pastorale familiare

Marina Berardi

 

 

Famiglia, pietra viva…
        "per un sacerdozio santo"
(cf. 1Pt 2, 5)

 

Con lo scorso mese, abbiamo dato inizio alla pubblicazione di una serie di articoli in cui cercheremo di riflettere sul compito sacerdotale che la famiglia1 è chiamata a svolgere all’interno della comunità ecclesiale. L’Anno Sacerdotale diviene occasione propizia per riscoprire l’insondabile ricchezza ed unicità racchiusa non solo nel Ministero Ordinato ma anche nel "ministero coniugale-genitoriale": «I coniugi e i genitori cristiani ricevono dal sacramento del matrimonio la grazia e il compito di trasformare tutta la loro vita in un continuo "sacrificio spirituale a Dio gradito" (1Pt 2,5)»2.
Tale sacerdozio consiste nell’offerta di sé, nel sacrificare se stessi come vittima a Dio gradita, a servizio e per il bene dell’altro e dei fratelli, nella partecipazione ai sacramenti e nella preghiera vissuta in famiglia3.
In questi mesi, vorrei invitare ogni famiglia cristiana a ripensare, ringraziare e pregare il Signore per i pastori incontrati lungo il cammino della vita coniugale e familiare.
Allo stesso tempo, inviterei a custodire nel "cuore della famiglia" la domanda che M. Speranza rivolse al suo padre spirituale, quando comprese di esser chiamata a donare la sua vita per i sacerdoti: «Che vuol dirmi, Gesù con tutto questo?»4. Chissà che il Signore, in questo Anno, non attenda qualcosa anche da ciascuno di noi, da ogni famiglia cristiana…

(continuazione)

La riconciliazione, il perdono

    Mi accingo a scrivere questo articolo nell’imminenza della tradizionale festa annuale del Santuario e dell’ormai prossima chiusura dell’Anno Giubilare indetto per il 50° di erezione dello stesso.

    Ci troviamo anche al termine di un periodo estivo, consueto tempo di riposo dal lavoro e dalla scuola e per molti tempo di vacanza, occasione per curare maggiormente le relazioni familiari, per guardare con più oggettività alle fatiche affrontate durante l’anno, ai momenti di gioia e fraternità, come pure a quelli più impegnativi e sofferti. Il periodo estivo, per qualche famiglia, può essere stato anche opportunità per vivere "vacanze alternative", attente e rispettose delle esigenze del corpo e dello spirito.

    Tra le tante famiglie che hanno scelto il Santuario come "campo base", diverse sono quelle che si sono lasciate raggiungere dal messaggio dell’Amore Misericordioso che continua immancabilmente a stupire, commuovere, trasformare, ricreare e guarire anche le ferite più profonde del cuore umano.

    Il cuore del messaggio del Santuario è, infatti, l’annuncio di un Dio che:

è Padre amorevole, che perdona, dimentica, non tiene in conto…

è Padre che cerca ogni suo figlio in modo instancabile…

è Padre che, come un cenciaiolo, va in cerca dei nostri stracci vecchi…

è Padre che, nonostante le nostre mancanze, si fa vicino per conversare con noi e mendicare il nostro amore5!

è Padre buono e tenera Madre, soprattutto per l’uomo più miserabile, perverso e abbandonato che si sforza di essere come Lui lo vuole!

    Il nostro Dio, dunque, non chiede di essere perfetti, ma di tendere alla perfezione; non chiede di essere impeccabili, ma di rialzarci con fiducia, di lasciarci raggiungere, abbracciare, perdonare.

    Il nostro è un Dio che ha scelto di glorificare il suo nome e di manifestare la sua onnipotenza, attraverso la misericordia ed il perdono!

    Alla luce di queste verità e convinzioni che la stessa Madre Speranza ha annunciato in modo instancabile con la vita e con la parola, vorrei riproporre una semplice riflessione sul perdono, sulla riconciliazione, come "luogo" da cui ciascuna famiglia può ripartire o continuare il proprio cammino verso la santità, come "luogo" in cui esercitare il suo "sacerdozio santo".

    Nelle famiglie e nelle persone incontrate in questo periodo, ho percepito una insaziabile ricerca e sete di felicità, a volte però male intesa o forse ricercata nel posto o nel modo sbagliato.

    La vera felicità, infatti, non coincide quasi mai con la spensieratezza, con l’assenza di difficoltà, siano esse fisiche o morali, ma la si trova piuttosto come "frutto" di una vita nascosta, che si è lasciata triturare, macinare, passare al setaccio, impastare con l’acqua, cuocere… per arrivare ad essere alimento per gli altri! 6.

    La vera felicità, la vera gioia, come ci ricorda Paolo, la si incontra più nel dare che nel ricevere! 7 Come dicevamo già lo scorso mese, l’offerta di sé è un stile di vita che ha la sua fonte nell’Amore, in Cristo; così è del perdono.

    È stato bello incontrare coppie e famiglie che hanno compreso che essere "dono-per" l’altro vuol dire farsi "per-dono", fino a sentirsi corresponsabile della caduta, dell’errore, del peccato del partner, del figlio, del genitore… e sentirsi capaci di ridare fiducia, fino ad offrirsi come "altro" importante, come mediazione per la fondamentale esperienza di essere "qualcuno per qualcuno".

    Ma nessuno può dare ciò che non ha e difficilmente si può penetrare il mistero dell’amore e del perdono senza prima averlo sperimentato nel profondo della propria esistenza.

    Nel Santuario, come ci ricorda Madre Speranza, uno dei momenti privilegiati per fare una profonda ed esistenziale esperienza di accoglienza e di perdono è il sacramento della riconciliazione, dove il Signore sta aspettando "non come un Padre offeso dalle ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre amorevole, che cerca in ogni maniera di confortare, aiutare e rendere felici i suoi figli e li segue e cerca con amore instancabile, come se non potesse essere felice senza di loro"8.

    Sto pensando ad una famiglia che è arrivata delusa, schiacciata dal peso degli eventi e della vita, dal rimorso per i propri errori e peccati… che si è lasciata rigenerare dalla Grazia sacramentale, ripartendo con il proposito di donarsi reciprocamente, giorno dopo giorno, ciò che gratuitamente aveva ricevuto: il perdono!

    Eppure, non sempre è facile lasciarsi perdonare! Ho incontrato anche famiglie apparentemente chiuse nelle loro ragioni o nella loro rassegnazione e tristezza! A questo proposito, ho ricordato loro come Madre Speranza mettesse in guardia da questo grande nemico:

"Stiamo molto attenti per non lasciarci trascinare dalla tristezza di fronte ai molti nostri ripetuti peccati. Anzi, pieni di fede e, guardando ai nostri peccati con umiltà e con una piena confidenza in Dio nostro buon Padre, chiediamogli di nuovo il suo perdono e la sua grazia per poter progredire a qualunque costo; Lui, che conosce bene la nostra natura e che vede i nostri sforzi e i nostri desideri, saprà attendere con calma e pazienza il nostro crescere verso la perfezione" 9.

    Ma, come la Madre dice nei suoi scritti, c’è anche una "tristezza buona", che nasce dal dispiacere per aver offeso l’altro, tradito l’amore, ritardato od ostacolato un progetto, o anche dal vedere il male che attorno a sé…10.

    É la consapevolezza della propria dignità ed unicità a rendere possibile l’apertura, il riferimento all’altro; è dal dinamismo di questa relazione, sia pure segnata dalla fragilità, dal limite, dall’imperfezione che si apre una opportunità di crescita e un cammino di perfezione.

    Quante occasioni, "talenti" da far fruttare nello scorrere di una giornata, diventiano spazio privilegiato per quel "percorso a tappe" che il perdono esige. In queste tappe è necessario, tra l’altro, fare i conti con le proprie ferite ed il proprio rancore, tentare di comprendere se stessi e l’altro, rinunciare alla vendetta… fino ad arrivare a guardare l’altro con benevolenza, scusando l’intenzione quando è impossibile giustificare l’azione11.

    Amare e perdonare "da Dio" è il dono che il Signore fa alla coppia con il sacramento del matrimonio, è il Suo dono di nozze! Lui invita ogni coppia e famiglia cristiana ad essere come Lui: di fronte alle infedeltà, cadute e disobbedienze del suo popolo, il Dio "misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco di grazie e di fedeltà" (Es 34, 6), escogita continuamente nuovi interventi senza mai stancarsi.

    Ho tentato di "riscrivere" una preghiera di Madre Speranza, pensandola in "noi", "formato famiglia", con la possibilità di recitarla insieme… Può essere un primo passo verso l’apertura alla verità di sé, alla fiducia, al perdono,… un’occasione per nutrire un amore fondato sull’umiltà e su convinzioni profonde,… un momento per guardare al futuro, verso una rinnovata santità familiare.

Gesù, la nostra pena è grande vedendo che tu ancora ti degni di venire da noi per conversare e mendicare il nostro amore, mentre noi perdiamo tempo pensando a cose che non ti piacciono e, con nostro grande dolore, manchiamo di carità con giudizi temerari, nonostante il proposito di santificarci per la tua gloria e di fare o compiere quello che tu vuoi da noi. Che pena, Gesù mio!

Non umiliarti più con questa povera famiglia che ancora una volta ti supplica di perdonarla per le offese che ti ha arrecato; dimenticale e ti promettiamo di camminare, col tuo aiuto, nella via della santità, senza guardare indietro, ma pregando insieme con te perché impariamo a conoscerti, ad amarti tanto, tanto, ad aspirare ad una solida virtù, fondata non su devozioni, ma su profonde convinzioni12.

Trasponendo un’immagine che Madre Speranza usa per la comunità religiosa, credo che anche per la famiglia si possa dire che è un "taller de santos", una bottega di santità! Parafrasando il suo scritto, l’augurio suonerebbe più o meno così: Quando vedo una famiglia, penso: chissà quanti santi verranno alla luce!13.

(segue)


1 Cfr. CEI, Direttorio di Pastorale Familiare, Ed. 1993, nn. 147-155.

2 Ibidem, n. 148.

3 Cfr. CEI, Direttorio…, Op. cit., 147.

4 M. SPERANZA, Diario 18.12.1927 (El Pan 18, 3).

5 M. SPERANZA, Diario 20.6.1942 (El Pan 18, 802).

6 M. SPERANZA, Diario 14.5.1949 (El Pan 18, 999-1000).

7 Cfr. Att 20, 35.

8 M. SPERANZA, Diario 5.11.1927 (El Pan 18, 2).

9 M. SPERANZA, El Pan 16, 20.

10 M. SPERANZA, El Pan 5, 294.

11 Cfr. Const. 1949, art. 140.

12 Cfr. M. PERANZA, Diario 4.10.1941 (El Pan 18, 802-803).

13 Cfr. M. SPERANZA, El Pan 21, 84.

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ultimo aggiornamento 19 ottobre, 2009