bambini, pellegrini, anziani, malati. La Madre attraverso queste forme di carità è diventata ancella, figlia e discepola dell’Amore Misericordioso e nei confronti degli altri è diventata sorella e madre, attenta e sempre disponibile. Il Signore si è servita di lei per ripresentarci una testimonianza concreta del Vangelo della carità.

Motivata da una obbedienza totale a Gesù e da una carità senza limiti, Madre Speranza ha realizzato delle attività davvero incredibili per la tempestività, la grandiosità, la bellezza. Ha lavorato tantissimo, senza perdere un minuto, coinvolgendo figli e figlie, confidando nella Provvidenza.

L’attività come educatrice e come servizio ai poveri, la fondazione di una Famiglia religiosa con due Congregazione e sei modalità di appartenenza, l’apertura di circa 40 comunità, la mensa dei poveri e la casa di Roma, il Santuario e il complesso notevole di Collevalenza, i laboratori di maglieria, le varie decine di migliaia di persone incontrate ad una ad una … Si è rivelata una donna dinamica, creativa, organizzativa, una grande lavoratrice. Riscontriamo in lei una spiritualità che sa unire un’altissima contemplazione con una attività estremamente efficiente al servizio della carità.

Una menzione particolare merita il suo grande amore (quasi un’ossessione materna) per i sacerdoti. Per loro moltissime volte ha offerto la sua vita e tanti servizi. Soprattutto ha intuito con cuore di sorella e madre che la prima loro necessità è la fraternità.

Per questi motivi benediciamo il Signore che ha voluto donarci questa nostra Madre. A Lei diciamo un grazie sempre più convinto, impegnandoci in pari tempo a sintonizzarci meglio col suo spirito di autentica Ancella dell’Amore Misericordioso, chiedendo il riconoscimento ecclesiale della sua santità.

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ultimo aggiornamento 18 marzo, 2008