25° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI MADRE SPERANZA

card. Angelo Comastri

Omelia del
card. Angelo Comastri
Arciprete della Basilica di S. Pietro e Vicario del Santo Padre per la Città del Vaticano
9 febbraio 2008

 

Madre Speranza di Gesù, un faro che indica il cuore di Dio

 

 

 

1. Venticinque anni fa Madre Speranza di Gesù lasciava questa terra, dopo aver tenacemente gridato che Dio è misericordia: misericordia infinita!

Aveva ragione?

Aveva colto il cuore del messaggio cristiano?

Era stata fedele apostola del volto di Dio, così come Gesù ce lo ha fatto conoscere?

Nella circolare 104, all’inizio della sua presenza a Collevalenza, ella così scriveva: «Io, amati figli e figlie, debbo dirvi che vivo giorni di vera gioia ed emozione… per il compito che vengo svolgendo in questi mesi nella casa di nostro Signore, facendo da portinaia di coloro che soffrono e vengono a bussare a questo nido d’amore perché Lui, come Buon Padre, li perdoni, dimentichi le loro follie e li aiuti in questi momenti di dolore. Sono qui, figli miei, ore e ore, giorni e giorni, ricevendo poveri e ricchi, anziani e giovani, tutti carichi di grandi miserie: morali, spirituali, corporali e materiali. Alla fine del giorno vado a presentare al Buon Gesù, piena di fede, fiducia e amore, le miserie di ognuno, con l’assoluta certezza di non stancarlo mai, perché so bene che Lui mi attende ansiosamente affinché interceda per tutti quelli che sperano da Lui il perdono, la salute, la pace e ciò di cui hanno bisogno per vivere, e affinché gli dica in nome di tutti loro, non una ma mille volte: "Signore, perdonali, dimentica tutto, sono anime deboli che nell’infanzia non hanno ricevuto il solido alimento della fede e oggi, attaccate al pesante fango della natura e sballottate dal forte vento della corruzione, precipitano in fondo al mare senza forze per navigare". Ed Egli, che è tutto Amore e Misericordia, specialmente verso i figli che soffrono, non mi lascia delusa e così vedo confortate tutte quelle anime che si affidano all’Amore Misericordioso».

Queste parole sono vere, oppure sono fantasie? Sono una esagerazione, oppure sono una fedele traduzione del Vangelo in esperienza di vita?

2. Ugo Spirito, significativo filosofo del secolo scorso, un giorno dichiarò: «Dio mi manca, nel senso che non riesco a dargli un volto che possa soddisfarmi. Che Dio esiste è certo perché è il principio di tutto, è l’assoluto. Ma a me uomo non basta avere questa certezza. Io ho bisogno di dare un volto a Dio, di sapere cosa Egli è realmente. Ecco perché lo inseguo, interrogando me stesso e il mondo. C’è una domanda che urge dentro di me e alla quale sento di dover dare una risposta: chi è Dio? Proprio l’urgenza di una tale domanda mi ha spinto a girare paesi e continenti per cercare una risposta che mi appagasse. Non l’ho trovata; e perciò eccomi ancora qui, chiuso ancora nel carcere del mio problematicismo. Io non so chi è Dio».

Come sono vere queste parole di Ugo Spirito!

Soltanto Gesù, che è nel seno del Padre, ci può raccontare Dio e svelarci il Suo mistero.

Seguiamo, allora, i passi di Gesù!

3. L’evangelista Luca racconta che Gesù stupì i suoi contemporanei a motivo della Sua bontà, che sembrava eccessiva. Egli infatti chiamò tra gli apostoli un disprezzato pubblicano, lasciò bagnare i Suoi piedi dalle lacrime di una donna peccatrice, perdonò un’adultera colta in flagrante, entrò senza esitazione nella casa di un capo dei pubblicani e apertamente dichiarò che Dio è sempre pronto a perdonare. Ad un certo punto i presunti "giusti" reagirono e cominciarono a difendere la loro "presunta" giustizia.

Racconta San Luca: «Si avvicinavano [il verbo è all’imperfetto e, pertanto, indica un’azione che si ripete, un’azione abituale], si avvicinavano a Lui i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: "costui riceve i peccatori e mangia con loro" [il testo greco letteralmente dice: "costui pende verso i peccatori e mangia insieme a loro"]».

Gesù, allora, prende la parola e dice: «Ma voi, quando smarrite una pecora, non lasciate le novantanove nell’ovile per andare a cercare quella perduta?».

La domanda ci sorprende.

Noi forse staremmo tranquilli con le novantanove pecore nell’ovile e abbandoneremmo al suo destino la pecora che stoltamente si è allontanata.

Ma Dio non fa così! Dio è diverso: divinamente diverso!

E, con fine delicatezza, Gesù tratteggia la figura raggiante del pastore, che, tenendo sulle spalle la pecora ferita e stanca, torna all’ovile dopo un’interminabile giornata di ricerca.

A questo punto Gesù fa un salto di pensiero, che svela le Sue precise intensioni. Egli dice: «Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore convertito [il testo greco insiste su questo particolare: e'ni'a'martwlw!] che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione» (Lc 15, 7). Gesù, evidentemente, vuole correggere coloro che restano scandalizzati e prendere atto, che Dio è infinitamente diverso da come loro lo immaginano: Dio è infinitamente più buono!

4. Per precisare il Suo pensiero e togliere ogni dubbio e ogni equivoco, Gesù aggiunge: «O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la trova? E dopo averla ritrovata chiama le amiche e le vicine dicendo: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la dramma che avevo perduto"» (Lc 15, 8-9).

Arditissima immagine: Dio è come una donna, che ha perduto la pace perché ha perduto una sola moneta preziosa!

Chi si nasconde dietro l’immagine della moneta preziosa? Gesù è esplicito: «Così, vi dico, c’è più gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte" (Lc 15, 10).

La moneta preziosa è il peccatore! Ci pensate? Ma questo è un messaggio di bellezza unica e di consolazione inesauribile. L’uomo, e ogni uomo, è una moneta preziosa davanti a Dio: e Dio non vuole perdere questo tesoro e, pertanto, fa di tutto per tenerlo stretto al Suo cuore e, se lo smarrisce, fa di tutto per ritrovarlo ("butta all’aria tutta la casa", dice Gesù). Come si fa a non commuoversi davanti a questa verità? Come si fa a non intenerirsi davanti a questo strepitoso annuncio, che viene direttamente da Dio?.

5. Ma Gesù non si ferma qui. Egli ha nel cuore una terza parabola, che è una vera esplosione di amore: quasi una fotografia del volto di Dio.

Gesù dice che Dio è come un padre, che viene ferito dal comportamento assurdo e ingrato dei suoi figli (e questi due figli siamo tutti noi: una volta rassomigliamo ad uno e una volta rassomigliamo all’altro). Il figlio più giovane si allontana dalla casa del padre con disprezzo e insofferenza: a questo figlio il padre non interessa più; questo figlio pensa di trovare libertà e felicità voltando le spalle a suo padre.

E invece, lontano dalla casa del padre, trova… il porcile del disonore e della miseria. Gesù chiaramente ci dice che lontano da Dio si sta male: il peccato è auto-punitivo, il peccato contiene dentro di sé la punizione dell’infelicità!

Ma anche il figlio maggiore fugge e abbandona il padre: egli fa la fuga più pericolosa e più subdola, perché egli fugge con il cuore e non si accorge di essere fuggito, fino a quando una precisa circostanza (il ritorno del fratello e l’incapacità di far festa con il padre) non fa cadere la maschera, svelando la lontananza del suo cuore dal cuore del padre.

E il padre?

Come si comporta il padre in questa bufera di incomprensione e di ingratitudine? Come affronta i figli così lontani dai suoi sentimenti?

Gesù, ancora una volta, ci sorprende e annuncia: «Quando il figlio più giovane era ancora lontano all’orizzonte e muoveva i passi incerti del ritorno, il padre lo vide e si commosse profondamente (e p c ió !). E, mentre correva, cadde sul collo del figlio e lo baciò affettuosamente».

Questo è il meraviglioso mistero di Dio!

Questo mistero noi dobbiamo annunciare e testimoniare.

Se vogliamo annunciare Dio, noi dobbiamo stupire il mondo con l’amore di Dio, con l’amore che noi abbiamo incontrato incontrando Gesù Cristo.

Coro “Marietta Alboni” di Città di Castello6. Termino con una testimonianza, che sintetizza e attualizza l’insegnamento del Vangelo.

Un giorno, Madre Teresa di Calcutta stava assistendo una povera donna, che era stata raccolta dal marciapiede in condizioni veramente disperate. La donna, che addirittura aveva un piede rosicchiato dai topi di fogna, imprecava e malediceva la sua sorte e malediceva coloro che l’avevano abbandonata nella sua disperata condizione. Madre Teresa continuava a pulirla e a riempirla di gesti premurosi e gentili.

A un certo punto, la donna, meravigliata dal comportamento della suora, domandò: "Suora, perché fai così? Non tutti fanno come te! Chi te l’ha insegnato?".

Madre Teresa, immediatamente rispose: "Me l’ha insegnato il mio Dio!". E la povera donna, dimenticando i suoi dolori, strinse la mano di Madre Teresa e supplicò: "Suora, fammi conoscere il tuo Dio!".

La Madre, in quel momento, regalò alla donna abbandonata e disperata la "bella notizia": "Il mio Dio si chiama amore… e ama anche te!".

La poveretta, con lo stupore negli occhi, ebbe la forza di dire: "Ripetilo, ripetilo ancora!". E morì così.

Madre Speranza di Gesù non ha fatto altro che ripetere a tutti «Dio è Amore! Dio è Misericordia!». E, in questo modo, ella ci ha ricordato qual è l’essenza del Vangelo e il nucleo di tutta la Bibbia.

Ecco il programma che Madre Speranza ci consegna stasera: «Che gli uomini conoscano Dio come un Padre Buono che si adopera con tutti i mezzi e in ogni modo a confortare, aiutare e far felici i suoi figli e che li segue e li cerca con amore instancabile come si non potesse essere felice senza di loro».

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ultimo aggiornamento 18 marzo, 2008