Signore, Ti ringrazio perché mi hai dato un cuore per amare e un corpo per soffrire

La sofferenza è una strada in salita, prima o poi diventa molto difficile avanzare ed inevitabile domandarsi "perché?". Per proseguire il cammino, oltre a ricordare la meta da raggiungere, è di aiuto esercitare la speranza. Sperare come atto di volontà, non della sensibilità, quindi in nostro potere compierlo. Ma sperare in chi?

Sperare è voler avere completa fiducia in Dio, così da decidere di riposare in Lui, di abbandonarsi totalmente, tranquilli e sereni, come il bambino nelle braccia di suo padre.

Cominciamo così a liberarci dalla preoccupazione di noi stessi, per affidarci pienamente a qualcuno dal quale sappiamo con certezza di essere amati.

Comincia a sbocciare e a farsi strada in noi la gioia. Si gioisce fin da ora, in anticipo, come se quanto ancora non vediamo fosse già realizzato, perché la speranza anticipa il compimento.

La presenza della gioia in noi, quindi, è a misura della nostra speranza.

"Ti prego, Gesù mio, abbi pietà di me e non lasciarmi sola in questi momenti di aridità e oscurità. Ti cerco, Gesù mio, ma non Ti trovo; Ti chiamo e non Ti sento; sono finite per me le dolcezze del mio Dio. Che tormento, Gesù mio! Quale martirio! Solo Tu lo sai apprezzare e a Te offro tutto in sconto delle mie ingratitudini e delle offese che ricevi dai sacerdoti del mondo intero. È questo il calice che mi hai preannunciato? Ti piace vedermi gemere da sola? Se è così, una e mille volte Ti ripeto, Dio mio, che metto nelle Tue mani la mia fiducia e il mio abbandono. Molte volte Ti ripeterò: Gesù mio, ho riposto in Te ogni mia speranza, mi salvi, Dio mio, la Tua giustizia." (da Diario nn 660-61)

Maria Antonietta Sansone

Sia quest’acqua figura della Tua grazia e della Tua misericordia

Il giorno 17 novembre 1965 ebbi un’emorragia che i medici chiamarono subaracnoidea. Mi fecero un’angiografia dalla quale risultò un’aneurisma sacculare, per cui era necessario un intervento. La stessa angiografia fu inviata in Svizzera dal Prof. Krayenbulen che confermò la diagnosi, invitandomi ad andare a Zurigo presso il suo Ospedale per operarmi. Prima di partire andai a Collevalenza.

Madre Speranza mi confortò dicendomi che avrebbe pregato e che certamente, nel momento in cui sarei stata visitata, lo Spirito Santo avrebbe illuminato il professore e tutto sarebbe andato bene. Mi bagnai la testa con l’acqua che si trova là ed ebbi tanta fede nelle sue parole. Quando fui a Zurigo, alla prima visita del professore, chiesi di ripetere l’angiografia ed egli acconsentì per farmi contenta. Venne fatta il giorno seguente. Poche ore dopo il medico del reparto entrò in camera e mi disse: "Signora, torni a casa, l’aneurisma è sparito". Lo stesso professore non seppe spiegarci come l’aneurisma non ci fosse più.

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ultimo aggiornamento 21 dicembre, 2009