ATTUALITÀ    
 

P. Aurelio Pérez fam

 

 

"Alzatevi andiamo"

la fede, la responsabilità

e il coraggio del LAM

 

 

Carissimi fratelli e sorelle LAM, ho accettato volentieri di tenere questa riflessione sul tema che orienta i lavori di questa Assemblea, con il desiderio di proporvi alcuni stimoli su cui ho riflettuto in questi ultimi mesi, e che in parte vi sono giunti nella lettera che, congiuntamente con M. Speranza Montecchiani, ho inviato a tutti voi con occasione della Santa Pasqua.

Il titolo che presiede questa nostra riunione, "Alzatevi, andiamo!", tratto da una parola di Gesù ai discepoli nell’imminenza della Passione, mi sembra che suggerisca un’intenzionalità ben precisa: lasciare che la Parola di Gesù, Amore Misericordioso, ci risvegli, ci rialzi se necessario, e ci metta in cammino. E’ una parola di speranza e soprattutto una parola di risurrezione, molto opportuna in questo tempo pasquale. Non a caso il termine originale greco che noi traduciamo con "alzatevi!" è egheiresthe, un verbo che gli evangelisti usano anche per indicare la risurrezione di Gesù (cf Mc 16,6; Mt 27, 6-7). "Risorgete!" quindi.

Divido questo intervento in tre parti:

– Una breve analisi di questa parola di Gesù ai suoi discepoli e del contesto in cui avviene.

– Un tentativo di attualizzare la parola, provando a vedere quali situazioni della nostra vita hanno bisogno di "risorgere" (alzatevi!) e di "mettersi in cammino" seguendo Gesù (andiamo!).

– Alcuni aspetti operativi del nostro "andare" dietro a Gesù Amore Misericordioso.

1. "Alzatevi, andiamo!"

La Parola "Alzatevi, andiamo!" la troviamo in due contesti che i vangeli ci riportano: a. nel vangelo di Gv, all’interno dei discorsi dell’ultima cena (Gv 14, 30-31) e b. nei vg di Mc 14,42 e Mt 26,46, all’interno dell’agonia di Gesù nel Getsemani.

Gv 14, 30-31:

Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui».

Nel testo di Giovanni l’ "alzatevi, andiamo!" è preceduto da un "bisogna che…" con cui Gesù fa capire che di fronte alla passione che lo attende è necessario che il mondo sappia che Lui ama il Padre e questo amore si traduce nel fare sempre quello che il Padre gli ha comandato. La motivazione dell’amore verso il Padre è la molla segreta che spinge tutta la vita di Gesù e lo fa essere fermamente deciso nel compimento della sua volontà.

Amore e obbedienza al Padre sono inseparabili nella vita di Gesù, e devono esserlo anche nella vita dei discepoli: "Se uno mi ama osserverà la mia parola".

Mc 14,32-42:

32 Frattanto giungono in un podere chiamato Getsèmani. Dice ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, intanto che io prego». 33 Quindi, presi con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, incominciò ad essere preso da terrore e da angoscia. 34 Perciò disse loro: «L’ anima mia è triste fino alla morte. Rimanete qui e vegliate!». 35 Quindi, portatosi un po’ più avanti, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ ora. 36 Diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te. Allontana da me questo calice! Tuttavia non ciò che io voglio, ma quello che tu vuoi». 37 Tornato indietro, li trova addormentati. Perciò dice a Pietro: «Simone, dormi? Non hai avuto la forza di vegliare una sola ora? 38 Vegliate e pregate, affinché non entriate in tentazione. Certo, lo spirito è pronto; la carne, però, è debole». 39 Allontanatosi di nuovo, pregò ripetendo le stesse parole. 40 Poi di nuovo tornò e li trovò addormentati. I loro occhi, infatti, erano appesantiti e non sapevano che cosa rispondergli. 41 Torna ancora una terza volta e dice loro: «Continuate a dormire e vi riposate? Basta! È giunta l’ ora: ecco che il Figlio dell’ uomo è consegnato nelle mani dei peccatori. 42 Alzatevi, andiamo! Ecco: chi mi tradisce è vicino».

Nel Getsemani l’ "alzatevi, andiamo!" è preceduto da tutto il dramma della preghiera nell’orto. È la parola decisiva dopo la terribile lotta in cui Gesù sembrava naufragare.

"E cominciò a sentire terrore e angoscia". Per la prima volta, in tutto il vangelo, troviamo questi sentimenti nell’animo di Gesù. Solo il vangelo di Mc li riporta con tanto realismo. Il primo è la paura ("thambos"), cioè il timore, il tremore, la costernazione, lo spavento. Gesù come Messia e Figlio di Dio aveva predetto la sua passione e morte, ne era perfettamente cosciente, ma in quanto uomo, solo ora ne sente, molto vicina, la mano gelida e reagisce con paura e trepidazione, come ogni mortale.

Il secondo verbo esprime l’angoscia e quel senso di abbattimento e smarrimento che fa perdere le forze. Pensando a situazioni analoghe che ci sono capitate, possiamo capire qualcosa di ciò che ha provato Gesù.

Di fronte a questo terribile momento che Gesù sta vivendo ci colpisce la reazione dei discepoli: addormentati, con gli occhi pesanti, muti e sgomenti. Questo sonno e questa pesantezza è ciò che spinge Gesù, a dire quella parola che li vuol fare risorgere: "Alzatevi, andiamo!". Dove ha trovato Gesù, più che mai uomo in questa terribile lotta, la forza per trasformare il terrore e l’angoscia di poco prima in risolutezza e coraggio? Madre Speranza risponde: nella preghiera. L’alzatevi e andiamo è frutto della preghiera.

"Gesù si alza; il suo volto pallido mostra ancora i segni della lotta sostenuta e vinta. Il suo sguardo ritorna sereno, l’aspetto risoluto, il contegno e i gesti di chi è padrone di sé e sa dove va. Ha recuperato la tranquillità e la pace che conserverà pienamente fino alla fine. La sua voce risuona incoraggiante come sempre: «Alzatevi e andiamo».

Tutto questo è frutto della preghiera, che non toglie il sacrificio voluto da Dio, ma dà coraggio e forza per offrirlo. Quante volte in un quarto d’ora di preghiera fervorosa e davanti al silenzioso tabernacolo si ottiene tale risultato!

Per quel che mi riguarda, vi posso dire che quando ho sentito il cuore così oppresso e scoraggiato da credere di non poter più resistere, mi sono inginocchiata ai piedi del tabernacolo, ho pregato con tutta l’anima e ho trovato la pace, la rassegnazione e la prontezza d’animo per soffrire ancora e portare quella croce che pochi momenti prima credevo di non poter sopportare"1.

"E’ venuta l’ora... alzatevi, andiamo!". Gesù, dopo la preghiera, ha accettato l’ora e il modo (=il calice, la croce) attraverso cui doveva salvarci. Il verbo "alzatevi", dicevo all’inizio, è quello tipico usato per la risurrezione. Come se Gesù dicesse a quei discepoli e a noi: "Risorgete! svegliatevi dal sonno". Questa è la provocazione e l’invito che lui ci rivolge: "andiamo!" e non "andate!", perché Lui cammina sempre con i suoi, precedendoci con l’esempio di un Amore che si dona fino in fondo.

L’alzatevi-andiamo non è l’invito a una passeggiata, ma a seguirlo sul cammino della croce, che è donazione totale di sé, espressione massima del suo amore misericordioso. Gli apostoli non sapranno rispondere per ora a questo invito di Gesù. "Dove io vado, tu ora non puoi seguirmi!" dice Gesù a Pietro che presume di sé. Eppure la parola rimane lì: "Alzatevi, andiamo!". Gli apostoli si alzano, ma non sono ancora abbastanza "risorti" per seguirlo su quella strada.

 

2. Situazioni della nostra vita hanno bisogno di "risorgere" (alzatevi!) E di "mettersi in movimento" dietro a Gesù (andiamo!)

Ci chiediamo quali situazioni della nostra vita vengono rappresentate da questa sonnolenza e mutismo dei tre apostoli nel Getsemani, dai quali Gesù li vuole risvegliare.

Nella sonnolenza possiamo vedere ben rappresentati certi stati d’animo che ci appesantiscono e paralizzano le nostre energie migliori.

Madre Speranza parla nei suoi scritti dell’anemia dell’anima e la descrive così:

"L’anemia spirituale è più preoccupante di quella corporale perché queste povere anime vacillanti facilmente cadranno nella tiepidezza, sorrette da una miriade di piccole pratiche senza essere capaci di stare in piedi…

La pietà, figli miei, oggi soffre di una malattia generale; manca di contenuti e non ha un solido nutrimento. In certe anime è tutto così superficiale! Il fascino della vanità annebbia il vero bene e solo fa vedere l’apparenza seduttrice delle superficie.

… L’anima ha delle insondabili ricchezze e Dio parla nel profondo del cuore. Ascoltiamo, perché è lì che la verità si lascia ascoltare ed è lì che si raccolgono le idee più nobili e utili. Andiamo al Signore attraverso l’intima contemplazione.

…Quanto poco conosciamo noi stessi! Quanto poco sappiamo rientrare in noi stessi!

Spesso non ci preoccupiamo di rientrare in noi stessi, abbiamo paura di farlo e ci accontentiamo di uno sguardo superficiale per stabilire nel nostro intimo una correzione relativa, senza arrivare alla purificazione progressiva dell’anima, alla trasformazione progressiva della vita umana in quella divina, che ci spoglia del vecchio uomo per rivestirci del nuovo. Ignoriamo quasi completamente questo lavoro che si svolge nel profondo dell’anima e permettiamo che ogni genere di miserie invada il nostro intimo".2

Nel mutismo dei tre apostoli riconosciamo la nostra incapacità di pregare, la chiusura in noi stessi, l’amarezza e lo scoraggiamento, l’incapacità di comunicare con gli altri in senso profondo, la mancanza di sensibilità, come quella dimostrata dagli apostoli nel Getsemani, la mancanza di speranza come quella dei discepoli di Emmaus in fuga dalla comunità.

Per l’anemia del corpo ci sono le medicine adeguate. Anche per quella dell’anima i rimedi non mancano: la preghiera e la vigilanza, anzitutto, che Gesù stesso raccomanda agli apostoli nel Getsemani. Preghiera vera, attenta, insistente, che nasca dalla vita e arrivi alla vita, nutrita dal cibo solido della Parola di Dio e dei sacramenti.

Tutto ciò tocca il livello personale di ciascuno di noi. Sicuramente la misericordia del Signore ha operato in noi tante meraviglie, e se guardiamo il cammino fatto fin qui, vediamo come il Signore ci ha guidato, guarito, trasformato, con una pazienza e tenerezza indicibili. Ma dobbiamo anche vedere se c’è in noi qualche forma di anemia, perché il Signore vuole persone sempre più robuste, che stanno in piedi per seguirlo.

Ma anche a livello comunitario e di gruppo possiamo avvertire situazioni che hanno bisogno di risorgere e di mettersi in movimento. E’ l’amore del Signore che ci ha riuniti insieme, ma questo non garantisce di per sé la perfetta comunione tra noi. Chiediamoci se i nostri gruppi appaiono a volte più spenti che spinti dall’amore di Cristo, demotivati e trascinati più che trainanti, delusi più che portatori di speranza. Non scoraggiamoci se avvertiamo queste miserie. A noi come ai discepoli di Emmaus, Gesù si affianca nel cammino, per ravvivare la speranza, per far ardere i nostri cuori con la sua Parola, per darci se stesso nel Pane di vita e aprire i nostri occhi.

Il frutto di questo incontro con Lui è il ritorno alla comunità, da cui possiamo essere tentati di fuggire. Abbiamo bisogno come ALAM, di ritrovare la "passione" per Gesù amore misericordioso, la passione per la comunità di cui facciamo parte e la passione per la missione che il Risorto ci affida: portare nel cuore del mondo la sua misericordia, soprattutto ai più bisognosi. Questa passione è frutto della fede e dell’amore, ed è quella che opera prodigi nella nostra vita: "In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre" (Gv 14,12).

Credere in Gesù, nel suo amore, e poggiare su questa fede tutta la nostra vita è ciò che ci motiva e ci spinge. Direi che se questo "entusiasmo della fede" vale per tutti, viene chiesto in modo speciale a coloro che hanno il compito di coordinare i gruppi ALAM ai vari livelli, locale, nazionale e, a Dio piacendo, l’anno prossimo, internazionale. E’ importante in questo senso discernere gli animatori da eleggere: siano persone motivate e che sappiano motivare, spinte dall’amore per Cristo e dal desiderio di servire i fratelli con semplicità.

 

3. Alcuni aspetti operativi del nostro alzarci e camminare con Gesù

Faccio riferimento in questo terzo punto, alle sottolineature espresse nella lettera che abbiamo inviato a tutti gli ALAM in occasione della Pasqua, con alcune precisazioni che ritengo importanti.

Questi aspetti operativi vogliono concretizzare per noi l’esortazione di Gesù "Alzatevi e andiamo!", e vedono coinvolti insieme a voi ALAM, anche noi FAM ed EAM. Sono il frutto anche di una riflessione congiunta.

Laici ben FORMATI. Il primo aspetto che ritengo di fondamentale importanza è quello di qualificare la nostra formazione. La grandezza e bellezza della missione, richiede non solo persone dedite alla stessa e convinte del dono ricevuto, ma anche preparate alle sfide del nostro tempo, attrezzate a dar ragione della speranza che è in noi. Occorrerà garantire che la formazione abbracci la comprensione del carisma dell’Amore Misericordioso trasmessoci da Madre Speranza, la necessaria dimensione ecclesiale e anche la giusta preparazione culturale, il tutto con quello stile tipicamente laicale che rende efficace in determinati contesti la trasmissione dei valori. Da parte nostra, come Famiglia religiosa, vi assicuriamo il sostegno, attraverso i nostri referenti nei gruppi, anche se la scarsità delle forze a volte non ci permette di arrivare come vorremmo. Vogliamo impegnarci, una volta ristrutturate le nostre comunità, ad attuare al meglio questo sostegno formativo. E’ auspicabile la programmazione di incontri tra l’equipe nazionale ALAM e i referenti religiosi, come voi stessi ci state chiedendo, al fine di concordare l’omogeneità dei contenuti formativi.

Laici sinceramente UNITI per essere efficaci nella missione. "La comunione e la missione vanno profondamente unite, si compenetrano e si implicano mutuamente, fino al punto che la comunione costituisce la fonte e il frutto della missione" (Christifideles Laici, 32). La sfida dell’unità è quella fondamentale che Gesù ha proposto ai suoi discepoli: "Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni verso gli altri". Gesù ci ha esortati insistentemente a "rimanere nel suo amore", ad amarci come lui ci ha amati, perdonandoci come Lui ha perdonato a noi, dando la vita anche per chi lo uccideva.

Questo richiede una particolare attenzione alle dinamiche interne dei nostri gruppi e alle relazioni reciproche, perché siano improntate all’accoglienza misericordiosa, all’accettazione della diversità come ricchezza, alla vera umiltà e carità, senza le quali Madre Speranza ci ricorda che non c’è santità. E’ fondamentale far crescere nelle Equipe locali il senso di identità, appartenenza e attaccamento all’Associazione e alla Famiglia religiosa. L’unione riguarda anche il particolare rapporto tra l’ALAM e le nostre due Congregazioni: unione vera, fraterna, sincera, fatta di stima e di rispetto reciproco, di autentica collaborazione, evitando anche l’invadenza dei ruoli reciproci, che non è buona per nessuno.

Laici in prima linea nel PORTARE L’AMORE MISERICORDIOSO NEL MONDO. Nei vari contesti dove siamo presenti, c’è sicuramente l’impegno ad essere testimoni gioiosi di Gesù e del suo amore. Ma questa sfida richiede, come ho già detto, una fede convinta e appassionata per Cristo, e anche una buona dose di coraggio e creatività: l’amore è sempre creativo, audace e innovativo. Il recente congresso internazionale sulla misericordia a Roma, in cui anche gli ALAM d’Italia sono stati coinvolti, è stato un momento di grazia, ma ci ha fatto capire che la nostra testimonianza specifica ha bisogno di crescere nella Chiesa di Dio. E a proposito di laici in prima linea nella missione di portare l’Amore Misericordioso nel mondo, voglio dirvi una recente esperienza nella diocesi di Bacabal dove è vescovo il nostro P. Armando Martin. Ero con lui il 25 aprile scorso, insieme a M. Speranza, e parlando sulla possibilità di collaborare con la sua diocesi, molto grande e con scarsissime forze a livello sacerdotale e religioso, ci siamo chiesti: non potrebbe qualche LAM trascorrere qualche tempo in quella missione (o in altre)? E’ prematuro questo discorso, oppure la parola di Gesù "alzatevi e andiamo via di qui" potrebbe trovare in proposito un campo concreto di attuazione? Sono cosciente di lanciarvi una sfida. Una chiesa di laici impegnati o è missionaria o non è chiesa. Penso a persone concrete di altre realtà ecclesiali che hanno fede e coraggio, si alzano e partono per paesi lontani, a volte con tutta la famiglia. Sono pazzi? A voi la risposta. Questo ci apre a un altro aspetto operativo collegato al precedente.

Laici attenti alla formazione dei PICCOLI E DEI GIOVANI, con un occhio attento anche alle VOCAZIONI CONSACRATE. Chiediamo al Signore che ci ispiri forme di intelligente e generosa collaborazione nel campo della pastorale giovanile. E’ anche questa una sfida urgentissima, che ci richiede un discernimento attento e una collaborazione generosa tra voi LAM e noi Famiglia religiosa. Sappiamo anche che la famiglia naturale è il primo nucleo della fede e anche il primo "seminario", dove cioè il Signore semina il germe della vocazione. L’Amore Misericordioso ha bisogno di operai per la grande messe del mondo. Anche qui l’ "alzatevi, andiamo!" deve trovare un terreno concreto di attuazione.

Laici molto uniti con i SACERDOTI e i POVERI, cercando di vivere questi due amori di Madre Speranza nei propri contesti, con i propri parroci anzitutto e poi coinvolgendo altri sacerdoti se è possibile.

A proposito dei sacerdoti, vorrei sottolineare oltre alla necessità di pregare e offrirci per loro, come ci ha insegnato M. Speranza, anche l’importanza del sentirci ed essere chiesa. Non siamo cioè un corpo staccato, indipendente. Dobbiamo avere la nostra giusta autonomia nel cammino formativo e nell’esercizio della missione, ma senza che questa si trasformi mai in indipendenza dai nostri pastori. I LAM dovranno essere profeti della misericordia e della comunione ecclesiale, mai cellule indipendenti che viaggiano per conto loro. E’ parte essenziale della nostra identità l’unione con i sacerdoti, che sono anzitutto i nostri parroci, da coinvolgere per quanto è possibile nel nostro cammino, e con cui collaborare generosamente. Capisco che è un discorso delicato e, a volte non privo di difficoltà dovute a vari fattori, ma questo non deve farci desistere dall’essere coraggiosi nel cercare sempre la comunione con i sacerdoti: è il segno dell’ecclesialità del nostro carisma.

A proposito dei poveri c’è l’ONLUS "Amore misericordioso nel mondo", ci sono le Adozioni a distanza, che portate avanti con grande generosità e competenza, ci sono varie iniziative veramente belle ed efficaci. Si fa tanto e bene, ma il campo dell’amore è immenso.

Desidero concludere dicendovi un grazie dal profondo del cuore, a nome di tutta la nostra Famiglia religiosa, per tutto ciò che state facendo per far conoscere a l’amore e la misericordia del Signore qui in Italia e oltre. Un ringraziamento particolarissimo all’équipe nazionale uscente e alle equipe locali che portano avanti la fatica del coordinamento con amore e sacrificio. Siate grati a quelli che hanno questa responsabilità tra di voi. Chiediamo allo Spirito che vi illumini nella scelta di coloro che dovranno guidare l’ALAM dell’Italia.

La Vergine Maria, che dopo l’annuncio dell’angelo, si alzò e andò in fretta da sua cugina Elisabetta, ci insegni e ci ottenga la fede viva che lei ha avuto e il dinamismo dell’amore che l’ha spinta sulle orme del suo Figlio. Anche la vita di M. Speranza è stata caratterizzata da una fede viva, da un amore grande al buon Gesù, e da un dinamismo e un coraggio sorprendenti. Queste due Madri ci ottengano dal Signore la stessa fede, lo stesso coraggio e lo stesso amore.

Amen, Alleluia!

Collevalenza 3 maggio 2008


1 La Passione, El Pan 7, 146-148

2 El Pan 8, 79-83.

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ultimo aggiornamento 04 giugno, 2008