P A S T O R A L E

g  i  o  v  a  n  i  l  e

p a s t o r a l e  g i o v a n i l e

     Sr. Erika di Gesù, eam

A Natale vuoi?

 

 

"A Natale puoi": hanno proposto questa canzone per la notte di Natale, i bambini del Coretto della Parrocchia.

Non credo alle mie orecchie: nell’immaginario dei ragazzi un motivo pubblicitario viene facilmente confuso con i canti che celebrano il Natale... in Chiesa.

I giovani, poi, mandano e-mail con il testo e il blog della canzone… i loro cellulari ci tempestano con questo motivetto romantico e orecchiabile.

Mi collego alla Rete: trovo alcuni video con la canzone di sottofondo e il mio stupore giunge al culmine.

Una versione "cattolica" commenta le foto di una missione in Africa. Bambini magri. Occhi aperti. Sguardi vuoti: la fame parla. L’ultima immagine riprende il volto di un bambino con il dito puntato verso lo spettatore: A Natale puoi…

C’è poi una dedica alla ragazza del cuore, agli animali di casa, una versione heavy metal, ecc. ecc…

Leggo il testo e non lo trovo male: «C’è qualcosa dentro l’anima che brilla di più: è la voglia che hai d’amore, che non c’è solo a Natale, che ogni giorno crescerà, se lo vuoi».

La voglia che hai d’amore…

Ripenso ai giovani, alla loro voglia d’amore; ai mille segnali di questa "voglia".

Vorrei tanto interpretarne qualcuno nel senso giusto.

Nell’udienza generale di mercoledì 17 dicembre, Benedetto XVI, commentando il versetto di Giovanni: «E il Verbo si è fatto carne» (Gv 1,14), ci spiega che la parola greca ho logos tradotta in latino Verbum, il Verbo, significa anche "il Senso".

Il Senso del mondo – ci spiega poi il Papa – è una Persona: è il Figlio di Dio, che si è fatto bambino.

Perché bambino?

«Forse ci saremmo arresi più facilmente di fronte alla potenza, di fronte alla saggezza; ma Lui non vuole la nostra resa; fa piuttosto appello al nostro cuore e alla nostra libera decisione di accettare il suo amore. Si è fatto piccolo per liberarci da quell’umana pretesa di grandezza che scaturisce dalla superbia; si è liberamente incarnato per rendere noi veramente liberi, liberi di amarlo».

Quando i segni che ci entrano dentro le viscere, dentro il cervello trasmettono informazioni che annacquano il senso del Natale, che cosa succede?

Succede che la voglia di amore rimane inappagata.

E allora i ragazzi sono traditi nel loro bisogno più grande e più vero.

Uno dei segnali della voglia di amare che mi sembra di cogliere attualmente è la passione per Twilight, il primo dei quattro libri di Stephenie Meyer, e il film omonimo di Catherine Hardwicke, uscito il mese scorso.

Non mi era mai capitato che i ragazzi mi portassero al cinema.

Che cosa succede? Che senso ha questa passione?

Il libro e il film narrano la storia d’amore fra una ragazza fin troppo normale, Isabella (detta Bella), e un vampiro… buono, Edward, che si nutre del sangue degli animali, anziché di quello degli uomini.

Il fascino degli opposti: un amore proibito, che richiede una capacità di controllo, spesso oltre la forza irrazionale del desiderio.

Dove amare implica rinunciare alla sete del sangue dell’altro e se io "leone" mi innamoro di te, "agnello", devo usare la testa e stare molto attento a non farti male.

Dove proteggere la persona che amo significa proteggerla soprattutto da me stesso.

Dove amare vuol dire innamorarsi perdutamente e rischiare tutto, anche una vita "umana", pur di restare per sempre con la persona amata.

Dove la scelta dell’impossibile rischia di portare all’impasse: vivere una vita immortale senza cuore e senz’anima o vivere con la morte nel cuore per la lontananza forzata da Colui che amo più della mia anima?

La psicologa e psicoterapeuta Anna Oliverio Ferraris ci spiega che ogni adolescente è un vampiro: nel passaggio dall’infanzia all’età adulta «scopre in se stesso pulsioni sessuali e aggressive molto forti, che non è sicuro di poter dominare. È l’eroe di Twilight. Così tormentato ma anche così potente, affascina i ragazzi, che aspirano al suo autocontrollo. Le ragazze, spesso spaventate dall’aggressività dei loro compagni, vedono il lui l’innamorato dolce e protettivo dei loro sogni».

Verissimo, ma mi piace immaginare qualcosa di più: in ogni pagina del libro affiora la solitudine, anche quando la promessa di un amore eterno, che supera i confini del tempo e dello spazio viene ripetuta all’infinito. Perché?

La bellezza di Edward è fredda, statuaria, come le sue mani, il cuore.

La bellezza di Bella è ferita, visitata dal limite del suo essere creatura, mai certa di essere amata per quello che è; semmai soltanto "desiderata" per quanto di più umano (il suo sangue) corre nelle sue vene.

Una ragazza triste, che lega la sua felicità a "mostri" tanto diversi (vampiro e licantropo), alla ricerca disperata dell’amore che la fa sentire viva.

Ma la loro sete d’amore è grande.

Ma siamo in tempo di crisi, commenta una mia amica: nessun amore è credibile.

Perché sia credibile, deve essere paranormale, contro la norma.

La sera che abbiamo visto il film, il 7 dicembre, ho invitato al cinema anche un gruppo di Famiglie e giovani di Verona (Alcenago, Albaredo d’Adige e San Gregorio) con i quali abbiamo avuto un paio di incontri, alla Casa del Pellegrino e al Roccolo Speranza.

Non avevano capito che avremmo visto questo film, altrimenti i giovani, a loro dire, sarebbero venuti senz’altro.

Quando parlavo loro di Gesù, del suo amore per i peccatori, del fatto che conosce da sempre il nostro nome, destavo con fatica la loro attenzione.

Quando ho parlato del film, tutti mi hanno guardato con interesse.

Ho fatto leva sulla loro passione per parlare ancora una volta di Dio!

Non è Dio, forse, che non si è aggrappato egoisticamente al suo essere Dio per farsi uomo, mortale, come me (cf. Fil 2,6)?

Non è Lui che ci ha dato la sua carne da mangiare, il suo sangue da bere, perché chi mangia e beve di Lui viva per sempre (cf. Gv 6,51-58)?

Noi cristiani non siamo tutti un po’ vampiri?

Non attendiamo, come Bella, di essere trasformati in Lui, che ha "baciato" la morte per amore dell’uomo?

Il segno «viene usato per trasmettere una informazione, per dire o indicare a qualcuno, qualcosa che qualcun altro conosce e vuole che anche altri conoscano» (Eco 1973).

In modo forse irriverente, ho cercato di dire e indicare Cristo usando Twilight perché i giovani si innamorino di Cristo!

Non credo che tutto è segno; nemmeno Twilight è il segno più eloquente per dire Gesù. Troppo paranormale e poco paradossale.

Gesù è un segno povero e impotente.

Una canzone che cantano in pochi.

Un senso che pochi comprendono. «Troppo bello per essere vero».

È piccolo e debolissimo come il vagito di un Bimbo, adagiato sulla mangiatoia.

– Preparati al crepuscolo della tua vita appena iniziata. Preparati a rinunciare a tutto – dice Edward a Bella. – Non è la fine, è l’inizio. È la luce dell’alba – risponde lei, piena di speranza (Twilight, 411).

Quando la notte è giunta a metà del suo corso… al crepuscolo, è nato Gesù! La luce vera.

Liberamente incarnato per rendere noi liberi di amarlo (Benedetto XVI).

A Natale, vuoi?

sr. Erika di Gesù

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ultimo aggiornamento 02 febbraio, 2009