pastorale familiare

Marina Berardi

 

Nella FEDELTÁ…

   un DONO

RINNOVATO!

 

In questo mese di aprile ho condiviso con diverse coppie il ricordo dell’anniversario di matrimonio e questo mi ha portato a meditare su quella fedeltà coniugale che, anno dopo anno, tra le vicissitudini della vita, si converte in dono!

Qualche giorno fa una telefonata di due carissimi amici marchigiani mi ha colmato di gioia. Esprimevano il loro desiderio di "far memoria" del SÍ pronunciato dieci anni fa ai piedi del Crocifisso dell’Amore Misericordioso e di venire a ricordarlo nello stesso luogo, partecipando alla celebrazione eucaristica. Pur non essendo il consueto traguardo dei 25 o 50 anni - che si è soliti festeggiare -, è stato un momento di intenso valore. Accanto a loro, attorno allo stesso altare, vi era una coppia venuta dai dintorni per ricordare i 40 anni di matrimonio, celebrato anch’esso in Santuario.

La nostra vita, in fondo, è fatta di riti, ti tappe, di gesti che ogni famiglia dovrebbe imparare a valorizzare fermandosi, rievocando, donandosi del tempo...

La celebrazione, il rendimento di grazie nasce dal cuore, sgorga dalla vita vissuta!

La giovane coppia di sposi venuta dalle Marche, infatti, vive l’esperienza di essere un "cantiere aperto", sia in senso metaforico che reale! Per loro, l’arrivo negli anni di quattro figli, oltre a richiedere la "costruzione" di una casa adeguata, è stato stimolo per una continua crescita, per imparare a "fare spazio" all’altro. Proprio a questo si erano impegnati nel giorno in cui scelsero di fare di Cristo, Amore Misericordioso, il "padrone" della loro casa, di mettere al centro della loro vita la sua Parola, di vivere uno stile evangelico.

Edifica il cuore ritrovarsi in una casa come questa, in una casa abitata, anche se manca ancora qualche lampadario, qualche rifinitura… perché è una casa adornata dell’essenziale: l’amore scambievole e gratuito, il desiderio di crescere insieme, il coraggio nell’affrontare le inevitabili difficoltà legate alla vita spicciola di ogni giorno!

È proprio il quotidiano, il giorno dopo giorno, che porta lontano…., che porta alla santità coniugale.

Pochi giorni dopo, mi son trovata a vivere un altro momento significato insieme ad una coppia che ha ricordato i 50 anni di donazione reciproca nell’amore di Cristo, in una fedeltà conquistata e divenuta dono! Ho avuto la gioia di immergermi con loro nelle letture scelte per celebrare le nozze d’oro.

Quel pane della Parola offerto dalla liturgia del giorno è divenuto, così, pane spezzato e nutrimento condiviso tra i presenti, è diventato l’occasione per guardare con gli occhi di Dio – come ha suggerito il celebrante – ad una realtà tanto grande, come è quella della famiglia!

La storia di 50 anni di vita è una storia lunga, fatta di una infinità di cose belle; fatta di innamoramento, di progetti sognati senza poter contare su certezze economiche, su una casa o un lavoro sicuro; fatta di preoccupazioni, di difficoltà sofferte ed ogni volta superate; fatta di gioie, di ricordi…

Ci lasciamo aiutare dagli stessi testi biblici per tentare di intuire quali possono essere i sentimenti di Dio Padre nel vedere i suoi figli ritornare davanti allo stesso altare per rinnovare l’offerta scambievole della propria vita.

Nel magnifico libro del Cantico dei Cantici, che celebra l’amore tra l’uomo e la donna, Dio sembra voler dire che la loro deve essere un’esistenza da innamorati! Il testo sacro usa un linguaggio appassionato, stupito, accorato, dove ora lui ora lei cercano l’amato/a del proprio cuore, nella certezza che "le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo" (Ct 8, 7), che "forte come la morte è l’amore" (Ct 8, 6)! Dio desidera, dunque, per ogni uomo una vita da innamorato, così come Lui ama l’umanità… Dio stesso ci «cerca con un amore che non si stanca mai, come se non potesse essere felice senza di noi» (M. Speranza). Dio ha per ogni creatura e per ogni coppia un progetto di vita!

Nella prima lettera di Pietro, offertaci dalla liturgia in occasione della festa di S. Marco, troviamo una serie di raccomandazioni che possono aiutarci a non sciupare quel progetto che Dio ha su ogni famiglia: rivestitevi di umiltà gli uni verso gli altri… Gettate nel Signore ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi… Siate temperanti, vigilate… I vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi… E il Dio di ogni grazia… dopo una breve sofferenza vi confermerà e vi renderà forti e saldi… (1Pt 5, 6-10).

Il nostro Dio è un Dio pienamente avvolto nella nostra vita; un Dio che ci affida la missione di testimoniarlo in tutto il mondo, in ogni circostanza; un Dio che promette "segni" per coloro che crederanno; un Dio che si fa compagno di viaggio. Il nostro Dio continua ad operare insieme con noi (cfr. Mc 16, 15-20).

È per questa fedeltà di Dio che ogni coppia può ritornare sullo stesso altare e rinnovare la propria promessa!

Ogni anno di storia, quindi, siano essi 10, 40, 50…, è storia sacra! Sì, perché è una storia a cui ha partecipato e continua a partecipare Dio, che ne è l’artefice.

Sarebbe bello che ogni coppia, ogni famiglia sentisse il bisogno di "lasciarsi addomesticare" da Dio e di coltivare questa fedele amicizia.

A questo proposito, vorrei concludere offrendovi lo stralcio del dialogo tra la volpe ed il piccolo principe, che riassume in modo mirabile quanto ho tentato di esprimere: la fedeltà, il dedicarsi del tempo, i riti aprono alla continua e sempre nuova scoperta dell’amore e dell’altro come dono! Un dono e un amore destinati a rimanere per sempre, anche quando non si potesse godere della presenza fisica dell’altro, perché, comunque, si sarà guadagnato il colore del grano, si sarà scoperta l’unicità della propria rosa, ci si sentirà ricchi di ciò che è invisibile agli occhi…

"La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: "Per favore... addomesticami", disse.

"Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".

"Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"

"Che cosa bisogna fare?" domandò il piccolo principe.

"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe.

"In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino..."

Il piccolo principe ritornò l’indomani.

"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.

"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti".

"Che cos’è un rito?" disse il piccolo principe.

"Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe, "è quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza".

Così il piccolo principe addomesticò la volpe.

E quando l’ora della partenza fu vicina: "Ah!" disse la volpe, "... piangerò".

"La colpa è tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."

"E’ vero", disse la volpe.

"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.

"E’ certo", disse la volpe.

"Ma allora che ci guadagni?"

"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".

Poi soggiunse: "Và a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto".

Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.

"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo".

E le rose erano a disagio. "Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa".

E ritornò dalla volpe. "Addio", disse.

"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

"L’essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.

"E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".

"E’ il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.

"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa...".

"Io sono responsabile della mia rosa..." ripeté il piccolo principe per ricordarselo"1.


1 SAINT-EXUPÉRY A., Il Piccolo Principe, Ed. Bompiani, pp. 112-116.

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ultimo aggiornamento 26 maggio, 2009