2009 - 19 giugno - 2010 - ANNO SACERDOTALE

Padre Aurelio Pérez fam

GIOVEDÌ SANTO

"Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito ... (1Cor 11,23)
... avendo amato i suoi, li amò sino all’estremo" (Gv 13, 1)

Carissimi fratelli e sorelle, con questa celebrazione eucaristica, "in coena Domini", apriamo il solenne Triduo pasquale, il momento più alto dell’anno liturgico, in cui facciamo memoria e riviviamo l’immenso Amore Misericordioso di Dio, manifestato nella Pasqua di Gesù.

Il brano di Vangelo appena ascoltato ci ha ricordato che tutto il significato della Pasqua del Signore, prende avvio da questo amore incredibile: "avendo amato i suoi li amò sino alla fine", cioè fino all’estremo limite, quello di un Dio che si fa uomo come noi e poi offre la sua vita per tutti noi. "Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15).

Oggi, in apertura del Santo triduo, la Chiesa fa una triplice memoria: l’istituzione dell’Eucaristia, l’istituzione del sacerdozio e il comandamento della carità-servizio d’amore. Questo triplice dono è sgorgato dal cuore di Cristo come manifestazione del suo amore misericordioso.

1. Il Dono dell’Eucaristia. S. Paolo ci ha ricordato nella seconda lettura ciò che Lui ha ricevuto come tradizione: nella notte in cui veniva tradito, Gesù prese il pane e il vino e fece di essi il memoriale perenne del suo amore, da celebrare nella Chiesa fino alla consumazione dei secoli. È Gesù il vero agnello immolato, che ci libera dalla schiavitù antica del peccato e apre a noi il cammino dell’Esodo definitivo verso il Regno di Dio. Ogni volta che noi celebriamo l’eucaristia Lui si fa presente con la sua offerta totale di amore. Diceva M. Speranza, commentando la Passione del Signore, che proprio nel momento in cui gli uomini, per invidia, tramano per cacciarlo via da questo mondo, Lui trova il modo di rimanervi per amore. Con la potenza del suo sacrificio, Gesù diventa nostro nutrimento, nostra forza, nostra riconciliazione, nostra sicura speranza. È significativo riflettere sul fatto che l’istituzione dell’Eucaristia, avviene in un contesto oscuro di tradimento, di complotto per uccidere Gesù ("nella notte in cui veniva tradito"), come a significare che l’amore di Dio non si lascia sconfiggere da nessun tradimento nostro, da nessuna perversità, anzi "raddoppia il suo amore nella misura in cui noi siamo più miserabili" (M. Speranza).

2. Il dono del sacerdozio. Permettete che dica qualcosa di più su questo dono sublime che Gesù ha fatto alla sua Chiesa, visto che stiamo celebrando l’anno sacerdotale, voluto dal Papa Benedetto XVI per tutta la Chiesa. Gesù, con il comando "Fate questo in memoria di me" affida ai pastori di quella Chiesa nascente il servizio sacramentale dell’Eucaristia, così come affiderà loro dopo la risurrezione, il servizio sacramentale della Riconciliazione. Gesù affida questo ministero della sua misericordia, che contiene i frutti meravigliosi della sua Pasqua, a dei poveri uomini, dei quali uno, Giuda, l’ha già tradito nel suo cuore e sta per consegnarlo alla morte, l’altro, Pietro, il primo degli apostoli, sulla cui fede Gesù costruirà la sua Chiesa, sta per rinnegarlo tre volte, gli altri fuggiranno pieni di paura nell’ora della croce. Oggi sentiamo le cronache che si accaniscono, con un rumore mediatico impressionante, a sottolineare le miserie di alcuni ministri del Signore. Sicuramente il buon Dio tirerà fuori un bene anche da tutto questo, se ne servirà per purificarci e convertirci a Lui, e la Chiesa ne uscirà rafforzata. Abbiamo visto che la Parola di Dio non nasconde le miserie degli apostoli, perché "chi fa la verità viene alla luce", eppure proprio essi Gesù costituisce come gli strumenti della sua misericordia per il mondo, ad essi affida il suo Corpo nell’Eucaristia e il suo Spirito nel perdono che riconcilia gli uomini con Dio e tra di loro. Madre Speranza ha ricevuto dal Signore una grande missione proprio per i sacerdoti. Per essi ha fondato una delle sue Congregazioni, quella dei Figli dell’Amore Misericordioso, e per essi ha sempre pregato e si è offerta vittima e ha chiesto alla sua Famiglia religiosa, alle figlie e ai figli, di fare altrettanto. Leggo dal suo Diario una pagina scritta proprio il Giovedì Santo: «Oggi – giorno del Giovedì Santo – ti chiedo, Gesù mio, di non dimenticarti dei Sacerdoti del mondo intero, per i quali io desidero vivere come vittima: illuminali con il tuo splendore, perché comprendano e sperimentino il vuoto e il nulla delle cose umane, e attirali a Te... Dona, Gesù mio, alla loro volontà la forza e la costanza di cui hanno bisogno per non desiderare niente al di fuori di Te. Concedimi, Gesù mio, la grazia di vivere amandoti nella continua sofferenza, per poter riparare in qualche modo le offese che ti arrecano i tuoi Sacerdoti». (M. Speranza, Diario, 2 aprile 1942).

Così rispondono i santi alle sfide del tempo e ai problemi che la Chiesa attraversa.

3. Sottolineo infine, qualcosa sul terzo aspetto dell’amore di Gesù portato all’estremo che la liturgia di oggi ci ricorda: il gesto simbolico di Gesù che lava i piedi ai suoi apostoli, seguito dal comandamento dell’amore. L’evangelista Giovanni non riporta la narrazione dell’ultima cena, che ben conosce, ma sottolinea il gesto della lavanda dei piedi e il comandamento nuovo. Perché? Mi sembra di cogliere in Gesù che lava i piedi un segno ulteriore del suo umile servizio di misericordia. Gesù non lava le mani o il capo dei suoi, come vorrebbe Pietro, ma i piedi. Che cosa sono i piedi? Sono la parte "più bassa" del nostro corpo, quella più a contatto con la terra, quella che si sporca più facilmente. Quasi un simbolo delle nostre miserie più estreme. Ebbene Gesù si cinge il grembiule e proprio su questa nostra miseria ultima, più bassa, si china umilmente. Simbolo del battesimo della croce, di quell’acqua e di quel sangue che costituiscono il torrente di grazia che lava i peccati del mondo. Pensando ancora ai presbiteri, agli apostoli di oggi, colgo in questa sottolineatura del Vangelo di Giovanni un’indicazione essenziale per la stessa identità dei pastori nella Chiesa di Dio. Gesù dopo la lavanda dei piedi, dice ai suoi: "Capite che cosa vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come io ho fatto a voi" (Gv 13, 12-15). Il "fate questo in memoria di me" che istituisce l’Eucaristia, e il "come ho fatto io così dovete fare anche voi" che comanda il servizio fraterno, vanno tenuti sempre insieme. In altre parole, il sacerdote non è solo l’uomo del culto, colui che celebra dei riti sublimi, ma anche colui che deve conformare totalmente la propria vita a ciò che ha celebrato, imitando l’ esempio di donazione totale di Cristo Signore, nel servizio umile e generoso ai fratelli, fino a dare la vita per loro: "Avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine" (Gv 13, 1).

Ci conceda il Signore di seguirlo su questa strada, quella dell’amore più grande.

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ultimo aggiornamento 26 aprile, 2010